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Educazione alla terrestrità - proposta di collaborare ad una sezione televisiva di formazione dei formatori per la rete ICAN, connessa alla Carta della Terra

di Alfonso Navarra, Alessandro Capuzzo, Adriano Ciccioni,  Fabrizio Cracolici, Giuseppe Farinella, Angelo Gaccione, Francesco Lo Cascio, Antonella Nappi, Renato Napoli, Oliviero Sorbini - Disarmisti Esigenti, Campagna Siamo tutti premi Nobel per la pace con ICAN

Come prima cosa dobbiamo fare chiarezza su un concetto fondamentale.

Facciamo parte, noi esseri umani, di un ecosistema terrestre come frutti di una evoluzione naturale, rami e foglie di un albero che costituiamo e che ci ha costituito, o ne siamo i dominatori in quanto abitanti estranei di un edificio che stiamo occupando?

Il concetto di terrestrità evidenzia il fatto che è l'essere umano organizzato in società a trovarsi inserito in un organismo vivente più esteso e complesso e non relegabile alla sua unica, autonoma e separata presenza decisionale.

L'uomo, l’essere umano, fa parte di un complesso sistema mondo, una comunità di viventi ma anche di non viventi, e da tempi molto lontani si arroga però il diritto di dominarlo e decidere come attore unico e indipendente.

Questo è il punto di partenza per un ragionamento molto ampio su come agire partendo da alcuni principi cardine scritti in trattati e convenzioni mondiali.

L'essere umano "terrestre", membro della comunità della vita, si deve fare artefice di un processo di riequilibrio del pianeta.

Forme viventi come piante e animali, che stanno in delicato equilibrio evolutivo, si trovano sempre più in pericolo a causa della società umana accumulatoria e predatoria, che le sfrutta per trarne un profitto.
Ma questo processo, di cui una ristretta élite dell’1% è più responsabile della massa passiva ad essa assoggettata, porta a segare il ramo su cui siamo seduti dall'albero della vita, essendo noi stessi foglie di quel ramo e di quell'albero!

Ragionare con in mente il concetto di terrestrità significa proiettare azioni concrete su una lavagna che raccoglie le istanze globali, azioni rivoluzionarie che guardino a un'ecologia nuova, base di un'economia nuova, di una società che fa pace con la Natura, la società del nuovo millennio che porterà anche vera libertà e vera giustizia.

Da quando l'essere umano, organizzato gerarchicamente nell’esaltazione degli antagonismi sociali, si è reso attore unico e decisionale del pianeta si sono avviati processi che hanno portato ad un declino inesorabile del pianeta.

Di questo declino ne sono prova il fatto che da molti secoli l'élite al potere promuove guerre pronta a distruggere l’intera umanità per detenere il controllo del pianeta.

Quale strada allora percorrere?

Dopo momenti che hanno visto seriamente il rischio della morte dell'umanità (due guerre mondiali), abbiamo avuto un afflato di dignità che ci ha permesso di scrivere carte del diritto internazionale, ma anche costituzioni nazionali, che contengono principi imprescindibili in grado di ricondurci su strade di Pace: la pace tra noi esseri umani e con il pianeta tutto che ha diritto di vivere a prescindere dalla nostra stessa esistenza.

Altri processi si sono avviati nella storia e, anche se in modalità ridotta, hanno stabilito presupposti praticabili, strade da percorrere per arrivare a un cambiamento vero e duraturo nel rapporto tra l'uomo e la Natura all’insegna della cultura della terrestrità.

Spesso vengono messe in discussione le agenzie mondiali (ONU, UNESCO)  perché non incisive, ma questo è un limite che va superato con passi in avanti nella governance globale, sicuramente non facendo il passo del gambero.
Lo troviamo già scritto in "Antifascismo e nonviolenza", che vede tra gli autori alcuni di noi: una cattiva legge è meglio di nessuna legge, a maggior ragione a livello giuridico internazionale, perché lavoriamo alla forza del diritto che deve subentrare al diritto della forza (armata).
Questa è la nonviolenza efficace secondo Papa Francesco, che riprende Gandhi.

Stabilire a livello globale l'illegalità e l'immoralità di un agire (ad esempio la proibizione giuridica delle armi nucleari, oggi quasi a portata di mano) può e deve essere un passo che può condurci ad un cambiamento rivoluzionario, spetta ai grandi movimenti globali lottare per la sua attuazione.

Se nel mondo esistono ancora ingiustizie, guerre e sfruttamento, se una oligarchia di 10.000 persone riesce a schiacciarne oltre 7 miliardi, se il nostro modo di produrre e consumare sta erodendo le basi stesse della vita, questo non vuole dire che la carta internazionale dei diritti umani, da estendere ai diritti dell'umanità e ai diritti della Natura, debba essere stracciata perché non rispettata.

Il nuovo trattato TPAN per la proibizione giuridica delle armi nucleari votato all'ONU e in attesa del completamento dell'iter di validazione con almeno 50 ratifiche da raggiungere, rappresenta un passo in avanti del pacifismo mondiale, della pace tra umanità e natura, anche se non sarà una soluzione definitiva al problema della deterrenza nucleare, che costituisce una emergenza mortale al pari di quella climatica ad essa intrecciata.

L'essere umano organizzato nel sistema gerarchico e patriarcale deve smettere di essere antropocentrico e deve stabilire un “patto biocentrico del Nuovo Millennio" : cessare la guerra contro il pianeta, quindi contro sé stesso.

Vi proponiamo, con la educazione alla "terrestrità" (si veda sotto riportato il testo di Alfonso Navarra che, da suo ideatore, sulla base degli stimoli provenienti da Morin e Hessel, propone un primo approfondimento riflessivo sul concetto), un cammino  di formazione e interazione tra associazioni, attivisti e cittadini al fine di condurre percorsi condivisi che abbiano come comune denominatore la vita da difendere, rispettare e valorizzare. Questo percorso prevede, con la collaborazione di soggetti impegnati in progetti analoghi, la realizzazione, nell’immediato, di un canale televisivo specializzato su YouTube; e nel medio e lungo periodo, la collaborazione con la scuola di Pace a livello globale già promossa dall’Iniziativa della Carta della Terra, che ha il suo segretariato nell’Università della Pace in Costa Rica.

Noi vorremmo essere l’aggiunta che indirizza con più decisione il lavoro dei già formatori ed educatori interessati ad approfondire la ricerca culturale della terrestrità nei suoi vari aspetti, e su come tradurla nei percorsi formativi delle scuole e del mondo culturale e sociale.

Testimonianze, contributi e dibattiti, provenienti da varie fonti, verranno messi su YouTube in una cornice adeguatamente predisposta come materiale fruibile liberamente dalla rete per una condivisione e una riflessione globale.

Intendiamo, ripetiamolo ancora, collaborare con analoghe iniziative in corso focalizzandoci, da parte nostra su questo problema, più consono al tipo di attività che stiamo svolgendo: come costruire le categorie giuridiche e culturali che esprimano l'appartenenza dell'essere umano alla Terra, e non della Terra all'uomo? Grazie e diamoci da fare insieme, sorelle e fratelli consapevoli delle piante e degli animali, ma anche del Sole, della Luna e dell'acqua!

LA DEFINIZIONE DI TERRESTRITA’

 Di Alfonso Navarra – portavoce dei Disarmisti esigenti

Quelli che seguono sono appunti per la definizione dell'idea di terrestrità, ormai matura nella cultura e nei movimenti, ma non focalizzata in modo coerente, adeguato e preciso nelle elaborazioni correnti.
La frase chiave per definire il concetto è: gli esseri umani appartengono alla comunità della vita e alla Terra, Terra Madre, unico ecosistema globale di viventi e non viventi.
Non è viceversa: la Terra appartiene all'uomo, inclusa nella forma della proprietà comune (= la Terra appartiene in comune a tutti gli uomini - e le donne, presenti, passati e futuri).

I nonni della terrestrità: Edgar Morin e Stéphane Hessel. Terra patria, non ancora matria

Il concetto di terrestrità quale bussola per la nostra educazione di cittadini del mondo è alla base de "Il cammino della speranza", il libro, edito in Italia da Chiarelettere, scritto insieme da Edgar Morin e Stéphane Hessel, due grandi protagonisti della Resistenza antifascista e antitotalitaria nel pensiero e nell'azione.
I due intellettuali furono riuniti dalla redazione di "Le Monde" il 28 febbraio 2013 e in quel dialogo vediamo contenuti in nuce il pensiero che andremo a sviluppare nel proseguio dell'articolo.
In particolare Edgar Morin enuncia la nozione di "Terra-patria", che non è ancora la terrestrità per come la andremo definendo, ma la contiene in nuce.

Le Monde domanda:

La crisi della nozione prometeica di progresso si è aggravata con disastri ecologici come quello di Fukushima. Il mondo occidentale può considerare un percorso diverso da quello della ragione strumentale?

Edgar Morin  risponde:

Quando un sistema non è in grado di risolvere i problemi che lo minacciano, o si disintegra o sprofonda nella barbarie, o riesce ad effettuare una metamorfosi.

Le catastrofi di Hiroshima e Nagasaki segnarono la fine della storia, non nel senso indicato dallo scienziato politico americano Françis Fukuyama, per il quale la democrazia liberale fu il culmine della storia, ma nel senso che tutto deve essere reinventato.

È qui che il principio della metamorfosi assume rilevanza. La globalizzazione è sia la cosa peggiore che la cosa migliore. Come può essere la tendenza migliore? Ha rivelato una comunità di destini per un'umanità confrontata con gli stessi problemi fondamentali, sia ecologici, sociali, politici o altro.

Pertanto, possiamo ottenere i cambiamenti che Stéphane Hessel vuole in termini di governance globale sviluppando un sentimento di appartenenza alla comunità, a ciò che chiamo "Terra-Patria".

Questa parola “Patria”  è molto importante; basa la comunità dei destini su una filiazione condivisa. "Terra-Patria" non significa che le comunità nazionali ed etniche debbano essere dissolte: l'umanità deve preservare la sua diversità producendo unità.

È fondamentale creare un organo in grado di decidere sui problemi ecologici, di spazzare via le armi di distruzione di massa e di regolare l'economia al fine di frenare la speculazione finanziaria.

Un precursore della terrestrità: il fondatore della Lega per il Disarmo Unilaterale Carlo Cassola

La Lega per il disarmo Unilaterale (LDU) paradossalmente è l’organizzazione che si mostra più consapevole del nesso tra contrasto del militarismo e difesa dell’ambiente e questa consapevolezza risale proprio al fondatore Carlo Cassola, alle sue idee ed alle sue opere profetiche.

La Lega di Cassola è nata nel 1978 con la campagna per il disarmo unilaterale dell’Italia e l’avvio del suo percorso storico, di marcata connotazione laica, è stato focalizzato sul disarmo incondizionato del nostro Paese come primo passo verso una “rivoluzione disarmista internazionale”. Ricordiamo tra i suoi fondatori al Congresso di Firenze Angelo Gaccione, oggi direttore del magazine on-line “Odissea”, ma tra i membri illustri (se ne potrebbero citare parecchi tra gli scrittori e gli artisti) anche personalità cattoliche come Padre Ernesto Balducci, Padre Davide Maria Turoldo, Don Eugenio Melandri.  Alfonso Navarra, ne è segretario dal 1989, mentre la vedova di Cassola, Pola Natali, ne è presidente.

La LDU è stata sempre rigorosa nell’impegno antimilitarista, per un periodo ha rappresentato una specie di corpo speciale per azioni dirette ad alto rischio (contro il carcere militare di Gaeta, contro le parate militariste del 2 giugno), ma può ascriversi il merito di avere introdotto il nesso con la lotta ecologista, nel solco appunto del fondatore, le cui ultime opere letterarie non a caso riguardano proprio la catastrofe ecologica. Citiamo qualche titolo: “L’uomo e il cane” (nuova edizione Mondadori, 2014), “Un uomo solo”(BUR Rizzoli, 1978 ). Abbiamo poi la “trilogia atomica”: “Il superstite”, “Ferragosto di morte” e “Il mondo senza nessuno”. Ad inserirsi nello stesso filone apocalittico: “Il paradiso degli animali” e “La morale del branco”. Nella saggistica dobbiamo infine annoverare: “Ultima frontiera”, (BUR 1976), “Il gigante cieco” ,(BUR 1976), “La lezione della storia”(BUR, 1978).

Carlo Cassola, al pari di Pier Paolo Pasolini, ha rivestito per il nostro Paese il ruolo di un profeta disarmato sostanzialmente inascoltato (e deriso), denunciando nelle sue opere – ed anche nel suo impegno politico – la deriva verso il baratro di una Umanità trascinata dalla stupida corsa agli armamenti e dalla altrettanto stupida incoscienza ecologica.
Lo scrittore può anche essere considerato un precursore della “terrestrità”, perché nella sua “La rivoluzione disarmista” (BUR Rizzoli, Milano, 1983), ha lanciato un appello per una “nuova internazionale della Umanità intelligente”, che avrebbe dovuto portare a compimento, con il superamento della divisione del mondo tra gli Stati nazionali con i confini armati, lo scopo di felicità e di pace fallito dalle precedenti internazionali storiche: quella cristiana, quella illuminista (francese), quella comunista.

Un cantore contemporaneo della terrestrità: Papa Francesco. La Terra nostra sorella, non ancora madre

Nell’enciclica "Laudato sii", in apertura, il capo della Chiesa di Roma scrive:
«Laudato si’, mi’ Signore», cantava san Francesco d’Assisi… «per sora nostra matre Terra». Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla (…) Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7).” (par. 1-2)
E poco oltre aggiunge: “La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare (…) Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti. ” (par. 13-14)

La Carta della Terra, fatta propria nel 2000 dall'UNESCO. La Terra comunità dei viventi. Ma siamo in comunione anche con il non vivente

Già nel 2000, dopo anni di consultazioni, stesure, ritocchi, venne redatta quella che fu chiamata la Carta della Terra, una dichiarazione di principi etici fondamentali per la costruzione di una società globale giusta, sostenibile e pacifica nel 21° secolo.

La Carta si propose di ispirare in tutti i popoli un nuovo sentimento d’interdipendenza globale e di responsabilità condivisa per il benessere di tutta la famiglia umana, della grande comunità della vita e delle generazioni future.

Un testo breve ma molto sostanzioso, i cui punti programmatici (che spaziano dall’ecologia alla giustizia e democrazia) purtroppo rimangono per lo più solo sulla carta, come del resto buona parte delle nuove Carte dell'ONU: anche esse esprimono in nuce il valore della “terrestrità”.

Il nuovo 68 ecologista: volontà di azione ma debolezza di pensiero nei fortunatamente risvegliati

Oggi stiamo assistenza ad una rinascita di una coscienza ecologica nei giovani e giovanissimi che si mobilitano in tutto il mondo.

Dal movimento Extiction Rebellion a Greta Thunberg e il movimento Fridays for Future da lei avviato, siamo di fronte a masse di persone (giovani e diversamente giovani) che sono stanchi di ascoltare le parole della politica politicante e pretendono fatti concreti subito. Hanno capito che ne va di loro, di noi tutti e dell’intero Pianeta sul quale siamo, nella loro visione, "ospiti".

Due movimenti che, data la loro portata numerica e l’attenzione mediatica che hanno conquistato, fanno sperare: di fronte a tutta questa massa di persone che chiedono politiche immediate di riduzione del riscaldamento climatico e che non si fermano ma sono intenzionate a proseguire finché non vedranno varate norme effettive in questa direzione, i governi e le multinazionali potranno poco ciurlare nel manico. Ora resistono, talvolta fingono di acconsentire e prendono tempo. Ma prima o poi dovranno cedere alla forza dell'unione popolare che si va chiarificando e costruendo.

A condizione che il sentimento sia guidato dall'intelligenza e che la fretta non faccia da cattiva consigliera. L'emergenza che viene invocata viene difatti già sfruttata dalla lobby atomica che rientra dalla finestra dopo essere stata esclusa dalla porta degli accordi di Parigi del 2015.
Non si può curare l'inquinamento da CO2, che – a detta dell’IPCC - può portarci al collasso ecologico entro 10 anni, con l'inquinamento radioattivo da ciclo nucleare, che comunque costituisce un fattore di estinzione ed è prodotto inevitabile di una "deterrenza" che in qualsiasi momento può farci saltare tutti per aria anche solo per incidente o per errore di calcolo.

I giovani, per fortuna, sono usciti da uno stato letargico ed insieme ai giovani risvegliati, nel confronto e nel dialogo, i protagonisti delle lotte e della consapevolezza delle lotte ecopacifiste e sociali del recente passato forse riusciranno a salvare il cammino umano sulla Terra.

La Costituente della Terra. Ma non siamo solo gli abitanti di una casa comune

E' appena uscito un appello, redatto in bozza da Riccardo Petrella, che chiama gli "abitanti della Terra" a istituire un "popolo della Terra" con l'obiettivo di promuovere una "Costituente della Terra".

L'iniziativa nasce da una domanda giusta e importante: "come mettere in movimento i processi capaci di permettere all’Umanità di diventare nel corso dei prossimi anni/decenni il soggetto giuridico e politico-istituzionale capace di assumere il compito di assicurare la salvaguardia, la cura e la perennità della vita della Terra su scala planetaria"?

E si giunge ad individuare quattro gruppi di principi fondatori e di percorsi costituenti (PPC):
PPC 1. Per un divenire della vita della Terra fondato sulla sacralità e la gratuità della vita e la responsabilità dell’umanità
PPC2. Sradicare i fattori strutturali generatori dell’inuguaglianza per cui l’impoverimento/esclusione costituisce il maggiore furto della vita
PPC3. Rimpiazzare le logiche di guerra con le logiche della sicurezza collettiva e del potere diffuso tra tutti gli Abitanti della Terra (direttamente fra gli umani e via la rappresentanza tramite l’Umanità)
PPC 4. Primi strumenti operativi al servizio della messa in movimento della concezione e realizzazione del Patto dell’Umanità.

Il concetto di abitante di una casa comune non è, a nostro avviso, adeguato e lo sforzo giuridico da compiere sarebbe quello di individuare le categorie del riconoscimento non dell'appartenenza della Terra alla società umana ma dell'appartenenza della società umana alla Terra.

Detto questo, la proposta di una “Scuola per un nuovo pensiero” la troviamo interessante ed opportuna e pensiamo, come membri della Rete ICAN Italia, di potere collaborare con la nostra linea di ricerca sulla “educazione alla terrestrità”.

Riportiamo i temi di cui vorrebbe occuparsi la “Scuola Costituente Terra”, che vorrebbe “addestrarci a disimparare l’arte della guerra, per imparare invece l’arte di custodire il mondo e fare la pace”:

1) le nuove frontiere del diritto, il nuovo costituzionalismo e la rifondazione del potere;

2) il neo-liberismo e la crescente minaccia dell’anomia;

 3) la critica delle culture ricevute e i nuovi nomi da dare a eventi e fasi della storia passata;

 4) il lavoro e il Sabato, un lavoro non ridotto a merce, non oggetto di dominio e alienato dal tempo della vita;

 5) la «Laudato sì» e l’ecologia integrale;

 6) il principio femminile, come categoria rigeneratrice del diritto, dal mito di Antigone alla coesistenza dei volti di Levinas, al legame tra donna e natura fino alla metafora della madre-terra;

 7) l’Intelligenza artificiale (il Führer artificiale?) e l’ultimo uomo;

 8) come passare dalle culture di dominio e di guerra alle culture della liberazione e della pace;

 9) come uscire dalla dialettica degli opposti, dalla contraddizione servo-signore e amico-nemico per assumere invece la logica dell’ et-et, della condivisione, dell’armonia delle differenze, dell’ «essere per l’altro», dell’ «essere l’altro»;

 10) il congedo del cristianesimo dal regime costantiniano, nel suo arco «da Costantino ad Hitler», e la riapertura nella modernità della questione di Dio;

 11) il «caso Bergoglio», preannuncio di una nuova fase della storia religiosa e secolare del mondo.

 Terrestrità non è semplice internazionalismo, cosmopolitismo o mondialismo.

L'internazionalismo è un pensiero politico ed un movimento, nato nel XIX secolo, che persegue la collaborazione politica ed economica tra le popolazioni di diverse nazioni per il beneficio di tutti. Sebbene col termine "internazionalismo" si intenda solitamente far riferimento all'internazionalismo proletario sono nate in seguito scuole di pensiero che sostengono e appoggiano l'esistenza di un "internazionalismo liberale".
L'internazionalismo proletario è bene espresso dal famoso inno de "L'Internazionale". Il suo concetto base risale al "Manifesto del Partito Comunista", redatto nel 1848 da  Karl Marx e Friedrich Engels, che terminava con il famosissimo slogan: "Proletari di tutti i Paesi, unitevi!".
I membri della classe operaia, avanguardia del proletariato, devono agire in direzione convergente verso la rivoluzione globale ed in supporto dei lavoratori degli altri paesi, piuttosto che seguire un percorso nazionale.
L'internazionalismo proletario è considerato un antidoto e un deterrente contro le guerre tra nazioni e popoli, poiché non è nell'interesse degli appartenenti alla classe proletaria usare le armi contro altri proletari, invece è più logico e utile che lo facciano contro la borghesia, la sfruttatrice, secondo il Marxismo, di tutti i lavoratori. Mediante la solidarietà fra i proletari di tutte le nazioni si potrà arrivare alla fine dei conflitti fra nazioni, e quindi alla scomparsa delle stesse come stati nazionali (in base alla nota teoria marxiana dell'"estinzione dello stato", preceduta da una fase di "dittatura del proletariato"). Secondo la teoria marxista l'avversario dell'internazionalismo proletario è il nazionalismo borghese: in sintesi l'internazionalismo marxista considera la divisione del mondo in classi, nazioni e religioni un ostacolo allo sviluppo della civiltà umana, proiettata dal socialismo al comunismo.
(Nello sviluppo storico abbiamo poi avuto la dottrina e la pratica staliniana del "Socialismo in un solo Paese": di fatto un socialismo nazionalista che ricercava la potenza dello Stato guida sovietico, cioè della Russia, avanguardia mondiale dei popoli oppressi in lotta - come "campo socialista" - contro il "campo imperialista").
Nel XXI secolo l'internazionalismo proletario è stato ereditato dal pensiero e dai movimenti Alter-Global in antitesi a quella che è stata identificata come la globalizzazione capitalista del mondo occidentale. Lo scopo è quello di costruire un "altro mondo possibile", abolendo totalmente gli "Stati-nazione", ritenuti ormai obsoleti, secondo una concezione con addentellati anche para-anarchici, vagheggiata soprattutto dal Socialismo utopistico e, sebbene in forme e maniere differenti, dallo stesso Marx nel XIX secolo.
All'internazionalismo proletario poi si è contrapposto l'internazionalismo liberale ed infine quello neo-liberale. L'internazionalismo liberale è caratterizzato dall'idea della reciproca collaborazione fra le nazioni per la loro convivenza pacifica. Con questo intento nel XX secolo, dopo le due guerre mondiali, sorsero gli organismi internazionali, nati per mantenere la pace ed il rispetto di norme comuni in tutto il mondo. Un antesignano importante dell'internazionalismo liberale è considerato il famoso trattato del filosofo Immanuel Kant  “Per la pace perpetua” (1795), in cui si propone una fattiva collaborazione fra i vari Stati d'Europa per eliminare le guerre. Il “sentimento cosmopolitico", tipicamente illuministico, deve cercare di evitare ogni tipo di conflittualità fra gli Stati stessi. Può essere notevole rammentare che il cosmopolitismo settecentesco criticava il “patriottismo”: nella Encyclopédie d'Holbach lo definiva "una mascheratura, in cui cadono gli ingenui "buoni patrioti", messa in atto dal potere costituito per realizzare i propri interessi". Al patriota viene propinato un ideale che raffigura tutti gli altri uomini come suoi nemici mentre al cosmopolita non interessa che la sua patria sia più o meno estesa, più o meno povera. La patria è semplicemente un concetto relativo in cui si identifica lo Stato quando assicuri ai cittadini libertà e felicità. "Dove c'è libertà là è la mia patria", affermava Benjamin Franklin, uno dei padri del costituzionalismo americano.
L'ONU può quindi essere considerata il frutto dell'egemonia culturale del cosmopolitismo rivisitato nel Novecento, cioè dell'internazionalismo liberale, che stipula un compromesso con le culture in connessione con il movimento operaio.
Con il termine “mondialismo” viene indicato il processo storico dell'attuale globalizzazione capitalista, un particolare processo storico che sta portando a una progressiva unificazione e omogenizzazione (omologazione in senso occidentale, "occidentalizzazione") dell'intero pianeta.
Il termine viene solitamente utilizzato nell'ambito della cosiddetta controinformazione in modo paradossalmente speculare dai movimenti e dai partiti politici di destra radicale e qualche volta anche in quelli della sinistra radicale.
La sinistra radicale denuncia la politica estera imperialista della NATO e degli USA, politica fondata sul cercare di conformare il mondo ai dettami del Pentagono e al modello economico e sociale statunitense, in questo senso una politica di stampo “mondialista”, dove per “mondialismo” si intende l'imposizione di un modello politico (o di altro tipo) su scala mondiale, una globalizzazione imposta (militarmente, economicamente, culturalmente) e non spontanea.
Non coglie però – tale semplificazione di sinistra - che con logiche simili, anche se con minori proiezioni di potenza per ovvi motivi storici, si sviluppano le politiche della Cina e della Russia; e persino le politiche ispirate dall'islamismo integralista, sia esso guidato da grandi potenze (Arabia Saudita ad es) che da formazioni estremiste (Al Qaeda, Isis, ecc).

Terrestrità non è semplice mondialità o altermondialità

La parola mondialità, di conio ONU-UNESCO, è invece usata in una accezione positiva da organizzazioni cattoliche e pacifiste e rinvia all'idea di una unica famiglia umana, fondata sul dialogo interculturale (specialmente inter-religioso) e la solidarietà tra le persone, le comunità, i popoli. Suoi riferimenti sono la pace, la giustizia, il rispetto dei diritti umani e dell'ambiente.
Quello che il concetto di terrestrità aggiunge alla semplice mondialità nasce dall'introiezione ed assimilazione più coerente e profonda del pensiero ecologista. Gli esseri umani non sono solo abitanti del Pianeta Terra, ma figli e figlie di Gaia, la Madre Terra, cioè parte, membri di un unico super- organismo vivente. Qui non solo si va ben oltre gli Stati-nazione e la stessa comunità degli Stati-nazione.
La cultura della pace del XXI secolo viene resa coerente e può passare da una visione strettamente antropocentrica ad una visione olistica biocentrica includente la totalità degli esseri viventi (mondo dei geni, mondo vegetale, mondo animale, mondo umano…). Da qui l’importanza dello sviluppo dei diritti degli animali, delle piante, della "Natura", composta da "ecosistemi" cui si può pensare senza apparire balzani di riconoscere personalità giuridica (già nel 2017 è avvenuto con cinque fiumi).
L'Umanità in quanto tale deve diventare un soggetto giuridico, e questa era la proposta della Carta che Corinne Lepage, ministro dell'ambiente francese, non riuscì a presentare alla COP 25 di Parigi perché conteneva l'istanza antinucleare, rigettata con orrore dall'élite di Parigi, perché alla testa del Paese più nuclearizzato del mondo.
Ma nemmeno questo completamento basta: bisogna, sottolineiamolo, anche riconoscere i diritti autonomi della Natura, da identificare come comunità globale di vita, e per soprammercato come equilibrio tra ciò che possiamo definire vivente e ciò che non lo è.
Lo aveva intuito San Francesco d'Assisi: anche ciò che non è vivente, ma è alla base della nostra vita, va considerato nostro fratello e sorella: l'acqua, il fuoco, il Sole, le stelle, la Luna...
La diseguaglianza è inaccettabile, ma bisogna riconoscere il suo nesso con la guerra contro la Natura, espresso dall'intreccio tra emergenza climatica ed emergenza nucleare.
La pace tra Uomo e Natura, condizione della lotta alla disuguaglianza, postula cambiamenti radicali, il rivoluzionamento dei principi fondatori dei sistemi economici, politici, militari, ideologici dominanti.
La Terra è molto di più che il nostro "luogo di vita" (oikos), la nostra "casa comune", per come ce la indica una metafora usata ed abusata.
E' la nostra Madre, è l'energia cosmica, è la Natura,  cui apparteniamo e quindi non ci può appartenere. Nessun essere umano, nessuna organizzazione umana ne può essere proprietario/a.
Gli esseri umani, come tutte le specie viventi, sono il risultato dell’evoluzione della vita della Terra, vita nata oltre 3 miliardi di anni fa su un Pianeta che ha circa 5 miliardi di anni.
Ogni comunità umana va allora considerata un membro vivo dell'unico ecosistema terrestre: per questo l’escludere, il segregare, il mettere in pericolo di vita gruppi, categorie o comunità umane devono essere trattati come atti criminali da condannare senza compromessi. Ma questo stigma di comportamento criminale andrebbe attribuito anche ai comportamenti che mettono a rischio gli ecosistemi particolari che compongono l'ecosistema globale.
La cittadinanza globale deve prescindere dall'appartenenza ad un singolo Stato "nazionale", ed anche dall'essere "risorsa" per l’economia il cui valore è determinato in funzione al suo contributo alla creazione della "crescita" calcolata in termini monetari.
La cittadinanza per gli uomini e per le donne deve essere riconoscimento di appartenenza alla comunità dei viventi, nel recepimento della visione moderna (ricollegantesi anche ad alcune visioni ancestrali dei popoli indigeni) che ha superato l'antropocentrismo con il biocentrismo.
Oggi, la distinzione tra la specie umana (l’umanità) e le altre specie viventi resta ma abbiamo acquisito la coscienza di far parte integrante dell’insieme della vita della Terra e della sua evoluzione. Esseri umani, facciamo parte della "Natura", siamo "Natura". Insieme alle altre specie viventi costituiamo la comunità globale della vita della Terra, ben piantata sulla sua necessaria infrastruttura fisico-materiale.
La Terra, anche nel suo scheletro non vivente, dobbiamo concepirla come un unico super-organismo di cui siamo "membri" organici. E, volendo essere ancora più "realisti", la stessa Terra dovremmo inserirla nell'evoluzione cosmica che la ha prodotta.
Questa nuova visione biocentrica, concretamente, sul piano organizzativo del vivere insieme, ci conduce ad entrare in una prospettiva storica dell’istituzionalizzazione giuridico- politica della  "comunità globale della vita ", ossia dell'ecosistema globale, una categoria già riconosciuta dalla Carta della Terra, fatta propria dall'UNESCO.
Quando si parla di "proteggere" o "salvare" la vita della terra, si parla dell'equilibrio e della cooperazione di tutte le specie viventi nel rapporto indissolubile con l'infrastruttura non vivente.
Pertanto se l’economia, come dice la sua etimologia, è l’insieme delle "regole della casa"  è evidente che essa deve diventare un sottoinsieme dell'ecologia, cioè che l’attuale economia mondiale deve essere modificata alle radici perché essa non è altro che un insieme di regole fondate sul principio dell'accumulazione illimitata per il profitto di pochi, che, violentando la Natura, genera esclusione, inuguaglianza, competitività, guerra.
Ma altrettanto devono essere soggetti a cambiamento i sistemi politici e culturali fondati sulle medesime finalità.
Un punto su cui, per finire, bisognerebbe riflettere è anche se il biocentrismo possa rappresentare un antidoto alle rappresentazioni titaniche dell'uomo come quelle implicate dal concetto di “antropocene”, cioè della convinzione che le attività umane siano ormai diventate la forza determinante nello stabilire i destini della vita e le leggi di sviluppo del Pianeta. Esiste la responsabilità umana, una particolare responsabilità di "custodi" e coordinatori in virtù dell'intelligenza, ma deve sottrarsi alle sirene implicite della "deificazione", cioè alla idea che la vita in quanto tale, nelle forme e negli sviluppi, dipende ormai solo da noi. Non dobbiamo pretendere di indirizzare il divenire della Vita, ma solamente fare la nostra parte, con intelligenza e saggezza, con l'uso ragionevole delle conoscenze scientifiche, per garantirne l'equilibrio nel continuare lo svolgimento naturale dell'evoluzione.

L’emergenza climatica non è separabile dall’emergenza nucleare

18.12.2019 Redazione Italia

L’emergenza climatica non è separabile dall’emergenza nucleare
(Foto di Chen Po-Chou via Flickr.com)

 

Battiamoci insieme, cara Greta, per evitare che il concetto di emergenza sia strumentalizzato dalla lobby dell’atomo.

Dopo la conclusione della COP 25 di Madrid e dopo il consiglio europeo del 12 e 13 giugno 2020, Accademia Kronos, Disarmisti Esigenti e WILPF Italia hanno organizzato una conferenza stampa sulla base dell’appello lanciato in aprile, ancora sottoscrivibile online all’indirizzo https://www.petizioni.com/dichiarazione-emergenzaclimatica.

L'incontro con la stampa, su iniziativa della senatrice Loredana De Petris, ha avuto luogo il 18 dicembre 2019, dalle ore 13 alle 14, nella Sala “Caduti di Nassirya” presso il Senato della Repubblica – Palazzo Madama. Tutti i primi firmatari dell'appello sono stati invitati ad intervenire con brevi considerazioni analitiche e suggerimenti propositivi sull’intreccio tra emergenza climatica ed emergenza nucleare,

La conferenza stampa è stata introdotta da Antonia Baraldi Sani, già presidente di WILPF Italia, e poi sono intervenuti con relazioni Giovanna Pagani, attuale presidente onoraria, wilpfer di ritorno dalla COP 25 di Madrid;  Oliviero Sorbini, di Accademia Kronos;  Alfonso Navarra, portavoce dei Disarmisti esigenti.

Giovanna Pagani ha indicato come obiettivo dell’intero movimento ecopacifista il calcolo, da fare approvare alla COP 26 di Glasgow del 2020, del contributo delle attività militari e belliche sul riscaldamento globale, stimabile intorno al 20% del totale complessivo.

Nel testo dell’appello lanciato in aprile si sollecita il governo a proclamare lo stato di emergenza climatica (una mozione in questo senso con prima firmataria Rossella Muroni è appena passata alla Camera) sottolineando i seguenti punti qualificanti, che contraddistinguono la nostra iniziativa da altre analoghe (e auspichiamo convergenti):

1 – Considerare a partire da subito la lotta al cambiamento climatico e la transizione a un’economia sostenibile (il Green New Deal) come la priorità attuale e dei prossimi anni, da sostenere con un grande programma di investimenti pubblici.

Qui si è osservato come il solo aumento delle spese militari deciso nell’ultimo vertice NATO di Londra del 3 e 4 dicembre (in pratica 100 miliardi annui complessivi per i Paesi europei) potrebbe ad esempio coprire buona parte del Green New Deal europeo proposto dalla Commissione UE.

2 – trovare le risorse, in primo luogo dalla cancellazione degli incentivi alle fonti fossili, dagli sprechi sulle Grandi Opere inutili, e dal risparmio sugli armamenti: usiamo le forze della difesa (protezione civile e modelli alternativi di difesa!) come energie per la salvaguardia dei territori e per l’adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici;

e soprattutto:

3 – escludere in tutte le sedi l’opzione nucleare tra le possibili soluzioni al cambiamento climatico, con ciò ribadendo la volontà del popolo italiano espressa nel voto referendario del 2011.

Su questo punto sono stati espliciti e inequivocabili i messaggi inviati da Moni Ovadia e Alex Zanotelli, tra i firmatari della lettera alle autorità europee sotto riportata.

L’invito a partecipare era stato esteso anche agli attivisti dei nuovi movimenti che esprimono un montante “risveglio” ecologista, soprattutto in settori giovanili della popolazione.

Ma è stato anche anche rilevato criticamente, in particolare dalle conclusioni di Alfonso Navarra, che il “possibilismo” sul nucleare di Greta Thunberg (si vedano le seguenti dichiarazioni su facebook: https://m.facebook.com/gretathunbergsweden/photos/a.733630957004727/793436521024170/?theater&hc_location=ufi) può avere avuto il suo peso negativo e riflettere il vento che ha portato l’ultimo Consiglio europeo, conclusosi questo 13 dicembre, ad inserire, in sostanza, il nucleare tra le energie “pulite” finanziabili dai cittadini europei (nella categoria transizionale, insieme al gas).

Bisogna che tutto l’ecologismo di base, ad avviso degli organizzatori, stia allora bene attento: è infatti possibile che un’interpretazione distorta dell’istanza emergenziale porti a fare accettare il nucleare da fissione tra le possibili soluzioni, mentre è parte del problema.

Su questo punto, secondo i promotori, è importante un dialogo e un chiarimento con i nuovi giovani ecologisti di Fridays for Future ed Extinction Rebellion, anche costruendo XR PACE (sul modello dell’inglese XR PEACE) e i FRIDAYS FOR PEACE: non si deve tornare indietro dalla consapevolezza raggiunta in decenni di lotte e anche di vittorie, seppur parziali. Occorre quindi una riconsiderazione positiva da parte giovanile (mai acritica e a senso unico, naturalmente) di saperi acquisiti con le pratiche di lotta “storiche”, la cui validità è ancora attuale.


LETTERA ALLE AUTORITA’ EUROPEE

Alla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen
Al presidente del Consiglio Europeo Charles Michel
Al presidente del Parlamento Europeo David Sassoli

Roma 18 dicembre 2019

I sottoscritti, promotori dell’appello perché il governo italiano dichiari l’emergenza climatica (on line su: https://www.petizioni.com/dichiarazione-emergenzaclimatica), Vi scrivono con preoccupazione: la UE lancia il “Patto Verde” per contrastare l’emergenza climatica ma non vorremmo si arrivasse, con eterogenesi dei fini, a soluzioni che aggravassero l’emergenza nucleare ad essa intrecciata!

Nel Consiglio Europeo del 12 e 13 dicembre scorsi (i documenti ufficiali su: https://www.consilium.europa.eu/it/meetings/european-council/2019/12/12-13/) il nucleare è infatti citato esplicitamente come possibilità finanziabile dal contribuente europeo in quanto agli Stati membri si riconosce il diritto di inserirlo nel mix energetico nazionale che caratterizzerà la transizione verso la neutralità climatica da concludere entro il 2050.

Le parole di Timmermans, vicepresidente della Commissione europea con delega al Green Deal, riportate dal quotidiano “Repubblica” del 12 dicembre 2019 (https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2019/12/12/news/il_grande_gioco_sul_clima-243332408/ ), non ci rassicurano in proposito: “Il nucleare non emette CO2 ma non è una fonte energetica che si può definire sostenibile. Sarà utile nella fase di transizione, ma non possiamo pensarlo come una soluzione di lungo termine”.

Noi riteniamo invece, con la presunzione che la nostra opinione sia condivisa dalla grande maggioranza dei cittadini europei, che il ricorso all’atomo “civile” (a nostro parere sempre sottoprodotto di esigenze militari), non abbia utilità alcuna, nemmeno relativa, parziale e contingente, in quanto i rischi e i pericoli del suo impiego sopravanzano di gran lunga qualsiasi vantaggio ipotizzabile.

Rispettiamo ovviamente la sovranità energetica dei singoli Stati della UE: ma proprio per questo esigiamo garanzie sul fatto che, specialmente le comunità nazionali che si sono espresse con voti referendari contro il rischio nucleare, non siamo chiamati a pagare in qualsiasi forma la scelta di mantenere e sviluppare una tecnologia industriale che costituisce un grave fattore di estinzione, degli uomini e della natura.

Sì, ci permettiamo di metterVi sull’avviso in nome e per conto di tutta la coscienza dell’ecologismo di base forgiato da decenni di lotte: il ciclo del nucleare è forse la più grave, anche se ignorata, problematica catastrofica con cui l’intera umanità deve oggi confrontarsi. Perché, in sostanza, con tutte le altre motivazioni che si possono aggiungere, accumula una massa di inquinamento esiziale per la biosfera aggravando l’irrisolvibile smaltimento delle scorie radioattive e perché le applicazioni civili non sono separabili dai possibili usi militari, che possono sfociare nella guerra nucleare persino per errore. (Consigliamo di documentarsi sul “Bollettino degli Scienziati Atomici”, https://thebulletin.org ).

L’Unione europea, per rispetto ai suoi valori dichiarati di costruzione della pace nella libertà, eguaglianza, democrazia, di promozione dei diritti umani garantiti dal Diritto, rinunci a finanziare il nucleare “civile” e colga l’occasione che gli è offerta dall’ONU di firmare e ratificare la proibizione delle armi nucleari, passo indispensabile per la loro eliminazione effettiva.
In attesa di una Vostra sollecita risposta, porgiamo distinti saluti e auguri di buon lavoro
Potete contattarci a queste mail: kronospn@tiscali.it  – coordinamentodisarmisti@gmail.com
Disarmisti esigenti (coordinamento politico organizzativo dell’iniziativa con WILPF Italia e Accademia Kronos)

PRIMI FIRMATARI:
Moni Ovadia – Alex Zanotelli – Edo Ronchi – Grazia Francescato – Guido Viale – Mario Salomone – Loredana De Petris – Vasco Errani – Vittorio Agnoletto – Alessandro Marescotti – Michele Carducci – Emilio Molinari – Gianluca Garetti – Francesco Alemanno – Maurizio Acerbo – Eleonora Forenza – Anna Donati – Paolo Crosignani –
Giovanna Pagani – Antonia Baraldi Sani – Patrizia Sterpetti – WILPF Italia
Oliviero Sorbini – Ennio La Malfa – Accademia Kronos
Maria Maranò – Legambiente
Vittorio Bardi – Sì alle rinnovanili No al nucleare – Coalizione per il clima
Giuseppe Farinella – Il Sole di Parigi
Laura Tussi – Rossana De Simone – Patrick Boylan – PeaceLink
Fabrizio Cracolici – ANPI di Nova Milanese

Il 7 novembre 1985, Reagan e Gorbaciov a Ginevra, enunciarono il concetto di “Guerra Nucleare Non Intenzionale”, ossia l’inizio di attacchi con armi atomiche causati da un errore tecnico o umano.

Nel film War Game, del 1983, viene narrata la vicenda immaginaria di una guerra nucleare tentata per errore da un computer che sfugge al controllo dell'uomo e bloccata all'ultimo momento. Quella storia non e' disgraziatamente fantascienza, ha avuto nella realtà numerose anticipazioni, e tante repliche, tanto che i capi di stato hanno dovuto probabilmente fare i conti più con l'eventualità di una guerra nucleare per errore che di una guerra nucleare per scelta volontaria.

Su questo argomento della guerra nucleare per errore dal sito Sputnik (www.sputnikneus.com) abbiamo selezionato 3 recenti articoli e, da essi, segnaliamo in particolare l’attivita’ dell’ International Luxembourg Forum on Preventing Nuclear Catastrophe, un’organizzazione non governativa internazionale che riunisce esperti di fama mondiale.

L'ultimo articolo, l'intervista a Daryl Kimball, direttore della Arms Control Association, ci suggerisce una proposta. 

Se fosse riconosciuto da tutti gli Stati nucleari il principio, proposto nel 1985 dal presidente sovietico Mikhail Gorbachev e dal presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, secondo cui" una guerra nucleare non può essere vinta e non può essere iniziata", ne deriverebbe come prima conseguenza immediata il rientro dallo stato di allerta delle testate nucleari attualmente predisposte a una situazione pericolosissima tipo quella della pistola spianata con le pallottole in canna senza sicura.

Gli esperti hanno valutato le possibili cause dello scoppio della guerra nucleare
5 dicembre 2019
Al giorno d'oggi, una guerra nucleare rischia d'iniziare non per causa delle azioni consapevoli di un esercito, ma piuttosto a causa di un errore di qualcun altro o di sistemi informatici, ha affermato Vyacheslav Kantor, presidente del Forum lussemburghese per la prevenzione di una catastrofe nucleare.
Secondo lui, il degrado del sistema di stabilità strategica va a pari passo con l’aumento di crisi e guerre in tutto il pianeta, che minacciano l’esplosione di una escalation incontrollata.
"Il pericolo non risiede nell'uso deliberato di armi nucleari, ma nel fatto che la guerra potrebbe scoppiare a causa di errori umani, errori di sistema, incomprensioni o calcoli errati. I rischi aumentano a causa delle nuove tecnologie informatiche", ha affermato Kantor a Ginevra durante una riunione del consiglio di sorveglianza del Forum di Lussemburgo.
Secondo lui, le minacce informatiche ora riguardano direttamente l'infrastruttura statale degli stati nucleari (la Russia ha ripetutamente parlato dell’incremento di attacchi informatici dall'estero). Lo stesso fattore può "teoricamente contribuire all'uso non autorizzato delle armi nucleari", ha osservato l'esperto.
L'ex segretario alla Difesa degli Stati Uniti, William Perry, ha dichiarato che, mentre lavorava al Pentagono ha affrontato due volte situazioni che avrebbero potuto portare a una vera e propria apocalisse nucleare. La prima è la crisi dei Caraibi, quando Perry stava preparando rapporti analitici per il presidente John F. Kennedy sull'intelligence in arrivo.
"Ogni giorno, quando andavo al centro analitico, pensavo che sarebbe stato il mio ultimo giorno sulla terra... Quella esperienza ha dimostrato che esiste un reale pericolo dell’inizio di una guerra nucleare a causa di un errore di calcolo politico", ha ammesso Perry.
Il secondo evento è stato il malfunzionamento del sistema americano di allarme missilistico NORAD nel 1979, quando Perry era sottosegretario alla Difesa.
"Alle tre di notte, l'ufficiale di turno mi svegliò... Mi disse che il suo computer mostrava 200 ICBM in volo dall'Unione Sovietica agli Stati Uniti. Spiegò rapidamente che, a suo avviso, il computer era andato in tilt e che mi aveva chiamato per aiutarlo a risolverlo", ha ricordato Perry.
Questa esperienza, ha detto, "ha mostrato che esiste un reale pericolo d'iniziare accidentalmente una guerra nucleare e a causa di un errore tecnico".
Per ridurre al minimo questi rischi, ha osservato Kantor, è necessario rafforzare la fiducia, non smantellare i trattati strategici di stabilità e, se ciò non funzionasse, cercare di preservare almeno alcuni strumenti dagli accordi affondati nell'oblio.
"Ad esempio, in caso di un rinnovo del trattato START-3 nel 2021, raccomandarsi che gli Stati Uniti e la Russia mantengano una serie di disposizioni sulla trasparenza su questo trattato. Avvisare le parti in merito all'avvio d'ICBM e vettori di veicoli spaziali, esercitazioni strategiche e altri tipi di azioni in questo ambito. Non una serie di misure per nascondere le armi strategiche dai sistemi di ricognizione spaziale nazionale", ha affermato Kantor.
Il Forum di prevenzione delle catastrofi nucleari del Lussemburgo è una delle principali organizzazioni non governative internazionali che studiano la sicurezza nucleare. Unisce esperti autorevoli provenienti da Russia, Stati Uniti, Gran Bretagna e altri paesi, tra cui ex ministri.
A un passo dalla catastrofe nucleare: gli errori che costerebbero la vita dell’uomo
20 novembre 2019
“Decine di missili balistici sovietici furono lanciati dalle piattaforme di lancio e si diressero verso obiettivi siti sul territorio statunitense”: 40 anni fa, il 9 novembre 1979, questo comunicato giunse alla stazione del Comando di Difesa Aerospaziale del Nord-America (NORAD) sito in un bunker sul monte Cheyenne.
I missili balistici intercontinentali Minuteman ricevettero l’ordine di preparazione al lancio. Il mondo trattenne il fiato di fronte alla possibilità di una guerra nucleare, ma il tutto si rivelò un falso allarme. Sputnik vi elenca oggi i casi più eclatanti di malfunzionamento dei sistemi di allerta di attacchi missilistici.
“Scherzetto” lunare
Il 5 ottobre 1960 il NORAD ricevette un segnale da una stazione sita in Groenlandia impegnata nella rilevazione su lungo raggio di eventuali attacchi missilistici sovietici contro gli USA. La base statunitense più a nord segnalò un attacco missilistico. Il comunicato arrivò in pochi minuti, ma gli ufficiali preposti, una volta elaborati i dati, capirono subito che qualcosa non andava. Infatti, quello stesso giorno si trovava a New York Nikita Khuschev in visita all’Assemblea generale dell’ONU.
Si acclarò piuttosto rapidamente che l’errore era stato dato dal sistema automatico statunitense. Il malfunzionamento del sistema di allerta era stato provocato da un segnale radio riflesso dalla Luna. Il “contrattacco” in questo caso non venne inferto solamente per miracolo. Questo è il primo caso di malfunzionamento del sistema di allerta nella storia della corsa al nucleare.
Errore di un operatore
 Il 24 novembre 1961 la stazione principale del Comando strategico USA perse contemporaneamente il collegamento sia con il NORAD sia con le stazioni di allerta precoce. Dal punto di vista dei militari questo poteva significare solamente una cosa: le altre stazioni erano state rase al suolo dalle testate nucleari sovietiche.
L’equipaggio in servizio sui bombardieri strategici ricevette l’ordine di decollare. Uno di questi velivoli si diresse verso la base aeronautica di Thule e il pilota riuscì a vedere quelle stazioni delle quali in caso di attacco nucleare non sarebbe rimasto altro che polvere. Anche gli altri equipaggi riferirono informazioni analoghe.
In quel momento al decollo era pronta l’intera flotta dei B-52 strategici. Tuttavia, poco dopo fu acclarato che la ragione dell’accaduto era dovuta a un errore commesso da un operatore della centrale AT&T (American Telephone and Telegraph), ossia la società delle telecomunicazioni transnazionali con sede a Dallas, Texas. Una delle trasmittenti aveva semplicemente smesso di funzionare.
Nel pieno della Crisi dei missili di Cuba
Mentre la visita del leader sovietico negli USA del 5 ottobre 1960 contribuì a raffreddare le teste calde degli americani, il mese di ottobre del 1962 aveva tutte le carte in regola per diventare il mese più tragico della storia dell’umanità. Al culmine della Crisi dei missili di Cuba 4 basi missilistiche segrete site a Okinawa ricevettero l’ordine di lanciare missili termonucleari da crociera Mark 28 verso l’URSS. L’ordine fu trasmesso via radio e tutte le informazioni sembrava combaciassero. Tuttavia, il capitano William Basset, scoprendo una lettera con le coordinate, scoprì che 3 dei 4 presunti obiettivi non si trovavano in realtà in URSS.
Il capitano contattò il centro di comando e, mentendo sul fatto di aver ricevuto un preciso ordine, richiese una conferma delle coordinate. Contemporaneamente diede ordine a due soldati di sparare all’ufficiale in servizio se avesse provato a lanciare i missili. Alla fine Bassett e i suoi colleghi delle altre basi ricevettero ordine di non aprire il fuoco. Questo caso fu reso noto poco tempo fa, nel 2015, ovvero 4 anni dopo la morte di Bassett.
Allerta notturna
Il 3 giugno 1980 alle 02:26 fuso orario EST presso la stazione principale del Comando strategico dell’Aeronautica militare statunitense giunse l’allerta relativa al lancio di 2 missili balistici a partire da sommergibili diretti verso gli USA. Dopo poco furono rilevate decine di altri missili. Gli equipaggi dell’aeronautica strategica si prepararono al decollo, ma il centro di controllo del NORAD non vedeva nulla. Agli equipaggi dei B-52 fu ordinato di rimanere nelle cabine fino a ulteriori istruzioni.
Fu appurato che i computer avevano sbagliato ancora. Il generale James Hartinger a capo del NORD ammise la presenza di un errore nel sistema di allerta, dunque fu ordinato di spegnere i motori dei bombardieri. Tutto questo accadde nell’arco di pochi minuti. E casi analoghi in cui i computer misero a repentaglio l’esistenza stessa dell’umanità si contano a decine.
40 minuti per prendere una decisione
Il 26 settembre 1983 il sottocolonnello delle Forze missilistiche strategiche russe, Stanislav Petrov, era in servizio presso il Centro di controllo principale del sistema di allerta missilistico sito nella cittadina militare Serpukhov-15 nei pressi di Mosca. Alle ore 00:15 il sistema intercettò il lancio di missili balistici intercontinentali Minuteman dagli USA. Rimaneva meno di un’ora per prendere una decisione su un eventuale contrattacco.
Sulla grande mappa elettronica degli USA presso il Centro di controllo fu evidenziato il punto di tiro, ossia una delle basi militari sita sulla costa occidentale. Petrov diede tempestivamente il segnale di allerta. Tuttavia, sugli schermi dei sistemi di monitoraggio video che avrebbero già dovuto rendere le immagini dei missili tutto era invece in regola. Il sistema satellitare Oko, però, dopo qualche istante comunicò l’effettuazione di un secondo, un terzo e un quarto lancio di missili Minuteman a partire da quello stesso punto. Nuovamente, tuttavia, gli operatori ai dispositivi di monitoraggio non erano in grado di confermare tale informazione.
Il sottocolonnello Petrov allora si assunse la responsabilità e comunicò ai suoi superiori il malfunzionamento del sistema di allerta. Per ragioni di segretezza questi eventi furono resi noti solamente 10 anni dopo.
Fu appurato che il satellite sovietico fu ingannato dal Sole. Infatti, il presunto punto di tiro dei missili si trovava nella cosiddetta zona crepuscolare, ossia la linea fittizia che delimita la zona diurna della Terra da quella notturna. Proprio in corrispondenza di questa linea di demarcazione tra luce e tenebre i raggi del sole, riflessi dalle nuvole, accecarono i sensori del satellite Oka.
10 novembre 2019
I rischi di una guerra nucleare per un falso allarme secondo esperto americano
Esiste ancora la possibilità di un falso allarme relativamente ad un attacco missilistico: questa situazione minaccia una catastrofe globale, quindi i presidenti di Stati Uniti e Russia devono agire immediatamente, ritiene Daryl Kimball, direttore della Arms Control Association.
Esattamente quarant'anni fa il sistema di allarme missilistico del comando di difesa aerospaziale del Nord America (NORAD) entrò in funzione accidentalmente, provocando quasi un attacco missilistico di ritorsione contro l'Unione Sovietica.
"L'incidente del 9 novembre 1979 è stata una delle decine di situazioni pericolose con le armi nucleari durante la guerra fredda. Sebbene il periodo che portò gli Stati Uniti e la Russia a costruire enormi arsenali nucleari sia terminato decenni fa, restano le armi nucleari e le strategie che potrebbero portare al lancio di centinaia di testate nucleari per falsi allarmi", ha dichiarato Kimball a Sputnik.
Ha ricordato che oggi Russia e Stati Uniti dispongono di 1.400 testate nucleari strategiche, centinaia di missili marittimi e terrestri e bombardieri strategici.
"Ciascuna parte ha centinaia di testate che possono essere lanciate nel giro di pochi minuti dopo che il presidente ha dato l'ordine. E ciascuna parte consente l'utilizzo di armi nucleari prima che venga confermata l'avvenuta esplosione nucleare sul proprio territorio", ha detto l'esperto.
Secondo Kimball, queste concezioni pericolose sul "lancio in risposta all'aggressione" fanno sì che sia concreto il rischio di un conflitto con attacchi nucleari a seguito di un falso avvertimento. La situazione è complicata dal fatto che Washington e Mosca lasciano a se stessi la possibilità di essere i primi a usare le armi nucleari durante una crisi o un conflitto non nucleare.
"Entrambi gli Stati hanno centinaia di cosiddette bombe nucleari tattiche con un potere esplosivo relativamente piccolo da usare sul campo di battaglia. Entrambe le parti conducono regolarmente esercitazioni militari per affrontare una guerra nucleare. Ma l'uso di armi potenti, anche per la cosiddetta azione limitata, tiene aperta la possibilità di un disastro globale", ha detto Kimball.
Non appena viene utilizzata una singola testata nucleare, non vi è alcuna garanzia che una guerra nucleare su vasta scala venga evitata, ha affermato. Secondo l'interlocutore dell'agenzia, i ricercatori dell'Università di Princeton hanno elaborato una nuova simulazione dello scenario in cui una delle parti ricorrerà all'impiego "tattico" di armi nucleari e l'altra reagirà analogamente.
"In base alle attuali concezioni militari possono concretizzarsi attacchi nucleari a ripetizione contro obiettivi militari e civili, che segnerebbero 1.700 esplosioni. In cinque ore, circa 100 milioni di persone rimarranno uccise o ferite", Kimball riporta i risultati dell'analisi.
A suo avviso, i presidenti degli Stati Uniti e della Russia dovrebbero prendere immediatamente provvedimenti sostanziali per ridurre questi rischi.
"Inizialmente dovrebbero esortare tutti gli Stati con armi nucleari a riconoscere il principio proposto nel 1985 dal presidente sovietico Mikhail Gorbachev e dal presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, secondo cui" una guerra nucleare non può essere vinta e non può essere iniziata", ha evidenziato l'esperto.
"Allo stesso tempo i Paesi con armi nucleari dovrebbero delineare una politica che precluda di usare per primi le armi nucleari e di impiegarle senza la conferma dell'uso di ordigni nucleari sul proprio territorio".
Un altro passo necessario, a suo avviso, dovrebbe essere il rapido raggiungimento di accordi tra i presidenti degli Stati Uniti e della Russia sull'estensione del Trattato strategico sulle armi offensive (START-3) per cinque anni, come previsto nel documento.
"Siamo fortunati che falsi allarmi durante la guerra fredda non abbiano portato ad una guerra nucleare. Potrebbe non esserci tanta fortuna in futuro, quindi i nostri leader devono agire ora", ha aggiunto Kimball.

Thousands gathered in Trafalgar Square on Tuesday night to protest as NATO leaders assembled in London to celebrate the 70th anniversary of the nuclear-armed military alliance. Placards and banners opposing NATO’s nuclear weapons were in evidence, alongside those opposing President Trump’s nuclear arms race.

No to Trump - No to NATO

Donald Trump was present for the summit and this brought many campaigners out on the streets to join us. There was a large contingent of NHS workers and supporters, concerned about what a Trump-Johnson trade deal could mean for the future of public health care in Britain. Other protestors included those campaigning in support of Palestinian rights, for Kurdistan and against Trump’s racism and far-right agenda.

Despite the reported arguments amongst NATO leaders and the claim that the future of the military bloc is threatened, we know that the reality on the ground is increased military spending and expansion and intervention into new areas like Latin America and Africa.

Activists from across Europe and the United States addressed the Trafalgar Square rally, making clear that if we are to rid the world of nuclear weapons and bring an end to permanent war, we must dismantle the apparatus of war. That has to mean disbanding NATO and developing a foreign policy that upholds common security based on peace, justice and respect for all nations.

Public opinion

The good news is that opposition to NATO is growing. In 2017, polls showed that 27% were ambivalent or opposed to the bloc. By 2019, that number has risen to 41%. Those who strongly support NATO has fallen from 42% to 25%.

But there is much more work to be done. One of the frustrating aspects of the NATO summit was the complete absence of discussion and debate about the bloc in the media. It is still assumed by many - including by the main political parties - that NATO is a good thing.

Our movement must therefore continue to make clear the relationship between nuclear weapons, war, the growing instability in the world, and NATO. To this end, together with our partners from the European peace movement, we held a well-attended ‘counter-summit’ in London last Saturday, to discuss and plan the kind of alternative foreign and security policies we would like to see.

Making a stand for peace

After Tuesday's rally, protesters marched to Buckingham Palace where leaders were gathering for a reception with the Queen. Unfortunately, we were prevented by the police from travelling down the agreed route along The Mall for almost an hour. But better late than never. We eventually marched toward the palace and then made our demands for peace and disarmament very clear when we arrived. None of the leaders can have been in any doubt about the opposition to NATO, war and nuclear weapons that exist in our society.


Our mailing address is:

Campaign for Nuclear Disarmament

162 Holloway Road

London, London N7 8DQ

United Kingdom

Report di Alfonso Navarra da Londra (www.disarmistiesigenti.org) - 5 dicembre 2019
Il vertice del 70ennale della NATO, quello preceduto dalla sparata di Macron sulla “morte cerebrale” dell’Alleanza, si e’ concluso ieri (4 dicembre 2019), ribadendo che il militarismo transnazionale non chiude affatto i battenti, ma va avanti, incluse le strategie di condivisione nucleare, oggi sicuramente più per inerzia che per convinzione.
L’articolo 5, cuore del Trattato, viene riaffermato nel comunicato finale emerso da Londra: “Riconfermiamo il duraturo legame fra Europa e America del Nord e il nostro solenne impegno contenuto nell’articolo 5 del trattato di Washington che un attacco contro uno degli alleati debba essere considerato un attacco contro tutti noi”.
Ma cominciano a rafforzarsi i dubbi sulla effettiva volontà americana di volerlo rispettare, in termini stringenti come ai tempi in cui il problema centrale era il confronto globale tra i due "sistemi": la presunta libertà occidentale contro il presunto egualitarismo sovietico.
Sulla deterrenza nucleare il Summit decide "l’ulteriore rafforzamento della nostra capacità di difenderci con un appropriato mix di capacità nucleari, convenzionali e anti-missilistiche, che continueremo ad adattare: finché esisteranno armi nucleari, la Nato resterà una alleanza nucleare". E ricordiamo che per la NATO gli arsenali nucleari restano sempre "la suprema garanzia di sicurezza".
Chi scrive ritiene che il presidente francese abbia colpito nel segno quando coglie la crescente divaricazione odierna tra gli interessi strategici ed economici degli USA e quelli dell’Europa: ma la soluzione non può essere quella, prospettata con molta retorica da Parigi, di creare un pilastro militare europeo autonomo nell’Alleanza.
A latere del vertice imperversa infatti la guerra dei dazi, con le ritorsioni USA alle tasse sulle grandi aziende digitali decise in particolare dalla Francia.
Questo contrasto USA-Europa diventerà sempre piu’ profondo a partire dalle esigenze economiche degli stessi complessi militari industriali energetici: e questo potra’ essere il motore della disgregazione di un “blocco” occidentale che non esiste più in seguito alla fine, l’altro ieri, della Guerra Fredda, e, ieri, dell’unipolarismo americano subentrato dopo il crollo del comunismo sovietico.
Ed in seguito anche al cedimento del collante ideologico che compattava l'alleanza, quella idea, appunto, di "Occidente liberale e democratico" ora messa in crisi dall'affermarsi del sovranismo nazionalista persino nella superpotenza leader dell'ex blocco.
I "reali interessi" su cui si fondano i rapporti tra gli alleati non sono quelli di un complesso militare industriale unico, che esiste solo nella testa degli economicisti vecchio stampo, i quali non colgono la complessità strutturale nonché pluridimensionale delle logiche della potenza.
I gruppi multinazionali rivaleggiano per accaparrarsi il controllo dei mercati e delle materie prime, ma hanno sempre una base statuale nazionale dietro le spalle, e gli interessi delle varie potenze, grandi e medie, possono convergere ma mai coincidere del tutto, anche se la tendenza e' quella al compromesso conflittuale finche' e' possibile.
Di qui la centralità, nella tendenza alla convergenza nel contesto delle divergenze, della questione del burden sharing, vale a dire di come dividersi il carico delle spese per la sicurezza comune: l’obiettivo del 2% del PIL nelle spese militari che gli americani, ed in particolare Trump, pretendono. E su cui hanno ottenuto impegni ulteriori dei Paesi europei per ben 400 miliardi di dollari entro il 2024 (vedi sotto dichiarazioni di Stoltenberg). Gli Alleati si impegnano non solo a portare la loro spesa militare almeno al 2% del PIL (solo 8 paesi su 29 sono in regola), ma a destinare almeno il 20% di questa all’acquisto di armamenti. Obiettivo già raggiunto da 16 paesi su 29, tra i quali l’Italia. In tale quadro si inserisce il riconoscimento dello spazio quale quinto campo operativo, cioe'  si annuncia un costosissimo programma militare spaziale della Alleanza, che si aggiunge come sbocco affaristico per i complessi militari industriali (notare il plurale - ndr).
Nel comunicato finale della NATO per la prima volta si cita la “sfida” della poderosa ed opaca ascesa cinese, già seconda potenza militare al mondo, in via di ulteriore espansione. Ma ancora, in questa crescita, soprattutto dal lato economico, si riconosce una “opportunità” per tutti. Ricordiamo che, assieme alle accuse sulle violazioni russe, la modernizzazione nucleare cinese è stata presa a pretesto dagli USA per la disdetta degli accordi INF sulle armi nucleari intermedie, gli euromissili smantellati anche grazie alle lotte di Comiso, Greenham Common, Florennes, Woensdrect e Mutlangen (la Rete internazionale del Cruisewatching).
L’Italia sulla questione cinese e’ sul banco degli imputati perché è stato il primo paese occidentale ad aderire alla Via della Seta, lo strumento di penetrazione economico-politica di Pechino. Ne’ intende rinunciare alla tecnologia cinese sul 5G di Huawei, che Washington considera una minaccia alla sicurezza.
Conte ha avuto, a latere, un incontro a due con Trump e a questo proposito ha dichiarato: “Non è che l’Italia può sfilarsi da una tecnologia. l’Italia applica tutte le misure di protezione e tutti i controlli per assicurare la riservatezza dei dati”.
Conte con Trump ha anche parlato della Libia perché ha bisogno dell’appoggio USA al traballante governo ONU amico dell’ENI, mentre Berlino, Parigi e Londra si sono riuniti a parte per affidare l’ex colonia italiana alla primaria influenza turca.
Un risultato concreto del vertice riguarda appunto il veto che Erdogan ha lasciato cadere al piano per rafforzare le difese NATO nei Paesi Baltici contro la minaccia russa. La Turchia lo aveva ventilato se gli alleati non le avessero manifestato maggior sostegno nella campagna militare contro i curdi in Siria: ma alla fine ha ceduto senza vere contropartite.
Per quanto riguarda i rapporti con la Russia, nel comunicato finale la NATO parla di “azioni aggressive” di Mosca che costituiscono una minaccia per la sicurezza. Quindi ancora sanzioni per la Crimea e l’Ucraina.
Nella conferenza stampa finale (che Trump ha disertato come ripicca per il video in cui viene preso in giro da Macron, Trudeau e Johnson), il segretario Stoltenberg ha detto che comunque la NATO e’ aperta al dialogo per migliorare le relazioni con Mosca. Opinioni del sottoscritto: la guerra non è ghiacciata ma freddina, e comunque un certo ruolo di Putin in Medio Oriente non è del tutto mal visto da una parte dell'Amministrazione USA, nel momento in cui si sta operando un disimpegno strategico dall'area, anche in considerazione del fatto che la superpotenza americana è ormai diventata energicamente autosufficiente.
Da parte di chi lotta per il disarmo, la pace, il futuro dell'umanità, le difficoltà e le contraddizioni interne all'Alleanza non possono che essere accolte con piacere. Ma noi non dovremmo chiederne ancora con più forza lo scioglimento  attaccandoci alla sua "obsolescenza", cosi' come non ci battiamo per il disarmo nucleare in quanto giudichiamo "obsolete" le armi atomiche. Noi vogliamo sciogliere la NATO perché la riteniamo in contrasto con lo spirito della Carta dell'ONU, nata per evitare ai popoli il flagello della guerra e la corsa agli armamenti che ad essa inevitabilmente conduce ...
La NATO istituzionalmente nel suo Statuto si propone il rafforzamento delle capacità militari dei Paesi membri: e noi, nonviolenti con il sale in zucca e non cerebro lesi, nell'ordine fondato sulla forza del diritto e non sul diritto della forza, dobbiamo andare verso una società' internazionale disarmata e in pace con la Natura, combattendo una macchina militare che spende molto di più di tutto il resto del mondo messo insieme.
Qui di seguito, dal sito ufficiale della NATO, ecco le dichiarazioni del segretario generale Stoltenberg, che annunciano trionfalmente gli aumenti delle spese militari (vai su: nato.int) :
NATO leaders took a number of important decisions to increase the readiness of Allied forces, declared space as the fifth operational domain and committed to ensuring the security of telecommunications infrastructure, including 5G. Allies also agreed on a new action plan to step up efforts in the fight against terrorism and recognised unprecedented progress on fairer burden-sharing. “This is the fifth year of rising defence investment. In fact, European Allies and Canada have added 130 billion US dollars. And by the end of 2024, that figure will rise to 400 billion US dollars”, said the Secretary General.
During the meeting, Allied leaders had a substantive discussion about Russia, and the future of arms control. The Secretary General underlined that “for the first time, we addressed the rise of China - both the challenges and opportunities it poses and the implications for our security”. He added: “we must find ways to encourage China to participate in arms control arrangements”.
Allies also agreed to initiate a reflection process under the leadership of  Secretary General Jens Stoltenberg to further strengthen the political dimension of NATO.
The Secretary General stressed that “as the world changes, NATO will continue to change”, adding that NATO leaders have agreed to meet again in 2021.

La nonviolenza è cervello, non solo cuore.
Una spedizione a Londra, alla manifestazione anti-NATO del 3 dicembre, per porre le basi di XR PACE in Italia

di Alfonso Navarra - portavoce dei Disarmisti esigenti
(www.disarmistiesigenti.org)

Un summit a Londra oggi festeggia, si fa per dire, i 70 anni della NATO, una organizzazione che sente tutti gli anni di cui è carica: mai come in questo periodo deve affrontare un momento di grandi contrasti interni.
Quale è la situazione dell’Alleanza Atlantica oggi, dopo la fine - e da un bel pezzo - della Guerra Fredda USA-URSS per la quale era nata per l’appunto nel 1949?
Macron aveva dichiarato qualche giorno fa all’Economist addirittura che l’Alleanza e’ “in stato di morte cerebrale”, prendendo lo spunto da come USA e Turchia divergono su Siria e questione Curda, con Erdogan che va a comprare batterie missilistiche difensive dalla Russia di Putin, secondo gli americani incompatibili con il mantenimento della riservatezza per altre tecnologie militari.
Il mondo, dopo il crollo del comunismo sovietico, è diventato, dopo un periodo di unilateralismo americano, multipolare, con una competizione globale a dominanza economica che, da un lato, comprende la Cina come grande sfidante degli Stati Uniti, e dall’altro lato, si alimenta con l’incancrenimento di altri teatri di crisi, come ancora in Est Europa, in Asia e soprattutto nel Medioriente ultra-instabile.
La NATO, residuo allora di un mondo che non esiste piu’, si presenta oggi come l’unico patto militare esistente dagli scopi e dalle funzioni non bene chiariti, ma nonostante questo capace di aspirare una spesa stratosferica: annualmente siamo a 963 miliardi di dollari, a fronte dei 61 della Russia e dei 250 della Cina!
Risorse che, ad esempio, potrebbero essere investite nella vera e concreta emergenza climatica, incombente su tutta l’umanita’: nelle previsioni più ottimistiche, tanto per citare una conseguenza molto temuta in Italia per il pugno di sbarchi dalla Libia contro cui sbraita Salvini, portera’ in pochi decenni alle migrazioni forzate di almeno due miliardi di persone.
L’ambasciatore Sergio Romano, nei suoi editoriali sul Corriere della Sera, continua a ripetere la fatidica domanda: a che serve la NATO oggi?
Nel frattempo che a Londra i capi di Stato e di governo si riuniscono per trovare la risposta, l’organizzazione atlantica va e andrà avanti per inerzia, senza convinzione: l’unico interesse che si può individuare è quello da parte degli Stati Uniti, per giunta rimesso in discussione dal suo presidente, di garantirsi una storica posizione egemonica sull’Europa.
Ma ora proprio dall’America vengono fatte le pulci sulla redistribuzione delle spese per il mantenimento del “servizio sicurezza”: Trump sostiene che gli USA se ne accollano troppo e che gli europei fanno i portoghesi! Ma non dimentichiamo che il progetto degli F35, i cacciabombardieri più costosi nella storia dell’areonautica, gli Stati Uniti sono riusciti a svilupparlo solo grazie all’impegno economico degli alleati.
Una decisione cruciale che dovrebbe venire fuori da Londra e’ quindi l’aumento delle spese militari per i Paesi europei di ben 400 miliardi di dollari complessivi entro il 2025. Scusate se stiamo parlando di noccioline!
Ieri Trump ha incontrato la Regina Elisabetta e, in contemporanea, sotto Buckingam Palace si e’ concentrata la protesta di varie organizzazioni pacifiste e di XR PEACE, un migliaio di manifestanti giunti in corteo da Trafalgar Square, che era il luogo di raduno iniziale.
Nella piazza sono stati organizzati dei blocchi stradali alla maniera dello swarming (lo sciame di insetti) che hanno creato qualche problema al traffico della città.
E veniamo adesso al ruolo del sottoscritto.
Dall’Italia per le manifestazioni di Londra, in verità, come dovrebbe essersi già capito, un flop politico, siamo venuti in due, chi scrive, appunto, disponibile a farsi arrestare (ma - per quanto mi riguarda per fortuna, visto che sono attempato e molto malconcio in salute - non ce n’e’ stato alcun bisogno) e il giovane Valerio Ferrandi, molto attivo nei centri sociali milanesi.
Perche’ non sono gran che soddisfatto del tipo di mobilitazione che si e’ messa in campo da parte del pacifismo inglese?
Quello che, ad esempio, mi sento subito di osservare e’ l’insipienza tattica della decisione di protestare ieri contro Trump e non oggi contro il vertice in se’, per il quale non sono previste oggi iniziative.
Ci si riduce come movimento a fare una scontata parte di comparsa in commedia sul copione organizzato dal circo mediatico: come Trump saluta la regina, come veste la moglie Melania, quanto storto li guarda Elisabetta…
Mentre, manifestando oggi, a mio parere, si sarebbe potuti giocare un ruolo da protagonisti mettendo il dito sulla piaga delle difficolta’ interne all’Alleanza: celebrare, che so, cogliendo la palla al balzo delle dichiarazioni di Macron, noi il suo funerale simbolico (credo sia proprio probabile che ci troviamo all’inizio della fine dell’Alleanza perché gli interessi strategici tra USA ed Europa vanno sempre piu’ divaricandosi), mettersi la maschera dei 28 leader con la parte superiore della testa tagliata, regalare al summit le corone funebri, ed idee del genere…
Dovrebbe essere logico che la critica diventa credibile quando si appunta su problemi grossi ed evidenti che ha il bersaglio della medesima.
Pensando ad un dibattito che si sta accendendo in giro, quando si parla di non violenza penso si debba pensare alla seguente definizione: la forza dell’unione popolare guidata da una intelligenza strategica collettiva. E’ quella che - se non ricordo male - do nel libro di cui è coautrice Laura Tussi, intitolato “Antifascismo e nonviolenza” (Mimesis edizioni).
E’ il cervello, non la forza muscolare quello che ha permesso alla scimmia uomo di prevalere su felini poderosi e numerosi come le tigri con i denti a sciabola.
Ed è sulla intelligenza che noi umani dobbiamo contare per prevalere sulle elite in trasbordo verso il trans e post-umano, a pregiudicare la fondamentale uguaglianza che caratterizza la nostra specie.
Se non si usa il cervello ma si fa affidamento solo sul cuore che spinge le gambe ci si agita ma non si raggiunge nessuna meta… questa è una delle considerazioni che mi sorge spontanea nel vivo di questa spedizione londinese che per me e’ ancora in corso e terminera’ con il ritorno a Milano domani sera.
Vengo ora allo scopo centrale del mio viaggio.
Gli incontri politici con le organizzazioni che hanno costituito XR PEACE in UK ci sono stati (e ci saranno) e sono andati molto bene, in particolare quello con la WILPF UK nel loro ufficio, con la segretaria Paula Shaw.
Molti contatti e scambi si sono avuti in piazza, a Trafalgar Square.
Domani sara’ la volta del CND, con Sara Medi Jones, anche esso nel suo ufficio.
Per concludere, volendo, sul loro modello di XR PEACE possiamo proporre in Italia una XR PACE, che potrebbe anche fare da antidoto al possibilismo nuclearista che si sta diffondendo tra i giovani: le ambiguità di Greta e di Roger Hallam rischiano di aprire la strada alla strumentalizzazione, da parte della lobby nucleare, del nuovo ’68 ecologista che sta riempiendo le piazze di tutto il mondo, comprese quelle italiane.

Risultato immagini per No to Trump – No to NATO"

XR si mobilita a livello europeo per la COP 25 a Madrid (dal 2 al 13 dicembre 2019).
Sappiamo che si tratta del summit globale dell’ONU sul clima (ed è importante, tra l’altro, che il nucleare, cacciato dalla porta dagli accordi di Parigi, non rientri dalla finestra, con la scusa che emette poca CO2 mentre forse ci ha già spacciato con l’inquinamento radioattivo che ha diffuso il suo ciclo).
Ma c’è anche una chiamata a Londra, da parte di uno specifico gruppo di affinità, XR PEACE, il 3 (in particolare) e il 4 dicembre, per il summit del 70ennale della NATO, contro il quale il mondo ecopacifista si mobilita.

Ecco come la mobilitazione viene presentata sul sito del CND inglese (vai su: https://cnduk.org/nato-summit/)

On the 3rd and 4th of December the North Atlantic Treaty Organisation (NATO) will mark its 70th anniversary with a Heads of State Summit in London. With US President Donald Trump, Prime Minister Boris Johnson and Turkish President Recep Tayyip Erdoğan set to attend this gathering of the world’s largest nuclear-armed military alliance, it’s vital that the peace and anti-war movements mobilise.

NATO is an aggressive and expansionist nuclear-armed military alliance which plays a dangerous global role – it’s still in Afghanistan 18 years on and is expanding further into Eastern Europe, the Middle East and Latin America.

Kate Hudson, CND general secretary, said:

“The NATO summit will be a crucial opportunity for our movement to oppose Trump’s nuclear warmongering and highlight the dangerous role NATO, as a nuclear alliance, plays in raising international tensions.”

CND is working with British and international partners to co-ordinate protests in London.

Se c’è qualcuno degli attivisti italiani di XR che vuole partecipare alle manifestazioni di Londra, indette da un ampio fronte pacifista, ed è disposto a correre rischi per azioni dirette nonviolente, meglio se collegandosi al nostro forum antinucleare, scriva innanzitutto a:
xrpeace@gn.apc.org
e metta in cc il sottoscritto, Alfonso Navarra, (parto per la capitale inglese avendo già comunicato la mia disponibilità a farmi arrestare): alfiononuke@gmail.com

Questa esperienza contro il nucleare NATO a Londra potrebbe essere un primo passo per costituire in Italia una XR PACE analoga alla XR PEACE inglese.

Cosa è XR PEACE?

XR Peace è una coalizione di organizzazioni per la pace e la giustizia che fa capo a Extinction Rebellion.

È stato stimato che circa il 6% dell’impronta di carbonio globale deriva da attività militari. [1] Il militarismo e la guerra sono indissolubilmente legati all’imperialismo, al razzismo e alla distruzione degli habitat. XR Peace propone di rendere espliciti i legami tra militarismo e emergenza climatica. Evidenzieremo anche le opportunità che si presentano trasferendo risorse, abilità e potere delle persone dai militari per affrontare la crisi climatica. Abbiamo bisogno di un cambiamento sistemico se vogliamo sopravvivere noi e il nostro ecosistema.

Attireremo persone che lavorano in questo campo, comprese quelle associate a gruppi antinucleari, di pace e di giustizia, persone credenti e non, e attivisti della Ribellione all’estinzione. Alcune di queste organizzazioni faranno parte formalmente di XR Peace e i membri di altre potranno partecipare come individui.

fonti:

[1] L’impronta ecologica dei militari. Dott. Stuart Parkinson. SGR. Questa cifra è una stima informata basata su dati disponibili limitati. https://www.sgr.org.uk/sites/default/files/2019-07/SGR_Military-carbon-bootprint_London19.pdf

Le organizzazioni che hanno aderito finora a XR Peace: Trident Ploughshares, CND, Scottish CND, CND Cymru, Stop the War, Women’s International League for Peace and Freedom, War Resisters International, Nukewatch, Edinburgh Peace & Justice Centre, Iona Community, Nipponzan Myohoji UK Peace Pagodas, Forces Watch e XR Against Arms Trade.

Contatti
Scrivici a xrpeace@gn.apc.org
La posta ordinaria (via Trident Plowshares) è c / o Edinburgh Peace & Justice Centre, Central Edinburgh Methodist Church, 25 Nicolson Sq, Edinburgh EH8 9BX.

Per seguire la pagina Facebook: https://www.facebook.com/groups/394177674567092/

Gli attuali coorganizzatori di XR Peace sono Angie Zelter e Jane Tallents.

LA NUOVA “ANORMALITÀ”  

di Alessandro Pascolini* (tratto dal sito della rivista telematica “Odissea” diretta da Angelo Gaggione - https://libertariam.blogspot.com/2019/02/la-nuova-anormalita-di.html)

A 2 minuti dall’ora del giudizio

A ricordarci quanto sia delicato e incerto l’equilibrio che permette la sopravvivenza dell’umanità in presenza delle armi nucleari e di nuove destabilizzanti tecnologie e nella fase dei cambiamenti climatici che condizionano le condizioni di vita sul nostro pianeta, il Doomsday Clock (“l’orologio del giudizio universale”) della Federation of atomic scientists ogni anno segna quanto tempo rimane prima della mezzanotte antecedente al giorno del giudizio.

Questi scienziati, che già dal 1945 si sono posti l’obiettivo di combattere lo sviluppo delle armi nucleari, diffondono le loro analisi e proposte nel Bulletin of the atomic scientists, il cui Science and security board indica annualmente con il suo orologio la vulnerabilità del mondo alla catastrofe.

La prima indicazione, siamo nel 1947, fu di mezzanotte meno sette minuti: si sta accendendo la guerra fredda ed è fallito il tentativo del controllo internazionale dell’energia nucleare nell’ambito dell’apposita commissione creata dall’ONU. Nel 1949, con l’acquisizione delle armi nucleari da parte dell’URSS, la situazione si aggrava e le lancette vengono portate a 3 minuti da mezzanotte. Un ulteriore aggravamento (e siamo a meno due minuti) si ha nel 1953 con lo sviluppo delle armi termonucleari. Nel corso degli anni, a fronte dell’evoluzione del confronto nucleare fra le superpotenze e la proliferazione ad altri paesi, l’orologio si è allontanato e avvicinato alla mezzanotte; il momento più sicuro si è avuto nel 1991 alla fine della guerra fredda (17 minuti da mezzanotte) per poi via via aggravarsi negli anni successivi di fronte all’incapacità del mondo politico internazionale di superare il confronto nucleare e di affrontare le problematiche legate al cambiamento climatico globale, fino a ritornare lo scorso anno a meno due minuti.

 

 

Lo scorso 24 gennaio, il gruppo internazionale di 20 esperti incaricato di muovere le lancette dell’orologio ha annunciato ai leader e ai cittadini del mondo(https://thebulletin.org/doomsday-clock/current-time/) di dover mantenere la distanza dalla catastrofe globale a due soli minuti, come nel 2018 e 1953: la peggior situazione di sempre.

“L’umanità si trova ad affrontare due minacce esistenziali simultanee, ciascuna delle quali estremamente preoccupante e necessaria di immediata attenzione: le armi nucleari e il cambiamento climatico. Queste minacce sono state esacerbate nello scorso anno dall’impiego crescente della guerra dell’informazione per minare la democrazia in tutto il mondo, amplificando i rischi di tali minacce e ponendo il futuro della civilizzazione in estremo pericolo.”

Sia per gli armamenti nucleari che per i rischi climatici nel corso del 2018 abbiamo osservato un duplice sviluppo negativo: da una parte l’aggravamento oggettivo della situazione e dall’altra l’indebolimento degli strumenti faticosamente predisposti precedentemente per il loro controllo.

Quest’anno il board attira l’attenzione su nuovo fattore destabilizzante che aggrava i rischi globali: “la corruzione intenzionale dell’ecosistema informativo da cui dipende la civilizzazione contemporanea. In molti fora, in particolare neisocial media, leader nazionalistici e loro surrogati mentono senza alcuna vergogna, insistendo che le loro menzogne siano la verità e la verità ‘fake news’. Questi tentativi intenzionali di distorcere la realtà esasperano le divisioni sociali, minano la fede nella scienza e diminuiscono la fiducia nelle elezioni e nelle istituzioni democratiche. Perché queste distorsioni attaccano l’approccio razionale necessario per risolvere i complessi problemi che sfidano l'umanità, questa guerra cibernetica dell’informazione mina la civiltà in generale.”

“Non c'è nulla di normale nella complessa e spaventosa realtà appena descritta” e pertanto gli estensori decidono di caratterizzare la corrente situazione mondiale come “nuova anormalità”, che si sta consolidando nel tempo. Infatti l’indicazione di meno due minuti, “sebbene invariata dal 2018, dovrebbe essere presa non come segno di stabilità ma come un forte avvertimento ai leader e cittadini di tutto il mondo. Lo stato corrente è tanto preoccupante quanto i più pericolosi tempi della Guerra Fredda, uno stato che presenta un paesaggio imprevedibile e mutevole di dispute litigiose che moltiplicano le possibilità che scoppino dei gravi conflitti militari. Questa nuova anormalità è semplicemente troppo volatile e pericolosa da poter venire accettata come uno stato permanente del mondo.”

Per quanto possa sembrare duro il presente, nulla è senza speranza o predestinato per il futuro. “Il bollettino crede fermamente che gli esseri umani possano gestire i pericoli posti dalla tecnologia che essi stessi hanno creato. Ma le minacce devono essere riconosciute prima che possano essere affrontate in modo efficace. La situazione attuale, in cui le intersecate minacce nucleari, climatiche e della guerra dell’informazione sono tutte insufficientemente riconosciute e affrontate, se non del tutto ignorate o negate, è insostenibile. Più a lungo i leader e i cittadini mondiali abitano incautamente questo nuova e anormale realtà, più è probabile che il mondo debba sperimentare una catastrofe di proporzioni storiche.”

 

Le preoccupanti tendenze nucleari.

L’ordine nucleare globale si sta deteriorando da molti anni e il 2018 non ha fatto eccezione a questa tendenza. Le relazioni tra gli Stati Uniti e sia la Russia che la Cina sono ulteriormente peggiorate. L’architettura del controllo degli armamenti nucleari costruita in oltre mezzo secolo continua a decadere, mentre sono moribondi i negoziati per riduzioni delle armi nucleari e delle scorte di materiale fissile. Gli stati dotati di armi nucleari rimangono attaccati ai loro arsenali, sono determinati a modernizzarne le capacità e sviluppano dottrine che prevedono l’impiego nucleare. “Leader sfacciati, violente dispute diplomatiche e instabilità regionali si combinano a creare un contesto internazionale in cui i pericoli nucleari sono fin troppo reali”. La convinzione che la minaccia della guerra nucleare sia stata sconfitta era ed è un miraggio. Il board individua cinque sviluppi negativi che hanno “colorato” la storia nucleare nel 2018.

  1. Gli Stati Uniti hanno abbandonato il Piano d’azione globale congiunto (JCPOA), che ha imposto restrizioni e verifiche senza precedenti al programma nucleare iraniano, uno dei maggiori successi di non proliferazione nucleare degli ultimi anni. Inoltre gli USA hanno lanciato una campagna di “massima pressione” contro l’Iran, aumentando la probabilità di un nuovo conflitto in Medio Oriente.
  2. A ottobre l’amministrazione Trump ha annunciato il ritiro dal trattato INF, che vieta i missili di gittata intermedia. Sebbene tormentato da accuse reciproche sul suo rispetto, l’accordo INF, in vigore per più di 30 anni, ha contribuito alla stabilità in Europa. La sua potenziale estinzione prefigura una nuova competizione per armi a lungo vietate.
  3. La lunga e urgente questione nucleare della Corea del Nord rimane irrisolta. Alcuni buone notizie sono emerse nel 2018. La retorica bellicosa del 2017, che aveva sollevato timori di guerra, è in gran parte svanita. Il vertice tra il presidente Trump e il presidente Kim a Singapore nel giugno 2018 è stato un passo avanti diplomatico, ma non si è fatto un singolo passo concreto sostanziale e duraturo per limitare o rallentare il programma nucleare della Corea del Nord, che continua la modernizzazione delle sue capacità nucleari.
  4. Mentre si riducono le forme di controllo, la modernizzazione delle forze nucleari continua a ritmo sostenuto in tutto il mondo. Questi programmi prevedono la conservazione nei decenni a venire di sostanziali capacità nucleari, con nessun segnale di interesse a ridurre o limitare forze nucleari.
  5. Appare crescere la dipendenza dalle armi nucleari e le dottrine militari stanno aumentando l’attenzione sull’utilizzo effettivo armi nucleari. Le speranze dell’irrilevanza delle armi nucleari nella politica internazionale vengono spazzate via.

“I preoccupanti sviluppi del 2018 sono ulteriori indicazioni che l’ordine nucleare si sta deteriorando e che i rischi nucleari stanno aumentando. Un’urgente azione è necessaria per invertire le tendenze che stanno spingendo il mondo lungo un pericoloso percorso nucleare.”

 

 

I pericolosi sviluppi dei cambiamenti climatici.

Il documento osserva che la minaccia esistenziale del riscaldamento globale causato dall’uomo è inquietante e sta peggiorando. Ogni anno che le attività umane continuano ad aggiungere anidride carbonica nell’atmosfera aumenta irreversibilmente il livello futuro di sofferenza umana e di distruzione dell’ecosistema a seguito dalle variazioni climatiche globali.

“La misura chiave di miglioramento sul fronte climatico è il grado di progresso nel portare a zero le emissioni globali di anidride carbonica. Su questa misura, i paesi del mondo hanno fallito in modo sconfortante.” I tassi globali di emissioni di anidride carbonica sono aumentati esponenzialmente fino al 2012 e hanno cessato la crescita dal 2013 al 2016, a valori tali tuttavia da non fermare l’aumento del riscaldamento. A tal fine, le emissioni nette devono essere portate a zero, data la persistenza dell’anidride carbonica nell’atmosfera per migliaia di anni.

I dati del 2017 e dal 2018 vedono le emissioni mondiali in preoccupante salita. Anche le nazioni che hanno fortemente sostenuto la necessità di de-carbonizzare non stanno facendo abbastanza. Le stime preliminari mostrano che quasi tutti i paesi, compresi gli Stati Uniti e alcuni membri dell’Unione Europea, hanno contribuito all’aumento delle emissioni.

“Gli Stati Uniti hanno più risorse delle nazioni più povere e la loro incapacità di ridurre decisamente le emissioni costituisce un atto di grave negligenza. Gli USA rimasero da soli mentre gli altri paesi del G20 hanno firmato una dichiarazione congiunta che riafferma il loro impegno ad affrontare il cambiamento climatico.”

A fronte del fallimento della riduzione delle emissioni di anidride carbonica, cresce l’evidenza scientifica della severità dell’impatto del riscaldamento terrestre sull’economia, la salute, l’agricoltura e gli ecosistemi naturali, inclusi fenomeni catastrofici, quali i massicci incendi in California, Grecia, Svezia e le mortali ondate di calore in Asia, Australia, Europa e Nord America.

Un gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici ha dimostrato che anche un modesto aumento del riscaldamento globale - fra 1,5 e 2 gradi Celsius - porterà gravi conseguenze. Eppure anche se il mondo fosse sulla buona strada per rispettare gli impegni previsti dagli accordi sul clima di Parigi (ma chiaramente non lo è), non sarebbe sufficiente per fermare il riscaldamento a 2 gradi. Ma anche di fronte al peggioramento delle manifestazioni di un clima sempre più disgregato, i negazionisti continuano a ostacolare ogni azione.

“C'è ancora tempo per salvare il mondo dagli effetti veramente catastrofici dei cambiamenti climatici. Perché tale salvataggio possa diventare realtà, tuttavia, occorre che il progresso verso la de-carbonizzazione acceleri drammaticamente, e molto presto.”

 

 

Le minacce della guerra dell’informazione e di altre tecnologie dirompenti.

“La guerra nucleare e il cambiamento climatico minacciano l’infrastruttura fisica che fornisce il cibo, l’energia, e le altre necessità per la vita umana. Ma per crescere, prosperare e avanzare, le persone hanno anche bisogno di informazioni affidabili e reali sul mondo, e in abbondanza.”

Secondo il board, oggi il caos regna in gran parte dell’ecosistema dell’informazione da cui dipende la civiltà moderna. In molti fora per il discorso sociale e politico, si vedono leader nazionali che tacciano di notizie false le informazioni che non piacciono loro. Questi stessi leader mentono spudoratamente, definendo le loro bugie verità; agendo oltre i confini nazionali, questi leader e i loro surrogati esacerbano le divisioni esistenti, creano rabbia e aumentano la sfiducia nelle istituzioni pubbliche e private.

Negazionisti generano paure e sollevano dubbi su posizioni scientifiche ben provate sui cambiamenti climatici e altre urgenti tematiche. Istituzioni consolidate, giornalismo ed educazione, che hanno garantito tradizionalmente stabilità, sono ora sotto attacco precisamente perché garanzie di stabilità. “In questo ambiente, la comunicazione esaspera le passioni piuttosto che informare la ragione.”

Propaganda e menzogne sono sempre state uno strumento nei conflitti fra stati, ma nell’era di Internet il volume e la velocità dell’informazione sono cresciuti per ordini di grandezza tanto da costituire un salto qualitativo nella guerra dell’informazione. Questo accesso diffuso ed economico a un’udienza mondiale ha permesso a professionisti di questa guerra di trasmettere a basso costo messaggi falsi e manipolatori a vaste popolazioni, e allo stesso tempo di adattare messaggi politici a ristretti gruppi di interesse. Manipolando la predisposizione cognitiva naturale degli esseri umani, i guerrieri informativi possono esacerbare pregiudizi, preconcetti e differenze ideologiche. Possono invocare “fatti alternativi” a sostegno di posizioni politiche basate su vere e proprie menzogne, erodendo la fiducia e la coesione su cui si basano le società civili.

“L’illuminismo ha cercato di stabilire la ragione come il pilastro fondamentale del discorso civilizzato. In questa concezione contano gli argomenti logici e la verità di una affermazione è basata sull’esame di valori, ipotesi e fatti, non da quanta gente ci crede. La guerra dell’informazione minaccia di sostituire questi pilastri di logica e verità con fantasticherie e rabbia. Se non combattuta, tale distorsione minerà la capacità di riconoscere e affrontare le minacce urgenti poste dalle armi nucleari e dal cambiamento climatico e aumenterà il rischio della fine della civiltà come la conosciamo.” Da ciò la necessità di un impegno urgente per la comunità internazionale per scoraggiare la guerra dell’informazione e sostenere le istituzioni impegnate a garantire la razionalità e fattualità nel discorso e prassi politici.

 

Il mondo affronta altre gravi minacce dovute a tecnologie distruttive: sono particolarmente preoccupanti gli sviluppi della biologia sintetica, dell’intelligenza artificiale e del sabotaggio informatico. La velocità del cambiamento in questi e altri fronti tecnologici è estremamente alta e lo sforzo internazionale per gestire questi rapidi progressi è stato finora grossolanamente insufficiente.

Un evento particolarmente grave del 2018 è stato la manipolazione del genoma umano in Cina, una sfortunata dimostrazione della debolezza dei vincoli istituzionali sull’ingegneria genetica e altre ricerche biotecnologiche. L'avvento di esseri umani “modificati” costituirebbe un vero evento storico con significative conseguenze potenzialmente imprevedibili, grandi, e pericolose. La comunità internazionale ha un comune interesse a rimandare la sperimentazione nella manipolazione del genoma umano fino a quando tale ricerca non potrà ricevere il massimo livello di controllo scientifico ed etico.

Allo stesso tempo, continuano a minacciare la sicurezza mondiale altri pericoli biologici, che vanno da attacchi terroristici biologici all’emergenza di malattie mortali e in rapida diffusione. Il controllo della biologia sintetica e di altre minacce biologiche deve diventare una priorità mondiale.

I progressi nel campo dell’intelligenza artificiale (AI) stanno progredendo a un ritmo rapido e in gran parte non gestito. Il board è particolarmente preoccupato per l’incorporazione di AI in armi autonome che prendano la decisione di uccidere senza supervisione umana. Poiché l’intelligenza artificiale avrà effetti sempre maggiori in campo militare, economico e sociale nei prossimi decenni, la comunità internazionale deve sviluppare un sistema cooperativo che massimizzi il potenziale positivo dei progressi in AI minimizzando potenziali aspetti negativi.

Oltre la guerra dell’informazione, il sabotaggio delle reti di calcolo costituisce una minaccia multiforme alla sicurezza globale. Il sofisticato sabotaggio dell’ “Internet delle cose” - reti di computer che controllano le principali infrastrutture finanziarie ed energetiche e hanno accesso a più di 20 miliardi di dispositivi personali - potrebbe avere impatti così gravi da ispirare risposte militari, potenzialmente coinvolgenti armi nucleari.

 

 

Verso un mondo più sicuro e più sostenibile.

La presente situazione di “nuova anormalità” per i suoi aspetti estremamente pericolosi è assolutamente inaccettabile e non è sostenibile. “Esistono i mezzi per gestire le tecnologie pericolose e ridurre i rischi su scala globale; anzi, molti di loro sono ben noti e alla portata della società, se i leader prestassero la giusta attenzione a preservare le prospettive a lungo termine dell'umanità e se i cittadini imponessero loro di farlo.”

Il board passa quindi a suggerire alcune azioni di buon senso che renderebbero il mondo più sicuro:

  • Gli Stati Uniti e la Corea del Nord dovrebbero procedere con decisione nei difficili negoziati necessari per raggiungere un accordo concreto per il processo di denuclearizzazione coreano a beneficio di tutto il mondo.
  • I leader statunitensi e russi dovrebbero tornare al tavolo dei negoziati per risolvere le divergenze sul trattato INF; per estendere oltre al 2021 i limiti agli arsenali nucleari posti dal New START e cercare ulteriori riduzioni nelle armi nucleari; discutere di un abbassamento dello stato di allerta degli arsenali nucleari di entrambi i paesi; limitare i programmi di modernizzazione nucleare che minacciano di creare una nuova corsa agli armamenti nucleari; e iniziare colloqui per l’eliminazione delle armi per il campo di battaglia.
  • Gli Stati Uniti e la Russia dovrebbero discutere e adottare misure per prevenire incidenti militari in tempo di pace lungo i confini della NATO ed evitare esercitazioni provocatorie.
  • I cittadini statunitensi e di tutto il mondo dovrebbero chiedere al proprio governo il riconoscimento del problema climatico e azioni conseguenti. L’amministrazione Trump dovrebbe rivedere la grave decisione del ritiro dall’accordo di Parigi sul cambiamento climatico.
  • Gli obiettivi dell’accordo di Parigi - mantenere il riscaldamento al di sotto di 2 gradi Celsius e, idealmente, sotto 1,5 gradi - sono coerenti con le risultanze scientifiche e sostanzialmente realizzabili ed economicamente fattibili, se si dà ai paesi poveri il supporto di cui hanno bisogno. Ma i paesi devono agire prontamente e raddoppiare i loro sforzi per ridurre le emissioni di gas a effetto serra ben oltre i loro attuali inadeguati impegni.
  • L’amministrazione Trump dovrebbe rivedere la sua deplorevole decisione di uscire dallo JCPOA per la limitazione programma nucleare iraniano. L’accordo con l’Iran non è perfetto, ma serve l’interesse del comunità internazionale a frenare la diffusione di armi nucleari.
  • La comunità internazionale dovrebbe iniziare discussioni multilaterali volte a stabilire norme di comportamento, sia domestiche che internazionali, che scoraggino e penalizzino l’uso improprio della tecnologia dell’informazione a minare la fiducia del pubblico nelle istituzioni politiche, nei media, nella scienza e nell’esistenza della stessa realtà oggettiva. La guerra dell’informazione nel contesto cibernetico è una minaccia per il bene comune. Campagne di disinformazione e manipolazione sono gravi minacce alla stessa democrazia e riducono la capacità di affrontare le armi nucleari, il cambiamento climatico e altri pericoli esistenziali.

 

Il documento conclude osservando che “lo stato di nuova anormalità in cui si trova attualmente il mondo è insostenibile ed estremamente pericoloso. La situazione della sicurezza mondiale può essere migliorata, se i leader cercano il cambiamento e i cittadini lo impongono. Siamo a due minuti da mezzanotte, ma non vi è alcun motivo per cui il Doomsday Clock non possa allontanarsi dalla catastrofe. Lo ha fatto in passato, perché leader saggi hanno agito sotto la pressione di cittadini informati e impegnati.

Oggi i cittadini di ogni paese possono usare il potere di Internet per combattere la disinformazione dei social media e migliorare le prospettive a lungo termine dei loro figli e nipoti. Possono insistere sui fatti e combattere le assurdità. Possono pretendere azioni per la minaccia esistenziale della guerra nucleare e del cambiamento climatico incontrollato.

Data l'inerzia dei loro leader fino ad oggi, i cittadini del mondo dovrebbero fare una richiesta forte e chiara: #RewindTheDoomsdayClock.”

[*Università di Padova]

 

 

dal "Manifesto" quotidiano edizione del 29 novembre 2018 -

https://ilmanifesto.it/militari-di-tutto-il-mondo-in-guerra-col-clima/

Conflitti per il petrolio e più petrolio per nutrire la macchina della guerra, un cortocircuito letale che uccide e provoca il cambiamento climatico

di Marinella Correggia

C'è chi la chiama carbon bootprint: impronta climatica degli scarponi militari. E' l'impatto climalterante di energivori sistemi d'arma, basi e apparati, aerei, navi, carri armati, eserciti; e soprattutto degli interventi bellici veri e propri. Un cappio al collo del pianeta e un vero circolo vizioso, come sintetizzava l'appello «Stop the Wars, stop the warming» lanciato dal movimento globale World Beyond War alla vigilia della Conferenza sul clima di Parigi (2015): «L'uso esorbitante di petrolio da parte del settore militare statunitense serve a condurre guerre per il petrolio e per il controllo delle risorse, guerre che rilasciano gas climalteranti e provocano il riscaldamento globale. È tempo di spezzare questo circolo: farla finita con le guerre per i combustibili fossili, e con l'uso dei combustibili fossili per fare le guerre».

L'IMPATTO DELLE ATTIVITA' MILITARI (non solo statunitensi, ovviamente) sul clima è negletto perfino dai movimenti, lamenta Ben Cramer, autore del libro Guerre et paix...et écologie. Sarà così anche alla COP 24 (Conferenza Onu sul clima) che si apre fra pochi giorni in Polonia? Eppure, il rapporto Demilitarization for Deep Decarbonization dell'International Peace Bureau (Ipb) spiega: «Ridurre il complesso militar-industriale e ripudiare la guerra è una condizione necessaria per salvare il clima, destinando le risorse risparmiate all'economia post-estrattiva e alla creazione di comunità resilienti».

Le spese militari mondiali (gli Usa fanno la parte della tigre) sono arrivate a 1,74 trilioni di dollari nel 2017, secondo il Sipri di Stoccolma. Trilioni traducibili in un'enormità di tonnellate di gas serra. Trilioni per distruggere. Meno male che si stampano petrodollari.

Aerei, navi, carri armati, bombe. Secondo il rapporto A Climate of War. The war in Iraq and global warming, i primi quattro anni di pesantissime operazioni militari in Iraq dal 2003 hanno provocato l'emissione di oltre 140 milioni di tonnellate di gas serra (CO2 equivalente), più delle emissioni annuali di 139 paesi. Una stima al ribasso, avvertono gli autori.

Del resto, il bombardiere strategico B-52 Stratocruiser, fa notare la Citizen Climate Lobby,

consuma all'ora circa 3.334 galloni di combustibile (un gallone: oltre 3,7 litri). Un carro armato beve meno: in compenso, compatta il terreno e questo non è che uno dei danni delle attività belliche. Non finisce qui: «Il Pentagono è una ragnatela di 1.000 basi all'estero, un arco nero dalle Ande al Nordafrica, dal Medioriente all'Indonesia, ricalcando la distribuzione delle principali risorse fossili e delle rotte commerciali» (Patricia Hynes su Truthout). Strutture ed edifici che coprono circa 10 milioni di ettari in giro per il mondo (ci dice www.energytoday.net, il sito della American Energy Society), e oltre a inquinare bruciano fossili in quantità.

Ecco perché il complesso militar-industriale statunitense è l'imputato principale. Solo 35 paesi al mondo consumano più energia fossile (e quindi emettono più gas serra) di quest'entità.

Pensiamo anche ad altri costi energetico-climatici. Per esempio per la produzione delle armi. O per la ricostruzione dalle macerie belliche (non certo con la bioedilizia): ricavare un chiletto di cemento significa aggiungere un chilo di gas serra al totale.

Eppure, la maggior parte delle emissioni legate al consumo di combustibili fossili usati dal settore militare è stata esclusa dagli obblighi di riduzione stabiliti dagli accordi sul clima. Un'esenzione che ha dell'incredibile e che è derivata dall'intensa lobby statunitense durante i negoziati per il Protocollo di Kyoto alla metà degli anni 1990. Per ottenere la ratifica da parte degli Usa (che poi non arrivò!), ne fu accettato il ricatto: «US exempts military from Kyoto Treaty», denunciava l'agenzia Inter Press Service nel maggio 1998.

CON L'ACCORDO DI PARIGI DEL 2015, le forze armate dei vari paesi non sono obbligate a tagliare le emissioni, ma almeno non è più prevista un'esenzione automatica di queste ultime. Ovviamente l'interpretazione degli Stati uniti è stata la seguente (come ha riportato il Guardian): «La decisione su che cosa tagliare resta agli Stati».

In realtà, benché il presidente Donald Trump abbia dichiarato che l'effetto serra è un inganno e un complotto dei cinesi, il Pentagono e i militari statunitensi non ignorano affatto gli effetti dei cambiamenti climatici. Come leggiamo su news.mongabay.com, «i militari Usa si preparano per i cambiamenti climatici, non certo per proteggere l'ambiente della Terra, bensì per mantenere l'efficienza operativa - la capacità di combattere». Così quando possibile si punta sulle energie rinnovabili: il Forte Hunter Liggett in California installa a gran forza pannelli fotovoltaici per non rimanere al buio in caso di black-out.

Nelle guerre, il trasporto di combustibile per carri armati, jet e navi è uno dei crucci logistici principali del Pentagono. Il National Defense Authorization Act (Ndaa) per il 2018 firmato dallo stesso presidente Donald Trump si preoccupa della «vulnerabilità delle installazioni militari ai prossimi eventi climatici» e la US Navy ha pubblicato un manuale, Climate Change Installation Adaptation and Resilience Planning, sulle tecniche di resilienza grigioverde. La base di Norfolk, in Virginia, la più grande base del mondo, finisce ormai regolarmente allagata, e uno studio della Union of Concerned Scientists (Ucs) prevede lo stesso destino per una ventina di basi americane costiere sparse in tutto il mondo.

MA DI CERTO LA MACCHINA DA GUERRA non diventerà verde e sostenibile: lungi dall'affrontare le cause vere del caos e giocare un ruolo nella riduzione delle emissioni climalteranti, il Pentagono gonfia i muscoli e prevede grandi aumenti nel settore militare (e quindi più emissioni), per affrontare meglio un mondo destabilizzato dagli eventi nefasti causati dall'eccesso di emissioni climalteranti, appunto.

Del resto, il Dipartimento Usa alla difesa già nel 2004 sottolineava come i cambiamenti climatici siano un «moltiplicatore di minacce alla sicurezza nazionale, suscettibile di aumentare frequenza, scala e complessità delle future missioni militari». Sempre più necessarie visto che, come si legge nella Quadrennial Defense Review (2010) del DoD, «il caos climatico contribuirà alla scarsità di acqua e cibo, aumenterà le spese sanitarie e potrebbe determinare migrazioni di massa».

Il libro The Secure and the Dispossessed. How the Military and Corporations are Shaping a Climate-Changed World (Pluto Press) curato da Nick Buxton e Ben Hayes spiega la «convergenza catastrofica fra militarismo, neoliberismo e cambiamenti climatici» illustrando le strategie del settore militare e delle multinazionali per gestire i rischi (anche con la geoingegneria che pretenderebbe di attenuare gli effetti del riscaldamento globale senza la necessaria drastica riduzione delle emissioni).

IL FINE E' PROTEGGERE POCHI IN NOME della sicurezza escludendo i non privilegiati. In barba alla giustizia climatica, visto che (si veda sul sitowww.globalcarbonproject.org) i grafici sulle emissioni cumulative di gas serra dal 1870 al 2016 indicano con chiarezza le schiaccianti responsabilità storiche dell'Occidente nel disastro climatico che sta minacciando la vita stessa sul pianeta Terra.

E' da un pezzo che la dirigenza internazionale di ICAN va sostenendo in giro che la deterrenza nucleare è oramai solo un residuo fossile di una Guerra Fredda appartenente ai polverosi archivi della Storia.

Non si tratta solo delle recentissime dichiarazioni della giovane direttrice esecutiva di ICAN su "IO DONNA" del Corriere della Sera, alla vigilia di "Science for Peace", organizzata a Milano dalla Fondazione Umberto Veronesi.

Ecco quanto, ad esempio, la stessa Beatrice Fihn ha detto al quotidiano "L'Avvenire" già il 10 novembre 2017.

"Gli ordigni nucleari sono obsoleti, vecchi, superati. Un rimasuglio scomodo e pericoloso di un’altra era, da riporre definitivamente in soffitta. (Bisogna quindi) fare da pungolo ai loro stessi possessori, gli Stati nucleari, perché accettino una loro proibizione sul modello del Trattato contro le mine antiuomo".

Per prima cosa sarebbe da osservare che riferirsi ad uno strumento rimasto per lo più sulla carta, cioé il Trattato antimine, non è affatto di buon auspicio sull'efficacia del nuovo TPAN.

A che serve, infatti, avere una proibizione delle armi nucleari di impatto puramente morale, senza obblighi stringenti a condizioni e a percorsi che portino alla loro effettiva eliminazione?

Ma il cuore della critica da svolgere è molto più profondo: si tratta della sottovalutazione di quanto la logica del sistema della potenza e della guerra caratterizzi ancora oggi le relazioni internazionali.

Una logica che viene esplicitata nei documenti ufficiali NATO ad esempio senza equivoci e tentennamenti (vedi ultimo summit di Varsavia, lo scorso settembre).

Parlare di opposizioni ad armi "inutili" rischia di smobilitare proprio quella opinione pubblica che si vorrebbe chiamare all'attivismo per convincere i governanti a ratificare il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (adottato in una Conferenza ONU il 7 luglio 2017): attualmente siamo solo a quota 19 Stati sui 50 che occorrerebbero per l'entrata in vigore.

Il processo di ratifica va avanti, insomma, lentamente e questo succede mentre all’ONU ci si accapiglia con accanimento come non mai sulle varie risoluzioni in materia di disarmo; nel mondo si varano modernizzazioni con investimenti stratosferici negli armamenti nucleari (1.200 miliardi di dollari solo da parte USA); Trump denuncia i Trattati INF e gli euromissili vengono reinstallati (quelli per cui tanti attivisti a Comiso si fecero un bel po’ di galera); si rompe da parte americana l’accordo con l’Iran, si boicotta la Zona denuclearizzata in Medio Oriente (e si teme che su questo argomento si impantanerà il prossimo incontro TNP, come già è successo nel 2015).

Se si deve stare ai fatti nudi e crudi, e non alla narrazione edulcorata tipica da marketing di ONG "accreditata" ai balletti del Palazzo di Vetro, essere "ottimisti"

alla maniera dei nostri scienziati Rubbia e Calogero acquista allora quota e purtroppo consistenza!

Vale a dire, secondo le nostre illustri teste d'uovo: arriveremo sicuramente al disarmo nucleare, ma solo dopo una piccola guerra locale che avrà fatto un miliardino "sopportabile" di vittime...

Le uniche buone notizie perciò non vengono oggi dalle assemblee ONU, ma paradossalmente arrivano invece dalla California, che, supportando il TPAN, si ribella a Trump trascinandosi dietro altri 16 Stati e chiama alla lotta contro l'intreccio tra minaccia nucleare e minaccia climatica; lo Stato USA però, proprio per i problemi climatici, più che un posto da sogno sembra stia diventando da incubo, considerati gli incendi devastanti che lo rendono ampiamente inabitabile!

Se vuoi/volete sentire a Milano una campana fuori dai luoghi comuni deresponsabilizzanti (lasciate fare a noi lobbysti pacifisti che vi toglieremo dai piedi questo noioso fastidio del nucleare, che non ha alcun senso nemmeno per Washington e Mosca), l'occasione ce l'hai/l'avete a questa presentazione del libro "La follia del nucleare", Mimesis edizioni, seconda edizione del 2018 (con riferimento al Premio Nobel per la Pace 2017 attribuito ad ICAN).

L'incontro si tiene questa domenica, 25 novembre, con inizio alle ore 17.00, a Chiamamilano, via Laghetto,2, presenti autori del libro (Alfonso Navarra) e altri che vi hanno contribuito con interventi (Laura Tussi, Fabrizio Cracolici, Virginio Bettini). Con “ospiti” di livello come Milly Moratti e Paolo Limonta.

Siamo anche allietati dalla musica civile dell'Orchestrina del Suonatore Jones!

Spero siate venuti "armati" di caustico spirito critico: sparate pure contro questa provocatoria introduzione e chiedete conto e ragione di ogni suo aspetto!

E non mancate di mettervi in lista per fare parte della quarta grande ondata di mobilitazione globale antinucleare: quella “ecopacifista” (al centro il rischio, non considerazioni giuridiche o geopolitiche) a cui stiamo lavorando e che verrebbe dopo le altre tre. Quelle che: 1) hanno impedito l'attacco contro l'URSS chiesto da Churchill; 2) hanno portato al divieto dei test in atmosfera; 3) sospinto Reagan e Gorbachev a smantellare Cruise, Pershing e SS20 dall'Europa.

Alfonso Navarra - cell. 340-0736871 email alfiononuke@gmail.com