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No arsenali Si ospedali

Coronavirus: emergenza collegata alla distruzione degli habitat, effetto del riscaldamento globale e delle guerre.
Che fare per fronteggiarla?
La proposta dei Disarmisti esigenti, di WILPF Italia e di forze e personalità ispirate dalla cultura della terrestrità e della pace: convertire le spese militari in investimenti per la salute, aderire al Trattato di proibizione delle armi nucleari, ritirarsi dalle guerre neocoloniali in cui siamo coinvolti come italiani

Promossa da Disarmisti Esigenti e WILPF Italia (coordinamento politico organizzativo), membri italiani ICAN 

Con invito ad aderire, sostenere, diffondere.

Per sottoscrivere on line: 

http://www.disarmistiesigenti.org/2020/03/23/no-arsenali-si-ospedali/ 

(Dopo il testo dell'appello DE-WILPF la pagina riporta il comunicato della RID e altri interventi)

Emergenza coronavirus: è chiaro che "dopo" la crisi in cui siamo tragicamente immersi ben poco resterà come "prima". E noi, i promotori del presente appello, siamo tra quelli che vorremmo un "dopo" di grande cambiamento in direzione positiva, in cui il "prima" - il malsviluppo dell'accumulazione per il profitto e per la potenza che ci ha condotto alla catastrofe - sia consapevolmente abbandonato.
Questo "dopo" dovrebbe incorporare i valori che, praticati "durante", ci permetteranno di superare nel miglior modo possibile questo difficile momento: dopo anni di chiusure nazionalistiche, di razzismi, di odi e conflitti armati, un senso di solidarietà tra le persone e tra i popoli; dopo l'attacco a tutto ciò che è statale e le privatizzazioni selvagge, una rivalutazione della sfera pubblica e degli interventi programmati da parte dello Stato; e soprattutto un inizio di consapevolezza della dipendenza e fragilità umana rispetto alle forze della Natura, che deve tradursi in comportamenti individuali e collettivi sobri e prudenti, di rispetto per tutta la comunità dei viventi. L'ecosistema globale sconvolto reagisce e ci attacca con "nuovi" virus, in attesa di colpi ancora più tremendi che verranno da tempeste, alluvioni, siccità, desertificazione, carestie...
Potremmo ora, edotti dalla drammatica esperienza che stiamo affrontando, finalmente percepire che tutti gli esseri umani, articolati nei vari popoli, sono una unica famiglia che appartiene alla Madre Terra e che, come consigliava Martin Luther King: "Dobbiamo imparare a vivere tutti insieme come fratelli, altrimenti periremo tutti insieme come idioti".

La componente ecopacifista dell'arcipelago nonviolento, ispirata dai Disarmisti esigenti, e a WILPF Italia, membri della Rete ICAN (Campagna Internazionale per l'abolizione delle armi nucleari), premio Nobel per la pace 2017, sulla base di questi presupposti di convivenza e collaborazione pacifica universale, propone che si inizi la conversione del sistema militare anche per sostenere le spese sanitarie urgenti necessarie per sconfiggere l'epidemia in corso, evitando la catastrofe.
L'apparato militare-industriale-fossile-nucleare è la principale causa delle minacce che incombono sull'umanità tutta: in primis il pericoloso intreccio tra minaccia nucleare e minaccia climatica in sinergia con la disuguaglianza economica e l'oppressione le cui vittime sono in crescita esponenziale a partire da donne, bambini e i soggetti fragili.

E' necessario, allora, che le risorse pubbliche ad esso destinate comincino a essere dirottate verso un serio "Green New Deal", una conversione ecologica dell'economia, uno stop all'accumulazione illimitata e un focus sui bisogni umani e di salvaguardia dell'ambiente, realizzante la piena occupazione; un ecosviluppo che vede tra i suoi pilastri anche una sanità pubblica messa in grado di fronteggiare emergenze come quella terribile da coronavirus.

Come richiesta urgente per l'Italia, proponiamo in particolare che le spese militari, a partire da quelle incostituzionali degli F35 e dei sistemi d'arma offensivi, siano dirottate subito verso misure sanitarie a beneficio della vita e della salute dei cittadini.

Reiteriamo la richiesta che l'Italia ratifichi il Trattato di proibizione delle armi nucleari, contribuendo alla sua entrata in vigore. E' mai possibile - non possiamo non chiederci - che una maggioranza al governo che ha votato per questo Trattato al Parlamento europeo poi si sottragga a questo impegno in Italia permettendo che si continuino a buttare soldi per mantenere le bombe atomiche USA in Europa (e sul nostro territorio)?

Nel mondo sono in corso varie guerre con drammatiche conseguenze umanitarie ed ambientali, di cui tre proprio di fronte al nostro balcone mediterraneo: Siria, Yemen e Libia, questa ultima che vede più direttamente implicata l'Italia, a difesa dell'ENI, in intricatissime partite geopolitiche con il petrolio e le altre risorse energetiche come posta principale.
Dal punto di vista dell'epidemia queste guerre potrebbero essere devastanti, come a suo tempo lo fu la famigerata influenza "spagnola".
Qui citiamo le parole dell'illustre infettivologo Aldo Morrone, direttore del San Gallicano:
"Se ci fosse una vera volontà di contrasto dell'epidemia bisognerebbe partire da un immediato stop alle guerre, da un immediato riconoscimento del diritto alla mobilità dei migranti e dei rifugiati, in sicurezza. Non è una fissazione pacifista ma una necessità scientifica".

Ascoltiamo queste parole e decidiamo di ritirarci unilateralmente da queste guerre e di revocare le missioni militari all'estero.
Sosteniamo l'alternativa della difesa civile non armata e nonviolenta promuovendo in particolare i corpi civili e le ambasciate di pace.
Orientiamo fondi pubblici verso la riconversione produttiva della industria bellica verso il settore civile: non bombe, cannoni e cacciabombardieri ma, ad esempio, i ventilatori e le attrezzature mediche di cui abbiamo tutti bisogno.
Ricordiamo il celebre adagio del mai dimenticato Presidente partigiano Sandro Pertini: "Si svuotino gli arsenali di guerra portatori di morte, si colmino i granai sorgenti di vita per milioni di persone che soffrono".

 

Primi firmatari:

 

Alex Zanotelli  - Moni Ovadia -Luigi Mosca - Michele Carducci - Vittorio Agnoletto - Guido Viale

 

Antonella Nappi - Sabina Santovetti - Tiziana Pesce 

 

Angelo Baracca - Alessandro Capuzzo - Tiziano Cardosi - Adriano Ciccioni - Tonino Drago - Giuseppe Farinella - Angelo Gaccione - Alessandro Marescotti - Pierangelo Monti - Renato Napoli - Giuseppe Natale - Enrico Peyretti - Oliviero Sorbini -  

 

Coordinamento politico-organizzativo:

Alfonso Navarra Fabrizio Cracolici Laura Tussi – Disarmisti Esigenti, promotori di XR PACE (cell. 0039-340-0736871 email alfonsonavarra@vrgilio.it)

Antonia Sani - Giovanna Pagani - Fabrizia Sterpetti - WILPF Italia

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Emergenza Coronavirus: necessario un nuovo modello di difesa e sicurezza

Più investimenti per la salute, meno spese militari

17 marzo 2020 - Comunicato Rete della Pace - Rete Italiana per il Disarmo 

L'Italia e il mondo intero stanno affrontando la gravissima emergenza sanitaria derivante dalla pandemia di coronavirus COVID-19, forse la più grande crisi di salute pubblica (e non solo) del dopoguerra per i paesi ricchi ed industrializzati. Rete della Pace e Rete italiana per il Disarmo si uniscono alle voci di vicinanza e compartecipazione ai problemi che l'intero Paese sta vivendo, con un particolare pensiero ai familiari delle vittime e un forte sostegno nei confronti degli operatori della sanità e di chi mantiene operativi i servizi essenziali.

La drammatica situazione causata dal COVID-19 deve farci riflettere e ripensare alle nostre priorità, al concetto di difesa, al valore del lavoro e della salute pubblica, al ruolo dello Stato e dell’economia al servizio del bene comune, con una visione europea ed internazionale, costruendo giustizia sociale, equità, democrazia, pieno accesso ai diritti umani universali, quali condizioni imprescindibili per ottenere sicurezza, benessere e pace.

Non possiamo però dimenticare che l'impatto di questa epidemia è reso ancora più devastante dal continuo e recente indebolimento del Sistema Sanitario Nazionale a fronte di una ininterrotta crescita di fondi e impegno a favore delle spese militari e dell'industria degli armamenti. Non siamo cosi sprovveduti da pensare che tutti i problemi sanitari dell'Italia si possano risolvere con una riduzione della spesa militare (anche per il diverso ordine di grandezza: 5 a 1), ma è del tutto evidente che una parte della soluzione potrebbe risiedere proprio nel trasferimento di risorse dal campo degli eserciti e delle armi a quello del sistema sanitario e delle cure mediche, tenendo conto che le tendenze degli ultimi anni dimostrano una strada diametralmente opposta. Mentre infatti (come dimostrano le analisi della Fondazione GIMBE - Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze) la spesa sanitaria ha subito una contrazione complessiva rispetto al PIL passando da oltre il 7% a circa il 6,5% previsto dal 2020 in poi, la spesa militare ha sperimentato un balzo avanti negli ultimi 15 anni con una dato complessivo passato dall'1,25% rispetto al PIL del 2006 fino a circa l'1,40% raggiunto ormai stabilmente negli ultimi anni (a partire in particolare dal 2008 e con una punta massima dell'1,46% nel 2013).

Le stime dell'Osservatorio Mil€x degli ultimi due anni ci parlano di una spesa militare di circa 25 miliardi di euro nel 2019, (cioè 1,40% rispetto al PIL) e di oltre 26 miliardi di euro previsti per il 2020 (cioè l'1,43% rispetto al PIL), quindi quasi ai massimi dell’ultimo decennio.
All'interno di questi costi sono ricompresi sia quelli delle 36 missioni militari all'estero (ormai stabilmente pari a 1,3 miliardi annui circa) sia quelli del cosiddetto "procurement militare", cioè di acquisti diretti di armamenti. Una cifra che negli ultimi bilanci dello Stato si è sempre collocata tra i 5 e i 6 miliardi di euro annuali. Sono questi i fondi che servono a finanziare lo sviluppo e l'acquisto da parte dell'Italia di sistemi d'arma come i caccia F-35 (almeno 15 miliardi di solo acquisto), le fregate FREMM e tutte le unità previste dalla Legge Navale (6 miliardi di euro complessivi) tra cui la "portaerei" Trieste (che costerà oltre 1 miliardo), elicotteri, missili. Senza dimenticare i 7 miliardi di euro "sbloccati" dalla Difesa e dal MISE, in particolare per mezzi blindati e la prevista "Legge Terrestre" da 5 miliardi (con Leonardo principale beneficiario).

Contemporaneamente nel settore sanitario sono stati tagliati oltre 43.000 posti di lavoro e in dieci anni si è avuto un definanziamento complessivo di 37 miliardi (dati sempre della Fondazione GIMBE) con numero di posti letto per 1.000 abitanti negli ospedali sceso al 3,2 nel 2017 (la media europea è del 5). Le drammatiche notizie delle ultime settimane dimostrano come non siano le armi e gli strumenti militari a garantire davvero la nostra sicurezza, promossa e realizzata invece da tutte quelle iniziative che salvaguardano la salute, il lavoro, l’ambiente (per il quale l’Italia alloca solamente lo 0,7% del proprio bilancio spendendone poi effettivamente solo la metà).

Infine va ricordato come l'Amministrazione statunitense sotto Trump stia spingendo affinché tutti gli alleati NATO raggiungano un livello di spesa militare pari al 2% rispetto al PIL. Una richiesta che, secondo recenti dichiarazioni e notizie di stampa, sarebbe stata accettata anche degli ultimi Governi italiani: ciò significherebbe un ulteriore esborso per spese militari di almeno 10 miliardi di euro per ogni anno. Riteniamo questa prospettiva inaccettabile, soprattutto quando è evidente che dovrebbero essere potenziati i servizi fondamentali per la sicurezza ed il progresso del Paese, a partire dal Sistema Sanitario Nazionale, insieme all’educazione, alla messa in sicurezza idro-geologica del territorio, alla processi di disinquinamento, agli investimenti per l’occupazione.

Il Governo, proprio in queste ore, ha messo in campo misure economiche straordinarie per rispondere all'emergenza sanitaria del coronavirus: "Cura Italia" costa 25 miliardi di denaro fresco, la stessa cifra del Bilancio della Difesa annuale, e certamente non basterà; quanto si potrebbe fare di più risparmiandoci le spese militari anche in tempi ordinari?

In definitiva è essenziale ed urgente:

rilanciare proposte e pratiche di vera difesa costituzionale dei valori fondanti la nostra Repubblica, come le iniziative a sostegno della Difesa Civile non armata e Nonviolenta. È necessario un aumento delle spese per la sanità, come è pure necessario investire, senza gravare sulla spesa pubblica, a favore della difesa civile nonviolenta e per questo chiediamo che vi siano trasferimenti di fondi dalla spesa militare verso la Protezione Civile, il Servizio Civile universale, i Corpi civili di Pace, un Istituto di ricerca su Pace e disarmo. Proponiamo inoltre che i contribuenti, in sede di dichiarazione dei redditi, possano fare la scelta se preferiscono finanziare la difesa armata o la difesa civile riunita in un apposito Dipartimento che ne coordini le funzioni. Un'opzione fiscale del 6 per 1000 a beneficio della difesa civile potrebbe consentire ai cittadini di contribuire direttamente a questa forma nonviolenta di difesa costituzionale, finora trascurata dai Governi che hanno sempre privilegiato la difesa militare armata;

ridurre le spese militari ed utilizzare tali fondi per rafforzare la sanità, per l’educazione, per sostenere il rilancio della ricerca e degli investimenti per una economia sostenibile in grado di coniugare equità, salute, tutela del territorio ed occupazione;

• puntare alla riconversione produttiva (anche grazie alla diversa allocazione dei fondi pubblici) delle industrie a produzione bellica verso il settore civile che consentirebbe, inoltre, di utilizzare migliaia di tecnici altamente qualificati per migliorare la qualità della vita (verso l'economia verde e la lotta al cambiamento climatico), non per creare armi sempre più sofisticate e mortali;

Già subito dopo la seconda guerra mondiale il nascente movimento pacifista chiedeva "Ospedali e scuole, non cannoni", come ricordava Aldo Capitini alla prima Marcia italiana per la pace e la fratellanza tra i popoli. Dopo 60 anni ci accorgiamo che quel semplice slogan non era un sogno utopistico generico, ma una realistica necessità politica: oggi ci troviamo con ospedali insufficienti e scuole chiuse, mentre spendiamo troppo per le armi.

Una conversione della difesa dal militare al civile è quello di cui abbiamo tutti bisogno.

 

 

 

 

 

 

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