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UNA RESPONSABILITA’ COMUNE VERSO GAIA CHE CI HA TUTTI GENERATI

Diritti dell'Umanità e Carta della Terra: una complementarietà che può portare acqua al mulino del disarmo nucleare (e della preliminare Campagna per l'abolizione delle armi nucleari)

di Alfonso Navarra – Disarmisti Esigenti (www.disarmistiesigenti.org)

La “Dichiarazione dei Diritti dell'Umanità”, ad avviso di chi scrive un decisivo progresso di impostazione culturale del diritto internationale, doveva essere allegata all'accordo di Parigi sul clima (12 dicembre 2015), ma non fu messa ai voti perché l'allora presidente francese François Hollande disgraziatamente la considerò "divisiva".

C'era un riferimento, evidentemente controverso (e contrastato dalle potenze nucleari, di cui fa parte la Francia) alle armi di sterminio di massa che fu oltretutto cassato dal draft.

Ma anche con questo taglio a Parigi si preferì sorvolare su un voto comunque scomodo per concentrarsi sul compromesso che avrebbe portato l'unanimità degli Stati ad aderire all'obiettivo concordato di limitare il riscaldamento globale a +2°C (possibilmente +1,5°C) rispetto ai livelli preindustriali entro fine secolo.

L'iniziativa sulla Dichiarazione, grazie all'ex ministro dell'ambiente francese Corinne Lepage, che ne era la promotrice ed animatrice, però prosegue: è forse possibile oggi qualificarla e rinforzarla ulteriormente nel rapporto con la Carta della Terra, un precedente progetto di presa di posizione etica, che può essere considerato un documento complementare nel suo puntare a costruire una giusta, sostenibile e pacifica società globale, attraverso una responsabilizzazione universale "per il benessere di tutta la famiglia umana, della grande comunità della vita e delle generazioni future".

L’obiettivo dei promotori della “Dichiarazione dei diritti dell'Umanità” è quello di diffonderla e di farla firmare a istituzioni, enti locali, associazioni, ma anche singoli individui. Nel momento in cui avrà raggiunto un numero considerato adeguato di sottoscrizioni, sarà presentata alle Nazioni Unite per chiederne il riconoscimento ufficiale. 

Stiamo parlando di una presa di posizione etico-culturale, senza che questa caratterizzazione voglia essere in qualche modo diminutiva: non quindi di una convenzione giuridica con carattere vincolante per gli Stati che la adottano. Non si pone dunque il problema di sanzionare chi viola i diritti affermati. Però non viene nemmeno escluso che la Dichiarazione debba essere vista come un momento propedeutico per una futura Convenzione giuridica.

Leggiamo sul sito ufficiale https://droitshumanite.fr/DU/: “Questo è un primo passo, come la Dichiarazione dei diritti del fanciullo trent'anni fa, che ha dato origine alla Convenzione sui diritti dell'infanzia vent'anni dopo. Allo stesso modo, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948 non è che una dichiarazione, ma ha permeato il nostro diritto per mezzo secolo.

Non si tratta, allora, di sostituire i testi esistenti, ma di costruire un testo complementare che stabilisca diritti e doveri che non sono più individuali ma collettivi.

Questa dichiarazione propone tra l'altro di creare un'interdipendenza tra le specie viventi, per garantire il loro diritto all'esistenza e il diritto dell'umanità a vivere in un ambiente sano ed ecologicamente sostenibile”.

La Dichiarazione si fonda sul concetto, incredibilmente non riconosciuto dal diritto internazionale odierno, che tratta solo di Stati, di persone e di popoli, di “umanità”, riprendendo quello di “famiglia umana“, già adottato dalla “Dichiarazione dei diritti umani dell’Onu”, del 10 dicembre 1948.  

Il testo è costituito da 16 articoli basati su quattro principi: la solidarietà tra le generazioni, la dignità dell’uomo, la sopravvivenza dell’umanità, la non-discriminazione in base all’appartenenza a una generazione. Oltre a questo, prevede sei diritti e sei doveri dell’umanità.

La Carta della Terra, chiamata in causa dalla Dichiarazione che focalizza il diritto per tutti a vivere in condizioni di sostenibilità ambientale, si mostra a sua volta consapevole dell'esistenza di un soggetto collettivo umano universale, ma ancora non lo inquadra come fattispecie giuridica.

E' opportuno ricordare che la Carta della Terra, promossa oggi dall'organizzazione non governativa Earth Charter Initiative (si vada sul sito: www.earthcharter.org/ ), ebbe origine nel 1987, quando la Commissione mondiale delle Nazioni Unite su sviluppo e ambiente raccomandò la stesura di una nuova Carta che guidasse la transizione verso lo sviluppo sostenibile. Nel 1992, in occasione del Summit della Terra di Rio de Janeiro, l'allora Segretario Generale Boutros Boutros-Ghali sollecitò nuovamente la stesura della Carta, perchè quanto emerso dalla Conferenza ONU non fu da lui ritenuto adatto. Nel 1994, Maurice Strong e Mikhail Gorbachev, rilanciarono la Carta della Terra come iniziativa della società civile, con l'ausilio del governo olandese.

La stesura della carta avvenne mediante un processo di consultazione mondiale durato 6 anni (1994-2000), sotto la supervisione di una Commissione Carta della Terra indipendente, istituita da Strong e Gorbachev. La Commissione svolge tuttora il ruolo di amministratore del testo della Carta della Terra. Il testo finale della Carta della Terra venne approvato nel marzo 2000 durante il meeting internazionale della Commissione della Terra presso il quartier generale dell'UNESCO, a Parigi ed è appunto l'UNESCO il principale sponsor istituzionale del documento. Il documento tutto sommato non è molto lungo, è diviso in 4 sezioni (definiti pilastri) che enunciano 16 princìpi fondamentali contenenti 61 articoli.

Riepiloghiamo i “4 pilastri”: 1) Rispetto e cura per la Comunità della Vita; 2) Integrità ecologica; 3) Giustizia economica e sociale; 4) Democrazia, nonviolenza e pace.

La Dichiarazione dei diritti dell'Umanità richiama esplicitamente la Carta della Terra, nel punto 5 del preambolo e nel punto 4 si riferisce al processo che da Rio 1992 ha portato a Parigi 2015.

Sia la Dichiarazione dei diritti dell'Umanità sia la Carta della Terra, per molte parti sovrapponibili, dovrebbero logicamente condurre alla proibizione giuridica delle armi nucleari quale passo indispensabile per la loro eliminazione.

Nella Dichiarazione viene affermato il “principio della sopravvivenza” che dovrebbe “garantire la salvaguardia e la tutela dell'Umanità e della Terra”, ovviamente da tutto ciò che li pone a rischio.

Vi è, nella Dichiarazione, l'articolo 9 che parla di “diritto alla pace”: in particolare, “alla risoluzione pacifica delle controversie e alla sicurezza umana, sul piano ambientale, alimentare, sanitario, economico e politico. Tale diritto riguarda, in particolare, la protezione delle generazioni future dal flagello della guerra”.

Questo “principio della sopravvivenza”, messo a rischio dalla guerra, ed in particolare dalla guerra nucleare, che dovrebbe essere assicurato dal “diritto alla pace”, potrebbe essere meglio compreso e specificato con il punto 16 della Carta della Terra, sviluppato entro il “pilastro della democrazia, della nonviolenza e della pace”:

Promuovi una cultura della tolleranza, della non violenza e della pace:

a. Incoraggiando e sostenendo la comprensione reciproca, la solidarietà e la cooperazione tra i popoli, all’interno e fra le nazioni.

b. Attuando strategie ampie per evitare i conflitti violenti ed utilizzando la risoluzione collaborativa dei problemi per gestire e risolvere conflitti ambientali e altre dispute.

c. Smilitarizzando i sistemi di sicurezza nazionale al livello di un atteggiamento di difesa non provocativa e riconvertendo le risorse militari a scopi di pace, compresa la bonifica ambientale.

d. eliminando gli armamenti nucleari, biologici e tossici e le altre armi di distruzione di massa.

e. Assicurandosi che i supporti orbitali e spaziali vengano utilizzati soltanto ai fini della tutela dell’ambiente e della pace.

f . Riconoscendo che la pace è l’insieme creato da relazioni equilibrate ed armoniose con se stessi, con le altre persone, con le altre culture, con le altre vite, con la Terra e con quell’insieme più ampio di cui siamo tutti parte”.

Michail Gorbachev, la ex ministro Lapage, i dirigenti UNESCO, i  promotori del Trattato di proibizione delle armi nucleari, potrebbero, su una base di principi e di obiettivi ampiamente comuni, riflettere su "minaccia nucleare e minaccia climatica", convergenti nel porre a rischio la sopravvivenza della specie e dell'ecosistema globale; ed in particolare su come l'effetto non considerato dell'”inverno nucleare” (così come l'inquinamento radioattivo non era valutato all'alba dell'”era atomica”) trasformi gli ordigni "atomici" in armi di distruzione climatica.

In qualche modo dovremmo far rientrare nel "percorso" ecologico di Parigi quello che a suo tempo Hollande fece espellere in quanto “fuori tema” pacifista: il diritto dell'Umanità al disarmo nucleare, e con una urgenza ed una cogenza che siano all'altezza del livello effettivamente “apocalittico” della minaccia.

L'inverno nucleare è lo scenario, di cui, tra gli altri, fu pioniere il famoso astrofisico Carl Sagan, che, leggiamo su Wikipedia, “conseguirebbe ad una ipotetica guerra termonucleare di estensione mondiale tra potenze, come la Russia, gli Stati Uniti, la Cina, la Francia, la Gran Bretagna e altri paesi in possesso di un arsenale di armamenti atomici dal potenziale distruttivo su scala globale”.

Gruppi di scienziati hanno elaborato nel corso degli anni diverse teorie riguardanti questo fenomeno: si sono basati  innanzitutto sugli effetti riscontrati durante le esplosioni atomiche avvenute a Hiroshima e Nagasaki (in Giappone) sul finire della Seconda Guerra Mondiale, poi sui vari esperimenti nucleari portati a termine da molti stati nel periodo post-bellico e della Guerra fredda; infine sugli effetti collaterali del disastro di Chernobyl.

La guerra nucleare andrebbe a formare, in virtù dei venti, delle particelle di materia carbonizzata, delle polveri radioattive e di qualsiasi altra sostanza in grado di alzarsi nell'aria, una barriera impermeabile ai raggi solari che farebbe crollare le temperature nell'atmosfera. La combinazione tra le temperature gelide, l'oscurità permanente e le radiazioni dovute alle esplosioni atomiche produrrebbero sconvolgimenti climatici tali da pregiudicare la sopravvivenza delle specie animali e vegetali e provocare effetti devastanti anche sullo strato di ozono.

L'inverno nucleare deriverebbe dalla produzione di polveri fini in conseguenza dell'esplosione di testate nucleari su obiettivi civili (e quindi non sui mari o nei deserti come durante i test atomici).

Lo scenario di impiego massiccio delle armi poggia sul fatto che al momento delle esplosioni un moto convettivo (il fungo atomico) trasporta rapidamente tutte le polveri verso strati più alti.

Spiega sempre Wikipedia: “Questo dovrebbe creare una uniforme nube di polvere e cenere radioattiva sospesa nell'aria fra i 1000 e i 2000 metri da terra. La nube accumulerebbe l'energia solare e farebbe salire le temperature degli strati della tropopausa e alta troposfera fino a 80 °C mentre la superficie della Terra rimarrebbe protetta dai raggi solari e si raffredderebbe in media di 40 °C”. Scusate se è poco!

Vi sono anche scenari di impiego più contenuto di armi “atomiche” che vanno sotto il titolo di “guerra nucleare locale”: vedi articolo de Le Scienze (marzo 2010), autori Alan Robock e Owen Brian Toon.

Questo il sottotitolo del pezzo: “Ci si preoccupa dei rapporti tra Stati Uniti e Russia, ma una guerra nucleare regionale tra India e Pakistan potrebbe offuscare il Sole e affamare buona parte dell’umanità”.

Qui la previsione diciamo ottimistica è di solo un miliardo di morti dopo una ventina di anni, a scalare dall'epicentro del conflitto.

Nel 2014 un altro studio su un possibile conflitto nucleare tra India e Pakistan è salito agli onori della cronaca: questo invece è stato pubblicato sulla rivista Earth's Future dell'American Geological Society (AGU).

(si vada alla URL: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/2013EF000205/full).

Siamo sempre ad uno scambio di 50 missili a testa di 15 kilotoni l'uno ma i morti previsti raddoppiano con l'uso di nuovi modelli: 2 miliardi al posto di uno.

La stessa cifra viene fuori da uno studio dell' International Physicians for the Prevention of Nuclear War (si vada su: http://www.ippnw.org/nuclear-famine.html). Secondo quel lavoro, un conflitto nucleare su piccola scala potrebbe portare ad una diminuzione nella produzione di grano  di almeno il 10% per dieci anni, con picchi che raggiungerebbero il 20% nei momenti peggiori.

Gli ordigni nucleari, se la teoria dell'inverno nucleare fosse pienamente comprovata, potrebbero secondo ogni logica essere inseriti a tutti gli effetti nella categoria delle armi di distruzione climatica: le catastrofi climatiche che possono provocare sono un effetto essenziale del loro impiego.

Arma direttamente climatica non è quindi, ad esempio, solo la tecnologia elettromagnetica usata militarmente per sconvolgere l'ambiente: è proprio l'arma nucleare, che produce onde d'urto, tempeste di fuoco, inquinamento radioattivo ed impatto elettromagnetico; ma, con un impiego relativamente allargato, anche il cosiddetto “inverno nucleare”.

Un attacco nucleare contro la Corea di poche decine di bombe H non farebbe solo milioni di morti subito su un territorio circoscritto: il cambiamento climatico e la destabilizzazione agricola ed ecologica investirebbero un'area molto più ampia (la Cina è vicina!) e nel periodo di un paio di decenni potrebbero causare, come si è visto, centinaia di milioni di morti.

Nel 1976, un'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una Convenzione internazionale (  Risoluzione 31/72 del 10 dicembre 1976) che ha vietato l'uso militare di tecniche di modifica dell'ambiente che hanno effetti diffusi, duraturi e gravi nel tempo.

Essa è nota come Convenzione ENMOD (Convention on the Prohibition of Military or Any Other Hostile Use of Environmental Modification Techniques), è stata aperta alla firma il 18 maggio 1977 a Ginevra ed è entrata in vigore il 5 ottobre 1978.

L'Italia ha firmato la Convenzione a Ginevra il 18 maggio 1977 e l'ha ratificata con la legge n. 962 del 29 novembre 1980.

(Per il suo testo andare alla URL: http://disarmament.un.org/treaties/t/enmod)

La Convenzione proibisce l'uso militare e ogni altro utilizzo ostile delle tecniche di modifiche ambientali aventi effetti estesi, duraturi o severi.

Il termine “tecniche di modifiche ambientali” si riferisce ad ogni tecnica finalizzata a cambiare – attraverso la manipolazione deliberata dei processi naturali – la dinamica, la composizione e la struttura della Terra, incluse la sua biosfera, litosfera, idrosfera e atmosfera, così come lo spazio esterno.

I criteri per la definizione di tali tecniche non sono definiti nel corpo della Convenzione ma nell'Intesa sull'Articolo I che, riportando quanto emerso in fase negoziale, esplicita i termini:

esteso” come riferibile ad un'area di diverse centinaia di kilometri quadrati;

duraturo” come riconducibile ad un periodo di mesi o di almeno una stagione;

severo” come correlato ad un'azione che provoca danni seri o significativi alla vita umana, naturale alle risorse economiche o altre attività.

I primi due criteri sono valutati con parametri quantitativi e l'ultimo criterio con elementi qualitativi in parte riconducibili al concetto di sviluppo sostenibile.

Il divieto di guerra climatica, ovvero di utilizzo delle tecniche di modifica del clima o di geoingegneria con lo scopo di provocare danni o distruzioni, viene ripreso anche nella Convenzione sulla diversità biologica del 2010.

Vogliamo, dopo queste informazioni, a questo punto cercare il pelo nell'uovo?

La Convenzione ENMOD non tutelerebbe l'ambiente da qualunque danno provocato dalle azioni belliche o ostili ma vieterebbe solo quelle tecniche offensive che trasformano l'ambiente stesso in un'arma, ascrivibili alle tecniche di manipolazione ambientale.

In questo senso non vieterebbe l'uso di armi atomiche per distruggere – che so – Pyong Yang ed altre città coreane. Ma si dovrebbe anche considerare l'eventualità che l'attacco alle città di un Paese piccolo possa essere solo uno schermo che nasconde l'intenzione di provocare modifiche ambientali capaci di disorganizzare e portare alla fame un Paese più grande confinante.

Gli ordigni nucleari capaci di tali effetti potrebbero allora essere considerati proibiti ai sensi della citata Convenzione ENMOD e una conferenza di revisione convocata ad hoc dall'ONU potrebbe avallare un tale sviluppo innovativo del diritto internazionale.

Un'altra strada, che abbiamo ventilato all'inizio di questa riflessione, potrebbe essere quella di considerare, all'interno del percorso dell'accordo per contrastare il riscaldamento globale di Parigi del 12 dicembre 2015, la minaccia nucleare direttamente come una minaccia climatica, non solo un problema collegato alla seconda dalla potenzialità analoga di estinzione della specie umana.

La minaccia nucleare potrebbe essere vista come possibile minaccia climatica diretta, allo stesso modo dell'accumulo di gas serra.

Questo ragionamento costituirebbe un salto di paradigma anche per noi Disarmisti esigenti, che pure abbiamo lavorato sull'intreccio tra le due minacce sia a Parigi, sia a New York che a Bonn, cioé sia nel percorso disarmista che in quello climatico.

Preparare la guerra nucleare significa comunque preparare il più sconvolgente e repentino cataclisma climatico. Potrebbe avvenire non solo come effetto collaterale ma come risultato di una azione intenzionale.

Sembrerebbe quindi opportuno, anzi doveroso, che il percorso ONU delle COP climatiche (ora dalla COP 23 di Bonn si va alla COP 24 a Katowice in Polonia) ne prendesse consapevolezza e si cautelasse dall'inverno nucleare o da quanto altro potesse essere prodotto dalle armi nucleari come alterazione climatica deliberata.

La crisi coreana rende questi discorsi molto concreti per chiunque, nel momento in cui due leader statali – e disgraziatamente non si tratta di una barzelletta – hanno fatto la gara a chi detiene il bottone nucleare più grosso!

Quanto sopra esposto dovrebbe comunque fare riflettere reti come la COALIZIONE PER IL CLIMA, che si sono costituite con l’obiettivo di costruire iniziative e mobilitazioni comuni, nazionali e territoriali, per raggiungere la massima sensibilizzazione possibile sulla lotta ai cambiamenti climatici, allo scopo di salvare il nostro Pianeta.

Se si ha a cuore il futuro dell'ecosistema globale bisogna adoperarsi per eliminare alla radice la minaccia nucleare, che oltretutto, come si è detto, potrebbe essere direttamente minaccia climatica.

Ne consegue la necessità di farsi partner attivo della Campagna ICAN (Abolizione delle armi nucleari), allo stesso modo in cui la Rete ICAN non farebbe male ad occuparsi dell'intreccio tra minaccia nucleare e minaccia climatica e a promuovere un quadro giuridico globale che culturalmente lo contrasti, a partire dalla complementarietà tra Dichiarazione dei diritti dell'Umanità e Carta della Terra.

Non sarebbe affatto fuori tema “ecologista” la richiesta che, al di là delle singole organizzazioni aderenti, la COALIZIONE in quanto tale si facesse addirittura componente di ICAN in Italia, accogliendo l'appello di “SIAMO TUTTI PREMI NOBEL”, lanciato con la conferenza stampa al Senato dell'11 dicembre 2017.

Per quanto riguarda i coordinatori della Coalizione l'impressione – avallata anche da iniziative che si sono prese in comune – è quella di “sfondare una porta aperta”. Il problema è invece quello di coinvolgere le 200 organizzazioni una per una, e l'ostacolo principale, per quello che finora si è potuto riscontrare, non è una contrarietà argomentata, bensì la difficoltà di comunicare con chi ritiene, a torto, che del problema si sta già occupando. Come aveva ragione Socrate a ritenersi il più sapiente perché sapeva di non sapere...

 

LA DICHIARARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UMANITÀ

(con osservazioni emendative a cura dei Disarmisti esigenti)

(l'ONU da definire)

ricordando che l'umanità e la natura sono in pericolo e che, in particolare, gli effetti negativi dei cambiamenti climatici, l'accelerazione della perdita di biodiversità, il degrado del suolo e degli oceani costituiscono altrettante violazioni dei diritti fondamentali degli esseri umani e una minaccia per la vita delle generazioni sia presenti che future,

(si potrebbe aggiungere tra i fattori critici minacciosi: l'accumulo di materiale fissile e di inquinamento radioattivo derivanti dalla “deterrenza nucleare”, che potrebbe scatenare una guerra apocalittica persino per incidente, per caso o per errore di calcolo - ndr)

2. constatando che l'estrema gravità della situazione, che suscita preoccupazione nell'umanità intera, impone il riconoscimento di nuovi principi e di nuovi diritti e doveri,

3- ricordando il suo attaccamento ai principi e ai diritti sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, compresa l'uguaglianza tra donne e uomini, e agli obiettivi e ai principi dellla Carta delle Nazioni Unite

4- rammentando la Dichiarazione di Stoccolma sull'ambiente umano del 1972, la Carta mondiale della natura adottata a New York nel 1982, la Dichiarazione di Rio sull'ambiente e lo sviluppo del 1992, le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite “Dichiarazione del millennio” del 2000 e “Il futuro che vogliamo” del 2012,

5. ricordando che proprio questo rischio è riconosciuto dai soggetti della società civile, e in particolare dalle reti di cittadini, organizzazioni, istituzioni e città nell'ambito della Carta della Terra del 2000,

  1. ricordando che l'umanità, ossia tutti gli individui e le organizzazioni umane, include anche le generazioni passate, presenti e future, e che la continuità dell'umanità si basa su questo legame intergenerazionale,
  1. ribadendo che la Terra, culla dell'umanità, costituisce un insieme interdipendente e che l'esistenza e il futuro dell'umanità sono inscindibili dal suo ambiente naturale,
  1. 8. convinto che i diritti fondamentali degli esseri umani e i doveri di salvaguardia della natura siano intrinsecamente interconnessi, e che sia essenziale preservare l'ambiente in buono stato e fare in modo che la sua qualità migliori,
  1. considerando la particolare responsabilità delle generazioni presenti, e specialmente degli Stati, primi responsabili in materia, ma anche dei popoli, delle organizzazioni intergovernative, delle imprese, specie quelle multinazionali, delle organizzazioni non governative, degli enti locali e dei singoli cittadini, 10. considerando che tale responsabilità particolare configuri degli obblighi nei confronti dell'umanità, e che tali obblighi, come pure i diritti in questo campo, debbano essere applicati attraverso mezzi giusti, democratici, ecologici e pacifici,
  1. 10. ritenendo che il riconoscimento della dignità propria dell'umanità e dei suoi membri costituisca il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo                                                                          proclama i principi, i diritti e i doveri in appresso, e adotta la seguente dichiarazione:

 

  1. I. Principi

 

Articolo 1:

Il principio di responsabilità, equità e solidarietà all'interno delle generazioni e tra di esse impone alla stirpe umana, e in particolare agli Stati, un impegno comune e differenziato per la salvaguardia e la tutela dell'umanità e della Terra.

Articolo 2:

Il principio della dignità dell'umanità e dei suoi membri implica il soddisfacimento delle loro esigenze fondamentali e la tutela dei loro diritti intangibili. Ciascuna generazione garantisce il rispetto di questo principio nel tempo.

Articolo 3:

Il principio di sopravvivenza dell'umanità garantisce la salvaguardia e la tutela dell'umanità e della Terra, mediante attività umane giudiziose e rispettose della natura e in particolare degli esseri viventi, umani e non, e grazie allo sforzo volto a prevenire qualsiasi ripercussione transgenerazionale grave o irreversibile.

(si potrebbe aggiungere: Tale principio esige in primo luogo l'interdizione delle attività che mettono in  pericolo la vita sul Pianeta, a partire dalla ingiustificabile preparazione di guerre cataclismatiche con armi di sterminio di massa)

Articolo 4:

Il principio di non discriminazione in base all'appartenenza a una generazione preserva l'umanità, in special modo le generazioni future, e richiede che le attività o le misure intraprese dalle generazioni presenti non abbiano l'effetto di provocare o di perpetuare un'eccessiva riduzione delle risorse e delle scelte per le generazioni future.

II. Diritti dell'umanità

Articolo 5:

L'umanità, e tutte le specie viventi, hanno diritto di vivere in un ambiente sano ed ecologicamente sostenibile.

Articolo 6:

L'umanità ha diritto a uno sviluppo responsabile, equo, solidale e sostenibile.

Articolo 7:

L'umanità ha diritto alla protezione del patrimonio comune e del suo patrimonio naturale e culturale, sia materiale che immateriale.

Articolo 8:

L'umanità ha diritto alla tutela dei beni comuni, in particolare l'aria, l'acqua e il suolo, e a un accesso universale ed effettivo alle risorse vitali. La trasmissione di tali beni alle generazioni future costituisce un diritto di queste ultime.

Articolo 9:

L'umanità ha diritto alla pace, in particolare alla risoluzione pacifica delle controversie e alla sicurezza umana, sul piano ambientale, alimentare, sanitario, economico e politico. Tale diritto riguarda, in particolare, la protezione delle generazioni future dal flagello della guerra.

(si potrebbe aggiungere quanto già esplicitato nella Carta della Terra: la pace, fondata su una cultura della nonviolenza, si realizza attraverso la smilitarizzazione dei sistemi di sicurezza nazionale a partire dalla proibizione e dall'eliminazione delle armi di sterminio di massa)

Articolo 10:

L'umanità ha diritto a determinare liberamente il proprio destino. Questo diritto è esercitato attraverso la considerazione, nelle scelte collettive, delle esigenze di lungo termine, e specialmente dei ritmi inerenti all'umanità e alla natura.

III. Doveri nei confronti dell'umanità

Articolo 11:

Le generazioni presenti hanno il dovere di assicurare il rispetto dei diritti degli esseri umani e di tutte le specie viventi. Il rispetto dei diritti dell'umanità e dell'uomo, che sono inscindibili, si applica nei confronti delle generazioni successive.

Articolo 12:

Le generazioni presenti, garanti delle risorse, degli equilibri ecologici, del patrimonio comune e del patrimonio naturale, culturale, sia materiale che immateriale, hanno il dovere di garantire che tale lascito sia preservato e utilizzato con giudizio, responsabilità ed equità.

Articolo 13:

Per garantire la sopravvivenza a lungo termine della vita sulla Terra, le generazioni presenti hanno il dovere di compiere ogni sforzo per salvaguardare l'atmosfera e gli equilibri climatici e per evitare

nella misura del possibile gli spostamenti di persone legati a fattori ambientali o, ove tali spostamenti si producano, per assistere e proteggere le persone interessate.

(si potrebbe aggiungere un articolo 13 bis: le generazioni presenti hanno il dovere di evitare che le controversie degenerino in conflitti bellici e soprattutto che la predisposizione di mezzi di difesa si traduca nella più terribile minaccia di sterminio universale)

Articolo 14:

Le generazioni presenti hanno il dovere di orientare il progresso scientifico e tecnico verso la salvaguardia e la salute della specie umana e delle altre specie. A tal fine, esse devono in particolare garantire che l'accesso alle risorse biologiche e genetiche e la loro utilizzazione avvengano nel rispetto della dignità umana, delle conoscenze tradizionali e della biodiversità.

Articolo 15:

Gli Stati, gli altri soggetti e gli attori pubblici e privati hanno il dovere di integrare prospettive di lungo termine e di promuovere uno sviluppo umano e sostenibile. Tale sviluppo, così come i principi, i diritti e i doveri proclamati dalla presente dichiarazione devono essere oggetto di azioni di istruzione, di educazione e di attuazione.

Articolo 16:

Gli Stati hanno il dovere di assicurare l'efficacia dei principi, dei diritti e dei doveri proclamati dalla presente dichiarazione, anche predisponendo meccanismi che consentano di garantire il loro rispetto.

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