Vai al contenuto

vigiliahiroshimaday2025

ALLA VIGILIA DELL'HIROSHIMA DAY UN APPELLO A DISARMARE IL LINGUAGGIO: NELLO SPIRITO DI "PRIMA LE PERSONE, PRIMA L'UMANITA', PRIMA LA TERRA"

da parte di Alfonso Navarra - 5 Agosto 2025

Facciamoci introdurre da una teoria di slogan che speriamo non risulti una solfa per chi li ascolta:

Ramoscelli di parole. In un cielo turchino di pensieri, le voci si sfiorano come brezze leggere. Non più sassi, né spine, né pugni nascosti — solo ramoscelli d’ulivo tra mani aperte.
Ogni idea, singola e ruvida, offerta come un dono, tra sorrisi che sanno ascoltare, tra sguardi che cercano pace e cuori che non vogliono vincere, ma capire.
Nello scorrere lento della nostra umanità, uniti nelle diversità, il dialogo fiorisce come primavera gentile, e le parole, disarmate, diventano ponti, non barriere.

Alla vigilia dell'Hiroshima day 2025 - 80esimo anniversario - nelle chat "pacifiste" che frequento stranamente (?) non ci sono quasi post che ricordino i funghi sulle città giapponesi che hanno cambiato il paradigma storico del mondo.

A Roma Patrizia Sterpetti della WILPF ci informa di una cerimonia al Pantheon alle ore 9:30; Maurizio Acerbo, di Rifondazione Comunista, informa di un presidio-conferenza stampa alle 12:00 a Montecitorio. Verrà esposto uno striscione con la scritta:  "Mai più Hiroshima. disarmo nucleare subito".

Nel comunicato che presenta l'iniziativa si avanza la ormai solita richiesta che l'Italia sottoscriva il Trattato ONU per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW). "Governo e parlamento dovrebbero rispettare la Costituzione con il ripudio della guerra sancito dall'articolo 11 invece di obbedire a USA e NATO. Purtroppo il nostro paese continua a ospitare ordigni nucleari e partecipa al programma di nuclear sharing della NATO con l'addestramento dei nostri piloti al lancio di armi nucleari e l'acquisto dei costosissimi F35."

I COBAS hanno diffuso la loro newsletter introdotta da un editoriale di Vincenzo Miliucci dal titolo: " LA MEMORIA PRESENTE DI HIROSHIMA E NAGASAKI E' " NUCLEARE MAI PIU'". Vengono riportate, nel documento, numerose iniziative decentrate organizzate nel contesto di "Italia ripensaci", facente capo alla Rete italiana pace e disarmo. Tali attività avranno anche lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e i decisori politici sul tema del “costo nascosto degli arsenali nucleari” tema affrontato in un Report (qui il link per scaricarlo), che traduce in italiano i dati di ICAN relativi alle spese militari nucleari a livello globale. La ricerca evidenzia in particolare l’enorme impatto economico e sociale delle risorse pubbliche destinate alla produzione e manutenzione delle armi nucleari: una spesa eticamente ingiustificabile, ancor più in un contesto di crisi e disuguaglianze globali.

A testimoniare nel mondo il ricordo dell'orrore di Hiroshima e Nagasaki sono rimasti meno di 100.000 "Hibakusha": i sopravvissuti alla violenza di Little Boy e Fat Man (nomignoli che vennero attribuiti alle due bombe, la prima all'uranio e la seconda al plutonio).

Nei primi 10 anni dopo la strage in Giappone era un tabù parlarne: il dolore era immenso e scottante e bisognava anche tenere conto della occupazione americana, da non infastidire con argomenti scomodi.

Nel 2024 il Nobel per la pace è stato assegnato proprio ad una organizzazione rappresentante gli Hibakusha: la Nihon Hidankyo. Questo riconoscimento è stato definito “tardivo ma fondamentale” per onorare la memoria e la resilienza di chi ha vissuto l’orrore nucleare e ha trasformato la propria esperienza in un impegno attivo per il disarmo e la pace. Il Comitato norvegese ha voluto sottolineare come gli Hibakusha abbiano contribuito a mantenere vivo il tabù nucleare, evitando l’uso di armi atomiche in guerra.

Un aspetto toccante è il legame con gli Hibakujumoku, alberi sopravvissuti alle esplosioni nucleari, che oggi vengono piantati in tutto il mondo come simboli viventi di speranza e memoria.

Mi viene da scommettere che purtroppo le cerimonie organizzate per il 6 agosto sia in Giappone che negli USA non avranno grande risonanza. Le piccole guerre quotidiane attirano di più l'attenzione dei media e di conseguenza dell'opinione pubblica.

Si considera il genocidio a Gaza, enorme tragedia, per carità, un fatto concreto, mentre viene percepito inconsciamente come astratta la minaccia di guerra atomica, urlata dal Doomsday Clock e richiamata dall'anniversario di Hiroshima.

Minaccia astratta? Non si considera che gli scontri armati in Medio Oriente già si rifanno a una guerra preventiva di Israele rispetto a una proliferazione nucleare, nel mentre che tra USA e Russia volano le minacce (i sommergibili dispiegati da Trump vicino alle coste, il riferimento di Medvedev alla Dead Hand), nel momento in cui tornano gli euromissili ad Est e ad Ovest e pare che già nel conflitto ucraino Putin abbia pensato di usare le atomiche tattiche.

Al di là dei massacri nella Striscia, la corsa generale alla guerra, al riarmo, all'economia di guerra è molto concreta e già appesantisce le condizioni di vita della gente comune in modo notevole. Le organizzazioni degli agricoltori protestano sul fatto che il bilancio europeo punta sui cannoni e non sul burro (con tagli di 80 miliardi per la PAC).

Tutta l'attenzione della parte "calda", politicamente più attiva, della popolazione, tendente a orientarsi verso estremismi populisti e sovranisti sia a destra che a sinistra (cd. cultura woke), è però concentrata su due problemi che poi risultano falsi nella loro esagerazione: 1) da sinistra, la Palestina considerata il nuovo Vietnam anti-imperialista dei giorni nostri; 2) da destra, l'"invasione islamica" che punterebbe a una strisciante "sostituzione etnica".

Cosa va a generare questa reattività eccessiva che, a nostro parere, scambia chimere ideologiche per realtà? Non solo i riflettori mediatici, più o meno interessati a manipolare; ma, mi provo ad avanzare una ipotesi, anche - almeno a sinistra - un meccanismo di proiezione del ribellismo. Si delega ad un soggetto esterno "eroico" una rivolta che in casa propria non si ha il coraggio di fare. Ma è molto probabile che, realizzati i desideri di quelli che ormai sono chiamati "Pro Pal", il mondo liberato dal "Grande Satana dell'imperialismo USA", visto come motore di tutti i conflitti, non sarebbe affatto automaticamente un posto tanto migliore: dobbiamo, cari compagni (o ex compagni come Marco Rizzo, se non abbiamo capito male il suo proclamarsi "non più di sinistra") affidarci agli insegnamenti di Khameini per un mondo di libertà, di giustizia, di pace?

Bisognerebbe andare più a fondo dei facili manicheismi nell'analisi del "sistema" che si intende rifiutare e combattere: a questa bisogna può fare da bussola l'adozione del concetto di "terrestrità" elaborato dai Disarmisti esigenti.

La Bomba non è semplicemente ed esclusivamente  "americana" (magari fosse così!) ma incarna tutta la logica della (in)civiltà della Potenza, oltre le semplici dinamiche economiche. Questa consapevolezza della complessità e della profondità articolate dello sguardo analitico e propositivo richiesto deve portarci a evitare la militarizzazione di un linguaggio e di un dibattito "campista" (che so, contro l'Occidente collettivo per i BRICS visti come blocco politico-militare alternativo), come ci suggerisce un intervento di Alberto Leiss, titolo: "Hiroshima, Kiev, Gaza", pubblicato su Il Manifesto di oggi, 5 agosto 2025.

"Uscito nel 1965, il libro ("Note su Hiroshima" di Kenzaburo Oe, che ho appena comprato) fu tradotto e pubblicato in Italia solo nel 2008. In quell’occasione Oe scrisse di provare «straordinaria gioia» nel rileggersi in una lingua «che sa esprimere la speranza dopo il dolore in un modo così incantevole». Spero che avesse ragione. Avremo, anzi abbiamo già oggi estremo bisogno di una lingua capace di esprimere speranza di fronte al dolore e all’orrore di cui siamo testimoni. (...)

La parola «genocidio» si sta conficcando sempre di più nel discorso pubblico sulla guerra come una sorta di «arma discorsiva» impiegata per accrescere il conflitto tra chi giudica dall’esterno la tragedia di Gaza, anziché contribuire a valutare la gravità di quanto sta accadendo e aiutare in ogni modo possibile a far cessare la violenza bellica, trovare una pace duratura. (...) 

Penso alle critiche contrapposte, da sinistra e da destra, alla intervista di David Grossman in cui lo scrittore israeliano pronuncia per Gaza la parola «genocidio» (..)

(Penso anche a  Liliana Segre, perché ha risposto a Grossman, peraltro condividendone in grandissima parte la sostanza,) argomentando il suo rifiuto di usare quella parola, «genocidio». Cosa che ha attirato all’opposto su di lei parole social anche volgari.  Ma come si fa a interloquire in questo modo con un uomo che ha visto morire uno dei figli in una delle guerre di Israele, e con una donna che è stata rinchiusa a Auschwitz a 13 anni e che ha avuto la famiglia sterminata nei campi di concentramento?
Il cortocircuito mediatico comprensibilmente scattato tra la ricorrenza di Hiroshima e le tragedie aperte a Gaza e in Ucraina (con le ripetute allusioni russe e americane allo scontro nucleare) dovrebbe indurre noi, noi che non usiamo armi mortali, e soprattutto non vorremmo mai usarle, a riflettere sul nostro linguaggio. Oe e tanti altri giapponesi hanno investito sulla memoria accurata di quel massacro per scongiurarne il ripetersi. Con le parole che usiamo oggi costruiamo anche la memoria di domani".

___________________________________________

La "Terrestrità" adottata quale bussola analitica per approfondire e contrastare il "rischio atomico" - riflessioni espanse con l'aiuto di Gemini (5 agosto 2025)

Introduzione: L'urgenza di una nuova lente sul rischio atomico

L'approssimarsi dell'80° anniversario dell'Hiroshima Day, il 6 agosto 2025 , impone una riflessione profonda e urgente sulla minaccia atomica e l'imperativo del disarmo. Nonostante la gravità di questa ricorrenza, il dibattito pubblico e mediatico appare spesso distratto, monopolizzato da conflitti convenzionali percepiti come più immediati e tangibili, quali, adesso sopra tutti gli altri, la "causa palestinese" e il "genocidio a Gaza". Questa focalizzazione, sebbene comprensibile data la tragicità degli eventi nella Striscia, tende a relegare la memoria storica dell'orrore nucleare e la consapevolezza del rischio atomico a un piano secondario. La minaccia di una guerra atomica, sebbene costantemente richiamata da indicatori come il "Doomsday Clock" – le cui lancette sono posizionate a soli novanta secondi dalla mezzanotte, il punto più vicino alla catastrofe nucleare nella storia – è inconsciamente percepita come astratta. Le "piccole guerre quotidiane" catturano maggiormente l'attenzione dei media e, di conseguenza, dell'opinione pubblica. Questa disconnessione tra la realtà di una minaccia esistenziale e la sua percezione pubblica rivela una profonda dissonanza cognitiva. I pericoli più tangibili e immediati, secondo il criterio mediatico della  "notizia", vengono prioritizzati, anche se meno catastrofici su scala globale, suggerendo un meccanismo psicologico e comunicativo che normalizza il rischio nucleare, rendendolo meno urgente nella coscienza collettiva.

Il presente rapporto si propone di superare le attribuzioni di colpa semplicistiche che spesso caratterizzano il dibattito sulla corsa agli armamenti e la tendenza alla guerra. L'idea che la responsabilità ricada esclusivamente sull'"imperialismo USA," pur contenendo elementi di verità, è da noi considerata un "facile manicheismo" che ostacola un'analisi più profonda e sistemica. Il manicheismo, che riduce la complessità della realtà a dicotomie di "bene" e "male" o "bianco e nero" , è una "cultura dell'ignoranza e della guerra" che impedisce la ricerca di soluzioni reali e la "contaminazione delle opinioni". Questa tendenza non è solo analiticamente imprecisa, ma funzionalmente impedisce una comprensione sistemica approfondita e la ricerca di soluzioni complesse. Il cervello umano, per risparmio energetico, tende a preferire comprensioni intuitive e dualistiche, rendendolo vulnerabile alla manipolazione. Per affrontare questa sfida, il rapporto adotta il concetto di "terrestrità," elaborato dai "Disarmisti Esigenti," come bussola analitica. Questa prospettiva olistica e interconnessa è essenziale per affrontare il rischio atomico in modo profondo e propositivo, riconoscendo che "la Bomba non è semplicemente ed esclusivamente 'americana' ma incarna tutta la logica della (in)civiltà della Potenza".

Il concetto di "Terrestrità": fondamento per la sopravvivenza globale

La "terrestrità," come definita dai "Disarmisti Esigenti," rappresenta una "coscienza consapevole e responsabile" che riconosce l'umanità come parte organica e intrinseca della Terra, un "sistema vivente interconnesso". Questa visione si distacca dalla metafora della "casa comune," sostituendola con quella della "foresta" o "Madre Natura," di cui gli esseri umani sono "foglie sugli alberi". Tale approccio enfatizza l'interconnessione organica, la dipendenza reciproca e l'importanza individuale e collettiva all'interno del sistema Terra, ponendo in primo piano le responsabilità che ne derivano per la salute dell'ecosistema planetario. Questo rappresenta un cambiamento fondamentale dal pensiero antropocentrico, dove la natura è vista principalmente come una risorsa per l'uomo, a una visione in cui l'umanità è una parte integrante e dipendente di un sistema vivente più grande. I "Disarmisti Esigenti" promuovono attivamente questa prospettiva attraverso iniziative politiche e sociali, inclusa la creazione di una "Rete per l'Educazione alla Terrestrità".

Da questa appartenenza organica derivano i "diritti preminenti dell'Umanità": il diritto alla vita, alla dignità e a uno sviluppo felice, inteso non come crescita illimitata dei beni materiali, ma come crescita dei beni relazionali e culturali condivisi. Questi diritti possono essere garantiti solo se l'intero sistema – la Terra e tutti i suoi abitanti – è sano ed equilibrato. L'obbligo etico e politico di diventare "custodi della Terra e dell'Evoluzione naturale" non è un'imposizione esterna, ma una condizione intrinseca della nostra stessa esistenza. La "terrestrità" fornisce così una base concettuale per un modello di governance globale che prioritizza il benessere planetario e la sopravvivenza collettiva umana rispetto agli stretti interessi nazionali, offrendo un'alternativa concreta al sistema attuale che perpetua il rischio nucleare. I "Disarmisti Esigenti" propongono di rafforzare il quadro giuridico che riconosca l'Umanità come soggetto di diritti preminenti rispetto alla sovranità degli Stati , sostenendo attivamente un "Progetto di Costituzione della Terra". Questo approccio sfida direttamente il sistema di Vestfalia della sovranità statale assoluta, che è implicitamente identificato come una causa profonda della "logica della Potenza" che alimenta la corsa agli armamenti. Se l'umanità ha diritti preminenti, allora il diritto degli Stati di possedere e minacciare con armi nucleari è fondamentalmente minato.

Per meglio comprendere il profondo cambiamento di paradigma proposto dalla "terrestrità," la seguente tabella ne contrappone i principi fondamentali ai paradigmi geopolitici tradizionali che hanno storicamente dominato le relazioni internazionali e la gestione della sicurezza.

Principi della "Terrestrità" Paradigmi Geopolitici Tradizionali
Visione Biocentrica/Ecocentrica Visione Antropocentrica/Statocentrica
Interconnessione Organica (Umanità e Terra) Sovranità Assoluta degli Stati
Diritti Preminenti dell'Umanità (vita, dignità, sviluppo felice) Sicurezza Nazionale (basata sulla forza militare)
Responsabilità di Custodia della Terra e dell'Evoluzione Naturale Logica della Potenza e Deterrenza
Nonviolenza Poietica e Disarmo Unilaterale Crescita Economica/Materiale illimitata
Decrescita dei beni materiali, crescita dei beni relazionali/culturali Anarchia Internazionale e Competizione tra Stati
Governance Globale (Progetto di Costituzione della Terra)

Questa comparazione evidenzia visivamente il cambiamento concettuale fondamentale richiesto per affrontare il rischio atomico. Il problema non è solo chi possiede le bombe, ma la logica sistemica che le produce, che la "terrestrità" mira a decostruire e sostituire con un quadro basato sulla responsabilità condivisa e l'interdipendenza planetaria.

Oltre il manicheismo: decostruire la "Logica della (in)civiltà della Potenza"

Il dibattito sulla guerra è spesso viziato da semplificazioni che ostacolano una comprensione autentica delle sue radici. Il testo in analisi critica la tendenza a delegare la ribellione a un soggetto esterno "eroico" e l'illusione che un mondo "liberato dal Grande Satana dell'imperialismo USA" sarebbe automaticamente migliore. Questo approccio è etichettato come "facile manicheismo," che scambia "chimere ideologiche per realtà". Il manicheismo, definito come la "cultura dell'ignoranza e della guerra" , impedisce "compromessi concreti e positivi" e, di conseguenza, la pace. Tale tendenza non è solo un difetto analitico, ma un profondo pregiudizio cognitivo, poiché il cervello umano tende a risparmiare energia prediligendo comprensioni intuitive e dualistiche, rendendolo suscettibile alla manipolazione. La proiezione del ribellismo su un soggetto esterno, come suggerito, impedisce di affrontare problemi sistemici o contraddizioni interne. Superare il manicheismo richiede, quindi, non solo una critica intellettuale, ma anche una comprensione delle sue radici psicologiche e di come le strutture mediatiche e politiche lo sfruttino. La "terrestrità," con la sua enfasi sull'interdipendenza e la responsabilità condivisa, contrasta direttamente questa tendenza polarizzante.

La Bomba atomica non è un fenomeno isolato o meramente "americano"; essa incarna "tutta la logica della (in)civiltà della Potenza, oltre le semplici dinamiche economiche". Questa "logica della Potenza" è identificata dai "Disarmisti Esigenti" come la forza motrice della minaccia nucleare, derivante dal "gioco della potenza" tra Stati illimitatamente sovrani e armati l'uno contro l'altro. Il sistema della deterrenza nucleare, noto come MAD (Mutual Assured Destruction), si fonda sulla "logica della rappresaglia massiccia" e alimenta una "continua corsa agli armamenti e a un loro perfezionamento," generando un clima di "perdurante, reciproca diffidenza". Questo sistema si auto-perpetua: la ricerca della sicurezza attraverso la potenza genera intrinsecamente insicurezza a un livello superiore. La minaccia nucleare, pertanto, non è semplicemente una scelta politica di singoli Stati, ma il risultato inevitabile di un sistema globale strutturato attorno alla sovranità statale, alla competizione e alla ricerca del potere assoluto. La "terrestrità" mira a smantellare questa logica fondamentale proponendo un passaggio alla responsabilità condivisa e all'interdipendenza.

Il "paradosso stabilità-instabilità" è un concetto fondamentale nella teoria della deterrenza nucleare che descrive la relazione inversa tra la stabilità nucleare (la probabilità che le armi nucleari vengano utilizzate) e la stabilità convenzionale (la probabilità di un conflitto convenzionale). Questo paradosso rivela che il meccanismo stesso progettato per prevenire la guerra nucleare (la deterrenza) crea intrinsecamente le condizioni per il suo uso accidentale o non intenzionale. Le armi nucleari, pur diminuendo la probabilità di un conflitto convenzionale su larga scala a causa del rischio di escalation nucleare, aumentano il rischio di un uso nucleare accidentale o non intenzionale. Esempi storici, come la Guerra Fredda e il rapporto tra India e Pakistan, dimostrano come la deterrenza nucleare abbia permesso conflitti convenzionali a bassa intensità, ma con il rischio costante di escalation. Concetti come il "Launch on Warning" e il rischio di interpretazioni errate rafforzano l'idea che la sicurezza nucleare è costruita su un equilibrio precario che può essere interrotto da malfunzionamenti tecnici, errori umani (come nel caso del colonnello Stanislav Petrov, che nel 1983 salvò il mondo da una guerra nucleare per errore ) o errori di calcolo. La minaccia nucleare non può essere gestita indefinitamente all'interno del paradigma attuale della potenza. La "logica della potenza" conduce a un'instabilità intrinseca, rendendo l'abolizione delle armi nucleari non solo un ideale, ma un imperativo pragmatico per la sopravvivenza a lungo termine, allineandosi con la visione della "terrestrità" di un sistema sano ed equilibrato.

L'economia di guerra e la corsa al riarmo hanno impatti concreti e tangibili sulle condizioni di vita della gente comune. Questa dinamica si manifesta, ad esempio, nei tagli di 80 miliardi per la Politica Agricola Comune (PAC) a favore delle spese militari, generando proteste da parte delle organizzazioni degli agricoltori. I "Disarmisti Esigenti" collegano esplicitamente la minaccia nucleare alle crisi ecologico-climatiche e alle disuguaglianze sociali, promuovendo il disinvestimento dalle banche che finanziano "fossili, armi e nucleare". Questo dimostra che la "logica della potenza" ha conseguenze negative dirette sul benessere umano, deviando risorse dal "burro" ai "cannoni". La "logica della potenza" e la spesa militare ad essa associata non sono solo fenomeni geopolitici astratti, ma forze attive che esacerbano le disuguaglianze sociali ed economiche, rendendo la ricerca della pace e del disarmo una questione di giustizia sociale e dignità umana, non solo di sicurezza.

Il pericolo dell'astrazione: colmare il divario nella percezione della minaccia nucleare

La percezione pubblica della minaccia nucleare è profondamente distorta: essa è "inconsciamente percepita come astratta," mentre eventi come il "genocidio a Gaza" sono considerati un "fatto concreto". Questa normalizzazione dell'impensabile è particolarmente preoccupante, considerando che il "Doomsday Clock" indica un rischio nucleare senza precedenti, superiore persino a quello della Guerra Fredda. Nonostante la riduzione numerica degli arsenali, le nove potenze nucleari stanno modernizzando le proprie armi, rendendole più precise e letali, e la Cina è impegnata in una "proliferazione verticale destabilizzante". Il pubblico, sopraffatto dalle crisi immediate, sembra relegare inconsciamente la minaccia nucleare catastrofica a un regno di irrealtà o inevitabilità, rendendola meno urgente. È quindi imperativo "de-astratizzare" la minaccia nucleare, collegandola direttamente alle tensioni geopolitiche attuali e alla "logica della potenza" sistemica che le alimenta, rendendola così più concreta e urgente per la coscienza pubblica.

Il rischio concreto di escalation nucleare è evidente nei conflitti attuali. Gli scontri armati in Medio Oriente, ad esempio, sono già legati a una "guerra preventiva di Israele rispetto a una proliferazione nucleare" (da parte del nemico iraniano, ma che può coinvolgere tutta la regione). Le minacce esplicite tra USA e Russia, come il dispiegamento di sommergibili da parte di Trump e il riferimento di Medvedev alla "Dead Hand," il ritorno degli euromissili a Est e Ovest, e l'ipotesi che Putin abbia considerato l'uso di atomiche tattiche nel conflitto ucraino, dimostrano la concretezza e l'imminenza del rischio di escalation. Questa crescente disinvoltura con cui le minacce nucleari vengono invocate dagli attori statali contribuisce all'erosione del "tabù nucleare" , rendendo la minaccia esistenziale più imminente e meno astratta, anche se il pubblico la percepisce diversamente. Il "paradosso stabilità-instabilità" spiega come i conflitti convenzionali possano diventare punti di innesco per l'escalation nucleare.

L'importanza della memoria è cruciale per mantenere viva la consapevolezza del rischio nucleare. Meno di 100.000 "Hibakusha" – i sopravvissuti alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki – rimangono a testimoniare l'orrore. La loro memoria è fondamentale per scongiurare il ripetersi di tale massacro. Nihon Hidankyo, l'organizzazione degli Hibakusha, ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace 2024 per i suoi "sforzi straordinari" volti a raggiungere un mondo libero da armi nucleari e per aver dimostrato, attraverso le loro testimonianze personali, che le armi nucleari non devono mai più essere utilizzate. Il Comitato Norvegese per il Nobel ha sottolineato come gli Hibakusha abbiano contribuito a mantenere vivo il "tabù nucleare" – la norma internazionale che stigmatizza l'uso delle armi nucleari come moralmente inaccettabile – per quasi 80 anni. Tuttavia, il Comitato ha anche espresso allarme per il fatto che questo tabù è "sotto pressione" a causa della modernizzazione degli arsenali e delle minacce di utilizzo. Questa situazione evidenzia una tensione critica: mentre la sofferenza umana e la testimonianza morale possono stabilire norme potenti, la "logica della potenza" e le dottrine di sicurezza statocentriche cercano costantemente di minarle o eluderle. La lotta contro le armi nucleari non riguarda solo trattati o tecnologia, ma è una lotta continua per rafforzare le norme morali ed etiche contro la spinta intrinseca della "logica della potenza." La "terrestrità" offre un fondamento filosofico per rafforzare queste norme, enfatizzando l'umanità condivisa e la sopravvivenza planetaria.

Un altro simbolo potente della memoria e della resilienza sono gli "Hibakujumoku." Questi alberi, sopravvissuti ai bombardamenti atomici del 1945 e rigermogliati dalle loro radici, sono oggi piantati in tutto il mondo come "simboli viventi di speranza e memoria". Gli Hibakujumoku non sono solo sopravvissuti passivi; sono "simboli viventi". Questo si collega al concetto di "terrestrità" del legame organico dell'umanità con la Terra. La natura stessa testimonia l'orrore atomico e dimostra resilienza, offrendo una rappresentazione tangibile della forza vitale duratura della Terra nonostante la distruzione umana. Gli Hibakujumoku servono come un potente promemoria, non umano, delle conseguenze della guerra nucleare e dell'imperativo di "custodia" della Terra, rafforzando la prospettiva biocentrica della "terrestrità."

La seguente tabella riassume i fondamenti del "tabù nucleare" e le pressioni attuali che minacciano di eroderlo, evidenziando l'urgenza di rinnovati sforzi per la sua preservazione.

Fondazione del "Tabù Nucleare" Pressioni Attuali sul "Tabù Nucleare"
Testimonianze dirette degli Hibakusha (Nihon Hidankyo, Premio Nobel per la Pace 2024) Modernizzazione e potenziamento degli arsenali nucleari esistenti
Sviluppo di una norma internazionale che stigmatizza l'uso delle armi nucleari come moralmente inaccettabile Proliferazione verticale (es. la Cina)
Sforzi globali per il disarmo nucleare e la sensibilizzazione sulle conseguenze umanitarie Aumento della rilevanza delle armi nucleari nelle dottrine strategiche e politiche di sicurezza
Minacce esplicite o implicite di utilizzo in conflitti in corso (es. Ucraina, Medio Oriente)
Percezione pubblica della minaccia nucleare come "astratta" o meno urgente rispetto ai conflitti convenzionali

Disarmare il Linguaggio: un prerequisito per la pace e l'analisi alla ricerca di "esperimenti con la Verità"

L'appello a "disarmare il linguaggio" è fondamentale per affrontare il rischio atomico e i conflitti globali. La militarizzazione del linguaggio non è accidentale; essa serve a "consolidare il consenso e a ridurre lo spazio per il dubbio". Le parole, in questo contesto, "non descrivono la realtà: la creano," come suggeriva George Orwell. Il "linguaggio della guerra" maschera la violenza attraverso l'uso di "metafore ed eufemismi," rendendone l'esistenza e la legittimità tollerabili. La società è spesso "intrappolata dentro il linguaggio guerrafondaio" , che non è il frutto di un singolo individuo, ma "la logica conseguenza di un sistema di cui siamo parte". Questo processo va oltre la semplice comunicazione, elevando il linguaggio a un'arma strategica che modella la realtà e limita il pensiero critico. Contribuisce direttamente alla "logica della potenza" creando un ambiente in cui la guerra è normalizzata e il dissenso soppresso. Disarmare il linguaggio non significa solo scegliere parole diverse; significa decostruire i meccanismi di potere che operano attraverso il discorso, condizione fondamentale per creare le condizioni per la pace e per una comprensione più sfumata e "terrestre" del conflitto.

La retorica "campista," che divide il dibattito in schieramenti contrapposti (ad esempio, "contro l'Occidente collettivo per i BRICS"), ostacola un'analisi complessa e profonda. La parola "genocidio," in particolare, è diventata una "arma discorsiva" impiegata per "accrescere il conflitto tra chi giudica dall'esterno," anziché contribuire a valutare la gravità di quanto accade e aiutare a far cessare la violenza. Le critiche contrapposte a David Grossman e Liliana Segre per l'uso o il rifiuto di tale parola ne sono un esempio lampante. Anche termini moralmente carichi, se usati in modo fazioso, possono diventare parte del problema, contribuendo alla polarizzazione e impedendo un dialogo autentico. Ciò si lega alla tendenza manichea di semplificare tragedie complesse in narrazioni nette (e distorcenti) di bene contro male. Disarmare il linguaggio significa, quindi, non solo evitare termini apertamente militaristici, ma anche esaminare criticamente come termini emotivamente carichi o moralmente assoluti vengano usati per approfondire le divisioni piuttosto che favorire la comprensione e la riconciliazione. Un approccio "terrestre" cercherebbe "compromessi creativi" ed empatia piuttosto che assolutismi morali.

Vi è un "estremo bisogno di una lingua capace di esprimere speranza di fronte al dolore e all'orrore". Il "disarmo culturale" è la questione centrale, implicando il "rigettare la violenza in tutte le sue forme" e la consapevolezza che "ogni euro usato per preparare la violenza e la guerra è sottratto alla tutela e promozione della vita e della pace". È necessario educare a uscire dall'egocentrismo, dal nazionalismo e dall'antropocentrismo; educare al decentramento cognitivo, a guardarsi dal punto di vista degli altri, all'ascolto attivo e all'umanizzazione dell'avversario. Non esistono nemici, ma semmai avversari. Il concetto di "transarmo" è proposto come un periodo di transizione verso il disarmo. L'appello a "disarmare il linguaggio" è direttamente collegato alla promozione dell'empatia, dell'ascolto e dell'"umanizzazione dell'avversario". Questo è un contrappunto diretto alla tendenza manichea di disumanizzare l'"altro." Cambiando il linguaggio, si cambia la percezione, il che può quindi abilitare nuove forme di interazione e cooperazione. L'idea di "transarmo" suggerisce un cambiamento graduale e pragmatico nel pensiero militare, riflettendo un approccio non binario. Disarmare il linguaggio è un processo attivo e trasformativo che coltiva i "beni relazionali e culturali" che la "terrestrità" promuove. È un prerequisito per costruire una "società della cura" e superare la "logica della potenza."

Il clima di guerra ha generato il "manicheismo delle posizioni" e la "sindrome del tradimento," che accusa di slealtà chi dissente dalle opinioni prevalenti, soprattutto all'interno di movimenti o schieramenti. Questa "sindrome del tradimento" evidenzia come la polarizzazione politica, alimentata dal manicheismo, sopprima attivamente il dissenso interno e l'auto-riflessione critica. Ciò rende difficile formare ampie coalizioni o adattare le strategie, poiché qualsiasi deviazione dalla "linea" viene vista come un tradimento. È necessario assumere un atteggiamento di "reciproca disponibilità alla contaminazione delle opinioni" e mettersi in "ascolto delle ragioni dell'altro" per sottrarsi a questa deriva autolesionistica. Un approccio "terrestre/olistico", che enfatizza l'interdipendenza e la sopravvivenza condivisa, richiede il superamento di queste divisioni interne attraverso un dialogo autentico e l'empatia, riconoscendo che l'azione collettiva per il disarmo e la pace dipende dal superamento del fazionalismo.

La Terrestrità in azione: percorsi per il disarmo e una cultura di pace

I "Disarmisti Esigenti" non si limitano a una teorizzazione astratta, ma si impegnano in iniziative concrete per la denuclearizzazione e la costruzione di una "giusta" società della Pace attraverso il disarmo unilaterale e la nonviolenza poietica. Esercitano pressione sul Parlamento e sul governo italiano affinché ratifichino il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW), adottato nel 2017 e in vigore dal 2020 con 50 ratifiche. Promuovono la sinergia tra la campagna ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons) e la campagna No First Use (NFU) , e propongono un nuovo processo diplomatico "Helsinki 2" per il disarmo effettivo. Si oppongono ai nuovi euromissili e promuovono la creazione di zone libere da armi nucleari, con particolare attenzione al Medio Oriente e alla denuclearizzazione del porto di Trieste. Queste iniziative non sono solo un elenco di richieste, ma applicazioni concrete della filosofia della "terrestrità." Ad esempio, l'avvocatura per il TPNW e il NFU sfida direttamente la "logica della potenza" e la sovranità statale sulle armi nucleari.

Al centro della loro visione per un futuro prospero, i "Disarmisti Esigenti" pongono l'"algoretica," ovvero la regolamentazione etica dell'Intelligenza Artificiale (IA). Essi ritengono che l'IA debba essere guidata da principi di sostenibilità, giustizia e nonviolenza, affinché non diventi un nuovo strumento di "potenza" e controllo, ma un "accompagnamento" al dialogo globale e all'evoluzione naturale nella visione della terrestrità. Questa attenzione alla regolamentazione etica dell'IA previene una nuova forma di "potenza," dimostrando un approccio proattivo alle minacce emergenti attraverso la lente del benessere umano e planetario condiviso. La "terrestrità" non è semplicemente un concetto filosofico astratto, ma un quadro guida per un attivismo pragmatico e multifattoriale volto alla trasformazione sistemica, dai quadri giuridici all'etica tecnologica.

I "Disarmisti Esigenti" si impegnano per una "società della cura," che sia "cura di sé, dell'altr*, dell'ambiente, del vivente, della casa comune e delle generazioni che verranno," uscendo da un sistema che tutto subordina all'economia del profitto. Fanno convergere le lotte per la giustizia climatica, sociale e di genere, per la salute, l'istruzione, la dignità delle persone e del lavoro, la difesa dei beni comuni, per liberare il mondo da armi, muri, debito illegittimo, razzismi e fascismi. Questa convergenza di diverse lotte sotto l'ombrello della "terrestrità" e della "rivoluzione della cura" dimostra una profonda comprensione che queste problematiche sono manifestazioni interconnesse della stessa "logica della potenza" sottostante e dei sistemi orientati al profitto. Il rischio nucleare non è isolato, ma profondamente intrecciato con la distruzione ecologica, la disuguaglianza economica e l'ingiustizia sociale. La vera sicurezza, da una prospettiva "terrestre," non si ottiene attraverso la potenza militare, ma attraverso il benessere umano e planetario complessivo, richiedendo un cambiamento radicale nell'allocazione delle risorse e nei valori sociali. Questo offre una potente contro-narrazione all'"economia di guerra."

L'universalizzazione del TPNW, secondo i "Disarmisti Esigenti," sarà frutto di una "strategia di diplomazia popolare" capace di coinvolgere le stesse potenze nucleari, a partire dalla presa d'atto della centralità del rischio costituito dalla deterrenza. Promuovono, come pressione dal basso, il "disinvestimento dalle banche fossili, armate e nucleari". L'enfasi sulla "diplomazia popolare" e sul "disinvestimento" evidenzia la convinzione che il cambiamento sistemico per la pace e il disarmo debba provenire dai movimenti di base e dalla società civile, non solo da negoziati statali dall'alto. Questo responsabilizza individui e comunità a sfidare la "logica della potenza" influenzando le sue fondamenta finanziarie e politiche. La "terrestrità" promuove un senso di agenzia e responsabilità collettiva, riconoscendo che il passaggio dalla minaccia nucleare richiede la partecipazione attiva e la pressione da tutti i livelli della società, integrando e spesso precedendo le azioni ufficiali degli Stati.

Infine, il "Progetto di Costituzione della Terra" è uno dei "Cinque Percorsi Strategici" identificati dai "Disarmisti Esigenti" per il disarmo effettivo e una governance globale basata sull'unità dell'umanità. Questo progetto è l'espressione istituzionale ultima della "terrestrità." Significa una visione per un quadro giuridico e politico globale che trascende l'attuale sistema statocentrico, codificando i "diritti preminenti dell'umanità" e la "custodia" della Terra. Questa è una risposta diretta alla "logica della potenza" che prospera sulla sovranità statale illimitata. Questo progetto rappresenta una soluzione strutturale a lungo termine al problema del rischio nucleare, mirando a creare un nuovo ordine globale in cui la possibilità stessa di una guerra nucleare sia legalmente ed eticamente preclusa da un impegno fondamentale per la sopravvivenza planetaria condivisa.

Conclusione: abbracciare la Terrestrità per un futuro condiviso

Il concetto di "terrestrità" offre una lente indispensabile per focalizzare e approfondire l'analisi sul rischio atomico. Permette di comprendere questa minaccia non come un problema isolato o imputabile a un singolo attore, ma come una manifestazione della "logica della (in)civiltà della Potenza" radicata in un paradigma statocentrico e manicheo. Attraverso questa lente, è possibile decostruire le semplificazioni, rivelare le dinamiche sottostanti – come il "paradosso stabilità-instabilità" – e sottolineare l'interconnessione profonda tra la minaccia nucleare, le crisi ecologiche e le disuguaglianze sociali. La "terrestrità" fornisce un quadro coerente e unificante per affrontare le crisi multiformi del nostro tempo, superando il pensiero a compartimenti stagni e promuovendo soluzioni integrate.

Il "disarmo del linguaggio" emerge come un elemento cruciale per creare uno spazio di dialogo autentico, libero da "armi discorsive" e polarizzazioni che ostacolano la comprensione e l'azione. Superare il manicheismo è essenziale per riconoscere la complessità e trovare soluzioni basate su "compromessi creativi e concreti" piuttosto che su "chimere ideologiche." L'enfasi ripetuta sul "disarmo del linguaggio" e sul superamento del manicheismo non è semplicemente un suggerimento stilistico, ma un imperativo etico. In un mondo che affronta minacce esistenziali, il modo in cui si parla del conflitto influisce direttamente sulla capacità di risolverlo. Il linguaggio militarizzato e polarizzante ostacola attivamente la pace. Promuovere un linguaggio di speranza, cura ed empatia, come sostenuto dalla "terrestrità," diventa un atto vitale di costruzione della pace stessa, favorendo le condizioni cognitive ed emotive necessarie per la sopravvivenza collettiva.

L'80° anniversario di Hiroshima non è solo un ricordo del passato, ma un monito urgente per il futuro. L'adozione della "terrestrità" come bussola analitica e guida all'azione è indispensabile per navigare le complessità del rischio atomico e costruire una "società della cura" globale. Questa prospettiva trasforma il focus dal semplice evitare la catastrofe all'edificare attivamente una società globale fondamentalmente diversa, giusta e sostenibile. La "terrestrità" permette di prioritizzare la sopravvivenza e il benessere dell'intera umanità e del pianeta rispetto alla logica della potenza, offrendo non solo una critica del presente, ma una tabella di marcia completa e attuabile per un futuro pacifico e prospero, radicata nella realtà fondamentale della nostra esistenza condivisa sulla Terra.

disarmistiesigenti.org
Chi siamo - DISARMISTI ESIGENTI

Si apre in una nuova finestra

peacelink.it
disarmisti esigenti - PeaceLink

Si apre in una nuova finestra

comune.cavenagobrianza.mb.it
www.comune.cavenagobrianza.mb.it

Si apre in una nuova finestra

pilloledistoriaefilosofia.com
Agostino e il problema del Male: la polemica contro il manicheismo

Si apre in una nuova finestra

comune.cavenagobrianza.mb.it
Un Hibakujumoku a Bellusco - Comune di Cavenago di Brianza

Si apre in una nuova finestra

pandorarivista.it
Per una cittadinanza critica. Socialisti, liberali e le sfide del presente - Pandora Rivista

Si apre in una nuova finestra

comune.como.it
Commemorazione 80° anniversario dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki

Si apre in una nuova finestra

pbs.org
As Hiroshima's 80th anniversary nears, Japan's royal couple honor A-bomb victims - PBS

Si apre in una nuova finestra

opinione.it
Marcello Veneziani e la militarizzazione del pensiero - L'Opinione delle Libertà

Si apre in una nuova finestra

u-pad.unimc.it
GUERRA E PACE: CONFINI, LIMITI E RAPPRESENTAZIONI NELLE NARRAZIONI E NELLE CONTRONARRAZIONI

Si apre in una nuova finestra

peaceprizelaureates.nobelpeacecenter.org
Nihon Hidankyo

Si apre in una nuova finestra

mag.unitn.it
Pericolo di escalation nucleare - UniTrentoMag

Si apre in una nuova finestra

nobelprize.org
The Nobel Peace Prize 2024 - Press release - NobelPrize.org

Si apre in una nuova finestra

vittoriodublinoblog.org
Il Paradosso Stabilità-Instabilità | DECIMO UOMO

Si apre in una nuova finestra

disarmistiesigenti.org
DISARMISTI ESIGENTI

Si apre in una nuova finestra

azionenonviolenta.it
Pace con mezzi pacifici. Rileggere Johan Galtung per uscire dalla narrazione tossica della guerra come soluzione dei conflitti e trasformarli con la nonviolenza

Si apre in una nuova finestra

questionegiustizia.it
Conferenza di pace per un nuovo accordo di convivenza internazionale* - Questione Giustizia

Si apre in una nuova finestra

unipd-centrodirittiumani.it
Decoding the Language of War - Centro di Ateneo per i Diritti Umani

Si apre in una nuova finestra

ilbolive.unipd.it
Il Manifesto Einstein-Russell per scongiurare la guerra nucleare | Il Bo Live - Unipd

Si apre in una nuova finestra

eda.admin.ch
Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW)

Si apre in una nuova finestra

lagedorivista.wordpress.com
Le parole e la guerra: la militarizzazione del linguaggio | L'AGE D'OR - WordPress.com

Si apre in una nuova finestra

proversi.it
Le armi nucleari prevengono la possibilità di un conflitto mondiale nell'ambito della MAD, la strategia militare della cosiddetta mutua distruzione assicurata - Pro\Versi

Si apre in una nuova finestra

affarinternazionali.it
Le scelte di Putin e la dottrina nucleare USA - Affarinternazionali

Si apre in una nuova finestra

opinione.it
Il manicheismo è la cultura dell'ignoranza e della guerra - L'Opinione

Si apre in una nuova finestra

rainews.it
Nella guerra tra Israele e Hamas il manicheismo non potrà mai condurre alla pace

Si apre in una nuova finestra

vita.it
Annotazioni per disarmare la cultura, il linguaggio e l'educazione - Vita.it

Si apre in una nuova finestra

vitatrentina.it
Ma il linguaggio non è mai neutrale - Vita Trentina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *