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Le città aderiscono, dopo che la maggior parte dei paesi a livello mondiale ha firmato il trattato delle Nazioni Unite per la messa al bando delle armi nucleari, rafforzando il suo peso geopolitico

Mentre le potenze nucleari si ostinano ad ignorare il trattato per la messa al bando delle armi nucleari (TPNW), le città si stanno muovendo. Da Parigi a Roma ad Atene, oltre 1.000 comunità stanno sfidando i leader nazionali a scegliere la sicurezza piuttosto che l'annientamento, e stanno conquistando rapidamente alleati.

Un esempio importante degli sforzi della campagna è il Cities Appeal, uno sforzo strategico per radunare i comuni e le città locali per fare pressione sui leader nazionali affinché sostengano il TPNW.

L'idea è semplice: portare il maggior numero possibile di città nel movimento e mostrare ai governi nazionali che le loro capitali e i cittadini chiedono che si uniscano al TPNW. Con l'incredibile sostegno delle nostre organizzazioni partner in tutto il mondo, il Cities Appeal ha già ispirato più di 1.000 città a denunciare l'incapacità del loro governo di proteggere i loro cittadini da un potenziale attacco nucleare. Ogni città che aderisce all'appello è una potente voce popolare per il disarmo, la sicurezza e la pace.

Il contesto da tenere presente è che a settembre, con la firma di Kirghizistan ha firmato e la ratifica del Ghana proprio la data del 26, giornata ONU contro le armi nucleari (noi la chiamiamo "Petrov Day"), era stata raggiunta la maggioranza globale degli Stati che hanno firmato, ratificato o aderito al TPNW. Il totale raggiunto è 99 dei 197 stati ammissibili che hanno intrapreso azioni legali ai sensi del trattato.

L'evento aveva segnato una pietra miliare fondamentale per quello che è ancora un trattato giovane, adottato dalle Nazioni Unite poco più di 8 anni fa ed entrato in vigore solo meno di 5 anni fa.

Il TPNW mette fuori legge le armi nucleari e tutte le attività ad esse associate, compresa la produzione, il possesso, i test, le minacce o l'uso.

Il TPNW è stato ispirato dagli sforzi per costruire il baluardo legale contro il catastrofico danno umanitario che le armi nucleari sono note per causare. Come sappiamo dalle prove degli attacchi nucleari degli Stati Uniti su Hiroshima e Nagasaki 80 anni fa, gli effetti delle armi nucleari sono straordinariamente crudeli e disumani a causa del danno indiscriminato, duraturo e intergenerazionale che causano.

La Campagna Internazionale per l'Abolizione delle Armi Nucleari ha vinto il Premio Nobel per la Pace nel 2017 per il suo lavoro che ha portato all'adozione del TPNW.

Il direttore esecutivo di ICAN, Melissa Parke, aveva accolto con favore la notizia del 26 settembre: "Mi congratulo calorosamente con il Kirghizistan e il Ghana per le loro azioni di oggi. Il TPNW è il modo migliore per garantire una reale sicurezza dalla minaccia esistenziale che le armi nucleari rappresentano per il futuro dell'umanità, perché finché esistono, le armi nucleari sono destinate ad essere utilizzate, intenzionalmente o accidentalmente. Il trattato è l'alternativa sensata alla dottrina sbagliata e pericolosa della deterrenza nucleare e a una nuova corsa agli armamenti nucleari che non fornisce sicurezza, ma invece la minaccia".

La signora Parke aveva continuato: "I paesi dotati di armi nucleari e i loro alleati che approvano l'uso di armi nucleari sono una minoranza distinta e non hanno il diritto di continuare a minacciare il futuro del resto del mondo. Il TPNW è la via d'accesso ai sensi del diritto internazionale per l'eliminazione equa e verificabile delle armi nucleari, quindi questi nove paesi non hanno scuse per continuare a sfidare la maggioranza qui alle Nazioni Unite".

L'espansione dell'influenza del TPNW ha spezzato la presa che gli stati dotati di armi nucleari e la loro imperfetta e pericolosa dottrina della deterrenza nucleare avevano sul dibattito pubblico sulle armi nucleari. Gli stati del TPNW stanno sfidando direttamente la dottrina della deterrenza sia come minaccia per tutti i paesi che come ostacolo al disarmo nucleare, un obiettivo che gli stessi stati dotati di armi nucleari dicono di condividere.

Theodora Williams Anti, della Fondazione per la Sicurezza e lo Sviluppo in Africa (FOSDA), partner di ICAN, aveva dichiarato: "La ratifica da parte del Ghana del Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari è un momento di orgoglio per la nostra nazione e una potente dichiarazione per l'Africa e il mondo. Unendosi alla maggior parte degli Stati nel respingere queste armi di distruzione di massa, il Ghana afferma il suo incrollabile impegno per la pace, la sicurezza umana e la protezione delle generazioni future. Questa pietra miliare ci ricorda che la vera forza non sta nella minaccia dell'annientamento, ma nel coraggio di scegliere il dialogo, la cooperazione e un mondo più sicuro per tutti".

95 Stati hanno firmato il trattato, che ha 74 Stati parte. Quattro paesi hanno aderito al trattato senza firmarlo in anticipo, come consentito dall'articolo 14.

Il fatto che la maggioranza mondiale degli Stati abbia ora aderito al trattato invia un segnale forte agli Stati dotati di armi nucleari e ai loro alleati, che sostengono l'uso di armi nucleari nelle loro strategie di difesa, che sono una minoranza e sono sempre più considerati dalla comunità internazionale come attori irresponsabili che minacciano la sicurezza globale.

Il TPNW ha reso le armi nucleari inaccettabili quanto le armi chimiche e biologiche. Più paesi aderiranno al trattato, più la pressione diplomatica si accumulerà sugli stati pro-nucleare e più saranno isolati con tutti i costi diplomatici e reputazionali che comportano.

Perché le città, grandi e piccole, sono importanti?

In caso di attacco nucleare, le città sono responsabili degli sforzi di salvataggio, un compito impossibile se tutte le infrastrutture, le istituzioni mediche e i mezzi di comunicazione vengono distrutti. Un tale attacco avrebbe effetti devastanti, non solo sulle infrastrutture militari ma, soprattutto, sulla popolazione civile, lasciando devastazione, morte e cicatrici psicologiche profonde e durature.

Attraverso il Cities Appeal, queste città hanno il potere di agire localmente su questioni globali come il disarmo nucleare, di opporsi ai loro governi nazionali e di chiedere azione. Mentre abbiamo appena commemorato l'80° anniversario dei bombardamenti statunitensi di Hiroshima e Nagasaki, le immagini di queste due città completamente distrutte servono a ricordare ciò che le armi nucleari fanno alla vita.

Soprattutto ora, con i paesi dotati di armi nucleari impegnati in una nuova corsa agli armamenti, che sviluppano armi nucleari con rese esplosive molte volte più potenti di quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki, è più importante che mai ricordare che nessuna città può essere protetta dagli impatti delle armi nucleari.

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NOSTRO COMMENTO

L'autorità della maggioranza globale dei Paesi ONU: la leva del TPNW per il Non Primo Uso (NFU)

La notizia del Kirghizistan e del Ghana che portano il numero di Stati firmatari, ratificanti o aderenti al Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW) alla maggioranza globale è una svolta non solo simbolica, ma - per come noi la concepiamo - strategicamente fondamentale per la Campagna Internazionale per l'Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN) e, in particolare, per l'obiettivo del "Non Primo Uso" (NFU).

1. Il TPNW come base per la legittimità morale

Il TPNW, vietando esplicitamente la minaccia e l'uso delle armi nucleari (come indicato nel comunicato ICAN), rappresenta già un requisito massimale per gli Stati membri. Il fatto che la maggioranza globale abbia abbracciato questo divieto inverte la narrazione: gli Stati dotati di armi nucleari (NWS) e i loro alleati non sono più i detentori della sicurezza globale, ma una minoranza da isolare che sfida il diritto internazionale e la volontà della comunità mondiale.

Leva strategica: I disarmisti esigenti possono sfruttare questa autorità morale per inquadrare il NFU non come una concessione generosa da parte delle potenze nucleari, ma come un passo di conformità minimo e urgente richiesto dalla maggioranza. Se gli NWS non sono disposti ad aderire al TPNW, devono almeno dimostrare la loro serietà riguardo all'Articolo VI del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (NPT) adottando l'NFU.

2. Il NFU come tappa intermedia indispensabile

Per gli NWS, il NFU (impegno a non usare per primi un'arma nucleare, riservandola solo come rappresaglia) è un cambiamento dottrinale significativo, ma infinitamente meno impegnativo rispetto alla completa adesione al TPNW e allo smantellamento immediato degli arsenali.

Leva strategica: l'ICAN e i suoi alleati dovrebbero concentrare la pressione diplomatica, in particolare sui partner e gli alleati degli NWS (come gli Stati NATO che partecipano al nuclear sharing), evidenziando l'incongruenza. Se l'obiettivo a lungo termine è la totale eliminazione (TPNW), l'obiettivo a breve termine deve essere la rimozione del rischio più immediato: l'uso preventivo o escalatorio. L'NFU delegittima la dottrina della deterrenza estesa basata sul "primo uso" e spiana la strada a ulteriori riduzioni.

3. Pressione sugli alleati e sulla dottrina della deterrenza

Come notato nel testo, gli Stati del TPNW sfidano direttamente la "dottrina pericolosa - e logicamente assurda secondo noi - della deterrenza nucleare". L'impegno al NFU è un attacco diretto alla credibilità di questa dottrina, specialmente per gli alleati degli Stati Uniti che si affidano al "primo uso" come deterrente contro attacchi convenzionali su larga scala.

Leva strategica: i disarmisti devono intensificare le campagne nazionali negli Stati alleati (come Italia, Germania, Belgio, ecc.) per chiedere ai loro governi di fare pressione sui loro alleati dotati di armi nucleari. Se un alleato adotta ufficialmente una posizione pro-NFU, questo crea una spaccatura all'interno dell'alleanza nucleare, isolando ulteriormente la strategia di "primo uso" e rendendola diplomaticamente insostenibile. La paura della minaccia esistenziale, evocata dalla direttrice di ICAN Melissa Parke, risuona con maggiore forza ora che è sostenuta da una maggioranza di Stati.

4. La Necessità di una Campagna ICAN focalizzata

ICAN ha dimostrato di essere estremamente efficace nel mobilitare l'azione internazionale a livello diplomatico (vincendo il Premio Nobel). Ora che ha raggiunto il traguardo della maggioranza nel TPNW, la strategia deve diventare bifocale:

  1. Continuare l'espansione del TPNW: portare gli Stati restanti ad aderire, consolidando il consenso.
  2. Campagna specifica NFU da sostenre: affiancare una iniziativa globale mirata per costringere gli NWS a dichiarare e adottare unilateralmente o multilateralmente la politica di Non Primo Uso.

Questa seconda iniziativa dovrebbe sfruttare i "costi diplomatici e reputazionali" menzionati nel testo, identificando gli NWS più sensibili alla pressione internazionale (ad esempio, quelli con forti movimenti disarmisti interni o con elezioni in vista) e rendendo il "primo uso" un termine tossico nel dibattito sulla sicurezza internazionale.

Riepilogando, la maggioranza del TPNW non è la fine, ma l'inizio di una fase di maggiore pressione. Fornisce ai disarmisti lo strumento morale per trasformare la richiesta di NFU da un auspicio di pochi a un'aspettativa globale.

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Ulteriori letture dalla pagina web originale:

Esperti e governi si incontrano per discutere l'impatto umanitario delle armi nucleari

Le nazioni dei Caraibi si uniscono a sostegno del trattato delle Nazioni Unite per la messa al bando delle armi nucleari

La Namibia ratifica il trattato delle Nazioni Unite per la messa al bando delle armi nucleari

Saint Kitts e Nevis ratifica il trattato delle Nazioni Unite per la messa al bando delle armi nucleari in occasione dell'anniversario di Nagasaki

Il Parlamento belga voterà sull'abolizione delle armi nucleari

 

I costi nascosti degli arsenali "atomici"

I costi nascosti degli arsenali nucleari

La Rete italiana pace e disarmo ha reso disponibile anche in italiano i dati e le analisi sull’impatto economico e finanziario degli arsenali nucleari condotte dalla International Campaign to Abolish Nuclear Weapons.

SCARICA QUI IL REPORT “IL COSTO NASCOSTO DEGLI ARSENALI NUCLEARI”

Secondo i dati di questo Rapporto, il mondo ha speso oltre cento miliardi di dollari per mantenere e modernizzare gli arsenali nucleari, cioè migliaia di armi di distruzione di massa. Una fetta dell’opinione pubblica italiana continua a vivere come se questa fosse una realtà lontana, che non ci tocca…

"Eppure - sottolinea la RIPD - bombe atomiche sono ospitate sul nostro territorio, miliardi di euro (anche “nostri”) vengono silenziosi trasferiti verso progetti militari che nessuno ha votato e che pochi conoscono. Mentre la gran parte delle cittadine e dei cittadini resta all’oscuro di ciò che accade in loro nome".

Il nuovo report di ICAN “Hidden Costs”  squarcia il velo su queste cifre e sulle responsabilità delle scelte governative che le decidono. Ma c’è un ostacolo che ne limita la capacità di fare aprire gli occhi: la lingua. La traduzione in italiano, secondo la RIPD,  "significa portare un problema sulla soglia di casa nostra, trasformare cifre astratte in scelte politiche concrete. Un miliardo di dollari speso per il nucleare, descritto in inglese, è un’informazione per specialisti. Lo stesso miliardo spiegato e contestualizzato in italiano diventa un ospedale che manca, una scuola che si sgretola, un piano ambientale che non parte... O la consapevolezza che un pezzo della nostra sicurezza nazionale viene basato sulla minaccia di distruggere intere città in pochi secondi".

Ci sarebbe anche una ragione politica che, secondo la RIPD, renderebbe questa traduzione un obiettivo importante e un passaggio urgente. "Finché i numeri continueranno ad essere confinati in dossier in inglese, il dibattito in Parlamento resterà per forza di cose più sterile e prigioniero di formule vaghe sulla “sicurezza internazionale” e sugli “obblighi NATO”. Ma un documento chiaro, in italiano, che dimostra quanto denaro viene sottratto al benessere collettivo per mantenere il ricatto nucleare, potrà portare anche i nostri rappresentanti parlamentari ad assumersi la responsabilità di rispondere alla richiesta di disarmo nucleare proveniente da cittadini e opinione pubblica. Nessuno potrà dire “non sapevo”".

Inoltre, rendere disponibili tutte queste informazioni in italiano andrebbe considerato un passo di democrazia. "Per decenni il tema degli arsenali nucleari è stato reso opaco da un flusso di parole pensate da e per gli esperti: sigle, acronimi, documenti tecnici. Ma la sicurezza delle nostre comunità non è un affare per pochi: riguarda tutti. In democrazia non c’è sicurezza senza trasparenza: rendere disponibili in italiano le cifre e le analisi di ICAN significa far entrare luce nei luoghi finora dominati dall’ombra".

Il problema di "Italia ripensaci", a nostro parere, è una riproposizione delle posizioni internazionali di ICAN senza lo sforzo di un contributo autonomo. Le difficoltà che incontra la campagna internazionale infatti potrebbero venire forse superate da una innovazione strategica che gli attivisti italiani, ponendosi all'avanguardia, potrebbero sperimentare per primi. Si tratta dell'idea di usare la forza della campagna per rafforzare percorsi più "moderati", ma concretamente perseguibili ed in grado di coinvolgere con più facilità le potenze nucleari in primi passi significativi di disarmo. E' il collegamento ICAN+NFU che la nostra spedizione di Disarmisti esigenti ha cominciato a proporre in modo più strutturato e organizzato al Terzo meeting degli Stati parte del TPNW, svoltosi nel marzo 2025 a New York presso il Palazzo di vetro.

Testi e dati tratti da

HIDDEN COSTS: NUCLEAR WEAPONS SPENDING IN 2024

Co-autrici del rapporto: Alicia Sanders-Zakre e Susi Snyder (ICAN)

AT GREAT COST. THE COMPANIES BUILDING NUCLEAR WEAPONS AND THEIR FINANCIERS

Autrice principale: Alejandra Muñoz
Contributi di: Susi Snyder (ICAN) e Cor Oudes (PAX)
Ricercatori principali: Alejandra Muñoz (PAX), Jeroen Walstra (Profundo), Jim Sanchez (Profundo)

International Campaign to Abolish Nuclear Weapons @2025

Traduzione e impaginazione della versione italiana a cura di Francesco Vignarca (Rete Italiana Pace Disarmo) realizzata con il contributo del Consorzio CAES

 

ALLA VIGILIA DELL'HIROSHIMA DAY UN APPELLO A DISARMARE IL LINGUAGGIO: NELLO SPIRITO DI "PRIMA LE PERSONE, PRIMA L'UMANITA', PRIMA LA TERRA"

da parte di Alfonso Navarra - 5 Agosto 2025

Facciamoci introdurre da una teoria di slogan che speriamo non risulti una solfa per chi li ascolta:

Ramoscelli di parole. In un cielo turchino di pensieri, le voci si sfiorano come brezze leggere. Non più sassi, né spine, né pugni nascosti — solo ramoscelli d’ulivo tra mani aperte.
Ogni idea, singola e ruvida, offerta come un dono, tra sorrisi che sanno ascoltare, tra sguardi che cercano pace e cuori che non vogliono vincere, ma capire.
Nello scorrere lento della nostra umanità, uniti nelle diversità, il dialogo fiorisce come primavera gentile, e le parole, disarmate, diventano ponti, non barriere.

Alla vigilia dell'Hiroshima day 2025 - 80esimo anniversario - nelle chat "pacifiste" che frequento stranamente (?) non ci sono quasi post che ricordino i funghi sulle città giapponesi che hanno cambiato il paradigma storico del mondo.

A Roma Patrizia Sterpetti della WILPF ci informa di una cerimonia al Pantheon alle ore 9:30; Maurizio Acerbo, di Rifondazione Comunista, informa di un presidio-conferenza stampa alle 12:00 a Montecitorio. Verrà esposto uno striscione con la scritta:  "Mai più Hiroshima. disarmo nucleare subito".

Nel comunicato che presenta l'iniziativa si avanza la ormai solita richiesta che l'Italia sottoscriva il Trattato ONU per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW). "Governo e parlamento dovrebbero rispettare la Costituzione con il ripudio della guerra sancito dall'articolo 11 invece di obbedire a USA e NATO. Purtroppo il nostro paese continua a ospitare ordigni nucleari e partecipa al programma di nuclear sharing della NATO con l'addestramento dei nostri piloti al lancio di armi nucleari e l'acquisto dei costosissimi F35."

I COBAS hanno diffuso la loro newsletter introdotta da un editoriale di Vincenzo Miliucci dal titolo: " LA MEMORIA PRESENTE DI HIROSHIMA E NAGASAKI E' " NUCLEARE MAI PIU'". Vengono riportate, nel documento, numerose iniziative decentrate organizzate nel contesto di "Italia ripensaci", facente capo alla Rete italiana pace e disarmo. Tali attività avranno anche lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e i decisori politici sul tema del “costo nascosto degli arsenali nucleari” tema affrontato in un Report (qui il link per scaricarlo), che traduce in italiano i dati di ICAN relativi alle spese militari nucleari a livello globale. La ricerca evidenzia in particolare l’enorme impatto economico e sociale delle risorse pubbliche destinate alla produzione e manutenzione delle armi nucleari: una spesa eticamente ingiustificabile, ancor più in un contesto di crisi e disuguaglianze globali.

A testimoniare nel mondo il ricordo dell'orrore di Hiroshima e Nagasaki sono rimasti meno di 100.000 "Hibakusha": i sopravvissuti alla violenza di Little Boy e Fat Man (nomignoli che vennero attribuiti alle due bombe, la prima all'uranio e la seconda al plutonio).

Nei primi 10 anni dopo la strage in Giappone era un tabù parlarne: il dolore era immenso e scottante e bisognava anche tenere conto della occupazione americana, da non infastidire con argomenti scomodi.

Nel 2024 il Nobel per la pace è stato assegnato proprio ad una organizzazione rappresentante gli Hibakusha: la Nihon Hidankyo. Questo riconoscimento è stato definito “tardivo ma fondamentale” per onorare la memoria e la resilienza di chi ha vissuto l’orrore nucleare e ha trasformato la propria esperienza in un impegno attivo per il disarmo e la pace. Il Comitato norvegese ha voluto sottolineare come gli Hibakusha abbiano contribuito a mantenere vivo il tabù nucleare, evitando l’uso di armi atomiche in guerra.

Un aspetto toccante è il legame con gli Hibakujumoku, alberi sopravvissuti alle esplosioni nucleari, che oggi vengono piantati in tutto il mondo come simboli viventi di speranza e memoria.

Mi viene da scommettere che purtroppo le cerimonie organizzate per il 6 agosto sia in Giappone che negli USA non avranno grande risonanza. Le piccole guerre quotidiane attirano di più l'attenzione dei media e di conseguenza dell'opinione pubblica.

Si considera il genocidio a Gaza, enorme tragedia, per carità, un fatto concreto, mentre viene percepito inconsciamente come astratta la minaccia di guerra atomica, urlata dal Doomsday Clock e richiamata dall'anniversario di Hiroshima.

Minaccia astratta? Non si considera che gli scontri armati in Medio Oriente già si rifanno a una guerra preventiva di Israele rispetto a una proliferazione nucleare, nel mentre che tra USA e Russia volano le minacce (i sommergibili dispiegati da Trump vicino alle coste, il riferimento di Medvedev alla Dead Hand), nel momento in cui tornano gli euromissili ad Est e ad Ovest e pare che già nel conflitto ucraino Putin abbia pensato di usare le atomiche tattiche.

Al di là dei massacri nella Striscia, la corsa generale alla guerra, al riarmo, all'economia di guerra è molto concreta e già appesantisce le condizioni di vita della gente comune in modo notevole. Le organizzazioni degli agricoltori protestano sul fatto che il bilancio europeo punta sui cannoni e non sul burro (con tagli di 80 miliardi per la PAC).

Tutta l'attenzione della parte "calda", politicamente più attiva, della popolazione, tendente a orientarsi verso estremismi populisti e sovranisti sia a destra che a sinistra (cd. cultura woke), è però concentrata su due problemi che poi risultano falsi nella loro esagerazione: 1) da sinistra, la Palestina considerata il nuovo Vietnam anti-imperialista dei giorni nostri; 2) da destra, l'"invasione islamica" che punterebbe a una strisciante "sostituzione etnica".

Cosa va a generare questa reattività eccessiva che, a nostro parere, scambia chimere ideologiche per realtà? Non solo i riflettori mediatici, più o meno interessati a manipolare; ma, mi provo ad avanzare una ipotesi, anche - almeno a sinistra - un meccanismo di proiezione del ribellismo. Si delega ad un soggetto esterno "eroico" una rivolta che in casa propria non si ha il coraggio di fare. Ma è molto probabile che, realizzati i desideri di quelli che ormai sono chiamati "Pro Pal", il mondo liberato dal "Grande Satana dell'imperialismo USA", visto come motore di tutti i conflitti, non sarebbe affatto automaticamente un posto tanto migliore: dobbiamo, cari compagni (o ex compagni come Marco Rizzo, se non abbiamo capito male il suo proclamarsi "non più di sinistra") affidarci agli insegnamenti di Khameini per un mondo di libertà, di giustizia, di pace?

Bisognerebbe andare più a fondo dei facili manicheismi nell'analisi del "sistema" che si intende rifiutare e combattere: a questa bisogna può fare da bussola l'adozione del concetto di "terrestrità" elaborato dai Disarmisti esigenti.

La Bomba non è semplicemente ed esclusivamente  "americana" (magari fosse così!) ma incarna tutta la logica della (in)civiltà della Potenza, oltre le semplici dinamiche economiche. Questa consapevolezza della complessità e della profondità articolate dello sguardo analitico e propositivo richiesto deve portarci a evitare la militarizzazione di un linguaggio e di un dibattito "campista" (che so, contro l'Occidente collettivo per i BRICS visti come blocco politico-militare alternativo), come ci suggerisce un intervento di Alberto Leiss, titolo: "Hiroshima, Kiev, Gaza", pubblicato su Il Manifesto di oggi, 5 agosto 2025.

"Uscito nel 1965, il libro ("Note su Hiroshima" di Kenzaburo Oe, che ho appena comprato) fu tradotto e pubblicato in Italia solo nel 2008. In quell’occasione Oe scrisse di provare «straordinaria gioia» nel rileggersi in una lingua «che sa esprimere la speranza dopo il dolore in un modo così incantevole». Spero che avesse ragione. Avremo, anzi abbiamo già oggi estremo bisogno di una lingua capace di esprimere speranza di fronte al dolore e all’orrore di cui siamo testimoni. (...)

La parola «genocidio» si sta conficcando sempre di più nel discorso pubblico sulla guerra come una sorta di «arma discorsiva» impiegata per accrescere il conflitto tra chi giudica dall’esterno la tragedia di Gaza, anziché contribuire a valutare la gravità di quanto sta accadendo e aiutare in ogni modo possibile a far cessare la violenza bellica, trovare una pace duratura. (...) 

Penso alle critiche contrapposte, da sinistra e da destra, alla intervista di David Grossman in cui lo scrittore israeliano pronuncia per Gaza la parola «genocidio» (..)

(Penso anche a  Liliana Segre, perché ha risposto a Grossman, peraltro condividendone in grandissima parte la sostanza,) argomentando il suo rifiuto di usare quella parola, «genocidio». Cosa che ha attirato all’opposto su di lei parole social anche volgari.  Ma come si fa a interloquire in questo modo con un uomo che ha visto morire uno dei figli in una delle guerre di Israele, e con una donna che è stata rinchiusa a Auschwitz a 13 anni e che ha avuto la famiglia sterminata nei campi di concentramento?
Il cortocircuito mediatico comprensibilmente scattato tra la ricorrenza di Hiroshima e le tragedie aperte a Gaza e in Ucraina (con le ripetute allusioni russe e americane allo scontro nucleare) dovrebbe indurre noi, noi che non usiamo armi mortali, e soprattutto non vorremmo mai usarle, a riflettere sul nostro linguaggio. Oe e tanti altri giapponesi hanno investito sulla memoria accurata di quel massacro per scongiurarne il ripetersi. Con le parole che usiamo oggi costruiamo anche la memoria di domani".

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La "Terrestrità" adottata quale bussola analitica per approfondire e contrastare il "rischio atomico" - riflessioni espanse con l'aiuto di Gemini (5 agosto 2025)

Introduzione: L'urgenza di una nuova lente sul rischio atomico

L'approssimarsi dell'80° anniversario dell'Hiroshima Day, il 6 agosto 2025 , impone una riflessione profonda e urgente sulla minaccia atomica e l'imperativo del disarmo. Nonostante la gravità di questa ricorrenza, il dibattito pubblico e mediatico appare spesso distratto, monopolizzato da conflitti convenzionali percepiti come più immediati e tangibili, quali, adesso sopra tutti gli altri, la "causa palestinese" e il "genocidio a Gaza". Questa focalizzazione, sebbene comprensibile data la tragicità degli eventi nella Striscia, tende a relegare la memoria storica dell'orrore nucleare e la consapevolezza del rischio atomico a un piano secondario. La minaccia di una guerra atomica, sebbene costantemente richiamata da indicatori come il "Doomsday Clock" – le cui lancette sono posizionate a soli novanta secondi dalla mezzanotte, il punto più vicino alla catastrofe nucleare nella storia – è inconsciamente percepita come astratta. Le "piccole guerre quotidiane" catturano maggiormente l'attenzione dei media e, di conseguenza, dell'opinione pubblica. Questa disconnessione tra la realtà di una minaccia esistenziale e la sua percezione pubblica rivela una profonda dissonanza cognitiva. I pericoli più tangibili e immediati, secondo il criterio mediatico della  "notizia", vengono prioritizzati, anche se meno catastrofici su scala globale, suggerendo un meccanismo psicologico e comunicativo che normalizza il rischio nucleare, rendendolo meno urgente nella coscienza collettiva.

Il presente rapporto si propone di superare le attribuzioni di colpa semplicistiche che spesso caratterizzano il dibattito sulla corsa agli armamenti e la tendenza alla guerra. L'idea che la responsabilità ricada esclusivamente sull'"imperialismo USA," pur contenendo elementi di verità, è da noi considerata un "facile manicheismo" che ostacola un'analisi più profonda e sistemica. Il manicheismo, che riduce la complessità della realtà a dicotomie di "bene" e "male" o "bianco e nero" , è una "cultura dell'ignoranza e della guerra" che impedisce la ricerca di soluzioni reali e la "contaminazione delle opinioni". Questa tendenza non è solo analiticamente imprecisa, ma funzionalmente impedisce una comprensione sistemica approfondita e la ricerca di soluzioni complesse. Il cervello umano, per risparmio energetico, tende a preferire comprensioni intuitive e dualistiche, rendendolo vulnerabile alla manipolazione. Per affrontare questa sfida, il rapporto adotta il concetto di "terrestrità," elaborato dai "Disarmisti Esigenti," come bussola analitica. Questa prospettiva olistica e interconnessa è essenziale per affrontare il rischio atomico in modo profondo e propositivo, riconoscendo che "la Bomba non è semplicemente ed esclusivamente 'americana' ma incarna tutta la logica della (in)civiltà della Potenza".

Il concetto di "Terrestrità": fondamento per la sopravvivenza globale

La "terrestrità," come definita dai "Disarmisti Esigenti," rappresenta una "coscienza consapevole e responsabile" che riconosce l'umanità come parte organica e intrinseca della Terra, un "sistema vivente interconnesso". Questa visione si distacca dalla metafora della "casa comune," sostituendola con quella della "foresta" o "Madre Natura," di cui gli esseri umani sono "foglie sugli alberi". Tale approccio enfatizza l'interconnessione organica, la dipendenza reciproca e l'importanza individuale e collettiva all'interno del sistema Terra, ponendo in primo piano le responsabilità che ne derivano per la salute dell'ecosistema planetario. Questo rappresenta un cambiamento fondamentale dal pensiero antropocentrico, dove la natura è vista principalmente come una risorsa per l'uomo, a una visione in cui l'umanità è una parte integrante e dipendente di un sistema vivente più grande. I "Disarmisti Esigenti" promuovono attivamente questa prospettiva attraverso iniziative politiche e sociali, inclusa la creazione di una "Rete per l'Educazione alla Terrestrità".

Da questa appartenenza organica derivano i "diritti preminenti dell'Umanità": il diritto alla vita, alla dignità e a uno sviluppo felice, inteso non come crescita illimitata dei beni materiali, ma come crescita dei beni relazionali e culturali condivisi. Questi diritti possono essere garantiti solo se l'intero sistema – la Terra e tutti i suoi abitanti – è sano ed equilibrato. L'obbligo etico e politico di diventare "custodi della Terra e dell'Evoluzione naturale" non è un'imposizione esterna, ma una condizione intrinseca della nostra stessa esistenza. La "terrestrità" fornisce così una base concettuale per un modello di governance globale che prioritizza il benessere planetario e la sopravvivenza collettiva umana rispetto agli stretti interessi nazionali, offrendo un'alternativa concreta al sistema attuale che perpetua il rischio nucleare. I "Disarmisti Esigenti" propongono di rafforzare il quadro giuridico che riconosca l'Umanità come soggetto di diritti preminenti rispetto alla sovranità degli Stati , sostenendo attivamente un "Progetto di Costituzione della Terra". Questo approccio sfida direttamente il sistema di Vestfalia della sovranità statale assoluta, che è implicitamente identificato come una causa profonda della "logica della Potenza" che alimenta la corsa agli armamenti. Se l'umanità ha diritti preminenti, allora il diritto degli Stati di possedere e minacciare con armi nucleari è fondamentalmente minato.

Per meglio comprendere il profondo cambiamento di paradigma proposto dalla "terrestrità," la seguente tabella ne contrappone i principi fondamentali ai paradigmi geopolitici tradizionali che hanno storicamente dominato le relazioni internazionali e la gestione della sicurezza.

Principi della "Terrestrità" Paradigmi Geopolitici Tradizionali
Visione Biocentrica/Ecocentrica Visione Antropocentrica/Statocentrica
Interconnessione Organica (Umanità e Terra) Sovranità Assoluta degli Stati
Diritti Preminenti dell'Umanità (vita, dignità, sviluppo felice) Sicurezza Nazionale (basata sulla forza militare)
Responsabilità di Custodia della Terra e dell'Evoluzione Naturale Logica della Potenza e Deterrenza
Nonviolenza Poietica e Disarmo Unilaterale Crescita Economica/Materiale illimitata
Decrescita dei beni materiali, crescita dei beni relazionali/culturali Anarchia Internazionale e Competizione tra Stati
Governance Globale (Progetto di Costituzione della Terra)

Questa comparazione evidenzia visivamente il cambiamento concettuale fondamentale richiesto per affrontare il rischio atomico. Il problema non è solo chi possiede le bombe, ma la logica sistemica che le produce, che la "terrestrità" mira a decostruire e sostituire con un quadro basato sulla responsabilità condivisa e l'interdipendenza planetaria.

Oltre il manicheismo: decostruire la "Logica della (in)civiltà della Potenza"

Il dibattito sulla guerra è spesso viziato da semplificazioni che ostacolano una comprensione autentica delle sue radici. Il testo in analisi critica la tendenza a delegare la ribellione a un soggetto esterno "eroico" e l'illusione che un mondo "liberato dal Grande Satana dell'imperialismo USA" sarebbe automaticamente migliore. Questo approccio è etichettato come "facile manicheismo," che scambia "chimere ideologiche per realtà". Il manicheismo, definito come la "cultura dell'ignoranza e della guerra" , impedisce "compromessi concreti e positivi" e, di conseguenza, la pace. Tale tendenza non è solo un difetto analitico, ma un profondo pregiudizio cognitivo, poiché il cervello umano tende a risparmiare energia prediligendo comprensioni intuitive e dualistiche, rendendolo suscettibile alla manipolazione. La proiezione del ribellismo su un soggetto esterno, come suggerito, impedisce di affrontare problemi sistemici o contraddizioni interne. Superare il manicheismo richiede, quindi, non solo una critica intellettuale, ma anche una comprensione delle sue radici psicologiche e di come le strutture mediatiche e politiche lo sfruttino. La "terrestrità," con la sua enfasi sull'interdipendenza e la responsabilità condivisa, contrasta direttamente questa tendenza polarizzante.

La Bomba atomica non è un fenomeno isolato o meramente "americano"; essa incarna "tutta la logica della (in)civiltà della Potenza, oltre le semplici dinamiche economiche". Questa "logica della Potenza" è identificata dai "Disarmisti Esigenti" come la forza motrice della minaccia nucleare, derivante dal "gioco della potenza" tra Stati illimitatamente sovrani e armati l'uno contro l'altro. Il sistema della deterrenza nucleare, noto come MAD (Mutual Assured Destruction), si fonda sulla "logica della rappresaglia massiccia" e alimenta una "continua corsa agli armamenti e a un loro perfezionamento," generando un clima di "perdurante, reciproca diffidenza". Questo sistema si auto-perpetua: la ricerca della sicurezza attraverso la potenza genera intrinsecamente insicurezza a un livello superiore. La minaccia nucleare, pertanto, non è semplicemente una scelta politica di singoli Stati, ma il risultato inevitabile di un sistema globale strutturato attorno alla sovranità statale, alla competizione e alla ricerca del potere assoluto. La "terrestrità" mira a smantellare questa logica fondamentale proponendo un passaggio alla responsabilità condivisa e all'interdipendenza.

Il "paradosso stabilità-instabilità" è un concetto fondamentale nella teoria della deterrenza nucleare che descrive la relazione inversa tra la stabilità nucleare (la probabilità che le armi nucleari vengano utilizzate) e la stabilità convenzionale (la probabilità di un conflitto convenzionale). Questo paradosso rivela che il meccanismo stesso progettato per prevenire la guerra nucleare (la deterrenza) crea intrinsecamente le condizioni per il suo uso accidentale o non intenzionale. Le armi nucleari, pur diminuendo la probabilità di un conflitto convenzionale su larga scala a causa del rischio di escalation nucleare, aumentano il rischio di un uso nucleare accidentale o non intenzionale. Esempi storici, come la Guerra Fredda e il rapporto tra India e Pakistan, dimostrano come la deterrenza nucleare abbia permesso conflitti convenzionali a bassa intensità, ma con il rischio costante di escalation. Concetti come il "Launch on Warning" e il rischio di interpretazioni errate rafforzano l'idea che la sicurezza nucleare è costruita su un equilibrio precario che può essere interrotto da malfunzionamenti tecnici, errori umani (come nel caso del colonnello Stanislav Petrov, che nel 1983 salvò il mondo da una guerra nucleare per errore ) o errori di calcolo. La minaccia nucleare non può essere gestita indefinitamente all'interno del paradigma attuale della potenza. La "logica della potenza" conduce a un'instabilità intrinseca, rendendo l'abolizione delle armi nucleari non solo un ideale, ma un imperativo pragmatico per la sopravvivenza a lungo termine, allineandosi con la visione della "terrestrità" di un sistema sano ed equilibrato.

L'economia di guerra e la corsa al riarmo hanno impatti concreti e tangibili sulle condizioni di vita della gente comune. Questa dinamica si manifesta, ad esempio, nei tagli di 80 miliardi per la Politica Agricola Comune (PAC) a favore delle spese militari, generando proteste da parte delle organizzazioni degli agricoltori. I "Disarmisti Esigenti" collegano esplicitamente la minaccia nucleare alle crisi ecologico-climatiche e alle disuguaglianze sociali, promuovendo il disinvestimento dalle banche che finanziano "fossili, armi e nucleare". Questo dimostra che la "logica della potenza" ha conseguenze negative dirette sul benessere umano, deviando risorse dal "burro" ai "cannoni". La "logica della potenza" e la spesa militare ad essa associata non sono solo fenomeni geopolitici astratti, ma forze attive che esacerbano le disuguaglianze sociali ed economiche, rendendo la ricerca della pace e del disarmo una questione di giustizia sociale e dignità umana, non solo di sicurezza.

Il pericolo dell'astrazione: colmare il divario nella percezione della minaccia nucleare

La percezione pubblica della minaccia nucleare è profondamente distorta: essa è "inconsciamente percepita come astratta," mentre eventi come il "genocidio a Gaza" sono considerati un "fatto concreto". Questa normalizzazione dell'impensabile è particolarmente preoccupante, considerando che il "Doomsday Clock" indica un rischio nucleare senza precedenti, superiore persino a quello della Guerra Fredda. Nonostante la riduzione numerica degli arsenali, le nove potenze nucleari stanno modernizzando le proprie armi, rendendole più precise e letali, e la Cina è impegnata in una "proliferazione verticale destabilizzante". Il pubblico, sopraffatto dalle crisi immediate, sembra relegare inconsciamente la minaccia nucleare catastrofica a un regno di irrealtà o inevitabilità, rendendola meno urgente. È quindi imperativo "de-astratizzare" la minaccia nucleare, collegandola direttamente alle tensioni geopolitiche attuali e alla "logica della potenza" sistemica che le alimenta, rendendola così più concreta e urgente per la coscienza pubblica.

Il rischio concreto di escalation nucleare è evidente nei conflitti attuali. Gli scontri armati in Medio Oriente, ad esempio, sono già legati a una "guerra preventiva di Israele rispetto a una proliferazione nucleare" (da parte del nemico iraniano, ma che può coinvolgere tutta la regione). Le minacce esplicite tra USA e Russia, come il dispiegamento di sommergibili da parte di Trump e il riferimento di Medvedev alla "Dead Hand," il ritorno degli euromissili a Est e Ovest, e l'ipotesi che Putin abbia considerato l'uso di atomiche tattiche nel conflitto ucraino, dimostrano la concretezza e l'imminenza del rischio di escalation. Questa crescente disinvoltura con cui le minacce nucleari vengono invocate dagli attori statali contribuisce all'erosione del "tabù nucleare" , rendendo la minaccia esistenziale più imminente e meno astratta, anche se il pubblico la percepisce diversamente. Il "paradosso stabilità-instabilità" spiega come i conflitti convenzionali possano diventare punti di innesco per l'escalation nucleare.

L'importanza della memoria è cruciale per mantenere viva la consapevolezza del rischio nucleare. Meno di 100.000 "Hibakusha" – i sopravvissuti alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki – rimangono a testimoniare l'orrore. La loro memoria è fondamentale per scongiurare il ripetersi di tale massacro. Nihon Hidankyo, l'organizzazione degli Hibakusha, ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace 2024 per i suoi "sforzi straordinari" volti a raggiungere un mondo libero da armi nucleari e per aver dimostrato, attraverso le loro testimonianze personali, che le armi nucleari non devono mai più essere utilizzate. Il Comitato Norvegese per il Nobel ha sottolineato come gli Hibakusha abbiano contribuito a mantenere vivo il "tabù nucleare" – la norma internazionale che stigmatizza l'uso delle armi nucleari come moralmente inaccettabile – per quasi 80 anni. Tuttavia, il Comitato ha anche espresso allarme per il fatto che questo tabù è "sotto pressione" a causa della modernizzazione degli arsenali e delle minacce di utilizzo. Questa situazione evidenzia una tensione critica: mentre la sofferenza umana e la testimonianza morale possono stabilire norme potenti, la "logica della potenza" e le dottrine di sicurezza statocentriche cercano costantemente di minarle o eluderle. La lotta contro le armi nucleari non riguarda solo trattati o tecnologia, ma è una lotta continua per rafforzare le norme morali ed etiche contro la spinta intrinseca della "logica della potenza." La "terrestrità" offre un fondamento filosofico per rafforzare queste norme, enfatizzando l'umanità condivisa e la sopravvivenza planetaria.

Un altro simbolo potente della memoria e della resilienza sono gli "Hibakujumoku." Questi alberi, sopravvissuti ai bombardamenti atomici del 1945 e rigermogliati dalle loro radici, sono oggi piantati in tutto il mondo come "simboli viventi di speranza e memoria". Gli Hibakujumoku non sono solo sopravvissuti passivi; sono "simboli viventi". Questo si collega al concetto di "terrestrità" del legame organico dell'umanità con la Terra. La natura stessa testimonia l'orrore atomico e dimostra resilienza, offrendo una rappresentazione tangibile della forza vitale duratura della Terra nonostante la distruzione umana. Gli Hibakujumoku servono come un potente promemoria, non umano, delle conseguenze della guerra nucleare e dell'imperativo di "custodia" della Terra, rafforzando la prospettiva biocentrica della "terrestrità."

La seguente tabella riassume i fondamenti del "tabù nucleare" e le pressioni attuali che minacciano di eroderlo, evidenziando l'urgenza di rinnovati sforzi per la sua preservazione.

Fondazione del "Tabù Nucleare" Pressioni Attuali sul "Tabù Nucleare"
Testimonianze dirette degli Hibakusha (Nihon Hidankyo, Premio Nobel per la Pace 2024) Modernizzazione e potenziamento degli arsenali nucleari esistenti
Sviluppo di una norma internazionale che stigmatizza l'uso delle armi nucleari come moralmente inaccettabile Proliferazione verticale (es. la Cina)
Sforzi globali per il disarmo nucleare e la sensibilizzazione sulle conseguenze umanitarie Aumento della rilevanza delle armi nucleari nelle dottrine strategiche e politiche di sicurezza
Minacce esplicite o implicite di utilizzo in conflitti in corso (es. Ucraina, Medio Oriente)
Percezione pubblica della minaccia nucleare come "astratta" o meno urgente rispetto ai conflitti convenzionali

Disarmare il Linguaggio: un prerequisito per la pace e l'analisi alla ricerca di "esperimenti con la Verità"

L'appello a "disarmare il linguaggio" è fondamentale per affrontare il rischio atomico e i conflitti globali. La militarizzazione del linguaggio non è accidentale; essa serve a "consolidare il consenso e a ridurre lo spazio per il dubbio". Le parole, in questo contesto, "non descrivono la realtà: la creano," come suggeriva George Orwell. Il "linguaggio della guerra" maschera la violenza attraverso l'uso di "metafore ed eufemismi," rendendone l'esistenza e la legittimità tollerabili. La società è spesso "intrappolata dentro il linguaggio guerrafondaio" , che non è il frutto di un singolo individuo, ma "la logica conseguenza di un sistema di cui siamo parte". Questo processo va oltre la semplice comunicazione, elevando il linguaggio a un'arma strategica che modella la realtà e limita il pensiero critico. Contribuisce direttamente alla "logica della potenza" creando un ambiente in cui la guerra è normalizzata e il dissenso soppresso. Disarmare il linguaggio non significa solo scegliere parole diverse; significa decostruire i meccanismi di potere che operano attraverso il discorso, condizione fondamentale per creare le condizioni per la pace e per una comprensione più sfumata e "terrestre" del conflitto.

La retorica "campista," che divide il dibattito in schieramenti contrapposti (ad esempio, "contro l'Occidente collettivo per i BRICS"), ostacola un'analisi complessa e profonda. La parola "genocidio," in particolare, è diventata una "arma discorsiva" impiegata per "accrescere il conflitto tra chi giudica dall'esterno," anziché contribuire a valutare la gravità di quanto accade e aiutare a far cessare la violenza. Le critiche contrapposte a David Grossman e Liliana Segre per l'uso o il rifiuto di tale parola ne sono un esempio lampante. Anche termini moralmente carichi, se usati in modo fazioso, possono diventare parte del problema, contribuendo alla polarizzazione e impedendo un dialogo autentico. Ciò si lega alla tendenza manichea di semplificare tragedie complesse in narrazioni nette (e distorcenti) di bene contro male. Disarmare il linguaggio significa, quindi, non solo evitare termini apertamente militaristici, ma anche esaminare criticamente come termini emotivamente carichi o moralmente assoluti vengano usati per approfondire le divisioni piuttosto che favorire la comprensione e la riconciliazione. Un approccio "terrestre" cercherebbe "compromessi creativi" ed empatia piuttosto che assolutismi morali.

Vi è un "estremo bisogno di una lingua capace di esprimere speranza di fronte al dolore e all'orrore". Il "disarmo culturale" è la questione centrale, implicando il "rigettare la violenza in tutte le sue forme" e la consapevolezza che "ogni euro usato per preparare la violenza e la guerra è sottratto alla tutela e promozione della vita e della pace". È necessario educare a uscire dall'egocentrismo, dal nazionalismo e dall'antropocentrismo; educare al decentramento cognitivo, a guardarsi dal punto di vista degli altri, all'ascolto attivo e all'umanizzazione dell'avversario. Non esistono nemici, ma semmai avversari. Il concetto di "transarmo" è proposto come un periodo di transizione verso il disarmo. L'appello a "disarmare il linguaggio" è direttamente collegato alla promozione dell'empatia, dell'ascolto e dell'"umanizzazione dell'avversario". Questo è un contrappunto diretto alla tendenza manichea di disumanizzare l'"altro." Cambiando il linguaggio, si cambia la percezione, il che può quindi abilitare nuove forme di interazione e cooperazione. L'idea di "transarmo" suggerisce un cambiamento graduale e pragmatico nel pensiero militare, riflettendo un approccio non binario. Disarmare il linguaggio è un processo attivo e trasformativo che coltiva i "beni relazionali e culturali" che la "terrestrità" promuove. È un prerequisito per costruire una "società della cura" e superare la "logica della potenza."

Il clima di guerra ha generato il "manicheismo delle posizioni" e la "sindrome del tradimento," che accusa di slealtà chi dissente dalle opinioni prevalenti, soprattutto all'interno di movimenti o schieramenti. Questa "sindrome del tradimento" evidenzia come la polarizzazione politica, alimentata dal manicheismo, sopprima attivamente il dissenso interno e l'auto-riflessione critica. Ciò rende difficile formare ampie coalizioni o adattare le strategie, poiché qualsiasi deviazione dalla "linea" viene vista come un tradimento. È necessario assumere un atteggiamento di "reciproca disponibilità alla contaminazione delle opinioni" e mettersi in "ascolto delle ragioni dell'altro" per sottrarsi a questa deriva autolesionistica. Un approccio "terrestre/olistico", che enfatizza l'interdipendenza e la sopravvivenza condivisa, richiede il superamento di queste divisioni interne attraverso un dialogo autentico e l'empatia, riconoscendo che l'azione collettiva per il disarmo e la pace dipende dal superamento del fazionalismo.

La Terrestrità in azione: percorsi per il disarmo e una cultura di pace

I "Disarmisti Esigenti" non si limitano a una teorizzazione astratta, ma si impegnano in iniziative concrete per la denuclearizzazione e la costruzione di una "giusta" società della Pace attraverso il disarmo unilaterale e la nonviolenza poietica. Esercitano pressione sul Parlamento e sul governo italiano affinché ratifichino il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW), adottato nel 2017 e in vigore dal 2020 con 50 ratifiche. Promuovono la sinergia tra la campagna ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons) e la campagna No First Use (NFU) , e propongono un nuovo processo diplomatico "Helsinki 2" per il disarmo effettivo. Si oppongono ai nuovi euromissili e promuovono la creazione di zone libere da armi nucleari, con particolare attenzione al Medio Oriente e alla denuclearizzazione del porto di Trieste. Queste iniziative non sono solo un elenco di richieste, ma applicazioni concrete della filosofia della "terrestrità." Ad esempio, l'avvocatura per il TPNW e il NFU sfida direttamente la "logica della potenza" e la sovranità statale sulle armi nucleari.

Al centro della loro visione per un futuro prospero, i "Disarmisti Esigenti" pongono l'"algoretica," ovvero la regolamentazione etica dell'Intelligenza Artificiale (IA). Essi ritengono che l'IA debba essere guidata da principi di sostenibilità, giustizia e nonviolenza, affinché non diventi un nuovo strumento di "potenza" e controllo, ma un "accompagnamento" al dialogo globale e all'evoluzione naturale nella visione della terrestrità. Questa attenzione alla regolamentazione etica dell'IA previene una nuova forma di "potenza," dimostrando un approccio proattivo alle minacce emergenti attraverso la lente del benessere umano e planetario condiviso. La "terrestrità" non è semplicemente un concetto filosofico astratto, ma un quadro guida per un attivismo pragmatico e multifattoriale volto alla trasformazione sistemica, dai quadri giuridici all'etica tecnologica.

I "Disarmisti Esigenti" si impegnano per una "società della cura," che sia "cura di sé, dell'altr*, dell'ambiente, del vivente, della casa comune e delle generazioni che verranno," uscendo da un sistema che tutto subordina all'economia del profitto. Fanno convergere le lotte per la giustizia climatica, sociale e di genere, per la salute, l'istruzione, la dignità delle persone e del lavoro, la difesa dei beni comuni, per liberare il mondo da armi, muri, debito illegittimo, razzismi e fascismi. Questa convergenza di diverse lotte sotto l'ombrello della "terrestrità" e della "rivoluzione della cura" dimostra una profonda comprensione che queste problematiche sono manifestazioni interconnesse della stessa "logica della potenza" sottostante e dei sistemi orientati al profitto. Il rischio nucleare non è isolato, ma profondamente intrecciato con la distruzione ecologica, la disuguaglianza economica e l'ingiustizia sociale. La vera sicurezza, da una prospettiva "terrestre," non si ottiene attraverso la potenza militare, ma attraverso il benessere umano e planetario complessivo, richiedendo un cambiamento radicale nell'allocazione delle risorse e nei valori sociali. Questo offre una potente contro-narrazione all'"economia di guerra."

L'universalizzazione del TPNW, secondo i "Disarmisti Esigenti," sarà frutto di una "strategia di diplomazia popolare" capace di coinvolgere le stesse potenze nucleari, a partire dalla presa d'atto della centralità del rischio costituito dalla deterrenza. Promuovono, come pressione dal basso, il "disinvestimento dalle banche fossili, armate e nucleari". L'enfasi sulla "diplomazia popolare" e sul "disinvestimento" evidenzia la convinzione che il cambiamento sistemico per la pace e il disarmo debba provenire dai movimenti di base e dalla società civile, non solo da negoziati statali dall'alto. Questo responsabilizza individui e comunità a sfidare la "logica della potenza" influenzando le sue fondamenta finanziarie e politiche. La "terrestrità" promuove un senso di agenzia e responsabilità collettiva, riconoscendo che il passaggio dalla minaccia nucleare richiede la partecipazione attiva e la pressione da tutti i livelli della società, integrando e spesso precedendo le azioni ufficiali degli Stati.

Infine, il "Progetto di Costituzione della Terra" è uno dei "Cinque Percorsi Strategici" identificati dai "Disarmisti Esigenti" per il disarmo effettivo e una governance globale basata sull'unità dell'umanità. Questo progetto è l'espressione istituzionale ultima della "terrestrità." Significa una visione per un quadro giuridico e politico globale che trascende l'attuale sistema statocentrico, codificando i "diritti preminenti dell'umanità" e la "custodia" della Terra. Questa è una risposta diretta alla "logica della potenza" che prospera sulla sovranità statale illimitata. Questo progetto rappresenta una soluzione strutturale a lungo termine al problema del rischio nucleare, mirando a creare un nuovo ordine globale in cui la possibilità stessa di una guerra nucleare sia legalmente ed eticamente preclusa da un impegno fondamentale per la sopravvivenza planetaria condivisa.

Conclusione: abbracciare la Terrestrità per un futuro condiviso

Il concetto di "terrestrità" offre una lente indispensabile per focalizzare e approfondire l'analisi sul rischio atomico. Permette di comprendere questa minaccia non come un problema isolato o imputabile a un singolo attore, ma come una manifestazione della "logica della (in)civiltà della Potenza" radicata in un paradigma statocentrico e manicheo. Attraverso questa lente, è possibile decostruire le semplificazioni, rivelare le dinamiche sottostanti – come il "paradosso stabilità-instabilità" – e sottolineare l'interconnessione profonda tra la minaccia nucleare, le crisi ecologiche e le disuguaglianze sociali. La "terrestrità" fornisce un quadro coerente e unificante per affrontare le crisi multiformi del nostro tempo, superando il pensiero a compartimenti stagni e promuovendo soluzioni integrate.

Il "disarmo del linguaggio" emerge come un elemento cruciale per creare uno spazio di dialogo autentico, libero da "armi discorsive" e polarizzazioni che ostacolano la comprensione e l'azione. Superare il manicheismo è essenziale per riconoscere la complessità e trovare soluzioni basate su "compromessi creativi e concreti" piuttosto che su "chimere ideologiche." L'enfasi ripetuta sul "disarmo del linguaggio" e sul superamento del manicheismo non è semplicemente un suggerimento stilistico, ma un imperativo etico. In un mondo che affronta minacce esistenziali, il modo in cui si parla del conflitto influisce direttamente sulla capacità di risolverlo. Il linguaggio militarizzato e polarizzante ostacola attivamente la pace. Promuovere un linguaggio di speranza, cura ed empatia, come sostenuto dalla "terrestrità," diventa un atto vitale di costruzione della pace stessa, favorendo le condizioni cognitive ed emotive necessarie per la sopravvivenza collettiva.

L'80° anniversario di Hiroshima non è solo un ricordo del passato, ma un monito urgente per il futuro. L'adozione della "terrestrità" come bussola analitica e guida all'azione è indispensabile per navigare le complessità del rischio atomico e costruire una "società della cura" globale. Questa prospettiva trasforma il focus dal semplice evitare la catastrofe all'edificare attivamente una società globale fondamentalmente diversa, giusta e sostenibile. La "terrestrità" permette di prioritizzare la sopravvivenza e il benessere dell'intera umanità e del pianeta rispetto alla logica della potenza, offrendo non solo una critica del presente, ma una tabella di marcia completa e attuabile per un futuro pacifico e prospero, radicata nella realtà fondamentale della nostra esistenza condivisa sulla Terra.

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As Hiroshima's 80th anniversary nears, Japan's royal couple honor A-bomb victims - PBS

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GUERRA E PACE: CONFINI, LIMITI E RAPPRESENTAZIONI NELLE NARRAZIONI E NELLE CONTRONARRAZIONI

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Le armi nucleari prevengono la possibilità di un conflitto mondiale nell'ambito della MAD, la strategia militare della cosiddetta mutua distruzione assicurata - Pro\Versi

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Nella guerra tra Israele e Hamas il manicheismo non potrà mai condurre alla pace

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LA COMBINAZIONE TRA DETERRENZA E INTELLIGENZA ARTIFICIALE: UN MIX ESPLOSIVO INCONTROLLABILE DA DISINNESCARE SUBITO

Una terza guerra mondiale non è razionalmente concepibile nell'"era atomica" anche se l'abisso si sta aprendo sotto i conflitti di piccola/media dimensione che disgraziatamente pullulano e si aggravano. Dovrebbe essere chiaro che la guerra generale unificante gli attuali "pezzetti" la perderemmo tutti, giocatori attivi e spettatori passivi, a partire da chi la innescasse. Hiroshima e Nagasaki da questo punto di vista più che da morale della seconda guerra conclusa dovrebbero farci da monito per la terza guerra che non deve iniziare.

La potenziale guerra atomica, rispetto ai tempi della Guerra Fredda e dell'incidente che risolse Petrov nel settembre 1983, registra delle novità, la principale delle quali è la combinazione della Bomba con l'intelligenza artificiale (AI).  Qui siamo forse di fronte a un vero cambio di paradigma in direzione della meccanizzazione contro la Vita.

Trump, il 23 luglio 2025, ha varato un manifesto: "Vincere la gara. Piano di azione americano per l'intelligenza artificiale". L'esordio è secco e illuminante: "Gli Stati Uniti sono in gara per conseguire il dominio globale nell'intelligenza artificiale".  Il documento, molto sensibile alle esigenze belliche, contiene ben 19 raccomandazioni specifiche al Pentagono.

Carlo Caracciolo, su Limes del luglio 2025, nell'editoriale intitolato: "Fiat mundus, pereat iustitia", fa interessanti osservazioni in proposito, che ci permettiamo di riportare a spizzichi e bocconi.

"L'algoritmo non dubita. Né si vergogna. (...) L'umana autocelebrazione degli umani ne ha modellato una idea troppo alta. La pretesa di definire intelligente l'intelligenza artificiale non depone a favore della nostra intelligenza. Eppoi, bomba atomica e AI le abbiamo inventate noi. (...) La psicosi atomica altera il senso del reale. Ce lo ricordava sessant'anni fa Franco Fornari nella sua attualissima Psicologia della guerra. (...) Fornari scopre la guerra dell'inconscio. Ce l'abbiamo dentro. Perciò è endemica. Non deriva tanto dall'istinto predatorio quanto dalla presenza già nel neonato di un fantasma cattivo, il "Terrificante interno", psiconemico intimo che la paranoia esteriorizza in nemico reale, da distruggere perché nel sogno è colpevole di aver ucciso l'oggetto del suo amore, mamma e papà. Tesi confermata da alcune singolarità simboliche. (...) La guerra pazzia d'amore prima che di odio. Istituzione sociale ritualizzata, destinata a placare le angosce depressive attive in ognuno di noi. (...) Paradosso. Una volta esportata questa interpretazione nel tempo della sintesi tra Bomba e AI, che Fornari tradurrebbe in gestione meccanica della paranoia, non possiamo più curare la psicosi con il rito della guerra come sfogo tra una tregua e l'altra. Salteremmo tutti per aria. Argomento per la "pace sporca" (quella fondata sui compromessi e non sulla giustizia - ndr). Necessitata dall'ingovernabilità della guerra nella supposta perfezione della pace giusta, che si svela trionfo della morte. Negazione del dovere umano di continuare a nascere".

Concordiamo con il direttore di Limes: l'urgere di oggi, a 80 anni da Hiroshima e Nagasaki, più che mai è "prevenire la terza guerra mondiale via sminamento progressivo e permanente dei suoi pezzi". Tra questi pezzi bisogna includere la corsa al riarmo in generale e al riarmo nucleare in particolare. E di questo riarmo componente oggi essenziale è la tendenza a sviluppare le "tecnologie della potenza", tra le quali l'AI senza limiti e controlli. Dobbiamo sviluppare argomentazioni efficaci per supportare la spinta di decisori intelligenti e di movimenti capaci di orientarli: i conflitti devono essere affrontati e risolti mobilitando i popoli e con i metodi costruttivi della nonviolenza.

 

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REPORT REDATTO DAI DISARMISTI ESIGENTI CON L'AIUTO DI GEMINI (4 agosto 2025)

La combinazione deterrenza-Intelligenza artificiale: una minaccia esplosiva che va subito disinnescata

I. Introduzione: l'"Era atomica" e il Nuovo Paradigma AI

L'ombra di una potenziale terza guerra mondiale incombe sull'era atomica, un'era in cui un conflitto generalizzato è razionalmente inconcepibile. Le tragiche lezioni di Hiroshima e Nagasaki si ergono non solo come monito sulla conclusione della Seconda Guerra Mondiale, ma come imperativo categorico affinché una terza guerra non abbia mai inizio. La consapevolezza che un tale conflitto porterebbe alla sconfitta universale, coinvolgendo attori e spettatori, a partire da chiunque lo inneschi, sottolinea la gravità della posta in gioco. In questo contesto di crescente tensione globale, la combinazione della potenza nucleare con l'intelligenza artificiale (AI) emerge come un "vero cambio di paradigma in direzione della meccanizzazione contro la Vita".

Questa fusione rappresenta un punto di svolta rispetto ai tempi della Guerra Fredda e degli incidenti critici, come quello risolto dal tenente colonnello Stanislav Petrov nel settembre 1983. L'avanzamento dell'AI nel dominio militare non è una semplice evoluzione tecnologica, ma una trasformazione fondamentale della natura stessa della guerra e, di conseguenza, della sopravvivenza umana. Il presente rapporto si propone di analizzare in profondità la minaccia intrinseca a questa combinazione esplosiva tra deterrenza e intelligenza artificiale. L'obiettivo è delineare una strategia articolata per disinnescare tale minaccia, tenendo conto delle considerazioni proposte e promuovendo un approccio che privilegi la prevenzione e la nonviolenza.

II. La deterrenza nucleare nell'era dell'AI: un mix esplosivo

Questa sezione approfondisce l'evoluzione storica della deterrenza nucleare, mettendo in contrasto i suoi principi tradizionali, incentrati sull'elemento umano, con il ruolo emergente dell'AI nelle operazioni militari. Successivamente, analizza l'intersezione pericolosa tra questi due ambiti, evidenziando come le caratteristiche dell'AI possano esacerbare i rischi esistenti e introdurre variabili nuove e incontrollabili, anche attraverso la lente delle intuizioni psicologiche.

2.1 Evoluzione della "Deterrenza"

La teoria della deterrenza, sebbene antecedente alla Guerra Fredda, ha trovato la sua articolazione più chiara e la sua massima internazionalizzazione durante quel periodo. Nata con l'obiettivo di prevenire l'aggressione, ha tratto insegnamenti da fallimenti come la politica di appeasement di Monaco, considerata sinonimo di ingenuità e debolezza. Già nel novembre 1945, il generale Curtis LeMay rifletteva sulla prossima guerra, sostenendo che, poiché "nessun attacco aereo, una volta lanciato, può essere completamente fermato", gli Stati Uniti necessitavano di una forza aerea capace di rappresaglia immediata per prevenire un attacco. La corsa agli armamenti nucleari tra Stati Uniti e URSS, con l'evoluzione di testate e sistemi di lancio, fu un esempio lampante di questa ricerca di deterrenza, a cui contribuirono anche le armi chimiche. Per una deterrenza nucleare efficace, Kenneth Waltz individuava tre requisiti fondamentali: una parte dell'arsenale nucleare deve essere in grado di sopravvivere a un primo attacco per una seconda rappresaglia, lo stato non deve rispondere a falsi allarmi, e deve mantenere il controllo e il comando.

Nonostante la sua centralità nella strategia di sicurezza del XX secolo, la teoria della deterrenza nucleare è stata ampiamente criticata come un tentativo profondamente imperfetto di giustificare l'esistenza delle armi più distruttive al mondo, basandosi sulla "minaccia del terrore" e avendo condotto l'umanità sull'orlo della catastrofe. La Corte Internazionale di Giustizia (CIG) nel 1996 ha stabilito che l'uso effettivo delle armi nucleari è "generalmente illegale". Il giudice Christopher Weeramantry ha sottolineato che la deterrenza non è un bluff, ma richiede una "reale intenzione di usarle," il che viola ogni principio noto del diritto umanitario. L'impatto di un "inverno nucleare," causato da enormi quantità di particolato che bloccherebbero la luce solare, rappresenta un'ulteriore conseguenza catastrofica. Esistono forti argomentazioni morali ed etiche contro la deterrenza nucleare, con appelli per un disarmo progressivo e il divieto di tutte le armi nucleari.

Il ruolo della decisione umana in momenti critici della deterrenza nucleare è stato storicamente determinante. Due episodi in particolare illustrano come la capacità umana di dubitare e di esercitare il giudizio abbia agito da freno contro l'escalation incontrollata.

Tabella 1: Incidenti Critici e il Ruolo della Decisione Umana nella Deterrenza Nucleare

Incidente Contesto Decisione/Intervento Umano Esito
Incidente di Stanislav Petrov (Settembre 1983) Il sistema di allerta precoce sovietico (Oko) segnalò erroneamente il lancio di missili balistici intercontinentali statunitensi a causa di un raro allineamento della luce solare su nubi ad alta quota. Il tenente colonnello Stanislav Petrov, l'ufficiale di turno, sospettò un errore del computer. Ragionò che un primo attacco avrebbe coinvolto centinaia di missili, non solo cinque, e sapeva che il sistema era nuovo e inaffidabile. Decise di attendere prove a conferma, che non arrivarono mai, prevenendo un attacco di rappresaglia. Prevenuta una probabile guerra nucleare su vasta scala.
Crisi dei Missili di Cuba (Ottobre 1962) Scoperta di missili nucleari sovietici a medio raggio a Cuba, che portò a un'intensa situazione di stallo tra Stati Uniti e URSS. Il Presidente John F. Kennedy e il suo ExComm deliberarono per giorni, valutando vari fattori e opzioni, incluso un attacco militare. Nonostante le pressioni e una certa "isteria" tra i consiglieri, Kennedy optò per una quarantena navale e negoziati diplomatici, evitando un'azione militare immediata. La sua decisione fu influenzata dalla valutazione dell'efficacia potenziale della deterrenza e delle conseguenze catastrofiche di un primo attacco. La crisi fu risolta pacificamente, evitando una guerra nucleare.

Gli eventi di Stanislav Petrov e la Crisi dei Missili di Cuba dimostrano che la fallibilità e la capacità di dubbio intrinseche alla decisione umana, paradossalmente, sono state salvaguardie cruciali contro la guerra nucleare. A differenza di un algoritmo che "non dubita" (come evidenziato da Lucio Caracciolo su Limes del luglio 2025), gli operatori umani hanno mostrato la capacità di fermarsi, di interrogarsi e, in ultima analisi, di annullare errori di sistema o impulsi aggressivi. L'integrazione dell'AI, progettata per la velocità e la certezza, rischia di eliminare questo vitale "interruttore di sicurezza" umano. Ciò suggerisce una relazione diretta: il perseguimento della velocità e del "dominio decisionale" (decision dominance) guidato dall'AI si scontra con le lezioni storiche secondo cui la deliberazione umana e la capacità di non agire immediatamente sono state le chiavi per prevenire la catastrofe. Il rischio non è solo che l'AI commetta un errore, ma che l'AI elimini la capacità umana di prevenire o correggere un errore.

2.2 L'Intelligenza Artificiale nel Dominio Militare

L'intelligenza artificiale sta rapidamente trasformando il dominio militare, con profonde implicazioni per la pace e la sicurezza internazionale. Le sue applicazioni si estendono ben oltre i sistemi d'arma, permeando diverse funzioni militari.

I Sistemi d'Arma Letali Autonomi (LAWS), noti anche come "Slaughterbots" o "robot killer," sono armi che utilizzano l'AI per identificare, selezionare ed eliminare bersagli umani senza intervento umano. Sebbene i sistemi completamente autonomi non siano ancora ampiamente utilizzati in combattimento, sono stati segnalati casi di munizioni potenziate dall'AI che si guidano autonomamente verso i bersagli. La definizione di LAWS spesso si concentra sulla capacità di selezionare e ingaggiare bersagli senza intervento umano.

Nel Comando e Controllo (C2), l'AI svolge un ruolo sempre più significativo, dall'acquisizione e analisi dei dati alla presentazione delle informazioni e all'assistenza decisionale. L'esercito statunitense sta spingendo per soluzioni AI volte al "dominio decisionale" sul campo di battaglia, con l'obiettivo di analizzare enormi quantità di dati più rapidamente. Sebbene la sostituzione completa dei decisori umani sia ancora "lontana," gli strumenti AI sono già cruciali per ridurre il carico di lavoro e valutare le situazioni.

L'AI è impiegata anche nella raccolta e analisi dell'intelligence, nella logistica, nelle operazioni cibernetiche e nei veicoli militari autonomi. Il Project Maven, ad esempio, utilizza modelli di visione artificiale per scansionare ore di filmati di droni, riducendo il tempo necessario per identificare gli obiettivi da giorni a pochi secondi.

Le strategie nazionali in materia di AI riflettono questa accelerazione. Il "Winning the Race: American AI Action Plan," varato dall'amministrazione Trump il 23 luglio 2025, esordisce con l'obiettivo esplicito di "conseguire il dominio globale nell'intelligenza artificiale". Il documento, molto sensibile alle esigenze belliche, contiene ben 19 raccomandazioni specifiche al Pentagono. Il piano si articola su tre pilastri: accelerare l'innovazione, costruire l'infrastruttura AI americana e guidare la diplomazia e la sicurezza internazionale. Esso enfatizza l'aumento degli investimenti federali in ricerca e sviluppo, la promozione di partenariati pubblico-privato, l'esportazione di AI americana, la semplificazione dei permessi per i data center e la rimozione di "regolamentazioni federali onerose" che ostacolano lo sviluppo dell'AI. Un obiettivo chiave è garantire il dominio statunitense per rimanere la "potenza economica e militare leader".

La strategia esplicita di "vincere la corsa all'AI" per il dominio globale crea intrinsecamente un ambiente di intensa competizione geopolitica e una corsa agli armamenti AI. Questa posizione competitiva è ulteriormente accentuata dall'attenzione all'esportazione della "American AI Technology Stack" agli alleati e alla competizione con la Cina. La corsa stessa è un significativo moltiplicatore di rischio, spingendo gli stati verso sistemi più autonomi e potenzialmente incontrollabili nel tentativo di ottenere un vantaggio. La spinta verso la velocità e l'efficienza nelle applicazioni militari dell'AI all'interno di questo quadro competitivo può comprimere i tempi decisionali, aumentando il rischio di errori di calcolo e di escalation involontaria.

2.3 L'Intersezione pericolosa

L'integrazione crescente dell'AI nei sistemi militari, anche al di fuori dei sistemi d'arma nucleari, ha il potenziale di "comprimere i tempi decisionali," aumentando i "rischi di errori di calcolo durante una crisi". I sistemi AI possono analizzare enormi quantità di dati in pochi secondi, riducendo il ciclo OODA (osserva, orienta, decidi, agisci), il che potrebbe dare ai comandanti più tempo, ma rischia anche di spingere i decisori politici verso tempi di reazione più rapidi. La scarsità di dati reali da conflitti nucleari rende difficile l'addestramento dell'AI, aumentando la probabilità di errori o interpretazioni errate in una crisi.

Lucio Caracciolo, su Limes del luglio 2025, ha osservato che "L'algoritmo non dubita. Né si vergogna." Questa affermazione sottolinea la mancanza di facoltà morali ed emotive umane nell'AI. Franco Fornari, nella sua "Psicologia della guerra," ha rivoluzionato il pensiero psicoanalitico sulla guerra. Fornari sostiene che la guerra è una "elaborazione paranoica del lutto" e una difesa contro le "angosce depressive e persecutorie psicotiche" derivanti dal "Terrificante interno". La guerra, in questa prospettiva, è una "istituzione sociale ritualizzata, destinata a placare le angosce depressive attive in ognuno di noi". L'applicazione di questa tesi alla sintesi AI-nucleare è cruciale, secondo Caracciolo: "Una volta esportata questa interpretazione nel tempo della sintesi tra Bomba e AI, che Fornari tradurrebbe in gestione meccanica della paranoia, non possiamo più curare la psicosi con il rito della guerra come sfogo tra una tregua e l'altra. Salteremmo tutti per aria."

La teoria di Fornari implica che anche l'atto distruttivo della guerra ha, per l'umanità, svolto una perversa funzione psicologica come "sfogo" per conflitti interni e inconsci. Introducendo l'AI in questa dinamica, in particolare negli scenari nucleari ad alto rischio, ci si muove verso una "gestione meccanica della paranoia." Ciò significa che l'AI, che "non dubita né si vergogna," elimina i processi psicologici umani (dubbio, senso di colpa, conflitto interno) che, per quanto imperfetti, hanno agito come un freno all'annientamento totale. Se la guerra non è più un "rituale" per il rilascio psicologico umano, ma un processo puramente meccanico, allora la sua intrinseca "pazzia d'amore" si trasforma in un percorso freddo, efficiente e, in ultima analisi, incontrollabile verso l'autodistruzione.

I sistemi AI sono inoltre "imprevedibili, vulnerabili a forme uniche di manipolazione". I rischi includono hacking, manipolazione comportamentale da parte del nemico, interazioni inattese con l'ambiente, semplici malfunzionamenti o errori software. L'AI può essere utilizzata per scopi malevoli come attacchi informatici, creazione di deepfake e disinformazione. I deepfake, in particolare, possono diffondersi più velocemente di quanto i fact-checker possano reagire. Raccomandazioni opache da sistemi di supporto decisionale basati sull'AI possono indurre un decisore ad agire. La natura di "scatola nera" di molti algoritmi AI rende difficile comprendere come venga presa una decisione, e non può necessariamente essere replicata. Queste vulnerabilità introducono nuove vie per l'escalation accidentale o deliberata, soprattutto se combinate con i tempi decisionali compressi e l'alta posta in gioco delle armi nucleari.

III. Implicazioni etiche, legali e umane

Questa sezione esplora le profonde implicazioni etiche, legali e umane dell'integrazione dell'AI nei sistemi militari e nucleari, concentrandosi sulla questione critica del controllo umano, della responsabilità e dell'impatto sociale più ampio.

3.1 La questione del controllo umano

I Sistemi d'Arma Letali Autonomi (LAWS) sono progettati per selezionare e ingaggiare bersagli in modo indipendente, senza intervento umano. Si distinguono tra sistemi "human-on-the-loop" (autonomi supervisionati) e "human-out-of-the-loop" (completamente autonomi). Esiste un forte appello internazionale per il mantenimento di un "controllo umano significativo" sull'uso della forza (armata). Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato che "le macchine che hanno il potere e la discrezione di togliere vite umane senza controllo umano sono politicamente inaccettabili, moralmente ripugnanti e dovrebbero essere vietate dal diritto internazionale". Anche la Cina sottolinea un "approccio incentrato sulle persone" in cui "l'essere umano è il soggetto finale della responsabilità e deve garantire che i sistemi d'arma pertinenti siano sotto controllo umano".

Il bias dell'automazione e la mediazione tecnologica possono "indebolire l'agenzia morale tra gli operatori dei sistemi di puntamento abilitati all'AI, diminuendo la loro capacità di prendere decisioni etiche". Il trasferimento delle decisioni di vita o di morte alle macchine solleva interrogativi fondamentali sulla dignità umana, sulla responsabilità e sulla natura stessa del conflitto.

3.2 Dilemmi etici e legali

I sistemi AI possono ereditare e persino amplificare i bias presenti nei loro dati di addestramento, portando a risultati ingiusti o discriminatori. Questo è un rischio umanitario primario, potendo potenzialmente identificare erroneamente civili come nemici o prendere di mira specifici gruppi di persone. Sono necessarie misure per ridurre il bias dannoso.

Determinare chi è responsabile quando un sistema AI commette un errore o causa un danno è difficile. La natura di "scatola nera" di molti algoritmi AI li rende difficili da comprendere o interpretare, mettendo a dura prova la trasparenza e la responsabilità. Alcuni sostengono che i LAWS "minerebbero ulteriormente la responsabilità dei perpetratori di violenza illegale".

L'opacità dei processi decisionali dell'AI crea un vuoto fondamentale di responsabilità. Quando i sistemi AI sono integrati in operazioni letali, in particolare nel comando e controllo nucleare, l'incapacità di risalire alla responsabilità di errori o azioni illegali a un agente umano mina le fondamenta stesse del diritto internazionale, dei diritti umani e della guerra etica. Ciò porta a una pericolosa normalizzazione della violenza automatizzata, dove la frase "il sistema ha deciso" potrebbe diventare uno scudo de facto per gli attori umani, erodendo l'agenzia morale e rendendo quasi impossibile fornire giustizia o risarcimento alle vittime. Questa è un'implicazione sistemica critica: le caratteristiche tecniche dell'AI minano direttamente i principi legali ed etici stabiliti, portando potenzialmente a un futuro in cui nessuno è veramente responsabile della distruzione di massa.

I sistemi d'arma autonomi che operano senza un controllo umano significativo potrebbero contravvenire ai diritti umani, inclusi i diritti alla vita, alla riunione pacifica e alla privacy. Il diritto internazionale umanitario (DIU), il diritto penale internazionale e il diritto internazionale dei diritti umani forniscono regole fondamentali, ma "le lacune in specificità e applicazione evidenziano la pressante necessità di un trattato internazionale dedicato". L'uso delle armi nucleari è generalmente illegale.

Infine, le risorse computazionali richieste per addestrare ed eseguire modelli AI hanno un impatto ambientale significativo, incluso il consumo energetico.

3.3 La Guerra come "pazzia d'amore": reinterpretare Fornari nell'era dell'AI

La tesi centrale di Franco Fornari, secondo cui "La guerra pazzia d'amore prima che di odio. Istituzione sociale ritualizzata, destinata a placare le angosce depressive attive in ognuno di noi", assume una nuova, inquietante rilevanza nell'era dell'AI. Fornari intendeva la guerra come un rito, un (perverso) meccanismo psicologico attraverso il quale l'umanità ha gestito le sue ansie interne, derivanti dal "Terrificante interno".

L'introduzione dell'AI nella sfera della deterrenza nucleare, che Caracciolo definisce "gestione meccanica della paranoia", rimuove questo "rito" della guerra come "sfogo" psicologico umano. Se l'AI, che "non dubita né si vergogna," assume decisioni vitali, essa priva l'umanità di quel meccanismo, per quanto distruttivo, che in passato ha permesso di elaborare i conflitti inconsci. Il paradosso è che eliminando questo rituale, l'umanità perde un meccanismo (perverso) per gestire i suoi conflitti interni, portando direttamente all'annientamento totale ("Salteremmo tutti per aria"). In un'era in cui la deterrenza abilitata dall'AI rischia un'escalation incontrollabile e dove i "freni" psicologici alla guerra vengono meccanizzati, la nonviolenza cessa di essere una mera posizione morale idealistica e diventa una necessità pragmatica per la sopravvivenza umana. La "pace sporca," fondata sui compromessi, suggerisce il riconoscimento che la "pace giusta" ottenuta attraverso la vittoria militare è ora un "trionfo della morte."

IV. Strategie per disinnescare la minaccia: verso una "Pace Possibile" necessitata

Questa sezione delinea una strategia multifattoriale per mitigare la minaccia AI-nucleare, combinando salvaguardie tecnologiche, una robusta governance internazionale, misure di rafforzamento della fiducia e un rinnovato impegno per il disarmo e la nonviolenza, riflettendo il concetto di "pace possibile".

4.1 Rafforzare il Controllo Umano e la Trasparenza

I sistemi di supporto decisionale dovrebbero essere progettati per sostenere l'efficacia delle decisioni umane, non per sostituirle. Gli strumenti AI dovrebbero ridurre il carico cognitivo e incoraggiare il pensiero critico fornendo informazioni oggettive. L'idea di sostituire completamente gli esseri umani in decisioni importanti è ancora "lontana," e gli strumenti AI sono attualmente cruciali per ridurre il carico di lavoro dei decisori. Non è emersa alcuna proposta seria che un computer, abilitato all'AI o meno, debba essere incaricato della decisione effettiva di lanciare armi nucleari.

Tabella 2: Principi Chiave per l'Integrazione Responsabile dell'AI nei Sistemi di Comando e Controllo Nucleare

Principio Descrizione Rationale
Controllo Umano Significativo (Human-in-the-Loop / Human-on-the-Loop) Assicurare che gli operatori umani mantengano la capacità di comprendere, valutare e intervenire nelle decisioni critiche, in particolare per quanto riguarda la selezione del bersaglio e l'applicazione della forza. Evitare sistemi completamente autonomi che operano senza autorizzazione o supervisione umana. Risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Segretario Generale delle Nazioni Unite, ICRC, "approccio incentrato sulle persone" della Cina, Campagna per Fermare i Robot Killer. Imperativo etico di delegare le decisioni di vita o di morte agli esseri umani.
AI come Supporto Decisionale, Non Decisore Gli strumenti AI dovrebbero aumentare le capacità umane fornendo informazioni oggettive, pertinenti e accurate, riducendo il carico cognitivo e incoraggiando il pensiero critico. Non dovrebbero sostituire il giudizio umano o prendere decisioni finali di lancio. Migliori pratiche dell'industria nucleare, analisti della difesa. Limitazioni intrinseche e imprevedibilità dell'AI in scenari ad alto rischio.
Trasparenza e Spiegabilità Impegnarsi a rendere gli algoritmi AI più trasparenti e interpretabili ("scatola di vetro" anziché "scatola nera") per consentire agli operatori umani di comprendere come vengono prese le decisioni. La definizione pubblica dei termini AI e la dichiarazione delle dottrine AI-nucleari possono ridurre le tensioni. Preoccupazioni etiche sui sistemi "scatola nera". Necessità di fiducia e responsabilità.
Robustezza e Resilienza Progettare sistemi AI per essere resilienti contro attacchi informatici, manipolazioni ed errori. Impiegare più algoritmi AI addestrati su diversi set di dati e garantire fonti di verifica indipendenti per le conclusioni dell'AI. Vulnerabilità identificate nelle applicazioni militari dell'AI. Mancanza di dati reali di crisi nucleari per l'addestramento.
Tempo per la Deliberazione Gli strumenti AI dovrebbero essere sfruttati per creare più tempo per decisioni umane accurate e informate, piuttosto che comprimere i tempi decisionali. Rischio di errori di calcolo dovuti a tempi compressi. Lezioni storiche dall'incidente di Petrov.
Mitigazione del Bias Implementare misure per ridurre i bias potenzialmente dannosi nelle decisioni guidate dall'AI e condurre valutazioni regolari per rilevarli e affrontarli. Rischio di risultati discriminatori e identificazione errata. Linee guida internazionali sull'AI responsabile.

La scelta tra piena autonomia e "controllo umano" non è solo etica o legale, ma un imperativo strategico per la stabilità nell'era AI-nucleare. Data l'imprevedibilità dell'AI, la sua vulnerabilità alla manipolazione e la mancanza di dati reali sulle crisi nucleari , il processo decisionale nucleare completamente autonomo rappresenta un rischio inaccettabile. Le lezioni storiche (Petrov, Crisi dei Missili di Cuba) dimostrano che l'esitazione e il dubbio umani sono stati interruttori di sicurezza cruciali. Pertanto, progettare attivamente sistemi AI per creare più tempo per la deliberazione umana, per fornire informazioni diverse e verificabili e per prevenire il bias dell'automazione non riguarda solo l'etica; riguarda la costruzione della resilienza e la riduzione del rischio di escalation involontaria. Ciò implica un passaggio da una "corsa all'automazione" a una "corsa all'umanizzazione" dell'AI nelle applicazioni militari critiche.

4.2 Governance internazionale e regolamentazione

L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione sui LAWS nel dicembre 2024, riconoscendo l'ampia gamma di applicazioni militari dell'AI oltre i sistemi d'arma. C'è un crescente slancio per un nuovo trattato internazionale sui LAWS, con appelli per uno strumento legalmente vincolante entro il 2026. Un tale trattato potrebbe proibire i sistemi che operano senza un controllo umano significativo o quelli che prendono di mira le persone. Tuttavia, permangono sfide al consenso, in particolare da parte delle principali potenze militari come Stati Uniti, Russia e Cina, che hanno posizioni divergenti e hanno talvolta bloccato le proposte per strumenti legalmente vincolanti.

Nuove ricerche sollecitano l'adozione di un Codice di Condotta non vincolante sui Sistemi di Comando, Controllo e Comunicazione Nucleare (NC3) per prevenire lanci accidentali o illegali in mezzo alle minacce dell'AI. I sistemi NC3 comprendono persone, politiche, tecnologie e leggi che regolano il processo decisionale nucleare, dall'allerta precoce all'esecuzione del lancio. L'infrastruttura obsoleta e le capacità emergenti dell'AI stanno aumentando la pressione su questi sistemi. Un codice non vincolante, ispirato al Codice di Condotta dell'Aia, potrebbe essere adottato più rapidamente di un trattato, fornendo un quadro immediato per la cooperazione, la trasparenza e la moderazione. È inquadrato come "prevenzione delle crisi," non disarmo.

Questo evidenzia una tensione critica negli sforzi di governance internazionale: il divario tra la gravità esistenziale della minaccia AI-nucleare (che richiede una "legge dura" forte e legalmente applicabile) e la fattibilità politica di raggiungere tali accordi (che porta a una preferenza per una "legge morbida" più rapida e meno vincolante). Sebbene un Codice di Condotta offra benefici immediati come maggiore trasparenza e moderazione , la sua natura non vincolante ne limita intrinsecamente l'efficacia nel prevenire esiti catastrofici, soprattutto quando si tratta di sistemi AI opachi e di corse agli armamenti competitive. Ciò implica che affidarsi esclusivamente alla "legge morbida" è un compromesso pragmatico che potrebbe non essere sufficiente a "disinnescare" il "mix esplosivo," lasciando l'umanità vulnerabile ai rischi stessi che cerca di mitigare. La sfida è colmare questa lacuna, magari utilizzando la "legge morbida" come trampolino di lancio per quadri giuridici più robusti e vincolanti.

Infine, le iniziative per un'AI responsabile nel dominio militare stanno prendendo piede. Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (DoD) ha adottato principi etici per l'uso dell'AI nel 2020 e ha una Strategia per l'AI Responsabile (RAI). La Cina promuove un "approccio incentrato sulle persone" nell'AI militare, enfatizzando il controllo umano, il rispetto della dignità umana e i principi di "AI per il Bene". Propone anche un sistema di test e valutazione basato sui livelli di rischio dell'AI. Queste iniziative nazionali dimostrano una crescente consapevolezza tra le maggiori potenze della necessità di un'AI responsabile, anche all'interno di un quadro competitivo. Possono servire da base per norme internazionali più ampie.

4.3 Misure di rafforzamento della fiducia (CBMs) e canali di comunicazione

Le Misure di Rafforzamento della Fiducia (CBMs) mirano a correggere percezioni imprecise, evitare malintesi e promuovere la cooperazione. Le CBMs tradizionali includono sistemi di comunicazione diretta ("hotline"), notifica anticipata di esercitazioni militari e test missilistici, scambio di addetti militari e osservazione delle manovre. Nel contesto dell'AI, le CBMs potrebbero includere standard per la condivisione di informazioni e notifiche sui sistemi abilitati all'AI per rendere meno probabile un conflitto involontario.

I sistemi AI introducono nuove sfide: la loro natura di "scatola nera" rende opaco il loro processo decisionale, e la loro velocità comprime i tempi di risposta umani. Le CBMs esistenti sono insufficienti per l'era dell'AI perché affrontano principalmente l'intenzione umana e le azioni osservabili. Per i sistemi abilitati all'AI, le CBMs devono evolvere per includere la trasparenza riguardo al design, ai dati di addestramento, ai protocolli di test e ai principi etici dell'AI. Ciò significa andare oltre la semplice notifica dei movimenti delle truppe per condividere informazioni sulle capacità e limitazioni dei sistemi AI, specialmente quelli integrati nel NC3. La loro opacità e velocità intrinseche rendono necessaria una nuova generazione di CBMs incentrate sulla trasparenza algoritmica e sulla prevedibilità sistemica per prevenire errori di calcolo e costruire fiducia, piuttosto che solo sulla comunicazione umana delle intenzioni.

Le potenze nucleari dovrebbero rafforzare i canali di comunicazione di crisi incentrati sull'AI per contribuire a prevenire errori che potrebbero portare a conseguenze catastrofiche. La diplomazia e i colloqui sulla stabilità strategica sono cruciali, includendo discussioni sul ruolo dell'AI nei sistemi militari e nucleari. Il presidente della Cina Xi e l'ex presidente USA Biden hanno già concordato di tenere l'AI fuori dalle decisioni di lancio nucleare. La comunicazione aperta e il dialogo sono vitali per gestire le percezioni errate e ridurre il rischio di escalation involontaria in un panorama tecnologico in rapida evoluzione.

4.4 Disarmo progressivo (anche con atti unilaterali) e nonviolenza

I Disarmisti esigenti sostengono con forza la necessità di "prevenire la terza guerra mondiale via sminamento progressivo e permanente dei suoi pezzi," inclusa la corsa generale agli armamenti e il riarmo nucleare. Questo si allinea con gli appelli per un disarmo progressivo, facilitato dal metodo dei disarmi unilaterali, e il divieto di tutte le armi nucleari. Il Trattato di proibizione delle armi nucleari gioca un ruolo cruciale in questo contesto di percorsi orientati alla eliminazione effettiva delle armi nucleari. La sua generalizzazione rappresenta il nostro obiettivo finale, andando oltre la mitigazione del rischio per arrivare all'eliminazione fondamentale della minaccia. Un percorso per agevolare l'obiettivo è il collegamento tra la Campagna ICAN e la Campagna No First Use. Il No First Use va collegato a varie misure di prevenzione della guerra nucleare per errore. Una di esse è l'eliminazione dell'AI dai meccanismi di deterrenza.

I Disarmisti  esigenti lavorano affinché che i conflitti siano affrontati e risolti "mobilitando i popoli e con i metodi costruttivi della nonviolenza." L'azione nonviolenta si concentra su come le persone comuni realizzano il cambiamento sociale. Le strategie includono tecniche di de-escalation, ascolto attivo, empatia e comunicazione chiara. Le organizzazioni di  peacebuilding dovrebbero impegnarsi nella regolamentazione e limitazione dell'AI (da eliminare comunque subito dai sistemi di deterrenza) per promuovere la pace e mitigare i danni sociali.

In un'era in cui la deterrenza abilitata dall'AI rischia un'escalation incontrollabile e dove i "freni" psicologici alla guerra vengono meccanizzati, la nonviolenza cessa di essere una mera posizione morale idealistica e diventa una necessità pragmatica per la sopravvivenza umana. La "pace possibile" propugnata dai Disarmisti esigenti, fondata sui compromessi realistici e creativi, suggerisce il riconoscimento che la "pace perfetta" (pace giusta) attraverso la vittoria militare è ora un "trionfo della guerra e della morte." Pertanto, investire attivamente e promuovere meccanismi di risoluzione nonviolenta dei conflitti, e mobilitare la società civile, diventa la strategia più razionale e praticabile per "continuare a nascere" (siamo i "comuni natali", non i "comuni mortali", secondo l'intuizione filosofica fondamentale di Hannah Arendt)  di fronte a un'apocalisse altrimenti inevitabile e accelerata dall'AI. Ciò implica una rivalutazione fondamentale delle priorità di sicurezza nazionale, spostandole dal dominio militare verso la costruzione della pace incentrata sull'essere umano.

In questo contesto, la Campagna Internazionale per l'Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN) ha svolto un ruolo fondamentale. Dopo un decennio di advocacy, ICAN e i suoi partner hanno portato all'adozione del Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW) il 7 luglio 2017, entrato in vigore il 22 gennaio 2021. Questo trattato rappresenta il primo accordo internazionale legalmente vincolante che proibisce in modo completo le armi nucleari, colmando una lacuna significativa nel diritto internazionale. Il TPNW vieta alle nazioni di sviluppare, testare, produrre, fabbricare, trasferire, possedere, immagazzinare, usare o minacciare di usare armi nucleari, o di permettere che vengano stazionate sul loro territorio. Per gli stati che possiedono armi nucleari, il trattato prevede un quadro temporale per i negoziati volti alla loro eliminazione verificata e irreversibile.

Un'altra componente cruciale di questa strategia, da collegare con la Campagna ICAN, è la Campagna per il "No First Use" (NFU). Una politica di "No First Use" è un impegno formale da parte di una potenza nucleare a non usare armi nucleari per prima, se non come seconda risposta a un attacco con armi di distruzione di massa. Questa politica mira a chiarire che le armi nucleari sono intese solo per la deterrenza e non per il combattimento, riducendo l'ambiguità e il rischio di errori di calcolo. Alcuni stati, come la Cina e l'India, hanno già adottato politiche di NFU.

La combinazione della politica di "No First Use" con misure concrete di disarmo è essenziale per disinnescare la minaccia AI-nucleare:

  • Deallertizzazione delle testate: La deallertizzazione implica l'introduzione di modifiche fisiche reversibili ai sistemi d'arma nucleari per rallentare il processo di lancio. Questo può includere la rimozione delle testate dai loro sistemi di lancio o l'implementazione di misure che richiedano un tempo significativo (ad esempio, più di 30 minuti) per riportare le armi allo stato di allerta massima. L'obiettivo è prevenire un lancio su allerta (Launch-on-Warning) e fornire tempo prezioso per i processi diplomatici di de-escalation in caso di falsi allarmi o errori di calcolo.
  • Separazione delle testate dai vettori: Questa è una forma più profonda di deallertizzazione, che prevede la separazione fisica delle testate nucleari dai loro sistemi di lancio. Ciò rende molto più difficile e lento l'impiego immediato delle armi, aumentando il tempo necessario per una decisione e riducendo il rischio di un uso accidentale, per errore di calcolo o non autorizzato.
  • Potenziamento delle ispezioni IAEA: L'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (IAEA) svolge un ruolo indispensabile nella non-proliferazione nucleare attraverso i suoi sistemi di salvaguardia, che includono monitoraggio, ispezioni e analisi delle informazioni per verificare che le attività nucleari rimangano pacifiche. Il potenziamento delle ispezioni, anche attraverso l'adozione di protocolli aggiuntivi, aumenta la capacità dell'IAEA di rilevare programmi nucleari non dichiarati e di fornire garanzie sulla loro assenza, rafforzando la fiducia internazionale.

Esclusione dell'AI dal meccanismo della deterrenza: Tutte queste misure convergono verso un obiettivo cruciale: escludere l'intelligenza artificiale dal meccanismo decisionale della deterrenza nucleare. Il problema fondamentale è dare tempo alla decisione umana, non creare condizioni di fretta e di urgenza. L'AI, con la sua capacità di comprimere i tempi decisionali e la sua mancanza di prospettiva e sentimenti umani, rappresenta un rischio intrinseco di escalation involontaria. Misure come il "No First Use", la deallertizzazione e la separazione delle testate sono progettate per reintrodurre e massimizzare il tempo per la deliberazione umana, garantendo che le decisioni di vita o di morte rimangano saldamente nelle mani degli esseri umani, e non siano delegate a sistemi autonomi che potrebbero agire su falsi allarmi o interpretazioni errate.

I Disarmisti esigenti "esigono" esplicitamente che i conflitti siano affrontati e risolti "mobilitando i popoli e con i metodi costruttivi della nonviolenza." L'azione nonviolenta si concentra su come le persone comuni realizzano il cambiamento sociale. Le strategie includono tecniche di de-escalation, ascolto attivo, empatia e comunicazione chiara.

In un'era in cui la deterrenza abilitata dall'AI rischia un'escalation incontrollabile e dove i "freni" psicologici alla guerra vengono meccanizzati, la nonviolenza cessa di essere una mera posizione morale idealistica e diventa una necessità pragmatica per la sopravvivenza umana. La "pace possibile" che propugnamo, fondata sui compromessi, suggerisce il riconoscimento che la "pace perfetta" (pace giusta) attraverso la vittoria militare è ora un "trionfo della guerra e della morte." Pertanto, investire attivamente e promuovere meccanismi di risoluzione nonviolenta dei conflitti, e mobilitare la società civile, diventa la strategia più razionale e praticabile  Ciò implica una riformulazione fondamentale delle priorità di sicurezza nazionale, da inquadrare nel concetto di "sicurezza comune", spostandole dal dominio militare verso la costruzione della pace incentrata sull'uomo.

La società civile svolge un ruolo cruciale in questo contesto. Le Conferenze Pugwash su Scienza e Affari Mondiali sono un'organizzazione internazionale che riunisce studiosi e figure pubbliche per ridurre il pericolo di conflitti armati e cercare soluzioni alle minacce alla sicurezza globale, in particolare il disarmo nucleare. Esse facilitano "dialoghi di traccia 1.5 e traccia II". La Campagna per Fermare i Robot Killer è una coalizione di ONG che sostiene uno strumento legalmente vincolante per proibire le armi completamente autonome, garantendo un controllo umano significativo sull'uso della forza. Conducono campagne di sensibilizzazione, advocacy politica e legale e ricerca. Queste organizzazioni agiscono come un contrappeso critico agli accumuli militari guidati dallo stato.

La società civile svolge un ruolo cruciale in questo contesto. Le Conferenze Pugwash su Scienza e Affari Mondiali sono un'organizzazione internazionale che riunisce studiosi e figure pubbliche per ridurre il pericolo di conflitti armati e cercare soluzioni alle minacce alla sicurezza globale, in particolare il disarmo nucleare. Esse facilitano "dialoghi di traccia 1.5 e traccia II". La Campagna per Fermare i Robot Killer è una coalizione di ONG che sostiene uno strumento legalmente vincolante per proibire le armi completamente autonome, garantendo un controllo umano significativo sull'uso della forza. Conducono campagne di sensibilizzazione, advocacy politica e legale e ricerca. Queste organizzazioni agiscono come un contrappeso critico agli accumuli militari guidati dallo stato.

V. Conclusione: un imperativo umano per la sopravvivenza

La combinazione della deterrenza nucleare con l'intelligenza artificiale ha creato un "mix esplosivo incontrollabile," caratterizzato da tempi decisionali compressi, opacità algoritmica e la potenziale perdita dei salvaguardie psicologiche umane che, per quanto imperfette, hanno storicamente impedito la catastrofe. L'accelerazione della corsa all'AI, come evidenziato dai piani nazionali per il "dominio globale," rischia di destabilizzare ulteriormente il fragile equilibrio strategico, spingendo verso sistemi sempre più autonomi e imprevedibili. La prospettiva di una "gestione meccanica della paranoia," come suggerito dalla rilettura del pensiero di Franco Fornari, rivela una dimensione esistenziale della minaccia: se l'AI rimuove il "rituale" della guerra come sfogo psicologico, l'umanità perde un meccanismo (perverso) di gestione dei propri conflitti interni, con la conseguenza ultima dell'annientamento.

Tuttavia, esistono opportunità concrete per disinnescare questa minaccia. La chiave risiede nel rafforzamento del controllo umano e della trasparenza, trattando l'AI come un supporto decisionale che amplifica le capacità umane, piuttosto che un sostituto. È imperativo che i decisori umani mantengano il controllo significativo sulle armi nucleari, con sistemi progettati per creare più tempo per la deliberazione, fornire informazioni verificabili e mitigare i bias. Quindi fuori l'AI dal sistema della deterrenza, sì invece al No First Use accompagnato a misure di deallertizzazione, separazione delle testate dai vettori, moltiplicati e potenziati controlli IAEA...

Sul piano della governance internazionale, è cruciale proseguire gli sforzi per un trattato legalmente vincolante sui Sistemi d'Arma Letali Autonomi (LAWS), che proibisca i sistemi privi di controllo umano significativo. In assenza di un consenso immediato su tali strumenti, l'adozione di un Codice di Condotta non vincolante per i Sistemi di Comando, Controllo e Comunicazione Nucleare (NC3) può offrire un quadro pragmatico per la cooperazione e la trasparenza. Le Misure di Rafforzamento della Fiducia (CBMs) devono evolvere per affrontare le specificità dell'AI, promuovendo la trasparenza algoritmica e la prevedibilità sistemica.

In definitiva, la strategia più sostenibile per la pace risiede nel disarmo progressivo, che includa il metodo di atti unilaterali, e nell'adozione dei metodi costruttivi della nonviolenza. In un'era in cui la guerra automatizzata rischia di eliminare ogni freno psicologico all'annientamento, la nonviolenza diventa non solo un ideale morale, ma una necessità pragmatica per la sopravvivenza umana. La mobilitazione dei popoli e il ruolo attivo di organizzazioni della società civile come le Campagne ICASN e NFU, le Conferenze Pugwash e la Campagna per Fermare i Robot Killer sono essenziali per orientare i decisori intelligenti e promuovere una cultura di pace.

L'imperativo odierno, a 80 anni da Hiroshima e Nagasaki, è più che mai "prevenire la terza guerra mondiale via sminamento progressivo e permanente dei suoi pezzi." Ciò include la corsa agli armamenti in generale e al riarmo nucleare in particolare, e di questo riarmo componente oggi essenziale è la tendenza a sviluppare le "tecnologie della potenza," tra le quali l'AI senza limiti e controlli. La sfida è grande, ma la responsabilità umana di assicurare la sopravvivenza e un futuro pacifico è ancora più grande. Come richiamato dal Manifesto Russell-Einstein, l'appello è agli esseri umani, affinché "Ricordino la loro umanità, e dimentichino il resto".

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Growing Consensus on Policy at UN Discussions on AWS but Skepticism Towards Non-Binding Principles & Practices

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Pugwash Conferences on Science and World Affairs – Pugwash seeks a world free of nuclear weapons and other weapons of mass destruction. Through our long-standing tradition of 'dialogue across divides' that also earned us the Nobel Peace Prize in 1995, Pugwash aims to develop and support the use of scientific, evidence-based policymaking, focusing

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White House unveils AI action plan targeting regulation and 'ideological bias'

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Stop Killer Robot's Project | UNITED PEACE

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Stop Killer Robots – HUMANITARIAN DISARMAMENT

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Applying Conflict Analysis to Nonviolent Action - YouTube

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AI Should Help Nuclear Decision-Makers but Not Make Decisions

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What happens if AI goes nuclear? | Chatham House – International Affairs Think Tank

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Global code urged to prevent nuclear launch errors amid AI threats - The University of Sydney

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The Trump Administration's 2025 AI Action Plan – Winning the Race: America's AI Action Plan – and Related Executive Orders - Sidley Austin LLP

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White House Unveils America's AI Action Plan

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Wide Acclaim for President Trump's Visionary AI Action Plan - The White House

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AMERICA'S AI ACTION PLAN | The White House

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Trump Administration's AI Action Plan to Promote the U.S. AI Industry Through Deregulation,

 

Sistemi di Rappresaglia Post-Mortem: un'analisi comparativa di Perimetr (Dead Hand) e ERCS nel gioco della deterrenza nucleare

(redatta con l'aiuto di GEMINI)

Introduzione: L'Ombra persistente dei sistemi apocalittici

Il concetto di deterrenza nucleare, profondamente radicato nelle dinamiche della Guerra Fredda, continua a definire e modellare il panorama della sicurezza internazionale nel XXI secolo. Esso si fonda sulla minaccia di una rappresaglia catastrofica per prevenire aggressioni, un principio spesso sintetizzato come "Distruzione Mutua Assicurata" (MAD). Comprendere i sistemi di comando e controllo nucleare è, in questo contesto, di fondamentale importanza, poiché essi rappresentano il meccanismo attraverso il quale tale deterrenza viene mantenuta e, potenzialmente, attuata.

Il recente scambio verbale tra l'ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il Vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo Dmitry Medvedev ha riportato prepotentemente alla ribalta la questione dei sistemi di rappresaglia automatizzata. L'esplicito riferimento di Medvedev alla "Mano Morta" (Perimetr) russa, in risposta alle dichiarazioni di Trump sui negoziati per l'Ucraina e al posizionamento di sottomarini nucleari statunitensi più vicini alla Russia, ha costituito un inquietante promemoria delle capacità di rappresaglia estreme che le nazioni possiedono. Le successive azioni di Trump, che ha ordinato il posizionamento di due sottomarini nucleari in "regioni appropriate", hanno ulteriormente accentuato le tensioni e messo in luce l'impatto psicologico di tali minacce. La potenza, finché non viene usata, è ciò che le persone credono che sia, e la credibilità è l'essenza di questo impatto psicologico.

Questo rapporto si propone di analizzare in dettaglio Perimetr (la "Mano Morta" russa) e l'Emergency Rocket Communications System (ERCS) statunitense. Entrambi i sistemi, sebbene con filosofie operative distinte, sono stati concepiti nell'era della Guerra Fredda per garantire una rappresaglia nucleare anche in caso di annientamento del comando centrale. Essi incarnano il concetto di "fail-deadly", in cui il fallimento del comando umano attiva una risposta letale automatica o semi-automatica.

La persistenza del dibattito pubblico e il riferimento esplicito a sistemi come Perimetr, a decenni dalla loro concezione, rivelano la loro duratura (e sciagurata!) utilità psicologica nella deterrenza, indipendentemente dal loro preciso stato operativo o livello di automazione. Ciò suggerisce che la gestione degli arsenali nucleari è tanto una questione di percezione e comunicazione credibile della minaccia quanto di pura capacità militare. La dimensione di "orrore" menzionata nel titolo di questo rapporto è intrinsecamente legata a questo aspetto psicologico: viene dimostrata (a parere degli estensori) l'assurdità intrinseca del "gioco della deterrenza".

Perimetr (Dead Hand): Il sistema di rappresaglia automatizzata Russo

Contesto storico e motivazione: prevenire attacchi di decapitazione

Il sistema Perimetr, ufficialmente noto come "Sistema Perimetr" (con l'indice GRAU 15E601), è stato sviluppato dall'Unione Sovietica durante la Guerra Fredda. La sua motivazione principale era la necessità di assicurare una capacità di secondo colpo devastante nel caso di un "primo colpo di decapitazione" da parte degli Stati Uniti. Un tale attacco avrebbe mirato a eliminare la leadership sovietica e le infrastrutture di comando prima che potesse essere lanciato un contrattacco. Perimetr fu concepito come un sistema di comunicazione di backup, complementare al sistema di comando "Kazbek", per garantire la funzionalità anche in scenari estremi.

Meccanismi operativi: attivazione e rete di sensori

Il sistema è progettato per rimanere semi-dormiente fino a quando non viene attivato da un alto funzionario in una situazione di crisi. Una volta attivato, Perimetr inizia a monitorare una rete di sensori per rilevare segni di un attacco nucleare. Questi sensori sono ritenuti in grado di tracciare:

  • Disturbi sismici: indicando detonazioni a terra.
  • Livelli di radiazioni: derivanti da esplosioni nucleari.
  • Pressione atmosferica anomala: indicando onde d'urto.
  • Interruzioni delle comunicazioni: monitorando l'intensità delle comunicazioni su frequenze militari e i segnali telemetrici dai posti di comando, per rilevare la perdita del comando centrale.

Se questi segnali indicano un attacco nucleare e non giunge alcun ordine umano dal comando centrale per un periodo specificato (suggerendo l'incapacità della leadership), il sistema può dedurre che l'apocalisse è arrivata e procedere con la rappresaglia.

Il Missile di comando 15P011: trasmissione degli ordini di lancio

Un componente distintivo di Perimetr è il missile di comando 15P011 (sviluppato da KB "Yuzhnoe" e basato sul missile 15A16 o MR UR-100U). Questo missile non trasporta una testata esplosiva, ma una speciale testata radio di comando, la 15B99, progettata per funzionare come trasmettitore. Una volta lanciato, il missile vola sul territorio russo, trasmettendo segnali di attivazione e ordini di lancio a tutti i silos missilistici strategici e ai centri di comando dotati di ricevitori. Questa trasmissione è progettata per avvenire anche in presenza di esplosioni nucleari e contromisure elettroniche attive (ECM) durante la fase di volo non propulso. Ciò assicura che le singole unità missilistiche ricevano l'ordine di lanciare le loro armi nucleari senza un intervento umano diretto da un comando centrale potenzialmente distrutto.

Autonomia vs. intervento umano: dibattiti e comprensione attuale

Sebbene spesso sensazionalizzato come una "macchina del giorno del giudizio" completamente automatica, Perimetr è più accuratamente descritto come semi-automatico. Richiede un'attivazione manuale da parte di un alto funzionario durante una crisi. Il dibattito verte sul fatto che, una volta attivato, il sistema lanci i missili in modo completamente autonomo o se sia ancora previsto un processo di approvazione umana finale. Fonti più recenti suggeriscono quest'ultima ipotesi, implicando una sorta di "interruttore dell'uomo morto" umano, dove il sistema procede a meno che non venga esplicitamente fermato da un comando umano. Tuttavia, la sua intenzione progettuale era quella di operare con "nessun (o minimo) coinvolgimento umano" in uno scenario di decapitazione.

La natura semi-automatica di Perimetr introduce un paradosso critico nel concetto di controllo. Sebbene progettato per aggirare l'incapacità umana e garantire una rappresaglia, il sistema dipende comunque da una decisione umana iniziale per la sua attivazione in una crisi. Se la crisi si sviluppa troppo rapidamente o se l'alto funzionario viene incapacitato prima dell'attivazione, lo scopo fondamentale del sistema potrebbe essere compromesso. Questa dipendenza iniziale da un'azione umana rivela una tensione tra il desiderio di una rappresaglia assicurata e l'innato desiderio umano di mantenere il controllo ultimo, anche negli scenari più estremi. Ciò sottolinea il gravoso onere psicologico che ricade sul decisore umano che deve attivare un tale sistema, consapevole delle sue potenziali conseguenze.

Inoltre, le diverse versioni sul livello esatto di autonomia di Perimetr – con alcune fonti che suggeriscono una piena automazione post-attivazione e altre un passaggio di approvazione umana finale – non sono solo discrepanze fattuali, ma una caratteristica strategica. Il fatto che un avversario non sia certo se Perimetr sia completamente automatico o richieda un'ultima spinta umana aumenta il rischio percepito di lanciare un primo colpo, poiché non si può garantire una decapitazione "pulita". Questa ambiguità che circonda la precisa autonomia operativa di Perimetr potrebbe essere una scelta strategica deliberata da parte della Russia, amplificando il suo effetto deterrente e rendendo qualsiasi potenziale primo colpo contro la Russia ancora più pericoloso.

Stato attuale e funzionalità percepita

Perimetr è stato confermato operativo almeno fino al 2011. Fonti più recenti, inclusi video pubblicati nel 2025, affermano che è "ancora operativo nel 2025" e che "elimina la necessità di prendere decisioni umane in caso di annientamento nazionale". Il sistema rimane in uso da parte delle Forze Missilistiche Strategiche Russe. La sua esistenza, anche se il suo livello di automazione completa è oggetto di dibattito, funge da potente deterrente. Si ipotizza che una delle sue ubicazioni sia sotto la montagna Kosvinsky.

ERCS (Emergency Rocket Communications System): La controparte Statunitense

Scopo e Progettazione: Garantire Comunicazioni di Emergenza Sopravviventi

L'Emergency Rocket Communications System (ERCS), designato AN/DRC-8, è stata la soluzione statunitense dell'era della Guerra Fredda per garantire un metodo di comunicazione di emergenza affidabile e sopravvivente alla National Command Authority degli Stati Uniti, destinato alle forze strategiche in caso di attacco nucleare. La sua missione era fornire comunicazioni assicurate alle forze strategiche statunitensi, in particolare bombardieri e siti ICBM, anche se l'infrastruttura di comunicazione terrestre fosse stata distrutta.

Dettagli Operativi: Trasmettitori UHF su Blue Scout/Minuteman II

L'ERCS prevedeva l'installazione di un trasmettitore UHF come carico utile su un razzo Blue Scout o, successivamente e più diffusamente, su un missile balistico intercontinentale Minuteman II, al posto di una testata nucleare. In uno scenario di attacco nucleare, questi razzi sarebbero stati lanciati nello spazio a bassa quota, agendo come "torri radio volanti" per trasmettere messaggi di azione di emergenza (EAM) alle unità del Strategic Air Command (SAC) entro la linea di vista. Questi messaggi potevano includere comandi vocali preregistrati.

Distinzione chiave: requisito di comando umano esplicito

Una differenza cruciale rispetto a Perimetr è che l'ERCS richiedeva sempre un ordine esplicito dalla leadership statunitense (National Command Authority). Era un sistema di comunicazione e relè, non un sistema di lancio autonomo. Sebbene potesse accettare input direttamente dal quartier generale del SAC o dai posti di comando aerei, e gli equipaggi dei missili potessero inserire dati, la decisione di lanciare il carico utile di comunicazione e la successiva rappresaglia nucleare rimanevano saldamente sotto il controllo umano. Il sistema era progettato per facilitare il comando umano, non per sostituirlo.

Questa divergenza tra Perimetr e ERCS, con il primo progettato per funzionare in "totale assenza di input umano" e il secondo che "richiedeva sempre un ordine esplicito dalla leadership" , non è una mera differenza tecnica, ma una fondamentale distinzione filosofica nel modo in cui le due superpotenze affrontavano il problema della rappresaglia assicurata. L'enfasi sovietica su Perimetr rifletteva una profonda preoccupazione per un primo colpo statunitense di successo che avrebbe potuto paralizzare completamente il loro comando. L'approccio statunitense con ERCS, al contrario, suggeriva una fiducia nel mantenimento di una certa capacità decisionale umana, anche in scenari estremi, e una preferenza per la responsabilità umana nell'atto ultimo della guerra nucleare. Questa differenza filosofica ha profonde implicazioni per l'etica della guerra nucleare e il futuro dei sistemi d'arma autonomi.

Disattivazione e sistemi di sostituzione

L'ERCS è stato disattivato come mezzo di comunicazione tra il 1991 e il 1992, in seguito al messaggio del Presidente George H.W. Bush di sospendere i bombardieri e i Minuteman II impegnati nel SIOP (Single Integrated Operational Plan). È stato rimosso dall'inventario perché altri mezzi di comunicazione di emergenza più avanzati, come l'Interim Survivable Satellite Terminal (ISST) e i satelliti Milstar, sono diventati operativi, offrendo capacità di comunicazione più robuste e flessibili.

La disattivazione dell'ERCS e la sua sostituzione con sistemi satellitari come ISST e Milstar non rappresentano un semplice aggiornamento tecnologico, ma un'evoluzione nel modo in cui si ottiene una comunicazione sopravvivente. L'ERCS si basava sul lancio fisico di un razzo, un atto visibile e potenzialmente vulnerabile, per stabilire un collegamento di comunicazione temporaneo. I sistemi satellitari, pur non essendo invulnerabili, offrono una rete di comunicazione più persistente e geograficamente estesa. Questo passaggio da un sistema di comunicazione basato su razzi a uno basato su satelliti indica uno sforzo continuo per migliorare la resilienza e la portata del comando e controllo nucleare (NC3), riducendo al contempo la necessità di lanci altamente visibili e specifici per le crisi. Questa evoluzione suggerisce una preferenza per sistemi che offrono maggiore flessibilità e resilienza senza l'atto drammatico, potenzialmente escalation, di lanciare un razzo di comunicazione dedicato durante una crisi. Sottolinea anche, in modo sottile, la dottrina statunitense di mantenere il controllo umano, poiché questi nuovi sistemi servono ancora a trasmettere ordini umani, non a iniziare una rappresaglia autonoma.

Il "Gioco della deterrenza": Perimetr, ERCS e la Distruzione Mutua Assicurata (MAD)

Principi fondamentali della Deterrenza Nucleare e capacità di secondo Colpo

La teoria della deterrenza nucleare sostiene che gli stati possono prevenire attacchi minacciando una rappresaglia catastrofica. Un componente chiave di questa teoria è la "capacità di secondo colpo", ovvero la capacità di una potenza nucleare di assorbire un primo colpo e infliggere comunque danni inaccettabili all'aggressore. Questo garantisce la "Distruzione Mutua Assicurata" (MAD), dove un attacco nucleare su vasta scala devasterebbe entrambe le parti, rendendo irrazionale un primo colpo.

Meccanismi "Fail-Deadly": garantire la rappresaglia anche dopo la distruzione della Leadership

Sia Perimetr che l'ERCS, ciascuno a suo modo, sono esempi di sistemi "fail-deadly". Questo concetto, nella strategia militare nucleare, incoraggia la deterrenza garantendo una risposta immediata, automatica e schiacciante a un attacco, anche se il comando centrale è incapacitato. Perimetr raggiunge questo obiettivo attraverso la sua capacità di lancio semi-autonoma post-decapitazione, mentre l'ERCS mirava ad assicurare la comunicazione degli ordini umani per la rappresaglia. L'obiettivo comune è rimuovere ogni dubbio nella mente di un avversario che un primo colpo sarebbe comunque accolto da conseguenze devastanti.

Impatto psicologico: come questi sistemi mirano a scoraggiare un Primo Colpo

L'impatto psicologico di questi sistemi è profondo. Assicurando una rappresaglia indipendentemente dalla sopravvivenza della leadership, essi mirano a eliminare l'incentivo per un "attacco di decapitazione". L'esistenza stessa di Perimetr, anche con il suo dibattuto livello di autonomia, crea incertezza per un avversario, rafforzando la credibilità della capacità di secondo colpo della Russia. Questa proiezione psicologica di potere è un elemento centrale della deterrenza. La minaccia di una rappresaglia nucleare ha effetti psicologici dannosi, generando ansia e cinismo, ma anche fungendo da barriera alla reazione significativa, portando a negazione e evitamento.

Il valore deterrente di una rappresaglia "pre-delegata" a una macchina o a un piccolo gruppo di sopravvissuti, come nel caso di Perimetr , solleva profondi dilemmi etici. La delega di decisioni di vita o di morte a sistemi autonomi crea un "vuoto morale" e mina la responsabilità umana. Se un sistema è progettato per lanciare senza input umano, o con input umano minimo, sposta fondamentalmente l'onere morale. Questo introduce una potenziale futura arena di battaglia legale ed etica man mano che i sistemi autonomi diventano più diffusi.

Credibilità delle minacce e il paradosso della pace nucleare

L'efficacia della deterrenza dipende dalla credibilità della minaccia di rappresaglia. Sistemi come Perimetr e, in passato, l'ERCS sono progettati per aumentare questa credibilità rendendo la rappresaglia apparentemente inevitabile. Questo conduce al "paradosso della pace nucleare", in cui la paura costante della distruzione reciproca, abilitata da tali sistemi, si argomenta abbia prevenuto guerre su larga scala tra potenze nucleari. Tuttavia, questa pace è intrinsecamente tesa e fragile, basandosi sull'assunto di attori razionali e informazioni perfette.

Il concetto di stabilità nella deterrenza nucleare è in continua evoluzione. Sebbene la MAD fosse intesa a portare a una "pace globale tesa ma stabile" , la presenza di sistemi "fail-deadly" come Perimetr, che potrebbero innescare una "spirale di escalation a mano morta" , mette in discussione questa nozione di stabilità. La loro autonomia intrinseca, anche se semi-controllata, introduce rischi di escalation involontaria e sfida i modelli tradizionali di gestione delle crisi incentrati sull'uomo. Ciò impone una rivalutazione di ciò che costituisce "stabilità" in un ambiente nucleare, andando oltre il semplice numero di testate per includere l'interazione tra decisioni umane e macchine, e il potenziale di errori di calcolo algoritmici.

Di seguito, una tabella comparativa dei due sistemi:

Caratteristica Perimetr (Dead Hand) ERCS (Emergency Rocket Communications System)
Nome del Sistema Sistema "Perimetr" (15E601) AN/DRC-8
Luogo d'Origine Unione Sovietica/Russia Stati Uniti
Scopo Primario Assicurare capacità di secondo colpo post-decapitazione Comunicazione di emergenza sopravvivente alle forze strategiche
Stato Operativo Operativo (1985–presente, confermato 2025 da alcune fonti) Disattivato (1991-1992)
Meccanismo Centrale Missile di comando (15P011/15B99) che trasmette ordini di lancio Trasmettitore UHF su missile (Minuteman II/Blue Scout)
Livello di Autonomia Semi-automatico (monitora sensori, può inferire attacco) Relè di comunicazione controllato dall'uomo
Requisito Intervento Umano Attivato manualmente in crisi; dibattito su approvazione/override finale Richiedeva sempre ordine esplicito umano
Disattivazione/Sostituzione N/A Sostituito da ISST e Milstar
Componenti Chiave Sensori sismici/radiazioni/pressione atmosferica, missile 15P011 Trasmettitore UHF, missili Minuteman II/Blue Scout

Rischi, etica e l'elemento umano

Il pericolo di falsi positivi e lanci accidentali

I sistemi di allerta automatizzati, sebbene cruciali per una risposta rapida, sono intrinsecamente suscettibili ai falsi positivi, eventi che hanno portato il mondo sull'orlo della guerra nucleare in diverse occasioni. Tra gli esempi più noti figurano:

  • L'incidente NORAD del 1979: Un nastro di addestramento che simulava un attacco sovietico su larga scala fu in qualche modo trasferito alla rete di allerta in tempo reale, facendo scattare gli allarmi e portando le forze di bombardieri e missili statunitensi in stato di massima allerta.
  • L'incidente del chip difettoso statunitense del 1980: Un singolo guasto a un chip di computer causò la visualizzazione di numeri casuali di missili attaccanti nei posti di comando statunitensi, con cifre che saltavano da 2 a 200 e poi a zero, creando confusione e rischio.
  • L'incidente di Stanislav Petrov del 1983: Un sistema di allerta precoce sovietico segnalò erroneamente il lancio di un piccolo numero di missili statunitensi. Il tenente colonnello Stanislav Petrov, l'ufficiale di turno quella notte, sfidò il protocollo militare standard, valutando correttamente l'allarme come un falso positivo (causato dal riflesso del sole sulle nuvole ad alta quota) e impedì una potenziale rappresaglia nucleare.
  • L'incidente del razzo scientifico norvegese del 1995: Un razzo scientifico congiunto norvegese-statunitense, lanciato al largo delle coste della Norvegia, fu scambiato dai radar russi per la fase iniziale di un attacco nucleare statunitense, portando il presidente russo Boris Yeltsin ad attivare il sistema di comando nucleare mobile della Russia.
  • Altri incidenti: includono satelliti che esplodono (durante la Crisi dei Missili di Cuba), stormi di oche e persino un orso scambiato per un intruso che ha innescato allarmi nucleari.

Questi episodi sottolineano l'intrinseca fallibilità della tecnologia e il ruolo critico del giudizio umano nel prevenire catastrofi. Il "paradosso di Petrov" evidenzia come l'intuizione umana e la comprensione contestuale, che le macchine non possiedono, siano state fondamentali per evitare la guerra nucleare. Mentre l'automazione mira all'efficienza e alla certezza, essa può inavvertitamente rimuovere un meccanismo di "sicurezza" cruciale – la capacità umana di scetticismo e discernimento – aumentando così il rischio di escalation involontaria da falsi positivi.

Di seguito, una tabella che riassume gli incidenti di falsi allarmi nucleari:

Incidente Data Paese Causa del Falso Allarme Sistema Coinvolto Esito Lezione Chiave
Crisi Missilistica Cubana (Satellite) 1962 USA (percezione) Esplosione di un satellite sovietico Sistema di allerta precoce USA Creduto attacco ICBM, scongiurato Tensione estrema e rischio di errata interpretazione
Nastro di Addestramento NORAD 9 Nov 1979 USA Nastro di addestramento trasferito alla rete live Sistema di allerta precoce NORAD Forze USA in massima allerta, scongiurato Rischio di errore software/umano
Chip Computer Difettoso 3 Giu 1980 USA Guasto a un singolo chip di computer Posti di comando USA Visualizzazione di numeri casuali di missili, scongiurato da scetticismo umano Vulnerabilità hardware
Incidente Stanislav Petrov 26 Set 1983 Unione Sovietica Riflesso del sole su nuvole (scambiato per 5 missili USA) Sistema di allerta precoce sovietico Petrov disobbedì al protocollo, non segnalò, scongiurato Giudizio umano critico
Razzo Scientifico Norvegese 25 Gen 1995 Russia Razzo scientifico norvegese-USA Radar russo Yeltsin attivò comando mobile, scongiurato (USA aveva notificato) Errata interpretazione nonostante preavviso
Altre Cause (consolidate) Anni '50-'60 Vari Stormi di oche, orso, ecc. Sistemi di allerta precoce Allarmi attivati, scongiurati Fallibilità intrinseca della tecnologia

Il dilemma etico di delegare decisioni di vita o di morte alle macchine

L'automazione intrinseca in sistemi come Perimetr solleva profonde questioni etiche. Delegare la decisione di lanciare armi nucleari, con il loro potenziale di estinguere milioni di vite e rendere il pianeta inabitabile, alle macchine crea un "vuoto morale" e mina la responsabilità umana. Le macchine non possiedono la capacità unicamente umana di comprendere o rispettare il vero valore della vita umana, né di esercitare giudizio morale, proporzionalità o compassione.

Questa delega di potere introduce una "pendenza scivolosa" dalla deterrenza alla disumanizzazione della guerra. La possibilità che la distruzione di massa sia eseguita da algoritmi, privi di empatia umana o deliberazione morale, non è solo una preoccupazione filosofica, ma un cambiamento fondamentale nella natura della guerra. Eliminando l'agire morale umano dalla decisione di iniziare la distruzione di massa, questi sistemi potrebbero erodere le stesse salvaguardie etiche che il diritto internazionale e la coscienza umana cercano di imporre. Ciò renderebbe il conflitto nucleare uno scambio puramente meccanicistico con esiti catastrofici e moralmente inconcepibili, evidenziando l'urgente necessità di solidi quadri giuridici internazionali e linee guida etiche per l'IA nelle applicazioni militari.

Controllo umano vs. piena autonomia nel Comando e Controllo Nucleare

Esiste un forte consenso internazionale, sostenuto da organizzazioni come l'Arms Control Association, sul fatto che la decisione di usare armi nucleari debba sempre rimanere responsabilità di un essere umano. Questo principio sottolinea che gli esseri umani, non le macchine, devono assumersi la colpa morale di tali decisioni, specialmente date le catastrofiche ramificazioni umanitarie. Il dibattito si estende a se i sistemi debbano essere pienamente autonomi o richiedere una supervisione umana continua. La possibilità che Perimetr aggiri "strati e strati di normale autorità di comando" in uno scenario di crisi è proprio al centro di questa preoccupazione.

Il Diritto internazionale e il dibattito sui Sistemi d'Arma Letali Autonomi (LAWS) in contesto nucleare

Sebbene nessuna convenzione internazionale proibisca esplicitamente tutti gli usi delle armi nucleari, i loro effetti sono regolati dal diritto internazionale umanitario (DIU) e dal diritto internazionale consuetudinario, che proibiscono sofferenze inutili e danni indiscriminati. L'uso di armi nucleari potrebbe costituire crimini di guerra, crimini contro l'umanità o persino genocidio. Le discussioni sui Sistemi d'Arma Letali Autonomi (LAWS), che possono identificare e ingaggiare obiettivi senza intervento umano, riflettono i dibattiti sul controllo degli armamenti nucleari. Vi è un'urgente necessità di una misura globale di controllo degli armamenti per i LAWS, con appelli a proibire i sistemi che operano senza un significativo controllo umano.

Rilevanza contemporanea e prospettive Future

Il ruolo di Perimetr nelle attuali tensioni geopolitiche

Nonostante le sue origini nella Guerra Fredda, Perimetr rimane una componente significativa, seppur oscura, della postura di deterrenza strategica della Russia. Il suo stato operativo continuo, come suggerito da fonti recenti , significa che esso svolge un ruolo nelle attuali tensioni geopolitiche, in particolare nel contesto del conflitto in Ucraina e della retorica intensificata tra Russia e NATO. La menzione esplicita da parte di Medvedev sottolinea la sua importanza psicologica e strategica come garante della rappresaglia.

Il Dibattito in Corso: abolizione nucleare vs. deterrenza stabilizzata

L'esistenza di sistemi come Perimetr alimenta il dibattito globale in corso sulle armi nucleari. Alcune nazioni sostengono l'abolizione immediata, spinte da preoccupazioni umanitarie, mentre altre continuano a fare affidamento sulla deterrenza nucleare per la sicurezza. Vi è una spinta per un approccio pragmatico che riconosca la realtà della deterrenza, pur lavorando per ridurre i rischi, enfatizzando la limitazione delle armi nucleari ai soli ruoli di deterrenza e l'innalzamento della soglia per il loro uso.

I sistemi di rappresaglia automatizzata come Perimetr, rendendo più assoluta la minaccia di "distruzione assicurata", esacerbano la tensione fondamentale tra deterrenza nucleare e disarmo. Per i sostenitori della deterrenza, tali sistemi consolidano il paradigma della "pace attraverso la paura". Per gli oppositori, essi evidenziano l'irrazionalità ultima e la bancarotta morale del fare affidamento su meccanismi che potrebbero innescare l'annientamento globale senza il diretto consenso umano. Ciò rende il percorso verso l'abolizione nucleare ancora più complesso - e dal nostro punto di vista urgente e necessario! - richiedendo non solo volontà politica ma anche una fondamentale rivalutazione del ruolo dell'autonomia nella stabilità strategica.

Implicazioni per il controllo degli armamenti e la stabilità internazionale

L'avanzamento delle tecnologie, inclusa l'intelligenza artificiale (AI), e la continua esistenza di sistemi autonomi o semi-autonomi come Perimetr, complicano gli sforzi di controllo degli armamenti. Stanno emergendo discussioni su come regolare i Sistemi d'Arma Letali Autonomi (LAWS) e mantenere il controllo umano sulle decisioni critiche. L'obiettivo è prevenire l'escalation accidentale o involontaria e promuovere la "stabilità algoritmica" in un futuro in cui l'IA aumenterà sempre più il processo decisionale in materia di sicurezza nazionale. La cooperazione internazionale, politiche trasparenti e trattati sono considerati cruciali per mitigare i rischi.

La segretezza intrinseca che circonda sistemi come Perimetr e la natura stessa dei sistemi "fail-deadly", che si basano sulla minaccia di una risposta automatica, sono antitetiche alla trasparenza. Se una parte possiede un sistema opaco e potenzialmente completamente autonomo, si crea un deficit di fiducia asimmetrico nei negoziati sul controllo degli armamenti. Senza una maggiore trasparenza sui parametri operativi e sul livello di intervento umano, diventa estremamente difficile costruire la fiducia reciproca e gli accordi verificabili necessari per un disarmo significativo o anche solo per una deterrenza stabilizzata. Ciò suggerisce che i futuri dialoghi sul controllo degli armamenti dovranno affrontare non solo il numero di armi, ma anche la natura di "scatola nera" dei sistemi decisionali autonomi.

Conclusione: evitare l'abisso Nucleare

L'analisi dei sistemi Perimetr e ERCS rivela una complessa interazione tra tecnologia militare, strategia di deterrenza e profonde implicazioni etiche e psicologiche. Questi sistemi, nati dalla paranoia della Guerra Fredda, continuano a proiettare un'ombra sulla sicurezza internazionale contemporanea, incarnando il concetto di "rappresaglia assicurata" anche in assenza di un comando umano diretto.

Perimetr, con la sua capacità semi-autonoma di lanciare missili in caso di decapitazione della leadership, rappresenta un esempio estremo di deterrenza "fail-deadly", progettato per eliminare ogni dubbio sulla certezza di una rappresaglia. Tuttavia, la sua dipendenza da un'attivazione umana iniziale e l'ambiguità sul livello finale di autonomia introducono un paradosso di controllo, dove il desiderio di assicurare la rappresaglia si scontra con la necessità di mantenere un qualche grado di controllo umano. Questa ambiguità, tuttavia, funge anche da amplificatore deterrente, aumentando l'incertezza per un potenziale aggressore.

L'ERCS statunitense, sebbene concettualmente simile nel suo obiettivo di garantire la comunicazione in uno scenario post-attacco, si distingueva per la sua ferma aderenza al controllo umano esplicito, fungendo da relè di comunicazione piuttosto che da sistema di lancio autonomo. La sua disattivazione e sostituzione con sistemi satellitari più avanzati riflettono un'evoluzione tecnologica che mira a una maggiore resilienza e flessibilità nel comando e controllo, pur mantenendo la centralità della decisione umana.

Il "gioco della deterrenza" si basa sulla credibilità delle minacce e sulla percezione di una Distruzione Mutua Assicurata. Tuttavia, la storia è costellata di numerosi falsi positivi, che hanno dimostrato la fallibilità dei sistemi automatizzati e l'insostituibile valore del giudizio umano, come nel caso del tenente colonnello Stanislav Petrov. La delega di decisioni di vita o di morte alle macchine solleva dilemmi etici insormontabili, creando un "vuoto morale" e disumanizzando potenzialmente la guerra. La comunità internazionale è concorde sulla necessità di mantenere il controllo umano sulle armi nucleari e sta dibattendo la regolamentazione dei Sistemi d'Arma Letali Autonomi (LAWS) per prevenire un futuro in cui le macchine possano decidere il destino dell'umanità.

In un contesto geopolitico sempre più teso, l'esistenza continuativa di Perimetr sottolinea la persistente dipendenza dalla deterrenza nucleare. Questa realtà alimenta il dibattito globale tra chi si batte per l'abolizione nucleare e chi la considera una garanzia di sicurezza. La segretezza e la potenziale autonomia di tali sistemi complicano gli sforzi di controllo degli armamenti, rendendo difficile costruire la fiducia e la trasparenza necessarie per la stabilità internazionale.

Evitare l'abisso nucleare richiede una vigilanza continua, un dialogo internazionale robusto e un approccio che sappia coinvolgere la parte intelligente dei protagonisti del gioco della potenza. È imperativo che la comunità globale si impegni seriamente a neutralizzare i rischi intrinseci a questi "sistemi horror", cercando un futuro in cui lo spettro della devastazione "post-mortem" sia finalmente relegato al passato, e la decisione sulla vita e sulla morte rimanga saldamente nelle mani della responsabilità umana.

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Russia's 'Dead Hand' Could Launch Nukes Without Putin—Here's How It Works - YouTube

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Nuclear Deterrence - RAND

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Deterrence theory - Wikipedia

 

QUI GLI 80 ANNI DA HIROSHIMA E NAGASAKI. E' URGENTE ABOLIRE LA "DETERRENZA"!

A 80 ANNI DA HIROSHIMA - RIFLESSIONE ONLINE PROPOSTA DAI DISARMISTI ESIGENTI -----
mercoledì 6 agosto 2025 dalle ore 17:30 alle ore 19:30 - La crisi dei sottomarini, dispiegati da Trump vicino alla Russia, ce lo conferma: dobbiamo prendere atto dell'attualità della minaccia nucleare e della necessità urgente di una lotta più efficace per abolire la "deterrenza" anche con primi passi di disarmo unilaterale.
────────── Siete invitati a una riunione pianificata in Zoom.
https://us06web.zoom.us/j/85628753473?pwd=btuBjwmQy2aYaCHHa10q7CwaNc9Dv1.1

A 80 ANNI DA NAGASAKI - PROPOSTA DAI DISARMISTI ESIGENTI,  RIFLESSIONE ONLINE SUI PERCORSI PER ABOLIRE LA DETERRENZA -----

SABATO 9 agosto 2025 dalle ore 17:30 alle ore 19:30 - IL PUNTO SU HELSINKI 2, LE ZONE DENUCLEARIZZATE, LE OPPOSIZIONI NONVIOLENTE AI NUOVI RIARMI
────────── Siete invitati a una riunione pianificata in Zoom.
Entra nella riunione in Zoom
https://us06web.zoom.us/j/87509892837?pwd=dBazykWHiO7KMq3GbjfratoahAFVwU.1

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ANCHE DOPO MORTI SI COLPISCE E SI DEVASTA: PERIMETR E ERCS, I SISTEMI HORROR PER LA RAPPRESAGLIA SICURA 

Il dialogo tra l'ex presidente USA Donald Trump e il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev ha riportato alla ribalta uno degli aspetti più oscuri e inquietanti della deterrenza nucleare: i sistemi di risposta automatica. Questi meccanismi, pensati per garantire una rappresaglia anche dopo un "first strike" nemico che annienti la leadership, sono il simbolo della logica perversa della mutua distruzione assicurata (MAD).

Perimetr: La "Mano Morta" russa

Il sistema russo Perimetr, conosciuto in Occidente come "Dead Hand", è l'esempio più estremo di questo concetto. Sviluppato durante la Guerra Fredda, il suo scopo è garantire che un attacco nucleare preventivo contro la Russia non possa impedire un contrattacco devastante.

Una volta attivato dal comando centrale russo in un momento di crisi estrema, Perimetr si mette in stand-by per monitorare l'ambiente circostante. Non è un sistema sempre attivo, ma viene "acceso" solo quando si teme un attacco. Se i sensori rilevano segnali di un'esplosione nucleare, come radiazioni, variazioni della pressione atmosferica, attività sismica o interruzioni delle comunicazioni, e non ricevono alcun segnale di annullamento dal comando centrale, il sistema presume che la leadership sia stata distrutta.

A quel punto, Perimetr lancia automaticamente un missile speciale, il 15P011, che non trasporta una testata nucleare ma un trasmettitore. Questo missile vola sopra il territorio russo e trasmette ordini di lancio automatico a tutti i silos e alle unità missilistiche strategiche ancora operativi. Questi missili vengono quindi lanciati senza bisogno di un ulteriore input umano, garantendo la rappresaglia. Il sistema è un esempio di "fail-deadly": se tutto il resto fallisce, Perimetr agisce comunque.

ERCS: Il "Dead Hand" americano

Anche gli Stati Uniti hanno esplorato concetti simili, sebbene con un approccio leggermente diverso. L'Emergency Rocket Communications System (ERCS) era un sistema di comunicazione di emergenza progettato per garantire che i comandi del presidente potessero raggiungere le forze nucleari strategiche anche in caso di distruzione del comando centrale.

Il sistema ERCS utilizzava missili Minuteman non armati per lanciare in orbita speciali trasmettitori radio. Questi trasmettitori, una volta in orbita, avrebbero trasmesso messaggi pre-registrati alle forze nucleari, ordinando un contrattacco. La differenza cruciale rispetto a Perimetr era che ERCS richiedeva sempre un comando esplicito da parte della leadership americana per essere attivato. Non era un sistema completamente automatico come il suo omologo russo; si trattava piuttosto di un meccanismo per aggirare la distruzione delle infrastrutture di comunicazione, non un sistema per lanciare missili in autonomia.


La logica della deterrenza e i suoi rischi

Sia Perimetr che ERCS riflettono la logica della deterrenza nucleare: l'idea che la minaccia di una rappresaglia sicura, anche dopo la propria morte, possa scoraggiare qualsiasi attacco. Il messaggio è chiaro: "Se ci colpite, sarete colpiti anche voi, non importa cosa succeda".

Tuttavia, questi sistemi automatici mettono in luce i rischi insiti in questa strategia. Essi riducono il tempo a disposizione per il processo decisionale e aumentano il rischio di un lancio accidentale, causato da un falso allarme o da un guasto tecnico. L'escalation verbale tra Trump e Medvedev ha ricordato al mondo che, nonostante la fine della Guerra Fredda, questi meccanismi sono ancora potenzialmente attivi e minacciosi.

La loro esistenza solleva un interrogativo fondamentale: fino a che punto possiamo affidare la sicurezza globale a sistemi progettati per agire al di là del controllo umano?


La minaccia di questi sistemi di risposta automatica, sebbene inquietante, è uno degli aspetti centrali della complessa e pericolosa "partita" della deterrenza nucleare. Un gioco che dobbiamo al più presto smettere di giocare!

QUI un approfondimento sui sistemi di rappresaglia automatici post-mortem

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PICCOLO RIEPILOGO DEL GIOCO DI MINACCE TRA I SUPERBULLI TRUMP E MEDVEDEV; E UN PO' DI RASSEGNA STAMPA SULLA VICENDA E LE SUE IMPLICAZIONI (3 agosto 2025)

Partiamo, per poi entrare più dettagliatamente nell'argomento, dalla decisione del presidente USA Donald Trump di schierare sottomarini nucleari "più vicino alla Russia". Appare, in prima battuta, come una risposta roboante a Dimitri Medvedev, numero 2 del Consiglio di sicurezza russo, che aveva scritto su X che "ogni ultimatum degli USA è un passo verso la guerra". Si partiva dai 10 giorni intimati da Trump a Mosca per l'inizio di negoziati sull'Ucraina. C'era stata una sua  prima replica su Truth: "Medvedev stia attento a quel che dice, sta entrando in territori molto pericolosi". Che aveva suscitato una ribattuta piccata e sarcastica del russo: "Trump si ricordi della pericolosità della nostra Mano Morta".

Il riferimento inquietante è a un sistema automatico di risposta nucleare sviluppato durante la Guerra Fredda dall’Unione Sovietica. Il suo nome ufficiale è “Perimetr”, ma in Occidente è noto, appunto, come “Dead Hand”. Si tratta del progetto di lanciare automaticamente missili atomici di rappresaglia nel caso in cui la leadership sovietica sia annientata da un improvviso "first strike" nemico. Funziona come una sorta di “ultima risorsa”: se non arrivano segnali vitali dal comando centrale, il sistema può attivarsi e ordinare un contrattacco nucleare. L’obiettivo sarebbe garantire la mutua distruzione assicurata, scoraggiando qualsiasi attacco preventivo contro Mosca. Il messaggio è stato interpretato a Washington come una minaccia implicita, un modo per ricordare agli Stati Uniti che la Russia conserva capacità di rappresaglia anche in scenari estremi.

Trump, come sappiamo, ha ordinato il posizionamento di due sottomarini nucleari “in regioni appropriate”, prendendo le parole di Medvedev molto di più di semplici "provocazioni". Ha sottolineato che “le parole sono importanti e possono avere conseguenze indesiderate”.

Questa escalation verbale tra due figure di spicco ha riportato alla ribalta vecchi fantasmi della Guerra Fredda, con toni apocalittici e riferimenti a sistemi che, si spera, siano presto relegati nella pattumiera della Storia. Ma questo dipende dalla nostra vigilanza e dal nostro impegno per arrivare ad abolire, con strategie e iniziative adeguate, la "deterrenza"!

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Il teatrino di botta e risposta sopra descritto succede mentre Putin, in visita da Lukaschenko,  il suo vassallo bielorusso, annuncia che gli Oreshnik a medio raggio verranno schierati in Bielorussia entro fine anno. E qui entriamo nel campo più serio del ritorno degli euromissili con annessi scenari di guerra limitata di teatro.

Il generale Vincenzo Camporini, ex capo di Stato maggiore della Difesa, esperto di strategia militare e geopolitica, sul Corriere della Sera del 3 agosto 2025, dà la sua valutazione: "Le minacce sono retorica ma rischiano di innescare la reazione del Cremlino".

Ecco i passi salienti della sua intervista al giornalista Riccardo Frignano:

"Da quando esiste la deterrenza nucleare, i sottomarini americani e russi, ma anche quelli cinesi, francesi e britannici, sono sempre in crociera ... Quindi credo che le ultime dichiarazioni del presidente USA abbiano poco senso, se non quello della retorica politica ... E' un gioco, non una cosa seria, che potrebbe tuttavia spingere la Russia a mettere in allerta la sua flotta sottomarina nucleare. E questo non sarebbe cosa da poco" (...)

I sottomarini si spostano di continuo oggi come ieri. Sono un fattore fondamentale della cosiddetta triade che compone la deterrenza strategica insieme con i bombardieri e le rampe di terra... 

Sono particolarmente micidiali... perché di difficilissima localizzazione e identificazione ... Il confronto tra sottomarini USA e russi può avvenire ovunque nel mondo, dall'Artico al Pacifico, anche perché alla fine i missili nucleari possono essere lanciati da 6-7.000 km, quindi con il battello in un luogo sicuro e non necessariamente davanti al territorio nemico...

ll Mediterraneo è tuttora scenario di confronto, con le nostre unità (italiane - ndr) che danno la caccia ai sommergibili convenzionali d'attacco russi che non sono però nucleari".

Sul Corriere della Sera della stessa data (3 agosto) registriamo infine l'intervista di Marco Imarisio a Evgenij Savostyanov, ex dirigente del KGB, che dichiara: "Non vedo escalation, ma Mosca è da temere".

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Il MANIFESTO del 3 agosto in prima pagina riporta questo richiamo all'articolo di Sabato Angieri a pagina 5: UCRAINA, «Sottomarini atomici», ma Mosca minimizza.

L’analista dice che «sta facendo i capricci», il generale che «l’ordine non l’ha mai dato», l’ex militare e deputato che «non sono una minaccia»: il roboante annuncio di Trump sulla mobilitazione di due sottomarini nucleari, in Russia viene accolto con freddezza.

Il silenzio di Mosca su Trump e i sottomarini nucleari Usa
Il Cremlino forse sospetta una mossa di Washington per accelerare i negoziati con l’Ucraina

"(E' plausibile che Trump rispondendo a Medvedev con i sottomarini abbia lanciato) un monito a Putin per accelerare le trattative sulla tregua in Ucraina in vista dell’ultimatum dell’8 agosto per i dazi alla Russia e per far sapere agli altri che commerciano con Mosca (India e Cina in primis) che gli Stati uniti non scherzano. (...) Kim Jong un.
IL CREMLINO, per ora, non ha risposto. Le uniche repliche sono giunte dall’ex generale e deputato della Duma Leonid Ivlev - i sottomarini «non rappresentano una minaccia per la sicurezza russa» e «siamo a conoscenza delle manovre Usa» - e dal parlamentare Viktor Vodolatsky, che invece ha alzato un po’ i toni: «È inutile cercare di spaventare la Russia, che dispone di sottomarini nucleari molto più numerosi e meglio equipaggiati negli oceani del mondo e sta prendendo di mira la flotta statunitense». Non hanno parlato Putin, né il ministero degli Esteri, né la Difesa o altre figure di rilievo. E questo silenzio vuol dire molto di più delle sparate di Medvedev".

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Anche per LA STAMPA (3 agosto 2025) in prima pagina c'è un richiamo all'articolo di Stefanini: MINACCE NUCLEARI, L'ARMA DI DONALD PER NEGOZIARE E I RISCHI CON PUTIN e ai pezzi delle pagine 8 e 9.

 Alberto Simoni scrive di: ESCALATION SOTTO I MARI

"Al duplice avvertimento di Donald Trump - sanzioni in mancanza di un cessate il fuoco l’8 agosto e avvicinamento verso la Russia di due sottomarini con dotazioni nucleari di classe Ohio - il presidente russo replica mostrando il missile Oreshnik (nocciolo), un vettore balistico ipersonico a medio raggio che entro fine anno potrebbe essere schierato anche nel Paese-satellite di Mosca, la Bielorussia. 

Il braccio di ferro fra Usa e Russia avviene su un doppio piano: quello dei gesti è sotto gli occhi di tutti così come quello del botta e risposta fra Trump e l’ex presidente, e super falco russo, Dmitry Medvedev che parla di ultimatum come «passo pericolo verso una guerra contro gli Usa». Trump ha detto di aver ordinato il dispiegamento dei sottomarini «per questioni di sicurezza nazionale» e ha accusato Medvedev di usare le parole con troppa leggerezza, ma certe «cose portano a conseguenze imprevedibili». Mosca minimizza: «I sottomarini non sono una minaccia». Nel botta e risposta, spicca il silenzio di Putin. Certo i missili ipersonici mostrati valgono più delle parole. (...) 

Stufo e frustrato è il presidente Trump nei confronti di Putin. In un’intervista alla tv conservatrice Newsmax, The Donald ha definito Putin «un tipo tosto» e ha ricordato di come nonostante le conversazioni con lui siano state sempre positive, poi riprendeva a bombardare i civili. Da qui la riduzione dell’ultimatum da 50 giorni a 10 (scadenza 8 agosto) per le sanzioni. Il presidente Usa ha anche riconosciuto che Putin «se la cava bene con le sanzioni, sa come evitarle».

Abbiamo quindi l'analisi di Stefano Stefanini: Lo scontro segna la fine dell’autodisciplina. Ha iniziato Mosca con le bombe tattiche in Ucraina
Non c’è deterrenza senza diplomazia così si torna alla paura nucleare

"Resta il fatto che Mosca e Washington  non si scambiava
no dirette minacce nucleari da decenni. Già ben prima della fine della Guerra Fredda, le due Superpotenze avevano adottato un codice di condotta e di linguaggio che teneva lontano lo spettro della guerra nucleare. Erano entrambi ben consapevoli del rischio di “mutua distruzione assicurata” (“Mad”). Forse proprio perché ben consapevoli volevano evitarla. Comprensibilmente. Ci furono innalzamenti di tensione, in particolare nel 1973 a margine della guerra israelo-egiziana del Kippur, e falsi allarmi – in privato, Zbigniew Brzezinski raccontava istantanei preparativi per un’evacuazione della Casa Bianca, subito abortita, durante la presidenza Carter. Ma dalla crisi dei missili cubani del 1962 in poi russi ed americani si sono ben guardati dallo sbandierare la famigerata lettera “n”. Si sono invece adoperati per una rete pattizia di riduzione e controllo armamenti, ormai smantellata tranne che per il New START, in scadenza fra sei mesi con grosse incognite sulla reciproca volontà di rinnovarlo. Due giorni fa, sullo sfondo di una guerra al centro dell’Europa, si compiva il 50° anniversario dell’Atto Finale di Helsinki che stabilizzava i rapporti fra i due blocchi, Nato e Patto di Varsavia. Altri tempi.

Il confronto verbale di questi giorni non è in alcun modo paragonabile alla crisi dei missili cubani. Segnala, tuttavia, un passo nel progressivo deterioramento dell’autodisciplina auto-impostasi dalle due massime potenze nucleari. Il cattivo esempio viene da Mosca che ha ventilato spesso la minaccia di uso di armi nucleari «tattiche» in connessione con la guerra in Ucraina. Lo ha fatto liberamente il cane sciolto Medvedev, con qualche allusione Putin. Il messaggio di dissuasione della Casa Bianca di Joe Biden fu fermissimo ma sotto la soglia della ritorsione atomica. Fece “de-escalation”. Adesso siamo in escalation. Primo, perché non si parla più delle “bombette” atomiche tattiche in Ucraina, ma delle armi nucleari strategiche che sorvolano l’Atlantico. Con gli arsenali in possesso di Usa e Russia, possono distruggere l’intero pianeta (non ne abbiamo altri). Secondo, perché alla mezza tacca Medvedev risponde il presidente degli Stati Uniti spostando due sommergibili atomici e aggiungendo: «Le parole sono importanti e possono condurre a conseguenze non volute». Donald Trump è il presidente che voleva mettere fine alle guerre. Aggredì il malcapitato Volodymir Zelensky accusandolo di causare la terza guerra mondiale. Non ha cambiato intenzione. Ma non è riuscito a far cessare alcuna guerra. In Ucraina, cozza contro l’opposta volontà di Vladimir Putin che, convinto di vincere, la vuole continuare. Vicolo cieco. Come uscirne? Irritato da Medvedev, Trump risponde “nucleare per nucleare” alzando il livello dello scontro. Ha già minacciato sanzioni. È il suo modus operandi: accrescere la pressione per arrivare al “deal”. Così si fa sul mercato immobiliare di Manhattan. Ma i grattacieli della Quinta Strada non sono i silos dei missili a testata atomica. L’escalation verbale rivela una pericolosa perdita di paura del rischio nucleare da parte chi lo può scatenare e, pertanto, lo dovrebbe temere. Riflette l’oblio delle opinioni pubbliche. Per le generazioni post guerra fredda, i Millenial e la Z, è l’ultima delle preoccupazioni. Non sanno. I governanti che sanno, anziché guidare, si accodano. Con l’atomica non si scherza. Un consiglio a Dmitry e a Donald? Rivisitare la crisi del 1962 che portò il mondo sul ciglio della catastrofe. Per Dmitry scorrendo le memorie dentro In Confidence di Anatoly Dobrynin, sempiterno ambasciatore sovietico in Usa. Per Donald dedicando una serata a 13 Giorni, film del 2000 di Roger Donaldson. Raccontano lo stesso copione, l’uno dall’esterno, l’altro dall’interno della Casa Bianca. Dove rivelano una maturità strategica reciprocata al Cremlino. Oggi latitante. Altri tempi. —

Festival della nonviolenza poietica, nell'ambito di "Gli alberi custodi-seminare la pace"

Comiso, 3-6 luglio 2025 

Giovedì 3 luglio - Giornata dedicata alle obiezioni di coscienza, al disarmo unilaterale e alle caratteristiche di base dell'antimilitarismo nonviolento "universalistico"

dalle ore 11:00 - IL PERICOLO URGENTE DELL'"OLOCAUSTO ATOMICO"

Apertura del Festival con la presentazione del libro di Alfonso Navarra (in presenza): "La guerra nucleare spiegata a Greta".

Qui sopra la parte prima

Qui sopra la parte seconda

dalle ore 12:00 - NO AL RIARMO E ALL'ECONOMIA DI GUERRA

Angelo Gaccione, tra i fondatori della Lega per il Disarmo unilaterale, in presenza, perora l'opposizione alla NATO. Daniele Barbi, da remoto, antinuclearista "storico", da Trier, illustra il riarmo tedesco

Qui sopra puoi vedere la prima parte dell'intervento di Gaccione

Qui sopra Gaccione conclude e Daniele Barbi integra con analisi contro il nucleare e contro il riarmo tedesco

Dalle ore 17:00 - LA NONVIOLENZA DEI CORAGGIOSI E DELLE CORAGGIOSE

Quali sono le caratteristiche peculiari dell'antimilitarismo nonviolento? Marco Zinno, Radio Nuova Resistenza, in presenza, introduce Turi Vaccaro, in presenza, che ne esemplifica una declinazione, raccontando la viva esperienza delle sue lotte e delle sue disobbedienze civili ad alto rischio. Dialogo di Turi con Alfonso Navarra (in presenza), Antonella Nappi (da remoto), Daniele Barbi (da remoto), Totò Schembari (in presenza)

 

Qui sopra, nella prima parte, il racconto di Turi Vaccaro

Venerdì 4 luglio - Giornata dedicata alla politica di base, alla conversione ecologica e alla società intrinsecamente pacifica

Sabato 5 luglio - Giornata dedicata alla diplomazia popolare e ai percorsi per il disarmo

Domenica 6 luglio - Giornata dedicata alla riflessione e alla meditazione spirituale. Celebrazione alla Pagoda per la pace

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Sabato 5 luglio - Giornata dedicata alla diplomazia popolare e ai percorsi per ottenere il disarmo 

dalle ore 16:30 -  LA COSTITUZIONE DELLA TERRA PRESENTATA DA PAOLA PAESANO

 

Il caso dell'Iran e la "doppia verità" sul nucleare

Approfondiremo questa problematica nell'incontro online che abbiamo convocato per il 27 giugno, dalle ore 17:00 alle ore 20:00. Ecco il link per partecipare:

https://us06web.zoom.us/j/88436423243?pwd=xQj2ANitRlkZTSRn9vDgbqxV4fMQQV.1)

Dobbiamo subito chiarire un punto fondamentale, perché con Gramsci, interessati - da antimilitaristi nonviolenti - a rivoluzionare la società, siamo convinti che la verità sia rivoluzionaria: i bombardamenti di Israele e USA non stanno affatto ripetendo - come ritiene certo estremismo pacifista ingenuo - il copione di Iraq 2003, quando vi fu l'intervento militare americano con il pretesto di armi chimiche che Saddam Hussein effettivamente non possedeva.

Netanyahu, il premier di Israele obbligato alla guerra anche per problemi personali, sicuramente mente quando afferma che l'Iran può farsi la Bomba praticamente domani. Ma allo stesso modo mentono gli ayatollah italiani quando giurano che i loro piani hanno solo implicazioni energetiche.  Per il semplice motivo che il nucleare è una tecnologia della potenza intrinsecamente dual use.

La doppia natura del nucleare

E' Il punto cruciale da comprendere questa doppia faccia della tecnologia nucleare. A differenza di altre forme di produzione energetica, i processi e i materiali necessari per generare energia nucleare a scopi pacifici sono gli stessi, o molto simili, a quelli richiesti per lo sviluppo di armi nucleari.

Ecco perché:

  • Arricchimento dell'uranio: Le centrali nucleari civili richiedono uranio arricchito per produrre energia. Lo stesso processo di arricchimento può essere spinto a livelli più elevati per produrre uranio altamente arricchito (HEU), che è il combustibile primario per le armi nucleari. Le centrifughe utilizzate per l'arricchimento sono identiche, cambia solo il grado di arricchimento desiderato.
  • Produzione di plutonio: I reattori nucleari, anche quelli progettati per la produzione di energia, producono plutonio come sottoprodotto del processo di fissione. Il plutonio è un altro materiale fissile chiave per la costruzione di armi nucleari. Il riprocessamento del combustibile nucleare esaurito può estrarre il plutonio, rendendolo disponibile per usi militari.
  • Conoscenze e competenze: Lo sviluppo di un programma nucleare civile su larga scala forma ingegneri, scienziati e tecnici con le competenze e le conoscenze approfondite sui processi, i materiali e le tecnologie nucleari. Queste competenze sono direttamente trasferibili dalla sfera civile a quella militare.
  • Infrastrutture: Le infrastrutture necessarie per un programma nucleare civile (laboratori, impianti di ricerca, misure di sicurezza, ecc.) possono essere, con modifiche relativamente minori, adattate per supportare un programma di armi nucleari.

Applichiamo ora questa tesi al contesto menzionato:

  • Le affermazioni iraniane: Quando gli "ayatollah italiani" (o, più precisamente, i sostenitori del regime iraniano) affermano che i loro piani nucleari hanno "solo implicazioni energetiche", stanno omettendo una parte fondamentale della verità. Anche se la loro intenzione primaria fosse sinceramente la produzione di energia, la natura dual-use della tecnologia significa che il potenziale per lo sviluppo di armi nucleari è sempre presente e intrinseco al programma. È una questione di capacità, non solo di intenzione dichiarata.
  • Le accuse di Netanyahu: Dall'altro lato, quando Netanyahu afferma che l'Iran può farsi la bomba "praticamente domani", sta probabilmente, diciamo sicuramente esagerando per motivi politici. Tuttavia, la sua affermazione si basa sulla consapevolezza che il programma nucleare iraniano, data la sua estensione e le sue capacità di arricchimento e potenziale riprocessamento, ha già creato le basi tecnologiche e scientifiche che potrebbero, in tempi relativamente brevi e con una decisione politica, essere reindirizzate verso un uso militare.

In sostanza, entrambe le parti, pur con intenzioni e scopi divergenti, si muovono in un campo in cui la tecnologia stessa permette interpretazioni e preoccupazioni diverse. La complessità non risiede nel determinare se una parte sia "completamente onesta" e l'altra "completamente disonesta", ma nel riconoscere la realtà intrinseca della tecnologia nucleare che rende possibile sia l'uso pacifico che quello militare.


Le implicazioni geopolitiche

Questa dualità è la ragione principale per cui il programma nucleare iraniano è oggetto di così tanta sorveglianza internazionale e negoziazioni complesse (come l'accordo sul nucleare JCPOA, sebbene ora in discussione). La comunità internazionale cerca di limitare la capacità dell'Iran di acquisire i materiali o le competenze per sviluppare armi nucleari, pur riconoscendo il suo diritto all'uso pacifico dell'energia atomica.

Ecco la verità fondamentale: il nucleare è una "tecnologia della potenza" intrinsecamente dual-use. Questo dato di fatto rende estremamente difficile distinguere nettamente tra un programma nucleare "pacifico" e uno con intenzioni "belliche", in quanto le capacità acquisite per l'uno possono essere rapidamente convertite per l'altro. Questo crea un ambiente di sfiducia e preoccupazione costante nelle relazioni internazionali, specialmente in regioni già tese come il Medio Oriente.


Condanna netta di bombardamenti criminali

Tutto quanto sopra chiarito va accompagnato alla condanna dei raid di Trump e Netanyahu contro l'Iran, "criminali" in quanto violano il diritto internazionale.

Le escalation belliche sono sempre un azzardo perché è facile iniziare le guerre, il difficile è porvi fine.

Sono a rischio la vita di tante persone, l'ambiente che può restare contaminato da diverse Chernobyl, le possibilità di convivenza pacifica in un'area geopolitica molto tormentata, gli assetti dell'economia globale che vanno modificati, non terremotati.

Quindi è giusto mobilitarsi per chiedere ai governi di fare tacere le armi e al governo italiano di non farsi coinvolgere anche solo di striscio in avventure belliche...


Una cattiva ONU è sempre meglio di nessuna ONU

Seguiamo un ragionamento sviluppato dal giurista Domenico Gallo su IL FATTO QUOTIDIANO del 24 giugno 2025.

"Il progetto di ordine internazionale, preannunciato dalla Carta Atlantica (14 agosto 1941), partorito con la Carta delle Nazioni Unite (26 giugno 1945) e fondato sulla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (10 dicembre 1948), non si è mai completamente realizzato e adesso sta attraversando una crisi profonda che mette in dubbio persino l’esistenza giuridica dei suoi assiomi principali. L’ordine internazionale prefigurato dalla Carta Onu raccoglieva la sfida del perseguimento di una pace stabile e universale fra le nazioni da realizzarsi attraverso il diritto. (...)

La novità principale del nuovo diritto internazionale post-bellico consisteva nella messa al bando della guerra, proclamata categoricamente dall’art. 2, comma 4, della Carta di San Francisco: “I membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite”.
La Carta Onu non ha messo la guerra fuori dalla Storia (non avrebbe potuto), ma l’ha messa fuori dal diritto, espungendo dalle prerogative della sovranità lo ius ad bellum, o quanto meno degradandolo. Su questa scia è intervenuta la Costituzione italiana che, con gli artt. 10 e 11, ha messo la guerra fuori dall’ordinamento. Si è trattato di un’innovazione che ha cambiato la natura del diritto realizzando la fusione fra la tecnica giuridica e un’istanza etica di valore universale.

La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ha completato questo processo attraverso l’inserimento nel diritto internazionale di una tavola di valori che mette al centro la dignità di ogni essere umano, in questo modo ponendo le basi del diritto internazionale dei diritti umani. Questa è stata la vera lezione positiva che l’umanità ha tratto uscendo dalla notte della Seconda guerra mondiale, il patrimonio morale che l’Occidente ha costruito per l’umanità intera.
Oggi dobbiamo constatare che questo patrimonio morale è stato completamente dilapidato proprio da quei paesi che rivendicano i “valori” dell’Occidente. Con esso è stata demolita l’idea stessa posta a fondamento dell’ordinamento nato sulle ceneri della Seconda guerra mondiale, cioè che il diritto debba regolare le relazioni internazionali per assicurare la convivenza pacifica fra le nazioni".

Ecco su cosa dobbiamo fondare la nostra opposizione all'interventismo militare: non sullo schierarsi dalla parte degli "onesti" ayatollah contro il "bugiardo" Netanyahu (dobbiamo fare la gara al più pulito che ci ha la rogna?) ma per la difesa di un mondo in cui la forza del diritto sia prevalente rispetto al diritto della forza armata!

DALLA CONFERENZA ONU DI NEW YORK UN FORTE NO ALLA DETERRENZA DA RESPINGERE COME CONCETTO IN SE'.

LA REVISIONE DEL TRATTATO PER IL BANDO DELLE ARMI NUCLEARI CONVOCATA A NEW YORK, PRESSO IL PALAZZO DI VETRO, NEL NOVEMBRE DEL 2026

Gli Stati del TPNW concordano sul fatto che il bando delle armi nucleari è l'alternativa alla deterrenza e alla proliferazione nucleare

La Terza Riunione degli Stati Parte del Trattato delle Nazioni Unite sulla Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW) - svoltasi dal 3 al 7 marzo 2025 a New York presso la sede delle Nazioni Unite - si è conclusa con una dichiarazione politica che respinge in sé la deterrenza nucleare, e adotta una serie di decisioni che rafforzano il processo del Trattato.

Si vada su: https://www.icanw.org/tpnw_third_meeting_of_states_parties_closes_rejects_nuclear_deterrence

E si vada a questo link per la dichiarazione politica degli Stati:
https://docs-library.unoda.org/Treaty_on_the_Prohibition_of_Nuclear_Weapons_-ThirdMeeting_of_States_Parties_(2025)/TPNW_MSP_2025_CRP.4_Draft_political_declaration.pdf

86 paesi hanno partecipato all'incontro (3MSP) in qualità di Stati parte o osservatori, impegnandosi in un dialogo intenso durante la settimana, adottando una dichiarazione politica e un pacchetto di decisioni. L'incontro ha visto anche la partecipazione attiva di un migliaio di rappresentanti di 163 organizzazioni della società civile, tra cui molte voci delle comunità interessate dai test, e nove organizzazioni internazionali. Oltre 70 eventi si sono svolti nel contesto del 3MSP, nelle Nazioni Unite e in tutta la città durante la Settimana per la messa al bando delle armi nucleari.

Nella Dichiarazione adottata al termine dell'incontro, gli Stati parti del TPNW hanno ribadito che il modo migliore per far progredire la sicurezza globale dalle armi nucleari è quello di coinvolgere più paesi nel Trattato, tra cui 94 firmatari e 73 Stati parte. Gli Stati parti hanno convenuto che "le armi nucleari sono una minaccia per la sicurezza e, in ultima analisi, per l'esistenza di tutti gli Stati, indipendentemente dal fatto che possiedano armi nucleari, sottoscrivano la deterrenza nucleare o vi si oppongano fermamente".

Le comunità colpite dalle armi nucleari, compresi i popoli indigeni, sono state parte integrante dell'incontro e della forza dei suoi risultati. Il 3MSP ha ascoltato gli appelli dei Premi Nobel per la Pace, Nihon Hidankyo, e delle persone colpite del popolo Yankunytjatjara, del Kazakistan, della Repubblica di Corea, di Maohi Nui (Polinesia francese), di Kiribati, delle Fiji, della Nazione Navajo, tra gli altri, su come gli Stati TPNW possano sostenere al meglio le persone più colpite attraverso l'attuazione del Trattato.

Gli Stati hanno convenuto di continuare a lavorare sul piano d'azione di Vienna in 50 punti adottato in occasione della prima riunione degli Stati parte nel 2022, al fine di poter fare il punto sui progressi compiuti e preparare la prossima serie di azioni in occasione della Conferenza di revisione.
La Conferenza di revisione del TPNW si terrà presso la sede delle Nazioni Unite a New York nel novembre 2026, con il Sudafrica in qualità di presidente.

2 side events sono stati curati da Disarmisti esigenti & partners, che hanno partecipato con una delegazione numerosa e motivata: Costituente Terra, Hour House, Pagoda per la pace Comiso, Marcia mondiale per la pace e la nonviolenza.
Nel primo abbiamo approfondito l'applicazione del principio della sicurezza comune, alla base del working paper da noi presentato; nel secondo abbiamo richiamato l'esperienza del movimento che ebbe Comiso la sua città simbolo per lanciare una nuova campagna contro lo scenario incombente, con il riarmo nucleare bielorusso a Est e con i nuovi euromissili in Germania, della guerra nucleare limitata al teatro europeo.
La Pagoda per la pace ha proposto la sua performance: alzare le braccia al cielo per "arrendersi" alla forza universale della vita (NA MU MYO HO REN GE KYO) esigente il disarmo degli eserciti e delle armi.
Abbiamo, con essi e con varie iniziative, anche nelle strade di New York, cominciato a seminare sulla necessità che la forza accumulata nel percorso umanitario sia impiegata anche in percorsi che rendono il contesto politico generale più favorevole rispetto all'adesione al TPNW. Si tratta di: 1) raccordare ICAN con la campagna per il NO FIRST USE (ne ha parlato in plenaria anche il sindaco di Hiroshima); 2) avviare una Helsinki 2 che faccia anche da orizzonte per una mobilitazione di base contro i nuovi euromissili, ad Est (Bielorussia) e a Ovest (Germania); portare avanti il progetto di una Costituzione della Terra.

Un webinar "NUCLEARE, TECNOLOGIA DELLA POTENZA", sulla minaccia nucleare oggi, sia civile che militare, convocato dai Disarmisti esigenti, proporrà una discussione su come continuare la semina, che abbiamo avviato con successo, riguardo ai diversi percorsi che, dall'abolizione, porteranno alla eliminazione effettiva delle armi nucleari.

Link per partecipare mercoledi 13 marzo 2025 - dalle ore 18:00 alle ore 20:00

https://us06web.zoom.us/j/84583532098?pwd=Gsx9tu3nAqPxCCCUbKQR1bO0ikU85l.1

ID riunione: 845 8353 2098
Codice d’accesso: 152204

Alfonso Navarra e Ennio Cabiddu - Disarmisti esigenti (www.disarmistiesigenti.org email coordinamentodisarmisti@gmail.com)
Per contatti telefonici: 340-0736871 - 366-653 5384

Guarda i video del 13 marzo 2025, che documentano il  webinar sul NUCLEARE TECNOLOGIA DELLA POTENZA, svoltosi il 13 marzo 2025, dalle ore 18:00 alle ore 20:30, per iniziativa dei Disarmisti esigenti.

Il webinar, nei video da esso ricavati, è stato diviso in due sezioni, due parti per sezione.

La prima sezione, della durata di un'ora e venti minuti, è dedicata al rilancio dei piani nucleari in Europa e in Italia.

Qui sotto prima parte della prima sezione, con gli  interventi di Navarra, coordinatore dei Disarmisti esigenti, Giuseppe Farinella, direttore de IL SOLE DI PARIGI, Daniele Barbi, del Comitato antinucleare di Trier (Germania).

Qui di seguito, sempre per la prima sezione, la seconda parte, con gli interventi di Daniele Barbi, Luigi Mosca (fisico nucleare, già direttore dal Laboratorio sotterraneo di Modane, Francia), Luciano Benini (fisico nucleare, già presidente del MIR), Alfonso Navarra

 

WEBINAR IL NUCLEARE TECNOLOGIA DELLA POTENZA 

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