Appello di Michele Santoro, Servizio Pubblico e personalità pacifiste contro l'invio delle armi all'Ucraina
ai cittadini, alla società civile e ai leader politici per una "staffetta dell'Umanità" da Aosta a Lampedusa
Camminare insieme, unire l'Italia contro la guerra, riaccendere la speranza
18/04/2023
Dopo più di un anno di guerra in Ucraina e centinaia di migliaia di morti, mettere fine al massacro, cessare il fuoco e dare inizio a una trattativa restano parole proibite. Si prepara, invece, una resa dei conti dagli esiti imprevedibili con l’uso di proiettili a uranio impoverito e il rischio di utilizzo di armi nucleari tattiche.
I governi continuano a ignorare il desiderio di pace dei popoli e proseguono nella folle corsa a armi di distruzione sempre più potenti.
Mentre milioni di persone sono costrette dalle inondazioni, dalla siccità e dalla fame, a lasciare le loro terre, centinaia di miliardi di euro vengono spesi per aumentare la devastazione dell’ambiente e spargere veleni nell’aria. L’intera Ucraina è rasa al suolo, un macigno si abbatte sull’Europa politica, aumentando le disuguaglianze, peggiorando le condizioni di vita dei lavoratori, flagellando le famiglie con l’aumento dei beni alimentari, della benzina, dell’energia e delle rate dei mutui.
Putin è il responsabile dell’invasione ma la Nato, con in testa il Presidente degli Stati Uniti Biden, non sta operando soltanto per aiutare gli aggrediti a difendersi, contribuisce all’escalation e trasforma un conflitto locale in una guerra mondiale strisciante.
Dalla stragrande maggioranza dei mezzi d’informazione viene ripetuta la menzogna dell’Occidente che si batte per estendere la democrazia al resto del mondo. Dimenticando l’Iraq, l’Afghanistan, la Libia e il Kossovo.
Si vuole imporre l’idea che non esista altro modo di porre fine alla guerra se non la vittoria militare di uno dei due contendenti e che l’Italia non possa far altro che continuare a inviare armi, limitandosi a invocare una soluzione diplomatica dai contorni indefiniti.
Noi pensiamo che l’Italia debba manifestare in ogni modo la sua solidarietà al popolo ucraino abbandonando, però, qualunque partecipazione alle operazioni belliche. Vogliamo tornare ad essere il più grande Paese pacifista del mondo, motore di una azione per la Pace e non ruota di scorta in una guerra.
Sappiamo che sono in moltissimi a condividere la nostra rabbia nel vedere sottratta alle nuove generazioni l’idea stessa di futuro, mentre si diffonde la sfiducia in una politica privilegio di pochi e il governo si mostra sempre più subalterno agli Stati Uniti e incapace di difendere gli interessi degli italiani e dell’Europa.
Ma siccome chi non è rappresentato e non costituisce una forza viene spinto a credere di non poter più incidere nella vita della Nazione, seguendo l’esempio del Movimento in Francia, vi chiediamo di reagire alla sfiducia, di usare il cammino come strumento di Pace, di costruire insieme una staffetta dell’umanità che parta da Aosta, Bolzano e Trieste fino a Lampedusa.
Questo appello è rivolto a chi sente il bisogno di fare qualcosa contro l’orrore della violenza delle armi e ha voglia di gridare basta.
Sembra impossibile che i senza partito, i disorganizzati, riescano in un’impresa così difficile. Ma se ciascuno di voi offrirà il suo contributo e se i leader e le organizzazioni che si sono pronunciati contro l’invio di armi daranno una mano, tutti insieme potremo farcela.
Hanno firmato l’appello:
Rosamaria Aquino
Alessandro Barbero
Roberto Baratta
Pietro Bartolo
Mara Battilana
Fausto Bertinotti
Ginevra Bompiani
Lorenzo Borrè
Emiliano Brancaccio
Massimo Cacciari
Giampaolo Cadalanu
Mario Capanna
Toni Capuozzo
Matteo Casula
Ascanio Celestini
Luigi De Magistris
Sandro De Toni
Donatella Di Cesare
Gianni Dragoni
Yana Ehm
Anna Falcone
Andrea Fiore
Francesco Forzati
Sara Gandini
Elio Germano
Luca Gianotti
Santo Gioffrè
Tano Grasso
Igor Grigis
Nicolai Lilin
Fiorella Mannoia
Claudio Marotta
Giuseppe Mastruzzo
Clara E. Mattei
Ugo Mattei
Rosa Menga
Tomaso Montanari
Alfonso Navarra
Josè Nivoi
Daniele Novara
Piergiorgio Odifreddi
Daniele Ognibene
Maddalena Oliva
Leoluca Orlando
Moni Ovadia
Emanuela Pala
Alessandro Picciau
Luciano Pignataro
Nico Piro
Geminello Preterossi
Tiziano Rea
Davide Riondino
Cristian Romaniello
Carlo Rovelli
Guido Ruotolo
Michele Santoro
Riccardo Scamarcio
Vauro Senesi
Massimiliano Smeriglio
Tommaso Sodano
Santino Spinelli
Francesco Sylos Labini
Mimmo Lucano
Giovanni Vianello
Giuseppe Vitale
Padre Alex Zanotelli
Per aderire scrivere alla mail
staffetta.pace@gmail.com
Scrivendoci Nome e Cognome, numero di telefono e località di residenza.
Il percorso della staffetta è stato realizzato dall’Associazione Compagnia dei Camminatori.
Qui di seguito il resoconto della conferenza stampa del 22 marzo (riportato prima dell'annuncio dell'iniziativa, postato di seguito. Infine rassegna stampa).
Oggi 22 marzo si è svolta la conferenza stampa dei Disarmisti esigenti dalle ore 11:00 alle ore 12:30 in piazza Esquilino di Roma
1- contro il voto del Senato (21 marzo) e della Camera (22 marzo) per l'invio di aiuti militari al governo ucraino richiesto dal premier Giorgia Meloni alla vigilia del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo
2- per la promozione di un referendum popolare contro l'invio di armi all'Ucraina in guerra
3- per il sostegno alla Campagna internazionale Object war lanciata da WRI & partners (di cui è testimonial, tra gli altri, Michele Santoro): agli obiettori di coscienza e ai disertori russi e ucraini va riconosciuto il diritto d'asilo in Europa. Appoggio alle madri russe contro la guerra.
Sono intervenuti i promotori (alcuni fanno digiuno dedicandolo alla scomparsa Antonia Sani, ex presidente WILPF Italia).
Alfonso Navarra (Disarmisti esigenti), Mino Forleo (Per la scuola della Repubblica); e Patrizia Sterpetti per WILPF Italia.
Gentile direzione e redazione di testata giornalistica interpellata
I Disarmisti esigenti, membri ICAN (rete per la proibizione delle armi nucleari, premio Nobel per la pace 2017), in "digiuno di coerenza pacifista", per il 22 marzo hanno organizzato una conferenza stampa, con inizio alle ore 11:00 e conclusasi alle ore 12:00, nell'ambito di una iniziativa di presidio a Roma in piazza dell'Esquilino. Si è contestato l'ennesimo voto parlamentare, già espletato il 21 marzo al Senato e previsto per il 22 marzo alla Camera, per l'invio delle armi all'esercito ucraino. Un voto su risoluzioni che sarà richiesto ai senatori (dopo quello già ottenuto dai deputati) dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ad approvazione delle sue comunicazioni, sia a Palazzo Madama che a Montecitorio, sul Consiglio europeo del 23 e 24 marzo dedicato all'Ucraina. La discussione ed il voto in aula, richiesti dalla premier, a giudizio di Disarmisti esigenti & partners, serviranno anche per saggiare la solidarietà atlantista del nuovo PD guidato da Elly Schlein.
Il Consiglio europeo torna a decidere, su proposta di Mr PESC Josep Borrell, aiuti militari e finanziari a Kiev. L'assistenza complessiva fornita all'Ucraina dalla UE e dai suoi Stati membri è stata stimata finora ad almeno 67 miliardi di euro, di cui 12 miliardi in aiuti militari. Ora si tratterebbe di potenziare l'EUROPEAN PEACE FACILITY, da cui si attinge per il sostegno militare, e a cui l'Italia contribuisce per il 12% circa,con altri 5,5 miliardi, che si aggiungerebbero agli 1,4 miliardi che restano nel fondo fino al 2027.
Gli organizzatori considerano l'insistere e persistere negli aiuti militari al governo Zelensky un "gettare benzina sul fuoco della Guerra grande" che, a seguito dell'invasione russa dell'Ucraina, si combatte tra eserciti regolari (non si tratta affatto di guerra partigiana!), con il rischio di una escalation che può coinvolgere direttamente la NATO e degenerare in un conflitto nucleare. Tale supporto militare da parte dell'Occidente è, a loro parere, ostativo della ricerca di tregua subito e di negoziati di pace, istanza nella quale, secondo tutti i sondaggi, si riconoscerebbe la maggioranza del popolo italiano.
Sono intervenuti i promotori (Alfonso Navarra, Mino Forleo; e Enrica Lomazzi e Patrizia Sterpetti per WILPF Italia).
Il referendum consisterebbe in tre quesiti riguardo l'abrogazione delle disposizioni sull'invio di armi all'Ucraina contenute nell'art. 2 bis della Legge 28/2022 e nell'art.1 della legge n. 8/2023; nonché delle disposizioni contenute all'art. 1, comma 6, lettera a) della legge 185/1990 che ammettono eccezioni al divieto di invio di armi ai Paesi in stato di conflitto armato.
Disarmisti esigenti & partners partecipano in Italia alla Campagna "Object War" promossa a livello internazionale dalla War Resisters' International, EBCO-BEOC, IFOR e Connection. A Londra siamo in contatto con il gruppo PAYDAY MEN'S NETWORK nell'ambito di GLOBAL WOMEN'S STRIKE.
Sono invitati tutti i cittadini europei ad unirsi allo sforzo globale per garantire protezione e asilo a obiettori di coscienza e disertori di Russia, Bielorussia e Ucraina coinvolti nella guerra in corso nella regione. Sono, a giudizio di Disarmisti esigenti & partners, una nostra speranza per spegnere il fuoco della guerra e far prevalere la pace!
E' stata sottolineata l'importanza di sostenere e diffondere l'appello delle mamme dei soldati russi (Movimento di resistenza femminista contro la guerra) che esige il ritiro delle truppe dal territorio dell'Ucraina, il ritorno a casa di tutti i soldati, la protezione dei soldati di leva dalla partecipazione a qualsiasi ostilità, l'adozione di una legge sulla prevenzione della violenza domestica, un degno sostegno materiale per l'infanzia e la maternità.
Allegati
1 - Lettera ai parlamentari per dialogo on line il 20 marzo
UE: MELONI AL SENATO IL 21 MARZO E ALLA CAMERA IL 22 MARZO PER COMUNICAZIONI SU CONSIGLIO EUROPEO ED UCRAINA.
Il PD della Schlein incalzato e "saggiato" sull'atlantismo.
LA SOCIETA' CIVILE FACCIA INVECE PRESSIONE – VERSO TUTTA LA POLITICA – SULLA SVOLTA PER UN PACIFISMO ESIGENTE E COERENTE
Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, i prossimi martedi 21 marzo e mercoledì 22 marzo alle 9:30 terrà le comunicazioni alla Camera sul Consiglio europeo in programma a Bruxelles il 23 e il 24. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio.
Da parte dei commentatori politici l'appuntamento è stato inquadrato come un momento discriminante relativamente alla natura e all'assetto degli equilibri politici vigenti.
Sulla guerra in Ucraina il governo guidato dalla Meloni chiederà chiarezza filo-Kiev e filo-NATO, in particolare al Pd, ora capeggiato dalla nuova segretaria Elly Schlein; ma, a ben vedere, anche agli stessi alleati di Fratelli d'Italia, Forza Italia e Lega.
Ci si perdoni il linguaggio da infotainment: alla Camera arriverà il decreto "umanitario" sull'Ucraina ma l'appuntamento per "stanare" la "suocera" Schlein sulla posizione dei "democratici" in merito (ma anche le "nuore" Salvini e Berlusconi) è, appunto, quello del 21 e 22 marzo, quando il presidente del Consiglio Meloni riferirà in Aula prima del prossimo Consiglio europeo di Bruxelles. Per quell'occasione verrà preparata una risoluzione ad hoc per capire se ci sarà, come c'è stata finora, la sponda del Partito democratico, ben differenziata dalla opposizione "pacifista" del Movimento 5 Stelle.
(La UE sta ad esempio valutando un aumento di 3,5 miliardi di euro, successivo a un aumento già stabilito di 2 miliardi, al FONDO EUROPEO PER LA PACE, lo strumento che finora ha permesso di fornire all'Ucraina 3,6 miliardi di euro in armi. L'aumento dei 2 miliardi dovrebbe essere destinato alla fornitura di munizioni da 155 mm, un miliardo per quelle già pronte e un miliardo per le nuove in produzione. L'ok politico per i 3,5 miliardi aggiuntivi lo si aspetta invece proprio dal summit del 23 e 24 marzo).
Da parte di Disarmisti esigenti & partners, e si spera da parte del pacifismo esigente, la pressione dovrà essere in direzione contraria: portare quanto più PD possibile, auspicabilmente tutto, e quanti più deputati in ogni partito, ad abbracciare una posizione che lavori per la pace per il tramite della pace. (Questa contraddizione, a lavorarci bene, potrebbe essere approfondita nello stesso schieramento governativo di centro-destra attraversato dal "pacifismo utilitaristico"). Lo abbiamo già scritto nel volantino che abbiamo distribuito alla manifestazione del 5 novembre 2022 (corteo svoltosi nella capitale Roma che paradossalmente non chiedeva nulla al governo italiano): se le armi devono tacere, esse non devono essere apparecchiate per i belligeranti, per chi dà loro la parola, per chi le usa.
Riportiamo ancora da quel testo: "Non le si fornisca, da parte dell'Italia, ai russi e nemmeno le si fornisca all'esercito ucraino, che non siamo affatto obbligati a sostenere se vogliamo sostenere il popolo ucraino. La differenza il popolo italiano l'ha colta, quando per il 75 % manifesta contrarietà al coinvolgimento armato anche indiretto nella guerra in corso".
Continuava ancora quel documento: "All'unità nazionale dei partiti noi possiamo rispondere con l'unità popolare che va a fare sentire la sua voce a Montecitorio e Palazzo Madama. La ragione ci sembra chiara. Non vogliamo alimentare il mostro orrendo della guerra. Non un cannone, non un soldo, non un soldato per essa! L'umanità deve porre fine alle guerre o saranno le guerre, sarà questa guerra, a porre fine all'umanità!".
Le posizioni del Parlamento sull'invio delle armi all'Ucraina sono riassunte nella scheda sotto riportata, tratta dal sito web OPENPOLIS.
Per quanto ci riguarda, Disarmisti esigenti & partners, abbiamo tenuto fede all'impegno proclamato nello striscione portato in piazza il 5 novembre: "Riconvochiamoci, quando si vota in Parlamento, per protestare contro l'invio di nuove armi all'esercito ucraino".
Abbiamo infatti organizzato, dedicandoli ad Antonia Sani, ed in collaborazione con altre forze nonviolente, presidi e digiuni di coerenza pacifista a Roma il 13 dicembre 2022 e, nel 2023, il 13 gennaio, il 24 gennaio e il 24 febbraio. Ora saremmo, purtroppo, alla quinta mobilitazione che porteremo avanti con lo spirito determinato di sempre.
Ci rifacciamo sempre al documento originario: "Dare voce alla maggioranza inascoltata del popolo italiano: stop, appunto all'invio di armi, fine delle sanzioni, no riarmo e disarmo atomico (a partire dalla ratifica del Trattato di proibizione delle armi nucleari), apertura – lavorando per un cessate il fuoco immediato - di spazi percorribili per la soluzione della guerra in Ucraina, lotta per lo scioglimento dei blocchi militari e immediata connessione tra "fine del mese" e "fine del mondo". La lotta alla guerra, in parole povere, va agganciata alle conseguenze in termini di crisi economica e deterioramento delle condizioni di esistenza, carovita e carobollette, crisi energetica e crisi alimentare".
Il volantino faceva infine riferimento agli slogan dello striscione che abbiamo portato e continueremo a portare in piazza:
"OGGI NON ESISTONO GUERRE GIUSTE (PAPA FRANCESCO)
Fermate subito i combattimenti, intervenga l'ONU per negoziare una tregua e prevenire una escalation nucleare.
Custodiamo, esseri umani cooperanti, la Terra sofferente".
Più la frase, già riportata, sulla riconvocazione ogni volta che le sedi istituzionali decidono concretamente in merito alla guerra.
Organizziamo quindi, DE & partners, una conferenza stampa dei digiunatori e dei loro sostenitori - "portavoci del popolo" perché espressioni del sentimento pacifista della maggioranza degli italiani - in Piazza dell'Esquilino dalle ore 11:00 alle 12:00 nel contesto di un presidio, sempre nella medesima piazza, che dovrebbe protrarsi dalle ore 8:00 fino alle ore 18:30.
Abbiamo rivolto l'invito a partecipare e contribuire a: Servizio Pubblico (ci sostiene per la diffusione), Campagna Stop RWM, Comitato Referendario RIPUDIA LA GUERRA, Per la Scuola della Repubblica, UN PONTE PER, Rete SCIOGLIAMO LA NATO, Libreria delle Donne. E ad altri soggetti di movimento.
Cosimo Forleo illustrerà i lavori in corso per promuovere un referendum popolare "ripudia la guerra". Il referendum consisterebbe in tre quesiti riguardo l'abrogazione delle disposizioni sull'invio di armi all'Ucraina contenute nell'art. 2 bis della Legge 28/2022 e nell'art.1 della legge n. 8/2023; nonché delle disposizioni contenute all'art. 1, comma 6, lettera a) della legge 185/1990 che ammettono eccezioni al divieto di invio di armi ai Paesi in stato di conflitto armato.
Disarmisti esigenti & partners, in prima fila UN PONTE PER, partecipano in Italia Campagna "Object War" promossa a livello internazionale dalla War Resisters' International, EBCO-BEOC, IFOR e Connection. A Londra siamo in contatto con il gruppo PAYDAY MEN'S NETWORK nell'ambito di GLOBAL WOMEN'S STRIKE.
Invitiamo tutti i cittadini europei ad unirsi allo sforzo globale per garantire protezione e asilo a obiettori di coscienza e disertori di Russia, Bielorussia e Ucraina coinvolti nella guerra in corso nella regione. Sono una nostra speranza per spegnere il fuoco della guerra e far prevalere la pace!
Sottolineiamo l'importanza di sostenere e diffondere l'appello delle mamme dei soldati russi (Movimento di resistenza femminista contro la guerra) che esige il ritiro delle truppe dal territorio dell'Ucraina, il ritorno a casa di tutti i soldati, la protezione dei soldati di leva dalla partecipazione a qualsiasi ostilità, l'adozione di una legge sulla prevenzione della violenza domestica, un degno sostegno materiale per l'infanzia e la maternità.
Una novità importante di cui tenere conto riguarda una recente presa di posizione contro l'invio della armi a Kiev da parte della CGIL. Gli aiuti militari, secondo il segretario generale Maurizio Landini "servirebbero a prolungare l'agonia dell'Ucraina. Invece è indispensabile la trattativa". La CGIL ovviamente si è portata dietro anche la Rete italiana pace e disarmo. Ma il punto è vedere se alle nuove prese di posizione, più chiare rispetto al vuoto pregresso, faccia seguito una volontà di impegnarsi su obiettivi e percorsi concreti che fino ad adesso è mancata del tutto. Magari il 22 marzo si prenderà atto di un positivo cambiamento comportamentale. Uno su cento di quelli scesi in piazza il 5 novembre, solo di romani, farebbero una differenza di peso significativa ed avvertibile: la pressione visibile sui rappresentanti istituzionali modificherebbe il quadro narrativo e farebbe esplodere le contraddizioni politiche che covano dappertutto sotto la cenere ...
Alfonso Navarra – portavoce dei Disarmisti esigenti
Patrizia Sterpetti – presidente WILPF Italia
Daniele Barbi – comitato antinucleare di Treviri
Carla Biavati – Rete IPRI-CCP
Ennio Cabiddu – obiettore di coscienza alle spese militari, LDU Sardegna
Sandra Cangemi - Cooperazione Nord/Sud
Mario Di Padova – presidente LOC
Giuseppe Farinella – Il Sole di Parigi
Cosimo Forleo – Per la Scuola della Repubblica
Angelo Gaccione - Odissea
Giampiero Monaca – Bimbi svegli
Antonella Nappi – Donne, difendiamo la salute
Elio Pagani – Abbasso la guerra
Vittorio Pallotti – CDMPI Bologna
Totò Schembari - Marcia dei Girasoli Comiso-Niscemi
Oliviero Sorbini e Ennio La Malfa -
Marco Zinno – Radio Nuova Resistenza
… e altri che si sono via via aggiunti con il supporto di personalità come Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Luigi Mosca e Angelica Romano
(e una schiera di attiviste/i di punta, come ad esempio, Federica Fratini, Marco Palombo, Tiziano Cardosi - Sandro Ciani - Beppe Corioni – Alfonso Di Stefano - Abramo Francescato – Angelo Gaccione - Marco Paolo Giorgino - Teresa Lapis – Roberto Maggetto - Giuseppe Natale - Franca Niccolini - Rosa Omodei - - Renato Ramello - Valentina Ripa - Fabio Strazzeri …)
Un nuovo protagonista politico fa capolino, il trasversale "pacifismo utilitaristico".
Presenza testimoniale del pacifismo esigente in piazza dell'Esquilino.
Una minirassegna stampa dei quotidiani in edicola il 23 marzo 2023
Di Alfonso Navarra
"Armi e non solo. Alla Camera il match incrociato dei partiti".
Questo il titolo del pezzo de "Il Manifesto", del 23 marzo 2023, a firma di Andrea Colombo, dedicato alla premier che comunica alla Camera, dopo il Senato, in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo.
Il giornalista osserva: "L'Ucraina è un nodo reale, il più intricato che ci sia oggi, ma è anche uno strumento da adoperare (per la contesa sulle nomine- ndr). Matteo Salvini la usa per tenere la premier sulla corda". E questo si manifesta attraverso la simbologia dei ministri leghisti non presenti sul banco del governo.
Nell'evento però non è infondato vedere una certa insofferenza del partito di Salvini per la posizione espressa in Senato da Giorgia Meloni sull'invio di armi a Kiev.
Già al Senato il capogruppo Massimiliano Romeo …
Al netto di questo teatrino sul vuoto, alla fine rattoppato, dei leghisti tra i banchi del governo, al momento del voto sulle risoluzioni non si è registrata nessuna sorpresa, col documento di maggioranza approvato senza problemi e quello del Terzo Polo di AZIONE+IV parzialmente sostenuto anche dal centro-destra (il documento si è votato per parti separate).
Ettore Rosati di IV: "Lei, signora Meloni, si può permettere la sua posizione netta perché c'è un pezzo di opposizione che condivide questa linea".
Le opposizioni, come al Senato, si sono schierate in ordine sparso alla Camera. Ma con intenzioni presuntamente pungenti nelle loro accuse. Si è già citata la disponibilità di Calenda-Renzi a fare da sponda militarista. Ma anche il PD di Elly Schlein, che si è fatta notare per la sua assenza, si è buttato a giocare sulle crepe del centrodestra. Ricorda Enrico Borghi che "Meloni dice in aula che dobbiamo arrivare al 2 per cento delle spese militari sul PIL e il capogruppo della Lega Romeo dice l'opposto".
Marianna Madia: "Tenga d'occhio i suoi alleati, noi faremo altrettanto dalla nostra parte".
Ma è evidente che il PD su questo punto delle armi a Kiev sconta le difficoltà e l'imbarazzo della sua neosegretaria.
Commenta Andrea Colombo: "Scegliere (da parte della Schlein – ndr) di non parlare non è una gran bella figura. (La sua controfigura Madia-ndr) non spiega perché, essendo del tutto d'accordo, il PD non vota la parte della mozione di maggioranza sulla guerra, come fa invece il Terzo Polo. È un autogol e un passo falso da parte della nuova segretaria dem che di fatto ha lasciato ieri la bandiera di speaker dell'opposizione a un Conte in ottima forma".
Ma come è possibile coprire con spiegazioni posticce una incoerenza palese, caro Colombo?
È il Fatto quotidiano che, come al solito, fa da cassa di risonanza all'intervento di Giuseppe Conte.
Titolo dell'articolo a firma di Luca De Carolis: "Conte attacca: L'Italia in guerra, la premier è una faccia di bronzo".
"Il 1° marzo 2022 il Parlamento approvò un decreto che autorizzava Draghi a inviare forniture militari all'Ucraina, ma con precisi limiti. Noi, 5 Stelle, non senza tormenti di coscienza, decidemmo di non abbandonare un Paese aggredito, nella convinzione che alle armi si affiancasse una forte iniziativa diplomatica. Ma oggi possiamo dire che quei limiti e quelle premesse sono stati traditi, prima da Draghi e adesso dal suo esecutivo, che è la brutta copia del governo Draghi".
Conte insiste: "Ci state trascinando in guerra, per inseguire una vittoria militare sulla Russia". Osserva De Carolis: sono parole rivolte anche al PD, che non cita.
Giorgia Meloni replica con delle domande da rivolgere a chi parla di pace "facendo propaganda sulla pelle di una popolazione sovrana".
"Quali sono le condizioni per aprire un tavolo di trattativa? Ritenete che si debbano rivedere i confini dell'Ucraina oppure no?"
Condizioni non ce ne devono essere, a parte il cessate il fuoco delle parti belligeranti. È questa una convinzione dei pacifisti, almeno dei pacifisti "esigenti" (quelli del presidio in piazza dell'Esquilino), ma anche di una strana corrente di pensiero "trasversale" che si sta profilando.
Potremmo chiamarla del "pacifismo utilitaristico".
La può esprimere, ad esempio, un convegno tenuto nei pressi di Montecitorio organizzato da "Avvocatura in missione", che ha riunito uno schieramento trasversale – Romeo (Lega), Delrio (PD), Patuanelli (M5S), Gasparri (FI) e Alemanno - per ribadire l'esigenza di andare oltre la ricerca della soluzione armata.
Ne riferisce il quotidiano Avvenire in un articolo a firma di Alessia Guerrieri. Titolo: "Nasce il fronte trasversale che chiede una mozione per favorire la pace"
L'idea è quella di una mozione parlamentare unica "che chieda al governo un'azione diplomatica forte a livello europeo, prima per il cessate il fuoco e poi per la fine definitiva della guerra, "costringendo" le parti a trattare".
Ecco quanto Romeo "preoccupato" chiede alla premier Meloni: "approfittando di questo momento di stallo del conflitto, cerchiamo una via diplomatica per chiedere uno sforzo europeo almeno per la tregua".
Graziano Del Rio: "Un anno fa era comprensibile inviare armi per sostenere il diritto alla resistenza. Ma ora è necessario che la grande assente – l'Europa – prenda la sua iniziativa di pace. Su questo tema deve esserci un dialogo trasversale".
Patuanelli dei Cinque Stelle, propone gli stessi toni. "Oggi se deve lavorare per una tregua e poi fare sedere gli attori intorno a un tavolo". A suo parere, la fine dell'invio di armi può rappresentare l'unico elemento di discontinuità per iniziare a ragionare di pace".
Maurizio Gasparri: "Va evitato che la Russia finisca nelle braccia della Cina. Spero si torni allo spirito di Pratica di Mare, cioè leali nel posizionamento, ma non ottusi nel ragionamento".
Don Stefano Caprio: "Bisogna rimettere al centro l'idea di una trattativa di pace, magari utilizzando la via proposta dal Papa, con la Chiesa come mediatore".
Gianni Alemanno, portavoce del Comitato "Fermare la guerra": "Se l'Italia non agirà nel senso di chiedere il cessate il fuoco, offrendo la sospensione dell'invio di armi, il Comitato "Fermare la guerra" è pronto a raccogliere le firme e ad aderire al quesito referendario "ripudia la guerra".
Il pacifismo si fa vivo con Milex che mostra la sua natura professionale e fa i suoi calcoli tecnici.
Luca Liverani intervista su Avvenire Francesco Vignarca: "Gli aiuti militari sono già costati all'Italia quasi un miliardo di euro".
Articolo interessante per chi ricerca stime economiche da ragioniere dei conti pubblici. Ma da "persuasi", attivisti guidati intelletto, passione e volontà concordanti, può bastare la dichiarazione fornita all'inizio del 2023 dal ministro degli esteri Antonio Taviani: "L'aiuto che abbiamo dato all'Ucraina ammonta a circa 1 miliardo di euro di controvalore in armamenti"
Il pacifismo esigente è raccontato, da Luca Liverani, sempre su Avvenire del 23 marzo, quando si riferisce del "presidio pacifista contro il decreto sulle armi a Kiev".
Ecco una parte del testo:
"A manifestare c'erano i rappresentanti dei Disarmisti esigenti (membri di ICAN, la rete per la proibizione delle armi nucleari, premio Nobel per la pace 2017. Con loro anche Per la scuola della Repubblica e WILPF Italia.
(…)
Inviare armi è utile solo a esasperare il conflitto – ha detto Alfonso Navarra – e danneggia il popolo ucraino, gettando benzina sul fuoco della guerra. Siamo contro l'escalation e per la difesa nonviolenta del popolo ucraino. L'Italia – ha sottolineato – dovrebbe ripudiare la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, come dice l'articolo 11 della Costituzione. E papa Francesco ci ricorda che "non esistono guerre giuste". Al presidio è stata annunciata la promozione di un referendum popolare contro l'invio di armi all'Ucraina, con una raccolta dopo Pasqua. Le organizzazioni presenti hanno infine ribadito il loro sostegno alla campagna internazionale Object War lanciata da War resister's international (di cui è testimonial anche Michele Santoro). "Agli obiettori di coscienza e ai disertori russi e ucraini va riconosciuto il diritto d'asilo in Europa".
Il Sole 24 Ore di mercoledì 8 marzo 2023 - articolo a firma di Beda Romano
PRONTO IL PIANO UE DI ACQUISTO CONGIUNTO DI ARMI PER L'UCRAINA
LA PROPOSTA DI BORRELL
COORDINAMENTO AFFIDATO ALL'AGENZIA EUROPEA DI DIFESA
USATO IL FONDO PER LA PACE
Sta compiendo passi avanti l'idea di acquisti congiunti di armi da inviare in Ucraina in modo da rifornire Kiev nella sua guerra contro Mosca. I ministri europei della Difesa saranno chiamati oggi a discutere una proposta dell'Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza Josep Borrell. La questione verrà poi trattata a livello di leader a fine mese. Nel frattempo, la Commissione europea sta studiando meccanismi per aumentare le capacità di produzione dell'industria europea. «Abbiamo ricevuto l'urgente richiesta ucraina di nuove munizioni da 155 millimetri», ha spiegato ieri a un gruppo di giornalisti il commissario al mercato unico e all'industria Thierry Breton. La soluzione che verrà presentata ai ministri sarà «ambiziosa, pragmatica e veloce». Più in generale, ha aggiunto il commissario, il tentativo dei paesi membri deve essere «di mutualizzare un po' di più» un settore, quello militare, che è stato ostaggio per decenni degli interessi prettamente nazionali.
Secondo le informazioni raccolte a Bruxelles, a ridosso di un incontro ministeriale a Stoccolma, il piano comunitario si basa su due pilastri. Il primo prevede che i Ventisette trasferiscano a Kiev parte dei loro depositi di munizioni. L'Alto Rappresentante proporrà ai ministri di usare un miliardo proveniente dal Fondo europeo per la pace (EFP) per rimborsare fino al 50-60% del materiale inviato all'Ucraina dai paesi membri. Il secondo pilastro riguarda la produzione di nuove munizioni. Secondo la proposta, si tratta di chiedere all'Agenzia europea di Difesa (EDA), nata per promuovere il coordinamento tra i paesi membri in ambito militare, di raccogliere le richieste dei governi, e di negoziare a nome con le società produttrici il prezzo, la quantità e la tempistica. «L'acquisto vero e proprio verrebbe poi effettuato dai singoli governi sulla falsariga di quanto fu fatto con i vaccini anti-Covid 19», spiega un funzionario comunitario. Anche in questo caso interverrebbe il Fondo europeo per la Pace con un ammontare di un miliardo di euro che verrà utilizzato per rimborsare ai singoli paesi membri fino al 50-60% di quanto verrà convogliato verso l'Ucraina. Il materiale acquistato dovrà essere europeo. I primi ordini potrebbero giungere già in maggio. Spiegava ieri il commissario Breton: «Abbiamo individuato 15 imprese produttrici di munizioni da 155 millimetri in 11 paesi». In una lettera inviata all'Alto Rappresentante, i vertici militari ucraini hanno recentemente precisato le necessità di Kiev nella guerra contro la Russia. Verrebbero sparate fino a 300-400mila pallottole al giorno. A questo proposito, i Trattati proibiscono di utilizzare denaro proveniente del bilancio comunitario per finanziare attività militari. Non per altro la proposta messa a punto dalla Commissione europea prevede di usare denaro fuori bilancio, che giunga dall'EPF. Nel contempo, i Ventisette sono arrivati alla conclusione che è necessario aumentare le capacità di produzione. «L'industria europea non è pronta alle esigenze di un conflitto ad alta intensità – ha spiegato ieri il commissario Breton –. Gli Stati membri accetteranno di donare le loro scorte all'Ucraina solo se avranno una chiara prospettiva dei tempi di rifornimento». «Abbiamo i siti produttivi e l'expertise. Dobbiamo aumentare le economie di scala», ha quindi aggiunto Thierry Breton. Tra le altre cose, Bruxelles vuole adottare «contratti certi» con le imprese della difesa; «monitorare gli sforzi compiuti dai produttori»; «risolvere i colli di bottiglia, soprattutto nella catena di produzione». Il commissario ha poi avvertito: «La nostra industria della difesa deve passare rapidamente alla modalità di una economia di guerra»
A suo rischio e pericolo - Meloni proverà a stanare l'ambiguità di Schlein sull'Ucraina
Amedeo La Mattina
Il 22 marzo, in Parlamento, la premier confermerà il sostegno a Kyjiv senza esitazioni (e nonostante gli alleati). La neo segretaria del Pd dovrà prendere posizione: le servirà un assist dicendo di no oppure dirà di sì rompendo il fronte con Conte?
Adesso Giorgia Meloni aspetta Elly Schlein al varco su Kyjiv. Le piazze, gli abbracci, le opposizioni che si ritrovano antifasciste, Elly che parlotta con Giuseppe Conte, che flirta con Maurizio Landini. Poi si arriva al dunque e davanti alla nuova leader del Partito democratico si presentano tracciate sull'asfalto della politica le linee rosse.
La prima sta arrivando: il 22 marzo la premier farà le sue comunicazioni nelle aule del Parlamento, alla vigilia del Consiglio europeo. Sarà la prima vera occasione per verificare il nuovo orientamento del Partito democratico e della sua nuova segretaria, salutata con entusiasmo dal popolo della sinistra e destinata a fare le scarpe ai Cinquestelle. È proprio qui che si inserisce la premier, refrattaria a gareggiare sul semplice e scontato piano del genere: Meloni versus Schlein. Lo trova stucchevole. Vuole invece stanare Elly sulle questioni che contano.
Il 22 marzo confermerà la linea di sostegno a Kyjiv, senza esitazioni, contro i dubbi (è un eufemismo) di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Per tutto il 2023 l'Italia continuerà a mandare armi e sostegno economico a Volodymyr Zelensky grazie al decreto votato a fine 2022. Non c'è ancora bisogno del settimo decreto per finanziare altri aiuti, ma la durata della guerra purtroppo richiederà un altro provvedimento e un'altra spesa.
E intanto potrebbe aumentare il distacco della maggioranza degli italiani, potrebbe crescere la contrarietà di quella parte dell'opinione pubblica che sente lontano il conflitto ucraino per vari motivi, sentimento di pacifismo o meno che sia. E sarà a quel punto che la strettoia diventerà sempre difficile sia per Elly che per Giorgia. Ma il 22 marzo sarà il primo momento della verità e delle spade che si incrociano.
La maggioranza intende presentare una risoluzione per confermare l'impegno a sostenere Kyjiv. Schlein che farà? Non potrà certo votare la risoluzione del centrodestra. Dovrà presentarne una sua e sbilanciarsi sul peso che intende dare all'azione diplomatica. La scena parlamentare per Meloni è ideale per mettere in difficoltà gli avversari, se Giuseppe Conte avrà – e l'avrà – la "felice" idea di presentare una mozione tutta piegata sullo pseudo-pacifismo. Il Partito democratico dovrà votare contro o astenersi, servendo un assist al governo.
Meloni aspetta tutti su questo crinale. Punta a far emergere l'ambiguità della segretaria dei democratici. Ambiguità che rimarrà confinata all'Ucraina e destinata a diventare contrarietà nei confronti dell'invio di altre armi con il settimo decreto. Finendo per alimentare il dissenso dentro la stessa maggioranza. Tutto dipende da quanto a lungo durerà la guerra, se malauguratamente dovesse aggravarsi. Potrebbe succedere che Meloni si troverà in una posizione di solitudine anche dentro i suoi confini politici.
Tra pochi giorni in Parlamento alcune cose saranno chiare. La maggioranza si stringerà attorno al suo premier alla vigilia del vertice europeo e Meloni, sentendo l'odore del sangue politico, vorrà stressare al massimo le divisioni dentro il Partito democratico. Non ci metterà un secondo a dare ai capigruppo di Fratelli d'Italia disposizioni per presentare una risoluzione netta. La pacifista Schlein sarà costretta a dire la sua, a barcamenarsi tra pace e guerra, a trovare un equilibrio nel suo partito.
Magari non sarà la nuova segretaria a fare un regalo alla premier, ma viceversa, dal momento che l'umore degli italiani sta prendendo una piega verso il disimpegno. Meloni rischia di non trovarsi più in una posizione di forza.
IL COLLETTIVO AUTONOMO DEI LAVORATORI PORTUALI DI GENOVA CHIAMA IL 25 FEBBRAIO 2023 A UNA MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO LA GUERRA
L'ORGANIZZAZIONE PERSEGUE UN RUOLO POLITICO ANTIMILITARISTA COMPLESSIVO A PARTIRE DAL BOICOTTAGGIO CONCRETO DEI TRAFFICI DI ARMI, DEL LORO BUSINESS E DELLE ATTIVITA' BELLICHE IN GENERALE
Il CALP è un collettivo di una ventina di "compagni" con esperienza sindacale alle spalle, di provenienza "comunista", o dell'autonomia operaia, o anarchici. Il punto in comune di tutti i lavoratori del porto di Genova è il sentimento antifascista e tramite quello, declinando “il tema” secondo le varie visioni e portando avanti la linea e la questione di principio per cui si è antifascisti tutto l’anno e non solo il 25 Aprile o il 1° Maggio, il collettivo è riuscito a portare su larga scala la questione dell’antimilitarismo coinvolgendo i lavoratori. L'antimilitarismo, si badi bene, non è nonviolento: non si è affatto contrari alle armi, e al commercio delle armi, in tutte le situazioni. Al contrario, il CALP è favorevole al fatto che comprino armi Paesi come il Venezuela, Nord-Corea, Iraq, Cuba, ecc. "perché lo fanno per difendersi dalle aggressioni dei paesi imperialisti, non per attaccare". Un altro discorso, secondo il collettivo, è quando lo Stato italiano usa il business delle armi e le vende per fare una guerra come quella in Yemen che è uno tra le più sanguinose degli ultimi anni, in cui il tasso di civili uccisi è altissimo.
(Dal punto di vista dell'antimilitarismo nonviolento possiamo comunque considerare questa organizzazione, pur con tutte le sue contraddizioni ideologiche, un esempio di cosa significa aggregarsi da una realtà sociale di base, mobilitandosi - ormai sono quasi due anni! - contro le navi da guerra che attraccano a Genova, attuando una sorta di controllo popolare di quello che passa dal porto).
In che modo le mobilitazioni che il collettivo sta portando avanti si inseriscono nell’opposizione al governo Meloni?
Gli obiettivi riguardano i diritti sindacali, tipo abolire il Jobs Act, o ripristinare l'articolo 18; ma anche i decreti repressivi sia per quanto riguarda i conflitti sociali sia sull'immigrazione. La denuncia è la continuità con il precedente governo Draghi anche nella subalternità atlantista, "fallimentare per lo stesso futuro della UE".
Il coinvolgimento del nuovo governo nelle politiche belliciste porta alla devastazione sociale, ed anche le piccole partite IVA sarebbero da difendere.
L'assemblea del 28 gennaio, con la presenza di diverse realtà territoriali, ha lanciato un appello ad una manifestazione nazionale contro la guerra il 25 febbraio, praticamente l'anniversario dello scoppio del conflitto in Ucraina, all'insegna dello slogan: "GUERRA ALLA GUERRA! PACE TRA I POPOLI!
La radice della guerra starebbe nella crisi del capitalismo guidato dagli USA, impegnati nello scontro per l'egemonia mondiale scopo sfruttamento dell'intero Pianeta. Il complesso militare industriale sarebbe tra i molti responsabili dell'escalation bellica in corso.
Qui di seguito l'appello che ha promosso l'assemblea.
Qui il resoconto dell'assemblea redatto da Gregorio Piccin (rifondazione comunista)
L’assemblea di ieri convocata dal Collettivo autonomo lavoratori portuali (Calp) per organizzare a Genova una mobilitazione nazionale il prossimo 25 febbraio contro la guerra e il traffico di armi ha visto una partecipazione straripante e forse inaspettata. La sala messa a disposizione dal Calp presso il Circolo dell’autorità portuale di Genova non ha potuto contenere le oltre cento persone che hanno partecipato all’assemblea.
Presenti in video conferenza anche gruppi e collettivi da Torino, Padova, e Cagliari. Centri sociali della città come il Zapata (che sta battagliando contro lo sgombero) e l’Askatasuna di Torino si sono alternati negli interventi con esponenti di Rifondazione Comunista, Potere al Popolo, Rete dei comunisti, Unione popolare e di sigle del sindacalismo di base come Usb, molto attive nel contrasto diretto alla “logistica di guerra”.
Tutti hanno confermato l’adesione all’iniziativa del Calp per costruire insieme una grande manifestazione nazionale il prossimo 25 febbraio.
Tra le proposte avanzate l’apertura alle realtà cattoliche di base e il dialogo con chiunque sia contrario all’economia di guerra in cui il governo Meloni, in continuità con Draghi, ha precipitato il Paese aggravando la crisi sociale in atto.
“Siamo maggioranza” è stato detto riferendosi ai recenti sondaggi che vedono il 70% degli italiani contro l’invio di armi all’Ucraina, Leopard compresi.
“Sempre al fianco del Calp” hanno dichiarato gli studenti medi dell’Opposizione studentesca d’alternativa in un applauditissimo intervento in cui hanno ricordato come la militarizzazione nelle scuole passi anche attraverso l’alternanza scuola lavoro presso la sede genovese di Leonardo.
Il coordinamento nazionale porti di Usb (presente oltre che a Genova anche a Livorno e Civitavecchia) ha annunciato uno sciopero generale a copertura della manifestazione.
Condivisa da molti interventi la critica a un pacifismo troppo generico, che non ha il coraggio di affrontare le trasversali responsabilità di guerra del nostro Paese, prima fra tutti l’invio di armi con l’unico effetto di prolungare l’inutile strage.
“Guardarsi allo specchio” e combattere la co-belligeranza dell’Italia è stato infatti il senso comune emerso dalla gran parte degli interventi, anche perché questa belligeranza sta affossando l’economia e viene fatta pagare principalmente a lavoratori e lavoratrici. Intanto il governo non fa nulla per mettere la museruola alle speculazioni sulle bollette che stanno producendo extra-profitti stellari per le multinazionali di bandiera.
Stoccate nel merito anche alla Fiom-Cgil che sulla questione centrale del comparto militare industriale marca uno schiacciamento tendenzialmente corporativo (come del resto le altre sigle confederali) sulle politiche industriali del management, che da Moretti a Profumo hanno trasformato Finmeccanica in una holding dell’hi-tech militare. Nessuna prospettiva alternativa alla trasformazione dell’industria militare in un finanziatissimo pilastro della politica estera italiana. Una contraddizione gigantesca che pesa come un macigno perché il ricatto guerra-lavoro e ambiente-lavoro deve essere spezzato. L’ultimo “brindisi” dei confederali per una grossa commessa militare è peraltro arrivato proprio qualche giorno fa a Palermo, dove è stata consegnata una nave da guerra nuova di zecca realizzata da Fincantieri e consegnata alla marina del Qatar.
Senza il coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori dei settori dell’industria e della logistica, cruciali per la belligeranza voluta da un trasversale ceto politico guerrafondaio, il movimento pacifista non sarà mai in grado di imporre un’inversione di rotta.
In questo senso, hanno detto i camalli genovesi, il 25 febbraio sarà allo stesso tempo “proseguimento e tappa di un percorso che viene da lontano”.
Il retroterra "tecnico": THE WEAPON WATCH (Osservatorio europeo sulle armi nei porti europei e mediterranei)
Animatore in Italia è Carlo Tombola.
email: info@weaponwatch.net. resp.: Carlo Tombola (tel. ++39 349 6751366)
IL PROGETTO WEAPON WATCH
La costituzione a Genova di The Weapon Watch – Osservatorio sulle armi nei porti europei e del Mediterraneo risponde a una necessità ed è una conseguenza.
È una conseguenza del caso della nave saudita «Bahri Yanbu», che ha fatto il giro del mondo. Ed è una necessità, perché il sistema dei media ha poche occasioni di venire a conoscenza della realtà dell’economia di guerra, realtà pervasiva e quotidiana ma ampiamente rimossa.
Cosa abbiamo imparato. Del blocco della «Bahri Yanbu» si sono occupate anche testate importanti come Le Monde Diplomatique e Jacobin. Qui basta ricordare che all’origine vi è stata la pubblicazione di un rapporto segreto dei servizi d’informazione militari francesi da parte del sito di giornalismo investigativo Disclose. Più rilevante ancora è stata la mobilitazione transfrontaliera che ha coinvolto diversi soggetti indipendenti in Belgio, Francia, Spagna, Italia, che hanno seguito i movimenti della “nave delle armi”, fino al blocco sulle banchine del porto di Genova.
Sullo sfondo la guerra dimenticata del Yemen, asimmetrica e soprattutto criminale, condotta dall’Arabia Saudita e sostenuta dai suoi alleati nel Golfo e in Occidente in violazione delle Convenzioni di Ginevra, della Carta dell’ONU, del Trattato sulle armi convenzionali, firmati dagli stessi paesi che non hanno cessato di fornire armi e bombe usate contro i civili yemeniti.
Cosa abbiamo attorno. Mentre i governi dell’Unione Europea si palleggiano il problema dei migranti – vero fattore di dis-integrazione europea –, le guerre senza fine innescate dagli Stati Uniti stanno producendo effetti socio-economici permanenti. I bilanci degli Stati spostano risorse verso le spese militari, le opinioni pubbliche sono assuefatte alle immagini e alla cultura della guerra, le liste della destra radicale e identitaria progrediscono quasi ovunque nel mondo occidentale.
A 70 anni dalla fondazione della NATO, pensiamo sia ormai chiaro che lo scopo difensivo originario – se mai ci fu – è stato palesemente contraddetto da numerose guerre, condotte con armi, soldati e intelligence “atlantici” per scopi di dominio violento, dalla Iugoslavia al Kurdistan recentemente invaso dall’esercito turco.
Su cosa dobbiamo puntare l’attenzione. Senza altre armi che non siano la conoscenza, l’informazione, l’internazionalismo, la solidarietà; senza altri strumenti che non siano quelli digitali; il nostro programma è costruire reti che oltrepassino muri e frontiere e svelino ciò che è già evidente: tutto il sistema produttivo globale opera come un gigantesco macchinario militare e militarizza i rapporti di produzione al ritmo forsennato di “The World on Time” (il vecchio slogan di FedEx), mentre d’altra parte gli eserciti vengono ormai gestiti come aziende, come industrie che producono guerra.
I porti sono al cuore del sistema militare-industriale mondiale, le supply chain lo innervano, la logistica lo organizza. Se è vero che tutte le merci collaborano allo sforzo della “terza guerra a pezzi” – dal petrolio al coltan, dalle automobili all’elettronica, dalle scorie radioattive ai generatori –, le armi però rappresentano immediatamente il campionario di morte offerto sul mercato globale.
Dobbiamo e vogliamo osservare le armi che transitano nei porti, sia perché lì diventano meno nascoste, sia perché i lavoratori dei porti e i marittimi sulle navi non amano maneggiare queste merci mortifere, che passano sempre indisturbate anche laddove ai migranti – prime vittime delle armi esportate dai nostri ai loro paesi – viene impedito di sbarcare.
L’unica speranza che viene offerta alle masse dei poveri è la cooptazione nel mondo dei ricchi, ovviamente alle condizioni di questi ultimi, e per pochi fortunati. Per gli altri, la risposta è il “sistema Gaza” (controllo e repressione dei ghetti), che le aziende israeliane stanno felicemente esportando come combat-tested.
Vogliamo e dobbiamo conoscere meglio i prodotti e le tecnologie che le nostre imprese dicono di fabbricare per l’esportazione, ma che in realtà sono già rivolte contro di noi (ricordate L’Abicì della guerra di Bertolt Brecht?). Rendere pubblico il discorso sul lavoro che produce armi è già riconvertirlo, è già metterlo in discussione, non darlo più per scontato né accettarlo a tempo indeterminato.
con manifestazione nazionale a Genova convocata dal CALP e con presidi in varie città italiane
24 febbraio dalle ore 16:00 alle ore 19:00 Assemblea on line
25 febbraio a Roma, a Piazza Madonna di Loreto (h 15:00-19:30); e a Porta Genova a Milano
Dopo la manifestazione del 5 novembre del "popolo della pace", si tratta ora, per impulso dei Disarmisti esigenti & partners, di costruire un ponte di dialogo e rappresentanza verso il "popolo italiano" in quanto tale. Il tema è mettersi "ALL'ASCOLTO DEL POPOLO PER RAPPRESENTARLO". Su quattro punti, conformi ai nostri valori, cui i sondaggi degli stessi media con l'elmetto attribuiscono un consenso largamente maggioritario: no aiuti militari ai combattenti, negoziato subito senza condizioni, no riarmo meno che mai nucleare, no guerra economica mediante sanzioni che oltretutto fanno danni più a noi che al "nemico" russo. Abbiamo dispiegato, il 13 dicembre, in Largo Argentina e poi, il 10 gennaio, e quindi il 23 gennaio al Pantheon, lo striscione che abbiamo portato al corteo del 5 novembre: "NON CI SONO GUERRE GIUSTE (PAPA FRANCESCO). Fermate subito i combattimenti, intervenga l'ONU per negoziare una tregua e prevenire una escalation nucleare. Custodiamo, esseri umani cooperanti, la Terra sofferente. Riconvochiamoci, quando si vota in Parlamento, per protestare contro l'invio di nuove armi all'esercito ucraino".
Quei momenti di riconvocazione promessi nello striscione sono stati effettivamente messi in atto, continuano e continueranno.
QUI maggiori info sulla iniziativa e le considerazioni sui presupposti culturali e politici "centenari" che consentono ai Disarmisti esigenti, per il tramite della LOC membro WRI, di evitare le "sbandate" del pacifismo contingente (spesso burocratico e mediatico) e di essere, con i partner stretti (in primo luogo WILPF Italia), gli unici, al momento, a proporre proteste di piazza, nei luoghi politicamente appropriati, contro le decisioni di invio di armi che coinvolgono l'Italia nella "Guerra grande" con epicentro Ucraina.
Ci attendiamo, i Disarmisti esigenti promotori, i partners stretti come la WILPF Italia, che vari soggetti collettivi, collaboratori e convergenti, manifestino le loro prese di posizione, ciascuno con i suoi contenuti, le sue modalità, il suo stile
Mobilitazioni e iniziative intermedie (info sotto riportate):
4 e 5 febbraio, convegno "Il futuro è NATO?" presso il castello dei Missionari Comboniani (via delle Missioni 12) di Venegono Superiore (Varese)
11 febbraio, presidi alle sedi RAI contro la propaganda di guerra collegati alla contestazione del Festival di Sanremo
L'ITALIA RIPUDIA LA GUERRA: FERMIAMO QUESTA FOLLIA! ESIGIAMO, NOI POPOLO, UNA ECONOMIA DI PACE!
in collegamento con la manifestazione di Genova per "abbassare le armi, alzare i salari"
Sono molte le realtà di base che stanno aderendo all'appello del Collettivo autonomo lavoratori portuali-CALP di Genova per una mobilitazione nazionale contro la guerra il 25 febbraio.
Una di queste è "Abbasso la guerra" di Varese che sta organizzando un pullman dalla cittadina lombarda verso Genova.
Noi disarmisti esigenti da tempo abbiamo deciso di coordinarci con questa mobilitazione del CALP che ha il merito di essere chiara nei contenuti (ce ne sono state altre molto partecipate ma del tipo: la pace è bella, la guerra è brutta) per il 24 e il 25 febbraio. Con i nostri partner, a cominciare da WILPF Italia, proseguiamo nel percorso per protestare fisicamente a ridosso dei luoghi istituzionali in cui si decide il coinvolgimento bellico dell'Italia nei suoi vari aspetti, a cominciare dall'invio delle armi all'esercito di Kiev.
Ecco perché a Roma organizziamo il quarto presidio il 25 febbraio dopo quelli del 13 dicembre 2022 , del 10 gennaio e del 23 gennaio 2023, quando si è discusso e approvato il decreto 185/2022 che predispone la cornice giuridica (la prosecuzione del "metodo Draghi") per inviare gli aiuti militari dell'Italia.
Quindi il 25 febbraio 2023 dalle ore quindici alle ore diciannove e trenta ci diamo di nuovo appuntamento in piazza della Madonna di Loreto per il presidio informativo di opposizione alla guerra.
Oltre al no all'invio delle armi, come ormai dovrebbe essere noto, cerchiamo di dare voce alla maggioranza degli italiani inascoltati da governo e parlamento su altri 3 punti: cessate il fuoco e trattative subito senza condizioni, no al riarmo convenzionale e nucleare, no a sanzioni distruttive e autodistruttive.
In aggiunta nonviolenta, non di espressione maggioritaria ma di positiva caratterizzazione politico-culturale, segnaliamo l'importanza della petizione internazionale "Object War" da sottoscrivere (https://you.wemove.eu/campaigns/russia-bielorussia-ucraina-protezione-e-asilo-per-disertori-e-obiettori-di-coscienza-al-servizio-militare); ed inoltre la possibilità, su cui stiamo lavorando, e annunciata dal palco del 5 novembre, di rilanciare una iniziativa di opzione fiscale.
Segnaliamo infinel'elaborazione, rispetto alla Guerra grande in corso, da parte della WILPF, di proposte di mediazione in attuazione della risoluzione ONU 1325/2000 che riconosce l'importanza del protagonismo delle donne nel promuovere processi di pace.
Per maggiori info: coordinamentodisarmisti@gmail.com cell. 340-0736871
Considerazioni dei Disarmisti esigenti
Siamo alla vigilia del primo anno dall'invasione da parte russa dell'Ucraina, di fatto una guerra per procura tra Russia e NATO, e le notizie sulla prosecuzione del conflitto armato sono estremamente allarmanti.
Ci troviamo di fronte ad una escalation che può degenerare persino in confronto atomico, se le dinamiche in campo non vengono controllate, perché il percorso militare, come è stato tratteggiato al vertice di Ramstein del 20 gennaio, ha sbarrato ogni possibilità di soluzioni diplomatiche.
L'Italia è pedissequamente accodata al carro NATO trainato dagli USA, nonostante il suo popolo sia contrario ad ogni coinvolgimento bellico, e questo resistendo ad una martellante propaganda.
I Disarmisti esigenti ricordano i "quattro punti" su cui concordano la maggioranza degli italiani, continuamente citati dai grandi media, TV e stampa. Elenchiamoli per l'ennesima volta:
1- Non rifornire di armi e di aiuti militari l’esercito di Kiev (pur solidarizzando con il popolo martoriato dall’aggressione russa. Ma martirizzato anche da una guerra che cresce in intensità e durezza, senza sapere dove si potrà finire all’interno della logica che persegue la “vittoria militare”) 2- Darsi da fare diplomaticamente per “fare tacere le armi” ed avviare subito, senza precondizioni, trattative di tregua e poi di pace con l’intervento dell’ONU 3- Non alimentare la corsa al riarmo né convenzionale né tantomeno nucleare. Quindi riduzione delle spese militari e rifiuto di ospitare vecchie e nuove bombe atomiche. Ancor meglio: aderire al Trattato di proibizione delle armi nucleari e comportarsi di conseguenza 4- Non alimentare una guerra economica parallela con quella militare: le sanzioni energetiche alla Russia, in particolare, risulta chiaro che vanno a danneggiare più i popoli che le élites che profittano dalle guerre. È questo ultimo punto il contenuto più focalizzato dell’appello che ancora sottoponiamo per le adesioni dal titolo: SALVIAMO LA TERRA – BLOCCHIAMO LA GUERRA Revochiamo le sanzioni energetiche contro la Russia che ci separano dalla pace. Indirizziamoci invece verso la soluzione negoziata e cooperativa del conflitto! PACE SIGNIFICA ANCHE PANE! I primi firmatari sono: Alfonso Navarra – Antonia Sani - Luigi Mosca - Moni Ovadia - Alex Zanotelli - Angelica Romano - Luciano Benini - Antonino Drago - Antonella Nappi ... e altre/i Si vada, per leggere il testo al completo, e per sottoscrivere, al link: https://www.petizioni.com/nonsiamoinguerra-nosanzioni/
La mobilitazione pacifista coordinata invece dalle forze politiche e sindacali subalterne o sensibili alle direttive della sinistra neoliberista atlantica, si è avviluppata in una fumosità di contenuti di cui la massima espressione è stata il 5 novembre 2022 (100mila in corteo senza nessuna rivendicazione rispetto al governo); e pare che si voglia persistere nell'errore di limitarsi ad "auspicare la sperimentazione della via diplomatica" da parte dei coordinatori e nell'acquiescenza passiva per questa impostazione da parte dei coordinati.
(Una parziale difformità tattica, non nel senso di strategia politica ma quasi di sindacalismo settoriale, sta nelle carovane di Stop the War Now collegate alla campagna per il sostegno agli obiettori sia ucraini che russi).
Noi in particolare il 5 novembre eravamo al corteo solo perché appoggiavamo l'appello di Papa Francesco a "fare chiasso": eravamo convinti che fosse necessario appoggiare dal basso una volontà di mediazione diplomatica da parte della Santa Sede che, in quanto Stato membro dell'ONU, valutavamo seria e credibile.
La nostra iniziativa è stata ed è impostata per costruire un polo attrattivo rispetto ai soggetti che intendono opporsi con coerenza e capacità organizzative alla guerra attivando un dialogo tra "popolo della pace" e "popolo".
Di qui la nostra proposta: non mollare nella vigilanza (nelle sedi istituzionali proprie, non solo nei festival della canzone!) sugli aiuti militari e rilanciare per l’anniversario dell’inizio del conflitto, il 24 febbraio 2022, nuove iniziative nazionali e territoriali, in connessione con quanto si muove con spirito di base autentico e non in direzione buro-mediatica, da "professionista (settorializzato) della pace".
In questo senso non intendiamo aderire alla due giorni di "Europe for Peace" né alla Perugia-Assisi in cui dovremmo, su invito del comitato promotore, trasformarci in "lampadieri notturni".
Il nostro 24 e 25 febbraio lo vediamo in collegamento con il CALP di Genova, che - in una assemblea svoltasi il 28 gennaio, ha lanciato una giornata di mobilitazione nazionale per il 25 febbraio. La linea è "boicottare la guerra a partire da casa nostra" (vedi appello sotto riportato e resoconto dell'incontro redatto da Gregorio Piccin).
Questo approccio locale va sicuramente bene, ma non bisogna dimenticare le campagne generali, da collegare al fronte centrale dell'opposizione alla guerra; e neanche la capacità di premere sul livello politico-istituzionale (includente non solo il Parlamento, ma anche gli Enti Locali) per aumentarne le contraddizioni e per renderlo più ricettivo rispetto alla voce popolare inascoltata.
Nella nostra assemblea on line del 10 gennaio è stata però ricordata la prospettiva dell'accampamento permanente sotto i Palazzi del Potere da parte di migliaia di persone come la forma da perseguire in prospettiva per pensare a una grande trasformazione nonviolenta in senso ecopacifista.
L'esempio da avere in mente è quello degli Indignados in Spagna, di Occupy Wall Street negli USA, dei primissimi Gilet Gialli in Francia, delle Primavere arabe prima maniera (in particolare la rivolta tunisina): una assemblea permanente contro le élites al potere che esprime non una rivolta disperata di pochi individui alla ricerca del gesto con clamore mediatico, ma una ribellione radicale con alto coinvolgimento di giovani partecipanti e occupanti in modo fisico diretto.
La rivoluzione nonviolenta che perseguiamo ha la consapevolezza che l'imperativo è quello di fare la pace con la Natura perché l'impennata delle attività militari e nella corsa agli armamenti è una delle cause principali dell’inquinamento del Pianeta e dell’effetto serra. Di qui la consapevolezza che siamo tutte e tutti aggrediti dalla guerra in quanto "non esistono più guerre giuste".
Non dobbiamo sentirci depressi, impotenti, rassegnati, come ci descrivono le ricerche ISTAT, e darci invece da fare per sollevare gli italiani e gli europei da questi sentimenti pessimisti che portano alla delega, alla depressione, o all'azione solo reattiva; mentre la corsa verso il baratro verso cui ci stanno indirizzando può essere fermata se organizziamo insieme una risposta centrata sulla soluzione del problema. La gente comune, che è attaccata alla vita, condivide - dobbiamo esserne convinti a ragion veduta, ce lo ricordano gli stessi media con l'elmetto sciorinando i loro sondaggi- i nostri valori fondamentali di "avanguardie calde". Siamo, stando alla terminologia inventata da Alberto L'Abate, in cammino verso la società della pace con le moltitudini "tiepide" che sapremo prima o poi risvegliare e riscaldare...
Di seguito l’appello del CALP per l'assemblea del 28 gennaio:
Appello per un'assemblea pubblica e una mobilitazione
Negli anni scorsi, nel porto di Genova, una mobilitazione partita dai lavoratori del porto ha impedito l’imbarco di materiale bellico diretto in Arabia Saudita e destinato alla guerra in Yemen. Analoghe manifestazioni a sostegno del blocco del traffico di armi si sono tenute in altri porti europei contro le navi della compagnia saudita Bahri, che rifornisce d’armi e mezzi militari tutto il Medio Oriente. Ma anche mobilitazioni contro produttori di armi, contro la costruzioni di nuove basi militari, contro treni e aerei che oggi riforniscono conflitti accesi per puro interesse economico e geopolitico. Sono conflitti sanguinosi che mietono vittime giornalmente, devastano territori, alimentano la crisi climatica e ambientale, spingono migliaia di persone ad abbandonare i loro paesi per emigrare.
Oggi siamo a un anno dall’inizio della guerra tra Russia e NATO per procura in Ucraina, guerra che non accenna a trovare una soluzione. Uno scontro iniziato nel 2014 da parte dell'Ucraina verso le zone del Donbass, che ha provocato decine di migliaia di vittime di cui nessuno parla, sfociando in un conflitto allargato nel febbraio del 2022 e che oggi rischia di arrivare ad un escalation nucleare. Il conflitto avviene nel cuore dell’Europa, un conflitto in cui l’Italia è attivamente coinvolta con invio di armi e non solo. Una guerra che ha delle cause che vanno al di là delle cose che vengono propagandate. Una guerra che ci racconta come il capitalismo a guida dell’Occidente e degli USA in particolare sia in profonda crisi che si trasforma in aggressioni militari sempre più aperte. In cui non si esita di fronte a nulla, sacrificando i popoli coinvolti nascondendo però i veri obiettivi, inventando scontri di civiltà laddove esiste innanzitutto uno scontro per l’egemonia economica, per la supremazia mondiale sullo sfruttamento dell’intero pianeta.
Il complesso militare industriale è tra i molti responsabili di questa escalation, quello almeno che ci guadagna di più, agendo in combutta con governi sempre pronti ad approvare politiche di saccheggio sulle risorse naturali in varie zone del mondo.
Governi che nell’Unione Europea agiscono come burattini proni ai diktat USA nell’inviare armi in Ucraina per far continuare il conflitto, armi sempre più potenti (ultima la richiesta dello scudo antimissile). In Italia il Governo Meloni continua la politica “filoatlantista” del Governo Draghi dimostrando che non esiste nessuna possibilità né volontà di disubbidire a una politica sanguinosa e fallimentare anche per lo stesso futuro della UE.
I lavoratori e gli sfruttati di ogni paese non hanno nulla da guadagnare. La guerra non è soltanto un enorme macello per i popoli ma porta con se anche devastazione sociale, tagli di risorse per il lavoro e per il welfare per sostenere le spese militari. Porta ad aumenti delle tariffe che si scaricano sulle popolazioni mentre le speculazioni sui prezzi fanno lievitare i profitti di pochi soggetti economici. Risorse pubbliche a favore della guerra, tolte a quelle che sono le richieste dei lavoratori come il riconoscimento dei lavori usuranti o gli aumenti salariali in base anche all'aumento dell'inflazione. O come le risorse negate al “reddito di cittadinanza” e la “disoccupazione”. Soldi che vengono meno per la pubblica istruzione o la pubblica sanità. Fermarli però è possibile cominciando dai nostri territori. Boicottando la guerra cominciando da casa nostra.
Il 28 gennaio alle ore 18:30 al CAP di Genova in Via Albertazzi 3r, come lavoratori del Porto, chiediamo a tutte le realtà di partecipare all'assemblea pubblica per costruire assieme una giornata di mobilitazione a Genova per il 25 febbraio. Chiediamo a tutti i lavoratori e lavoratrici, ai cittadini e alle cittadine, ai sindacati alle organizzazioni sociali, collettivi, centri sociali, alle forze politiche di sostenere questa giornata; una occasione di lotta contro la guerra e per la pace tra i popoli e tra gli oppressi. Invitiamo tutti e tutte a raccogliere quest’appello
Dockers calling: per una grande manifestazione nazionale a Genova il 25 febbraio contro la guerra e l’invio di armi
Gregorio Piccin
L’assemblea di ieri convocata dal Collettivo autonomo lavoratori portuali (CALP) per organizzare a Genova una mobilitazione nazionale il prossimo 25 febbraio contro la guerra e il traffico di armi ha visto una partecipazione straripante e forse inaspettata. La sala messa a disposizione dal Calp presso il Circolo dell’autorità portuale di Genova non ha potuto contenere le oltre cento persone che hanno partecipato all’assemblea.
Presenti in video conferenza anche gruppi e collettivi da Torino, Padova, e Cagliari. Centri sociali della città come il Zapata (che sta battagliando contro lo sgombero) e l’Askatasuna di Torino si sono alternati negli interventi con esponenti di Rifondazione Comunista, Potere al Popolo, Rete dei comunisti, Unione popolare e di sigle del sindacalismo di base come Usb, molto attive nel contrasto diretto alla “logistica di guerra”.
Tutti hanno confermato l’adesione all’iniziativa del Calp per costruire insieme una grande manifestazione nazionale il prossimo 25 febbraio.
Tra le proposte avanzate l’apertura alle realtà cattoliche di base e il dialogo con chiunque sia contrario all’economia di guerra in cui il governo Meloni, in continuità con Draghi, ha precipitato il Paese aggravando la crisi sociale in atto.
“Siamo maggioranza” è stato detto riferendosi ai recenti sondaggi che vedono il 70% degli italiani contro l’invio di armi all’Ucraina, Leopard compresi.
“Sempre al fianco del Calp” hanno dichiarato gli studenti medi dell’Opposizione studentesca d’alternativa in un applauditissimo intervento in cui hanno ricordato come la militarizzazione nelle scuole passi anche attraverso l’alternanza scuola lavoro presso la sede genovese di Leonardo.
Il coordinamento nazionale porti di Usb (presente oltre che a Genova anche a Livorno e Civitavecchia) ha annunciato uno sciopero generale a copertura della manifestazione.
Condivisa da molti interventi la critica a un pacifismo troppo generico, che non ha il coraggio di affrontare le trasversali responsabilità di guerra del nostro Paese, prima fra tutti l’invio di armi con l’unico effetto di prolungare l’inutile strage.
“Guardarsi allo specchio” e combattere la co-belligeranza dell’Italia è stato infatti il senso comune emerso dalla gran parte degli interventi, anche perché questa belligeranza sta affossando l’economia e viene fatta pagare principalmente a lavoratori e lavoratrici. Intanto il governo non fa nulla per mettere la museruola alle speculazioni sulle bollette che stanno producendo extra-profitti stellari per le multinazionali di bandiera.
Stoccate nel merito anche alla Fiom-Cgil che sulla questione centrale del comparto militare industriale marca uno schiacciamento tendenzialmente corporativo (come del resto le altre sigle confederali) sulle politiche industriali del management, che da Moretti a Profumo hanno trasformato Finmeccanica in una holding dell’hi-tech militare. Nessuna prospettiva alternativa alla trasformazione dell’industria militare in un finanziatissimo pilastro della politica estera italiana. Una contraddizione gigantesca che pesa come un macigno perché il ricatto guerra-lavoro e ambiente-lavoro deve essere spezzato. L’ultimo “brindisi” dei confederali per una grossa commessa militare è peraltro arrivato proprio qualche giorno fa a Palermo, dove è stata consegnata una nave da guerra nuova di zecca realizzata da Fincantieri e consegnata alla marina del Qatar.
Senza il coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori dei settori dell’industria e della logistica, cruciali per la belligeranza voluta da un trasversale ceto politico guerrafondaio, il movimento pacifista non sarà mai in grado di imporre un’inversione di rotta.
In questo senso, hanno detto i camalli genovesi, il 25 febbraio sarà allo stesso tempo “proseguimento e tappa di un percorso che viene da lontano”.
“Le guerre condotte dalla NATO prima contro la Repubblica federale Jugoslava e poi contro la Libia possono essere assunte come l’archetipo della guerra di aggressione terroristica, abilmente coperta sotto le vesti della guerra umanitaria. Si è trattato in realtà di guerre di aggressione dirette a realizzare un progetto neo-imperialistico di egemonia globale sul terreno politico, militare e soprattutto economico.” Danilo Zolo, 2011
La NATO nei suoi oltre 70 anni di vita ha subito profonde trasformazioni soprattutto nelle sue finalità. E’ nata nel 1949 come “strumento di difesa”, ma non risulta nella storia che qualche Paese NATO sia mai stato aggredito da nazioni belligeranti. A seguito dello scioglimento del Patto di Varsavia (1955-1991) la NATO da “strumento di difesa” dal comunismo inizia una mutazione genetica assegnandosi il compito di “fare fronte a rischi multiformi e multidirezionali”, che infatti portano gli eserciti di molti Paesi del Patto Atlantico in nuove direzioni, in Medio Oriente e Africa, mentre promuove una politica di inclusione dei Paesi ex sovietici.
Qualche anno dopo, nel 1999, la NATO festeggia il suo 50° compleanno bombardando con l’uranio impoverito la Federazione Jugoslava senza alcuna dichiarazione di guerra e al vertice di Washington di quell’anno elabora un nuovo concetto strategico, assegnandosi il compito e il potere di effettuare interventi al di fuori dell’esercizio del “diritto di difesa”, diritto oramai ritenuto obsoleto e insufficiente.
L’argine è ormai aperto e la progressione verso la funzione di “vigilantes mondiale” è sancita nel vertice di Riga del 2006, dove la NATO si attribuisce il compito di “gestire la direzione delle crisi mondiali”, sottraendolo all’ONU, compito confermato nel vertice di Madrid del giugno 2022. Crisi in cui spesso sono coinvolti direttamente i principali Paesi NATO.
L’Unione Europea la segue supinamente, sebbene ne sia vittima in qualche modo. L’Italia segue supinamente entrambe, non solo sostenendo le decine di “missioni di pace” in giro per il mondo, ma anche ritagliandosi il ruolo di Paese belligerante con le forniture di armi all’Ucraina: avvenimento che ha aperto il dibattito sulla costituzionalità della nostra adesione alla NATO, ritenuta dai governi conforme all’art. 11 della Costituzione. Ma tutto ciò è compatibile con un futuro di pace, prosperità, collaborazione tra popoli e Paesi a cui la stessa NATO afferma di voler giungere?
A queste e altre questioni cercheranno di dare risposte e approfondimenti esperti giuridici e politici, militari ed economici in una due giorni che da un lato vuole dare spazio ad una visione generale della tendenza alla guerra e del ruolo della NATO oggi, dall’altro promuovere il necessario confronto tra le realtà che lottano ogni giorno contro la guerra, la militarizzazione dei territori, la corsa al riarmo e le politiche guerrafondaie.
sabato 4 febbraio 2023
dalle ore 10:15 alle 17:30,
con pausa pranzo
domenica 5 febbraio 2023
dalle ore 9:30 alle 17:30,
con pausa pranzo
Presso il Castello dei
Missionari Comboniani
via delle Missioni 12,
Venegono Superiore (Va)
//
Saranno disponibili 2 pranzi, una
cena e una prima colazione (per il
pranzo del 4 portare specialità del
luogo di provenienza).
Per il pernottamento saranno disponibili 50 posti letto (portare sacco a
pelo o lenzuola e coperte).
Contributo consigliato per le spese
sostenute:
€10 per il pasto,
€15 per il pernottamento.
PROMUOVONO
Abbasso la Guerra OdV Venegono,
Centro Sociale 28 Maggio Rovato,
ANVUI Associazione Nazionale
Vittime Uranio Impoverito, Donne e
Uomini Contro la Guerra Brescia
CO-ORGANIZZANO
Comitato PACEsubito! Bergamo,
Disarmisti Esigenti Milano, Kinesis
Tradate, LOC Milano, Movimento
Bergamasco e Sindacato ASIA,
Punto Pace di Pax Christi di Tradate,
Rete Varese Senza Frontiere, Sindacato di Base ADL Varese, Tavola
della Pace Val Brembana, Unità
Popolare Valle Brembana
Per adesioni, prenotazioni dei
pernottamenti e per ottenere la
possibilità di seguire online i lavori scrivere a: abbassolaguerra@
gmail.com
PER AGGIORNAMENTI
facebook.com/AbbassoLaGuerra
Relatori
Rossana De Simone
Alex padre Zanotelli (online)
Claudio Giangiacomo
Luigi mons. Bettazzi (online)
Mario Agostinelli
Patrick Boylan
Tematiche
Geopolitica, economia e NATO
Sull’orlo dell’abisso nucleare. La posizione di
Papa Francesco su guerra e armamenti.
Struttura della NATO.
Il rapporto tra NATO-UE e NATO-ONU.
Penetrazione USA e NATO in Italia
Sull’illegittimità costituzionale della NATO
Le campagne militari di NATO ed USA
dal 1991 ad oggi
Campagna “Fuori l’Italia dalla guerra”
La NATO o l’Europa?
Il potere militare della NATO,
evoluzione dei Concetti strategici USA e NATO
Militarismo, ambiente e riscaldamento climatico.
Non c’è più tempo
Guerra, NATO, disinformazione e informazione,
Assange: verità sulle guerre occidentali
Il Rischio nucleare. Evoluzione della postura
Nucleare di USA e NATO. Rapporto con i Trattati
sulle armi nucleari e sul TPNW
Interventi di realtà che si oppongono alla guerra e ai suoi strumenti
Interventi di realtà che si oppongono alla guerra e ai suoi strumenti e dibattito
Professori universitari, giornalisti, economisti, artisti e giuristi lanciano una petizione per contestare la partecipazione del presidente ucraino al Festival di Sanremo e promuovono una manifestazione sabato 11 febbraio dalle 10 alle 20 a Pian di Nave a Sanremo.
Testo della petizione:
Fin dagli albori della televisione pubblica, il Festival di Sanremo si è accreditato come la più seguita manifestazione popolare italiana. Milioni di persone seguono lo spettacolo trasmesso in mondovisione dalla Rai. Che piaccia o meno, il Festival rappresenta anche sul piano internazionale un aspetto dell’identità culturale del Bel Paese. L’Italia ha lanciato da Sanremo successi planetari che celebrano la vita, la felicità e l’amore.
Abbiamo appreso perciò con incredulità che, in una delle serate clou dell’evento, presumibilmente sabato 11 febbraio, interverrà Vladimir Zelensky, capo di Stato di uno dei due paesi che oggi combattono la sanguinosa guerra del Donbass. Una guerra terribile, fomentata da irresponsabili invii di armi e da interessi economici e geostrategici inconfessabili, che ha portato il mondo sull’orlo di un olocausto nucleare per la prima volta dopo la crisi dei missili di Cuba. Una guerra che ha ragioni complesse, tra cui il fatto che la Nato sia andata ad “abbaiare ai confini della Russia” (utilizzando le parole di Papa Francesco), oltre alle conseguenze della brutale repressione del governo nazionalista di Zelensky contro la popolazione russofona, soprattutto in Donbass. Una guerra che come italiani abbiamo il dovere costituzionale di “ripudiare”, non soltanto di rifiutare, nel rispetto dell’ Art. 11 Costituzione, ma che invece continuiamo a finanziare, favorendone così in modo diretto e indiretto la letale escalation.
L’Italia non solo invia armi (ed aumenta il budget militare in una fase economica difficilissima per la maggioranza degli italiani), ma lascia che la NATO e gli Stati Uniti utilizzino a loro piacimento il suo territorio, in assenza di qualsiasi forma di controllo governativo, parlamentare e popolare. A causa di questa posizione acritica e supina, l’Italia ha rinunciato a svolgere l’importante ruolo di mediazione geopolitica che corrisponde alla sua vocazione storica, abdicando al contempo al proprio interesse nazionale e al proprio ruolo di fondatrice del processo di unificazione europea, come struttura per assicurare la pace fra le nazioni.
Proprio in queste settimane, mentre la propaganda infuria sui giornali controllati dagli interessi del blocco finanziario che si riconosce nella NATO, è in corso da parte americana la sostituzione dei precedenti ordigni nucleari. Questi già da anni collocati sul suolo italiano (in violazione del Trattato sulla non proliferazione nucleare a suo tempo sottoscritto sia dagli USA che dall’Italia) saranno ora sostituiti con dispositivi di ultimissima generazione, dotati di intelligenza artificiale e piena manovrabilità a distanza. Un’operazione pericolosissima anche nell’immediato, di cui il popolo italiano, che più volte si è espresso contro il rischio nucleare anche civile, è tenuto all’oscuro.
Riteniamo dunque tragicamente ridicolo e profondamente irrispettoso di un’ampia fetta dell’opinione pubblica che non si riconosce nelle politiche militari dei governi Draghi e Meloni il fatto che Zelensky sia invitato a Sanremo. Il dramma oggi in corso nel suo Paese non è altro, infatti, che l’epilogo di un conflitto ben più lungo, quale quello del Donbass, che i maggiori Stati della NATO (quegli stessi cui oggi l’Italia è accodata!) hanno contribuito ampiamente a fomentare, limitandosi ad appoggiare militarmente l’Ucraina, nel corso degli anni.
Come intellettuali abbiamo il dovere di comprendere ciò che avviene dietro le quinte, e ci mettiamo perciò a disposizione per parlare al popolo italiano, che a tal fine invitiamo alla mobilitazione sabato 11 febbraio a Sanremo, per partecipare ad una grande assemblea popolare di piazza. L’Italia deve uscire subito dalla guerra interrompendo ogni aiuto diretto o indiretto a una delle parti in conflitto. L’ Italia non può rassegnarsi a restare un deposito di ordigni nucleari micidiali sotto controllo americano, né luogo di laboratori e centri di ricerca bellici. È necessario liberare il nostro territorio da questa presenza.
Saremo a Sanremo l’11 febbraio per dire al mondo in modo motivato e razionale ma forte e chiaro: Il ripudio della guerra significa ripudio senza se e senza ma. La sovranità può essere limitata solo per assicurare la pace e la giustizia fra le nazioni (Art. 11 Cost.).
Una bozza di lettera al presidente RAI (in discussione tra i DE & partners)
Gentile (CDA? Presidente?) della RAI
La notizia che al Festival di Sanremo interverrà Vladimir Zelensky, capo di Stato del Paese impegnato nella guerra contro la Russia, cosa che consideriamo del tutto sbagliata, e sulla quale chiediamo alla RAI un ripensamento, ci offre lo spunto per le seguenti considerazioni e proposte.
Proprio i vostri TG e le vostre trasmissioni di approfondimento mettono in evidenza che il popolo italiano condivide in maggioranza questi quattro punti:
1- Non rifornire di armi e di aiuti militari l’esercito di Kiev (pur solidarizzando con il popolo martoriato dall’aggressione russa. Ma martirizzato anche da una guerra che cresce in intensità e durezza, senza sapere dove si potrà finire all’interno della logica che persegue la “vittoria militare”)
2- Darsi da fare diplomaticamente per “fare tacere le armi” ed avviare subito, senza precondizioni, trattative di tregua e poi di pace con l’intervento dell’ONU
3- Non alimentare la corsa al riarmo né convenzionale né tantomeno nucleare. Quindi riduzione delle spese militari e rifiuto di ospitare vecchie e nuove bombe atomiche. Ancor meglio: aderire al Trattato di proibizione delle armi nucleari e comportarsi di conseguenza
4- Non alimentare una guerra economica parallela con quella militare: le sanzioni energetiche alla Russia, in particolare, risulta chiaro che vanno a danneggiare più i popoli che le élites che profittano dalle guerre.
Se si tiene presente che la nostra Costituzione all’art. 11 ci impone di “ripudiare la guerra” e che per di più esiste una legge, la 185/1990, che ci vieta di rifornire di armi i Paesi in guerra, sorge spontanea la proposta.
Non sarebbe giusto dare adeguato spazio a un comitato di esponenti ecopacifisti, con composizione femminile almeno al 50%, ai sensi della risoluzione ONU 1325, che si faccia portatore nelle trasmissioni di proposte consone ad un ruolo di mediazione tra i contendenti che l’Italia potrebbe svolgere nell’ambito internazionale?
Non ci sembra comunque sia rispettare il principio del pluralismo martellare solo la posizione governativa e parlamentare prevalente.
L’opposizione politica dovrebbe potere spiegarsi di più e meglio e soprattutto questa possibilità dovrebbe essere data all’opposizione sociale.
Noi ci mettiamo a disposizione per formare questo comitato ecopacifista coinvolgendo responsabili di associazioni e intellettuali prestigiosi, indipendenti da appartenenze partitiche, senza discriminazione tra i sessi.
Questa proposta potrebbe essere relativa a un evento televisivo collaterale al Festival, magari la stessa data della finale canora dell’11 febbraio. Ma appare chiaro da quanto sopra scritto e argomentato che il comitato che proponiamo dovrebbe avere una funzione permanente almeno per tutto il periodo (ahinoi, si prevede lungo) in cui è in corso il conflitto armato in Ucraina...
Sotto riportati: testo sintetico del comunicato, testo completo del comunicato, nota di Marco Palombo, considerazioni sulle "cinque sbandate" che il pacifismo deve evitare, rassegna stampa
L'impegno è quello di riconvocarsi sistematicamente e costantemente quando il governo e il Parlamento si occupano delle decisioni sugli aiuti militari al governo ucraino. Il 23 e il 24 gennaio 2023 alla Camera si discute e si approva in via definitiva il DL 185/2022. Nella Gazzetta ufficiale del 2 dicembre 2022 appare sotto il titolo: "Disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorità governative dell'Ucraina". Si tratta di estendere a tutto il 2023 il "metodo Draghi", cioè decreti con elenchi secretati del Ministro della Difesa di concerto con Esteri e MEF, a sola conoscenza del COPASIR, sarebbero sufficienti per autorizzare la concessione di aiuti militari in favore del governo ucraino. E', a nostro parere una procedura incostituzionale con illegale deroga alla legge 185 del 1990 sul commercio delle armi.
TERZO PASSO DELLA MOBILITAZIONE 23 - 24 GENNAIO 2023 (dopo quelli del 13 dicembre 2022 e 10-11 gennaio 2023)
23 gennaio dalle ore 10:30 alle ore 13:30
PIAZZA DELLA ROTONDA ROMA, vicino Pantheon
Per connettersi on line al presidio fisico di Roma link sulla piattaforma Zoom:
24 gennaio dalle ore 16:00 alle ore 19:00 Assemblea on line: "COME PROSEGUIRE UNA STRATEGIA NONVIOLENTA DI OPPOSIZIONE ALLA GUERRA CON IL “POPOLO DELLA PACE"CHE COINVOLGE IL “POPOLO” TOUT COURT
Abbiamo bisogno di un polo attrattivo CAPACE DI ASCOLTO, DI DIALOGO E DI ORGANIZZAZIONE RISPETTO ALLA VOLONTA' PACIFISTA DELLA MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI"
Questo che ora segue è il link alla piattaforma Zoom per connettersi il 24 gennaio:
Anche per collegarsi al presidio al Pantheon il 23 mattina, dalle ore 10:30 alle ore 13:30, è stato creato un link sulla piattaforma zoom:
Entra nella riunione in Zoom https://us06web.zoom.us/j/81881699304?pwd=OWh3ZlRrUkRJVUtIYzg1U2ZNNVVoQT09
Con presidi in varie città italiane (Firenze, Trieste, Brescia, Genova, Milano)
Promosso dai Disarmisti esigenti (www.disarmistiesigenti.org) con la collaborazione di WILPF Italia, Europe for Peace, LOC, LDU, Kronos Pro Natura, Il Sole di Parigi, Marcia dei Girasoli-Comiso, Per la scuola della Repubblica, Bimbi svegli, Ban the Bomb, Odissea, Melitea, Rete IPRI-CCP, Radio Nuova Resistenza (e altri gruppi che andranno aggiungendosi). Con l’adesione di COORDINAMENTO NO GREEN PASS di Trieste e del Partito della RIFONDAZIONE COMUNISTA.
24 gennaio dalle ore 16:00 alle ore 19:00 Assemblea on line: "COME PROSEGUIRE UNA STRATEGIA DI OPPOSIZIONE ALLA GUERRA "CON IL POPOLO DELLA PACE" CAPACE DI ASCOLTO, DI DIALOGO E DI ORGANIZZAZIONE RISPETTO ALLA VOLONTA' PACIFISTA DELLA MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI"
Questo che ora segue è il link alla piattaforma Zoom per connettersi:
con la collaborazione di WILPF Italia, Europe for Peace, LOC, LDU, Kronos Pro Natura, Il Sole di Parigi, Marcia dei Girasoli-Comiso, Per la scuola della Repubblica, Bimbi svegli, Ban the Bomb, Odissea, Melitea, Rete IPRI-CCP (e altri gruppi che andranno aggiungendosi)
con l'adesione di Coordinamento NO GREEN PASS TRIESTE e di RIFONDAZIONE COMUNISTA
Digiunatori: Alfonso Navarra, Maria Carla Biavati, Ennio Cabiddu, Cosimo Forleo, Giampiero Monaca, Marco Palombo, Totò Schembari e altri supportanti (Moni Ovadia...)
Dopo la manifestazione del 5 novembre del "popolo della pace", che, delegando ad una direzione vuota di contenuti, si è limitato ad esprimere sé stesso, si tratta ora, per impulso dei Disarmisti esigenti & partners, di costruire un ponte di dialogo e rappresentanza verso il "popolo italiano" in quanto tale. L'obiettivo è mettersi sul serio "ALL'ASCOLTO DEL POPOLO PER RAPPRESENTARLO". Popolo: ossia la moltitudine degli italiani, 50 milioni di elettori, che, votante o astenuta, non è ascoltata dalle istituzioni parlamentari e governative su quattro punti, conformi ai nostri valori, cui i sondaggi degli stessi media con l'elmetto attribuiscono un orientamento largamente maggioritario: no aiuti militari ai combattenti per non essere coinvolti nel conflitto militare, negoziato subito senza condizioni, no riarmo meno che mai nucleare, no guerra economica mediante sanzioni che oltretutto fanno danni più a noi che al "nemico" russo. Consapevoli di questo dato, abbiamo dispiegato, il 13 dicembre, in Largo Argentina e poi, il 10 gennaio, al Pantheon, lo stesso striscione che, preveggenti, abbiamo portato al corteo del 5 novembre: "NON CI SONO GUERRE GIUSTE (PAPA FRANCESCO). Fermate subito i combattimenti, intervenga l'ONU per negoziare una tregua e prevenire una escalation nucleare. Custodiamo, esseri umani cooperanti, la Terra sofferente. Riconvochiamoci, quando si vota in Parlamento, per protestare contro l'invio di nuove armi all'esercito ucraino".
Quei momenti di riconvocazione sono stati effettivamente messi in atto, continuano e continueranno.
Il 13 dicembre sono state votate varie mozioni parlamentari, con scambi di favori tra la maggioranza di destra-centro e il PD. Noi eravamo in Largo Argentina a digiunare e protestare.
Il 10 gennaio 2023 alle 16,30, nell' aula del Senato, abbiamo avuto la discussione generale ed il voto per la conversione in legge del decreto 185 del 2 dicembre 2022 che autorizza la cessione di armi all'Ucraina per tutto il 2023. Anche in questa occasione abbiamo proseguito il digiuno ed il presidio del 13 dicembre, stavolta davanti al Pantheon, proponendoci presenti anche per il voto alla Camera e durante tutte le eventuali discussioni nel 2023 sui pacchetti di aiuti militari al governo ucraino.
La discussione e la votazione alla Camera dei deputati, dopo l'approvazione data dal Senato, inizia il 23 gennaio 2023 e decide l'ufficializzazione in via definitiva, il 24 gennaio, il DL 185/2022, cioè la cornice giuridica che proroga il "metodo Draghi" per autorizzare la "cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorità governative dell'Ucraina".
Vanno, a questo punto, ricordate due scadenze importanti, di segno opposto, ma connesse con il contesto bellico, che dobbiamo toccare nei nostri discorsi: il 20 gennaio la riunione dei 40 Stati donatori di armi a Zelensky e il 21 gennaio, secondo anniversario dell'entrata in vigore del Trattato di proibizione delle armi nucleari.
L'appuntamento, il 20 gennaio 2023, del Gruppo di contatto sull'Ucraina alla base NATO di Ramstein, in Germania, è da attenzionare perché sancirà l'allineamento degli Stati europei e di altri vassalli degli USA alle direttive dell'egemone che, con lo scontro Occidente versus Oriente, lanciato dal conflitto ucraino, tenta di mantenere l'ordine unipolare in crisi in tutte le sue articolazioni dimensionali. Si prevede una forte pressione, in particolare su Germania e Italia, perché aumentino gli aiuti militari in fondi e mezzi (missili antimissile e carri armati) e si sbrighino a fornirli.
L'incontro è preceduto dalla dichiarazione congiunta NATO-UE, firmata il 10 gennaio a Bruxelles, finalizzata a rafforzare la cooperazione tra le due organizzazioni internazionali a partire dal sostegno militare all'Ucraina. Questa dichiarazione sottolinea l’importanza di "costruire una difesa europea più forte e più operativa, che contribuisca positivamente alla sicurezza transatlantica e globale, e che sia complementare e interoperabile con la NATO". Questo aggettivo "complementare" noi lo interpretiamo in un significato di subalternità.
Il secondo anniversario dell'entrata in vigore del Trattato di proibizione delle armi nucleari (TPNW), il 21 gennaio del 2023, ripropone l'assoluta priorità del disarmo atomico nel momento in cui l'escalation nucleare rientra nel novero degli scenari della guerra combattuta in Ucraina.
L’importanza di questo strumento giuridico, che il governo italiano dovrebbe ratificare, sta nel fatto che proclama l’illegalità della deterrenza nucleare, cioè si va oltre la condanna della minaccia dell’uso, lo stesso possesso degli ordigni atomici è considerato da bandire. Noi consideriamo la preparazione di una guerra atomica molto più di un crimine di guerra: è una presa in ostaggio delle popolazioni minacciate di rappresaglia per “dissuadere” uno Stato ostile da un attacco nucleare. Quindi siamo di fronte a un crimine contro l’umanità, ovvero, di un «genocidio programmato», secondo la fattispecie definita nel 1948 dalla Assemblea generale dell’Onu, accolta nell’art. 6 dello Statuto della Corte penale internazionale firmato a Roma il 17 luglio 1998.
In Italia continueremo ad insistere per la presentazione di un disegno di legge di ratifica del TPNW. Al di là della approvazione immediata, non alla portata purtroppo di questo Parlamento, riteniamo comunque utile che il tema del disarmo nucleare e del suo rapporto con i rischi bellici, ecologici e sociali, debba fare parte del dibattito nella campagna elettorale per le prossime elezioni europee del 2024.
QUI di seguito maggiori info sulla iniziativa del 23 e 24 gennaio e le considerazioni sui presupposti culturali e politici "centenari" che consentono ai Disarmisti esigenti, per il tramite della LOC membro WRI, di evitare le "sbandate" del pacifismo contingente (spesso burocratico e mediatico) e di essere, con i partner stretti (in primo luogo WILPF Italia), gli unici a proporre proteste di piazza contro le decisioni di invio di armi che coinvolgono l'Italia nella "Guerra grande" con epicentro Ucraina.
Ci teniamo a rimarcare il carattere aperto ed inclusivo della nostra iniziativa. I digiunatori e i presidianti auspicano che, dal 23 e 24 gennaio, una pluralità di iniziative fiorisca declinando, con i valori e le posizioni delle varie componenti dell'arcipelago, diverse impostazioni della esigenza sopra indicata di sintonizzare “popolo della pace” e “popolo”, ciascuna libera di esprimersi con le modalità che ritiene opportune. Occorre intraprendere una discussione su come rendere l'iniziativa di carattere continuativo, tenendo conto del fatto bisogna far sentire, da parte del movimento, il fiato sul collo delle istituzioni tutte le volte che si andrà a concretizzare con pacchetti di aiuti militari la "cornice giuridica" del "metodo Draghi" per tutto il 2023. Cornice giuridica, varata nel CDM del 2 dicembre 2022, che – è stato già ricordato - sarà presto convertita in legge il voto alla Camera. La discussione dovrà inoltre affrontare come possono essere attivate convergenze con altre campagne, ad esempio il sostegno agli obiettori sia russi che ucraini (il fronte bellico andrebbe prosciugato da ambedue i lati) e l'obiezione di coscienza alle spese militari anche come protesta nei confronti della corsa agli armamenti scatenata dallo scenario bellico in cui ci muoviamo.
Si è concluso nelle commissioni della Camera Difesa e Esteri l' iter del decreto "Invio armi all' Ucraina".
Sono stati presentati due emendamenti identici, riportati integralmente in fondo al mio post, da Sinistra Italiana e Movimento 5 stelle per far votare l' assemblea prima di ogni singolo decreto ministeriale per autorizzare invio di armi.
Dal resoconto della seduta si sa che gli emendamenti sono stati bocciati, che nessuno è intervenuto e che la seduta è durata 10 minuti. Al link
Probabilmente ci sarà un voto anche nell' Assemblea prima del voto finale sulla conversione in legge. Al Senato è stato così, ma nessuno è intervenuto, né per dichiarazioni di voto né per illustrare l' emendamento.
Nella diretta dal Senato si è sentito solo il numero dell' emendamento, era firmato da entrambi i gruppi mentre qui sono due distinti, ma non è stato detto il suo contenuto. Quindi, anche chi ha seguito tutta la discussione, non ha saputo che cosa chiedesse.
Un voto dovrebbe esserci anche all' Assemblea della Camera. Se così sarà, e dovrebbe essere indicato prima di Lunedì 23 gennaio,
in qualche modo dovremmo chiedere che su questo punto ci sia un dibattito, perché l' emendamento non è di poco conto e non si capisce perché il Pd dovrebbe delegare completamente al governo per tutto il 2023 la decisione di quali e quante armi inviare all' Ucraina.
di seguito gli emendamenti.
DL 185/2022: Disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina. C. 761 Governo, approvato dal Senato.
PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
ART. 1. Dopo il comma 1, inserire il seguente: 1-bis. Ai fini di ogni singola autorizzazione di cui al comma 1 concernente l’invio di armi, il Governo rende preventive comunicazioni alle Camere, che si esprimono mediante la votazione di uno specifico atto di indirizzo per ciascuna cessione.
* 1.1.Fratoianni.
Dopo il comma 1, inserire il seguente: 1-bis. Ai fini di ogni singola autorizzazione di cui al comma 1 concernente l’invio di armi, il Governo rende preventive comunicazioni alle Camere, che si esprimono mediante la votazione di uno specifico atto di indirizzo per ciascuna cessione
CERCARE L’UNIONE VERA CON IL “POPOLO” VIENE PRIMA DELLA UNITA’ VUOTA CHE IL “POPOLO DELLA PACE” HA ILLUSORIAMENTE RAGGIUNTO
Milano 16 gennaio 2023
Nel momento in cui, di fronte alle avanzate sul campo delle truppe di Kiev e alla brutalità – esagerata dai media va bene - del comportamento russo, cresce un senso di colpa e una sensazione che la parte ucraina possa avere ragione (a difendersi militarmente come fa),
ecco i punti caratterizzanti la linea dei DISARMISTI ESIGENTI, dotati di memoria storica per la loro origine ed il loro retaggio “centenario”, che evitano le deviazioni e i deragliamenti del pacifismo congiunturale (spesso burocratico e mediatico), qui di seguito elencati:
1^ “sbandata”
L’opposizione alla Guerra Grande con epicentro Ucraina (scontro neanche tanto mascherato, anche se non ufficiale, tra NATO e Russia) non è vista come la priorità generale di tutti i movimenti sociali alternativi, il processo su cui concentrare la resistenza e agganciare tutte le problematiche settoriali.
La lotta generale dovrebbe invece prevalere sul progetto particolare anche se presentato come “esemplare”, e dovrebbe tendere ad intrecciare i temi del disarmo, dell’ecologia, dell’eguaglianza sociale, della liberazione dall’oppressione culturale.
2^ “sbandata”
L’esprimere sé stessi come gruppo identitario viene a contare di più che non la tensione a rappresentare e unire il “popolo comune” (il concetto di essere realtà distinta come “popolo della pace” è assente ed in ogni caso lo stesso riferirsi ad ampie moltitudini popolari desta fastidio).
Bisognerebbe invece partire dal principio operativo e tattico di “ascoltare e servire il popolo”, della cui spontanea propensione pacifista si ha fiducia, portando avanti innanzitutto quelle istanze che coagulano un orientamento popolare maggioritario ovviamente quando è conforme con i nostri principi. Se possibile, bisogna essere “popolari”, non “populisti”.
3^ “sbandata”
Desiderando chiudere gli occhi di fronte alla realtà pervasiva e comunque schiacciante della guerra, si pretende di poter continuare con le campagne particolari prescindendo dal contesto e ignorando il fronte centrale di opposizione.
Invece disarmo nucleare, riduzione delle spese militari, contrasto al commercio delle armi, etc. andrebbero perseguiti in stretta connessione con la resistenza al coinvolgimento bellico.
Psicologicamente – e questo affligge più gli strati politicizzati che non la gente comune più pragmatica e apparentemente “egoista” - non si realizza il sentimento che la guerra aggredisce direttamente te e il popolo di cui fai parte. Ci si sforza di relegarla a realtà estranea e lontana. La solidarietà, che dovrebbe riguardare anche il proprio contesto di prossimità (gli effetti della guerra devastano con grandi sofferenze anche la comunità in cui si vive), viene in questo modo riservata a situazioni che ci si illude di percepire come lontane dal proprio vissuto quotidiano.
4^ “sbandata”
Si misura il valore dei movimenti e delle loro iniziative solo sul peso mediatico immediato e si sottovaluta la spirale lotta-repressione verso cui cadono i coltivatori disperati del gesto clamoroso (anche al di là dei possibili coccolamenti temporanei)
5^ “sbandata”
L’”unità” con chi si autoproclama come “pacifista” viene vista come valore assoluto e non andrebbe ridiscussa nella sua forma attuale: non si sente la necessità di un polo attrattivo indipendente dell’antimilitarismo nonviolento (che può essere realizzato solo da chi conserva la memoria dell’esistenza di un pacifismo coerente distinto dal “non aderire né sabotare” rispetto alle guerre).
Quando si lavora dentro l’unità d’azione, da realizzare nelle scadenze di lotta con obiettivi chiari e definiti, non bisognerebbe mai dimenticare la necessità di costruire una organizzazione nonviolenta rivoluzionaria, che sia di impulso condizionante verso i soggetti politico-istituzionali e non cinghia di trasmissione di istanze provenienti dalla politica partitica.
Quando si considera il lavoro pratico dei DE, e ci chiede perché ad esempio oggi siano gli unici, fin dal 5 novembre, con la collaborazione di un partner stretto come la WILPF, a proporre di scendere in piazza quando il Parlamento italiano decide per gettare benzina sul fuoco della guerra in Ucraina, si guardi alle cinque “sbandate” che ci sforziamo di evitare nell’impostare e gestire, mossa per mossa, pensieri, parole ed opere.
Da parte di segreteria LDU, partner LOC, membro WRI, promotrice del progetto politico dei Disarmisti esigenti, alle compagne e ai compagni di cammino.
MARCO PALOMBO SCRIVE ALLA "CONVERGENZA NONVIOLENTA" IL 17 GENNAIO 2023
In occasione della conversione in legge del DL 185 del 2 dicembre 2022, "Armi all' Ucraina" alla Camera dei Deputati,
per il momento è fissato, già autorizzato ai Disarmisti Esigenti,
un presidio in piazza della Rotonda, davanti al Pantheon,
lunedì 23 gennaio dalle ore 10,30 alle 13,30
Nella mattina di lunedì si svolgerà la discussione generale sul provvedimento mentre le dichiarazioni di voto e la votazione finale avverranno probabilmente martedì 24 gennaio dalle 12 alle 14,30.
Sarebbe auspicabile riuscire ad organizzare la mobilitazione anche per il giorno 24 gennaio, avevamo chiesto alla Questura la piazza per i due giorni ma ci ha autorizzato un solo giorno.
Intanto iniziamo a diffondere la notizia e seguiranno comunicato ufficiale e comunicati.
Il pessimismo della Nato “Mosca non vuole trattare” Parte il pressing su Pechino
Repubblica 19 gennaio 2023
articolo di Claudio Tito
Domani il summit a Ramstein sulle forniture a Kiev. Usa pronti a dare l’ok agli attacchi in Crimea Il Cremlino: “Siete come i nazisti”
Strasburgo — «La Russia non vuole trattare. Il suo obiettivo reale è riprendersi tutta l’Ucraina». La speranza di una trattativa sembra svanire di giorno in giorno. La Nato e gli Alleati occidentali si sono ormai convinti che Mosca non abbia alcuna volontà di mettere in campo un negoziato concreto. E quindi è indispensabile organizzare le contromosse rapidamente. L’Alleanza Atlantica si presenta con questi “report” al
summit che si terrà domani a Ramstein, in Germania. Gli spiragli degli scorsi mesi sono ormai un ricordo.
Sempre più prende corpo la prospettiva di una guerra di lunghissimo periodo. Tanti anni e di “posizione”.
Perché tutto continua a giocarsi sul terreno. Tale è la convinzione dell’impossibilità di trattare che - rivela il New York Times - l’amministrazione Biden si starebbe convincendo della necessità di autorizzare gli Ucraini anche ad attaccare la Crimea. Washington ha sempre considerato la penisola, occupata da Mosca fin dal
2014, parte integrante dell’Ucraina; ma ha sempre messo in guardia Kiev dall’attaccarla militarmente e ha sempre negato le forniture belliche utilizzabili a questo scopo. Ora le cose potrebbero cambiare.
In preparazione del summit di Ramstein, i rapporti che i Paesi dell’Alleanza e i suoi governi si stanno scambiando si concentrano sulla constatazione che Putin sia disponibile a discutere solo se si considerano acquisiti i territori ucraini conquistati, e persino quelli già ripresi da Kiev. Un messaggio che alla fine ha un solo significato: il Cremlino punta a riannettere l’intero Paese.
In maniera effettiva o con l’insediamento di un governo fantoccio. Replicando, insomma, il modello dell’Urss. Accettare questa soluzione è impossibile per gli occidentali.
Sarebbe una resa e un precedente in grado di compromettere gli equilibri democratici in Europa. Intanto da Mosca piovono dichiarazione sempre più infuocate: «La vittoria della Russia è inevitabile – ha sottolineato minacciosamente ieri Putin -: si basa sull’unità del popolo russo, sull’eroismo dei combattenti delle
operazioni speciali, sul funzionamento del complesso militare-industriale». Il presidente russo rovescia sull’Occidente la responsabilità di quanto sta accadendo: «Abbiamo resistito a lungo, abbiamo cercato di raggiungere un accordo, ma ci hanno semplicemente preso in giro, ci hanno ingannati». E il ministro degli Esteri Lavrov è stato ancora più pesante, paragonando gli Usa a Napoleone ma soprattutto a Hitler, «che voleva risolvere definitivamente la “questione ebraica”».
Ogni canale di dialogo, a questo punto, sembra chiuso. Gli unici a mantenere un debole segnale di comunicazione sono i turchi. Ma anche la mediazione di Erdogan viene considerata ormai superata. Sebbene il ministro degli Esteri Cavusoglu sia a Washington per discutere, tra l’altro, l’acquisto di 40 jet F16.
La Nato, quindi, si sta preparando ad affrontare una controffensiva russa a partire da marzo. Mosca metterà in campo altri 500 mila uomini che rappresentano il capitale umano sacrificabile per avanzare in una battaglia di trincea che assomiglia
sempre più ai conflitti del XX secolo. Per questo domani, a Ramstein, uno dei punti principali di discussione sarà come aiutare l’Ucraina e incrementare i rifornimenti bellici. In particolare, dovrebbe essere discusso il “caso Germania”. O meglio il ritardo con cui Berlino sta mettendo a disposizione di Zelensky 15 carri armati Leopard. Mezzi considerati fondamentali in questo tipo di battaglia. Il pressing della Nato e di Washington è ormai intensissimo. Gli “Alleati” si aspettano che il via libera definitivo possa essere dato nelle prossime 24 ore, dopo la nomina del
nuovo ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius. Oggi si terrà anche un incontro tra la Gran Bretagna, la Polonia e i paesi Baltici proprio per esercitare una ulteriore
pressione sul Cancelliere Scholz. Gli stessi inglesi stanno rivedendo l’intenzione di ridurre il numero di carri Challenger 2 da inviare in Ucraina. Anche Londra, insomma, vuole tornare alle forniture integrali. «Daremo a Kiev armi più pesanti e moderne», ha sintetizzato ieri il segretario generale della Nato Stoltenberg.
Resta inoltre la grande paura di un ingresso in guerra della Bielorussia. Mosca e Minsk stanno ormai collaborando senza sosta su quel versante. Una partecipazione diretta diventerebbe il fattore scatenante della degenerazione del conflitto.
In questo quadro la visita del segretario di Stato americano Blinken a inizio febbraio in Cina assume un significato ulteriore. In gioco non c’è solo il tentativo di dare un ordine alle relazioni difficili tra i due Paesi.
Per la Casa Bianca, solo se Pechino stopperà in maniera più ferma il Cremlino si potrà evitare una guerra di lungo periodo.
Il termine più usato nelle analisi americane sull’Ucraina ormai è attrition o logoramento. Chi stia logorando chi, non è chiaro. Alla Casa Bianca, al Pentagono e al Dipartimento di Stato non sembrano esserci illusioni su una vittoria totale di Kiev o su un negoziato di pace in tempi brevi.
Un paragone inquietante che che comincia ad affacciarsi è con la guerra di Corea, combattuta dal 1950 al 1953, in realtà mai conclusa (ad oggi non esiste un trattato di pace). Anche perché la Russia può ancora chiamare al fronte centinaia di migliaia di riservisti, così come Mao potè schierare sul fronte coreano tre milioni di
soldati; l’inferiorità «demografica» dell’Ucraina pesa. Questo chiama in causa la dimensione degli aiuti occidentali (sempre inferiori alle promesse), e l’efficacia delle nostre sanzioni (l’economia russa soffre meno di quanto prevedessimo).
Se questo conflitto dovesse avere una durata «coreana», anche la nostra tenuta e
i mezzi dispiegati andranno ripensati su un orizzonte lungo. Ne saremo capaci?
Vladimir Putin ha sbeffeggiato quegli esperti «occidentali, e perfino qualche russo, che prevedevano un’economia russa in crollo del 10% o 20%». Stando ai suoi dati il calo del Pil nel 2022 è stato del 2,5%, un arretramento netto ma non catastrofico. Non gli impedisce di pianificare un allargamento delle sue forze armate fino a un milione e mezzo di soldati, cioè cinquecentomila in più rispetto a un anno fa.
La superiorità demografica lo rende fiducioso: la Russia ha tre volte e mezzo la popolazione dell’Ucraina, perciò pensa che a logorarsi per primi saranno gli altri. I dati ufficiali di Putin forse sottostimano l’impoverimento russo. Le sanzioni che contano, quelle contro le esportazioni di gas e petrolio, sono arrivate tardi ma a
dicembre hanno contribuito a un calo del 17% degli introiti energetici di Mosca. Il ruolo della Russia sui mercati mondiali diventa marginale mentre cresce la sua dipendenza dalla Cina.
Perfino la sua influenza in Asia centrale regredisce. I danni che Putin infligge al suo Paese nel lungo periodo diventeranno sempre più drammatici. Ma un regime autoritario affronta il «lungo periodo» in modo diverso da noi. In settant’anni dalla fine della guerra, la monarchia rossa che domina la Corea del Nord ha privato il suo popolo di tutto il benessere e il progresso di cui è stata capace la Corea del Sud. Però la dittatura di Pyongyang è ancora lì, a destabilizzare l’Estremo Oriente con missili e atomiche.
Le lezioni della guerra di Corea sono molteplici, anche per ciò che fecero e non fecero gli Stati Uniti. Nel 1950 erano una nazione stanca di conflitti, molti dei combattenti nel sud-est asiatico erano reduci della Seconda guerra mondiale. Quella sì era una «guerra per procura», con la discesa in campo dell’armata rossa
cinese. Però il generale americano Douglas MacArthur che propose di colpire Pechino fu licenziato in tronco: aveva violato (verbalmente) quel tabù dell’arma nucleare che Putin sembra ignorare.
Oggi le ritrosie dell’Occidente sono superiori ad allora. Il pandemonio dei nostri pacifisti contro le forniture di armi a Kiev ha finito per nascondere la realtà dei fatti: gli aiuti militari procedono con il contagocce, con tali e tante limitazioni che la resistenza ucraina si difende con un braccio legato dietro la schiena. L’ultimo massacro di civili in un palazzo sventrato da un mega-missile russo ci ricorda che la Nato non ha mai preso in considerazione una difesa dello spazio aereo, senza la quale il combattimento è impari, tragicamente asimmetrico. In Germania il governo di Olaf Scholz promise una svolta storica, nuovi investimenti per la difesa, per essere all’altezza della minaccia russa: finora non è accaduto nulla. L’ex ministra della Difesa, passata alla storia per la sua
offerta iniziale di soli elmetti agli ucraini (con
cui proteggersi dai missili russi) ha dovuto dimettersi per manifesta incompetenza. La vicenda dei tank Leopard è una beffa crudele: per mesi Berlino ne ha bloccato la fornitura a Kiev, perfino ad opera di altri Paesi. Domani il neoministro tedesco della Difesa accoglierà nella base aerea di Ramstein un vertice di cinquanta Paesi (Nato e amici) e si vedrà se finalmente vengono sbloccati aiuti in attesa da mesi. Intanto Erdogan vuole rinviare a dopo la sua rielezione l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato.
È reticente perfino l’America, che i pacifisti a senso unico hanno sempre descritto intenta ad aizzare gli ucraini. In realtà le forniture americane sono ben al di sotto di quanto sarebbe necessario per fermare le stragi. È importante il gesto simbolico con cui il Pentagono accoglie perla prima volta dei soldati ucraini sul proprio territorio, per insegnargli a usare le batterie anti-missili Patriot. Ma per il momento l’America di queste batterie ne fornisce una sola, sulle tante decine di cui dispone Gli Stati Uniti, con una potenza militare
molto superiore agli europei ma dilatata su
troppi Continenti, troppe basi, troppi impegni, soffrono di limitazioni non molto diverse dagli altri Paesi Nato. La loro industria bellica è dimagrita rispetto agli anni della Guerra fredda. Per fornire munizioni a Kiev gli americani «raschiano il fondo del barile», svuotano depositi in Israele e Corea del Sud. Le forze armate ucraine esauriscono munizioni a un ritmo doppio rispetto all’intera produzione dei Paesi
occidentali. Questa è una situazione diversa da quella «guerra per procura», che secondo i filo-putiniani vede un’America che manipola l’Ucraina per dare un colpo all’impero russo.
Biden in realtà procede con una cautela estrema. Il presidente americano ha atteso quasi un anno prima di cominciare ad ammorbidire la sua posizione su un tema cruciale: aiutare le forze di Kiev a colpire anche il territorio della Crimea, che Putin usa come base di lancio per degli attacchi devastanti. La storia forse sarà
severa con la prudenza di Biden, che può aver contribuito alla vulnerabilità della popolazione ucraina.
Ma l’alternativa a Biden che cos’è?
Alla Camera dei deputati la nuova maggioranza repubblicana, ricattata da un manipolo di ultrà trumpiani, minaccia di prendere in ostaggio perfino il bilancio della difesa, pur di fare ostruzionismo contro un presidente democratico.
Quando discutiamo di «logoramento», la prospettiva temporale va corretta. Questa è una guerra esplosa dal 2014 con l’annessione della Crimea da parte di Putin. Lui ha dimostrato di poter sopravvivere al nono anno di conflitto, e alle prime ondate di sanzioni. Una parte degli occidentali sembrano esausti dopo undici mesi, pur avendo sofferto una frazione infinitesimale di quel che subisce il popolo ucraino. Anche i più decisi fra noi sembrano essersi illusi in un «determinismo economico»: siamo talmente più ricchi, e più avanzati tecnologicamente, che la sorte di questo conflitto non può essere in dubbio. I rapporti di forze economici contano ma non sono tutto.
L’esperto militare Michael Kofman, direttore del Dipartimento di studi sulla Russia al Center for Naval Analyses, ricorda che «il potenziale economico può rimanere solo un potenziale, perché trasformarlo in risultato richiede tanta volontà, e le guerre sono una gara di volontà».
GUERRA IN UCRAINA, I DISARMISTI ESIGENTI ORGANIZZANO A ROMA IL "DIGIUNO DI COERENZA" CONTRO IL DECRETO PER L'INVIO DELLE ARMI ALL'ESERCITO UCRAINO
APPELLO PER PRESIDI INFORMATIVI IN TUTTA ITALIA (ciascuno con contenuti e modalità autogestiti)
1O GENNAIO
PIAZZA DELLA ROTONDA ROMA, VICINO IL PANTHEON (ore 15:00-19:00)
dedicato alla memoria di Antonia Sani, ex presidente WILPF Italia
Il 10 gennaio 2023 viene sottoposto a voto parlamentare al Senato, il decreto del Consiglio dei Ministri n. 185 del 2 dicembre 2022* per prorogare «fino al 31 dicembre 2023» l’invio di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari all'esercito ucraino al fine di combattere l’invasione russa.
* Si veda l’appendice sotto riportata: illustrazione del DL 185/2022 da parte del servizio studi del Senato;
Si tratta di una proroga del provvedimento introdotto dopo l’inizio della guerra dal governo Draghi, che era in scadenza a fine 2022.
In seguito al 185/2022, che fa da cornice giuridica, all’inizio del 2023, il governo Meloni varerà il sesto decreto di aiuti militari (e gli eventuali decreti successivi) all’Ucraina: per quanto ci è dato sapere, si verrà incontro, da parte italiana, alla necessità manifestata da Kiev di di avvalersi di sistemi missilistici di difesa aerea per proteggere le infrastrutture energetiche dagli attacchi russi.
Ma il nuovo pacchetto, stando a quanto promesso dal ministro della Difesa Guido Crosetto, passerà in ogni caso da una comunicazione parlamentare.
Si profila nel voto del 10 gennaio, come già avvenuto il 30 novembre, e il 13 dicembre 2022, una ampia "unità nazionale", trasversale rispetto agli schieramenti destra-sinistra (più precisamente: centro-destra, centro-sinistra), perché le modalità del decreto (segretezza della lista di armi riferita solo al COPASIR) sono le stesse del governo Draghi votate a suo tempo anche da Fratelli d'Italia.
Il decreto dovrà essere convertito entro sessanta giorni, quindi max fine gennaio- primo febbraio 2023, e va a seguire il nodo sciolto della approvazione delle legge di Bilancio, caratterizzata dall’aumento delle spese militari in ottemperanza delle direttive NATO (raggiungere il 2% del PIL entro il 2028).
Una parte dell’opposizione annuncia battaglia, a nostro giudizio blanda; e su di essa pesano comunque le accuse di incoerenza e di strumentalità. A prescindere dal grado di fondatezza delle critiche, interfacciarsi con una presenza pacifista in piazza sarebbe per essa un modo per limitare l'isolamento e la cattiva stampa, pronta a scagliarsi contro chi tradisce la “causa della libertà” presuntamente incarnata dal governo di Zelensky.
I Disarmisti esigenti, tenendo conto di questi dati politici, promuovono un "digiuno di coerenza pacifista", facendo seguito a un appello portato alla manifestazione del 5 novembre, con l'invito ai manifestanti, tramite striscione e volantino, a riconvocarsi quando si sarebbe discusso in Parlamento l'invio delle armi all'Ucraina.
Si parla di "coerenza pacifista" perché, se ci battiamo affinché "tacciano le armi", ci sembra logico e doveroso darsi da fare per impedire che l'Italia le passi a chi le usa per combattere in guerra.
Siamo contro la guerra e quindi siamo contro a che degli esseri umani si sparino l’uno contro l’altro, a prescindere dalle ragioni e dai torti reciproci. Anche se le ragioni fossero tutte da una parte e i torti tutti dall’altra. Il che nella vita reale, nella Storia, quasi mai accade.
Un presidio si svolgerà, appunto il 10 gennaio, in piazza della Rotonda, nei pressi del Pantheon, dalle ore 15:00 alle ore 19:00.
Verrà esposto lo striscione "OGGI NON ESISTONO GUERRE GIUSTE (PAPA FRANCESCO)", portato in quel corteo del 5 novembre (dalle 100mila presenze, non una però fattasi viva il 30 novembre e nemmeno il 13 dicembre durante le discussioni parlamentari sulla guerra in Ucraina) promosso allora da Europe for Peace e dalla CGIL (più altri).
Oggi, a nostro giudizio, non ci sono più guerre giuste per due motivi: 1) perché, nella concreta situazione di guerra, qualsiasi impiego ormai indispensabile di armi pesanti in battaglia oggi danneggia più gli innocenti estranei che gli implicati direttamente nel conflitto e danneggia la Terra, cioè il corpo vivente di tutti; 2) perché esiste, nella risoluzione dei conflitti, l’alternativa efficace dei metodi di resistenza nonviolenta.
(Non è azzardato stimare che la guerra con epicentro Ucraino oggi produca molti più morti per fame in Africa e stia facendo saltare gli accordi di Parigi sul clima globale).
Vi sono, al momento, cinque digiunatori promotori, in presenza a Roma, Alfonso Navarra, Ennio Cabiddu, Mino Forleo, Gianpiero Monaca e Marco Palombo.
Si aggiunge un supporto a distanza con Moni Ovadia, Turi Vaccaro, Francesco Lo Cascio, Maria Carla Biavati, Totò Schembari, Alessandro Capuzzo, Angelo Gaccione.
Il digiuno è dedicato alla memoria di Antonia Sani, già presidente WILPF Italia, scomparsa il 12 novembre 2022.
La WILPF Italia aderisce allo sciopero, insieme ad altre organizzazioni partners dei Disarmisti esigenti: la LDU, la LOC, IPRI-CCP, Kronos, Per la Scuola della Repubblica, Marcia dei Girasoli/Comiso…
Altre adesioni: Melitea, Coordinamento No Green Pass di Trieste (vedi documento in calce)
Un presidio informativo di supporto è già organizzato a Trieste ed altri sono in via di preparazione in altre città: Brescia, Firenze...
Alfonso Navarra è il portavoce dei Disarmisti esigenti, Ennio Cabiddu segue per l'organizzazione l'obiezione di coscienza alle spese militari e l'opzione fiscale, Mino Forleo è il responsabile di Per la scuola della Repubblica, Marco Palombo è della Rete No War di Roma.
Giampiero Monaca, maestro elementare, è impegnato a tutelare l'esperienza di scuola attiva, all'aperto, cooperativa e partecipata di Bimbisvegli
Lo concepiamo, questo digiuno, come un giorno di riflessione e di rinnovato impegno per trovare la strada di un rapporto di servizio con il popolo italiano inascoltato per come andremo spiegando.
Nella consapevolezza che il concetto di "popolo" non coincide con quello di "popolo della pace", questo ultimo in buona parte identificabile con i manifestanti del 5 novembre. Quindi si tratta di costruire un ponte di dialogo e di servizio tra "popolo della pace" e "popolo italiano". I digiunatori fanno rilevare che un movimento pacifista indipendente che volesse fare il suo mestiere ed influire politicamente dovrebbe in primo luogo farsi carico dei 4 punti su cui i media all'unanimità riferiscono di un consenso popolare maggioritario.
I punti sono i seguenti:
1- Non rifornire di armi e di aiuti militari l’esercito di Kiev (pur solidarizzando con il popolo martoriato dall’aggressione russa. Ma martirizzato anche da una guerra che cresce in intensità e durezza, senza sapere dove si potrà finire all’interno della logica che persegue la “vittoria militare”)
2- Darsi da fare diplomaticamente per “fare tacere le armi” (appunto) ed avviare subito, senza precondizioni, trattative di tregua e poi di pace con l’intervento dell’ONU
3- Non alimentare la corsa al riarmo né convenzionale né tantomeno nucleare. Quindi riduzione delle spese militari e rifiuto di ospitare vecchie e nuove bombe atomiche. Ancor meglio: aderire al Trattato di proibizione delle armi nucleari e comportarsi di conseguenza fuoriuscendo dalla condivisione nucleare NATO
4- Non alimentare una guerra economica parallela con quella militare: le sanzioni energetiche alla Russia, in particolare, risulta chiaro che vanno a danneggiare più i popoli che le élites che profittano dalle guerre.
È questo ultimo punto il contenuto più focalizzato dell’appello che ancora sottoponiamo per le adesioni dal titolo:
SALVIAMO LA TERRA – BLOCCHIAMO LA GUERRA
Revochiamo le sanzioni energetiche contro la Russia che ci separano dalla pace. Indirizziamoci invece verso la soluzione negoziata e cooperativa del conflitto!
PACE SIGNIFICA ANCHE PANE!
I primi firmatari sono:
Alfonso Navarra – Antonia Sani - Luigi Mosca - Moni Ovadia - Alex Zanotelli - Angelica Romano - Luciano Benini - Antonino Drago - Antonella Nappi ... e altre/i
Si vada, per leggere il testo al completo, e per sottoscrivere, al link: https://www.petizioni.com/nonsiamoinguerra-nosanzioni/
I digiunatori auspicano che, con il 10 gennaio, e dal 10 gennaio, una pluralità di iniziative fiorisca declinando, con i valori e le posizioni delle varie componenti dell'arcipelago, diverse impostazioni della esigenza sopra indicata, ciascuna libera di esprimersi con le modalità che ritiene opportune. Occorre intraprendere una discussione su come rendere l'iniziativa di carattere continuativo, tenendo conto del fatto bisogna far sentire, da parte del movimento, il fiato sul collo delle istituzioni tutte le volte che si andrà a concretizzare con pacchetti di aiuti militari la "cornice giuridica" del "metodo Draghi" per tutto il 2023. Cornice giuridica, varata nel CDM del 2 dicembre 2022, che sarà presto convertita in legge con un altro voto alla Camera. La discussione dovrà inoltre affrontare come possono essere attivate convergenze con altre campagne, ad esempio il sostegno agli obiettori sia russi che ucraini (il fronte va prosciugato da ambedue i lati) e l'obiezione di coscienza alle spese militari anche come protesta nei confronti della corsa agli armamenti scatenata dallo scenario bellico in cui ci muoviamo.
Per adesioni e info: coordinamentodisarmisti@gmail.com - cell. 340-0736871
ADESIONE DEL COORDINAMENTO NO GREEN PASS DI TRIESTE
Trieste, 10 gennaio 2023
Disarmo e Neutralità per il Friuli Venezia Giulia: Tiare de Pâz, Tera de
Pase, Dežela Miru, Land des Friedens
PERCHÈ NON DOBBIAMO NE’ VOGLIAMO INVIARE ARMI IN UCRAINA
La nostra Regione ha vissuto in prima persona tutte le guerre del ‘900.
Popolazioni divise, confini mobili, lingue contrapposte, invasioni e
occupazioni; tragedie inenarrabili, che impongono grandi responsabilità.
Fin dall’inizio della guerra in Ucraina, le misure governative relative alla
pandemia che ora sembrano nel complesso rientrare, hanno dato a molti
la sensazione di vivere una sorta di collaudo, di preparazione per uno
Stato autoritario prossimo venturo.
Abbiamo partecipato alle mobilitazioni contro la guerra organizzate a
Trieste e in Regione, e fin dalla comparsa di un chiaro pericolo abbiamo
richiesto ai prefetti di Pordenone e Trieste il rilascio o l’aggiornamento dei
Piani di emergenza in caso di incidente nucleare militare, al porto di
Trieste e alla base di Aviano. Richiesta ripresa dalla stampa e che ha
stimolato analoga presa di posizione, indirizzata al prefetto di Brescia, per
la base nucleare americana, e italiana di Ghedi.
Nel lontano 2005, la Tavola per la Pace del FVG, stigmatizzò la mancata
approvazione parlamentare che fece saltare le norme statutarie sulla
Pace, approvate dall’Amministrazione in occasione del tentativo di riforma
statutaria regionale. Da allora, abolita la legge promossa nel 1989 da
Augusta De Piero, non è più esistita una Legge regionale sulla Pace.
In prossimità delle elezioni regionali di aprile, proponiamo di caratterizzare
l’azione di Movimento durante e dopo la campagna elettorale, con una
proposta programmatica di revisione dello Statuto Regionale; a iniziare
dall’inserimento in Statuto del Trattato di Pace con l’Italia, i cui obblighi
derivanti dal 1947 nell’ambito del Diritto internazionale, sono stati finora
rimossi dallo Stato.
Ci si riferisce in particolare allo status di Disarmo e Neutralità, previsto dal
Trattato di Pace per l’ex Territorio Libero di Trieste, che comprende l’ex
Provincia di Trieste, il Litorale Sloveno e il Bujese Croato. Da rivendicare
con assoluta fermezza, nella presente situazione di “guerra mondiale a
pezzi”, che riguarda l’Ucraina i Balcani l’intero Medioriente e l’Africa.
Si puntualizza che il Trattato in questione è stato ratificato dal Parlamento,
e fatto proprio con Risoluzione n.16 dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU
che, a quanto dato di sapere ne avrebbe affidato il protettorato militare
alla NATO. Alleanza che perduta la fisionomia difensiva e divenuta
apertamente aggressiva, manca delle caratteristiche necessarie e
indispensabili per poter “proteggere” un territorio Disarmato e Neutrale.
Il Trattato di Pace statuì la cessazione della Sovranità italiana sulla Zona
A, la cui Amministrazione civile venne concessa col Memorandum di
Londra al Governo Italiano nel 1954. In quanto appartenente al regime di
“protezione” NATO, vi potè accedere anche l’esercito italiano. A seguire,
vennero create la Regione Friuli Venezia Giulia e la Provincia di Trieste;
mentre nel 1975 il Trattato di Osimo lasciò inalterata la situazione di Diritto
riguardante il Disarmo e la Neutralità del Territorio, come accaduto per gli
Atti di diritto precedenti.
La proposta programmatica della Tavola regionale per la Pace comprende
anche - come da lettera inviata al Commissario del Governo a Trieste, e
che rinnoveremo al nuovo prefetto - il supporto alla Proposta di
denuclearizzazione del Golfo internazionale di Trieste, che ospita due
porti nucleari militari di transito, Trieste e la slovena Capodistria; proposta
presentata alla Conferenza ONU istitutiva del Trattato di Proibizione delle
Armi Nucleari, realizzabile in base al nuovo Trattato - entrato in vigore nel
gennaio 2021 - e al più volte citato Trattato di Pace con l’Italia.
Lo status di Disarmo e Neutralità di Trieste è sistematicamente violato,
dalla produzione e traffico di armi verso Paesi in guerra o che violano
gravemente i Diritti umani, traffici che hanno come epicentro il nostro
territorio. Nel 2015 denunciammo le spedizioni di armi dal porto verso gli
Emirati Arabi Uniti, che invasero lo Yemen.
Dal sito The Weapon Watch, osservatorio sui movimenti di armi nei porti
Europei e Mediterranei, si possono evincere notizie sui traffici miliardari di
armi Fincantieri verso l’Egitto, autorizzati dal Governo, in contrasto con la
Costituzione, la Legge 185/‘90 e il Trattato di Pace. In collusione con
l’ormai evidente ostruzionismo internazionale, verso il raggiungimento
della verità sull’omicidio Regeni.
Nelle scorse settimane, è emersa quindi la problematica industriale e
occupazionale legata alla Wärtsilä, la cui produzione militare è stata negli
ultimi anni di ben 43 milioni di euro; fabbrica che potrebbe essere
destinata a costruire carri armati per Rheinmetall, l’azienda tedesca che in
Sardegna produce le bombe lanciate sullo Yemen dai Sauditi, ponendo
l’Italia a rischio di processo per crimini di guerra in ambito internazionale.
Tutte le questioni sollevate contribuiscono a definire con chiarezza la
nostra contrarietà all’invío di armi in Ucraina, che verrebbe
immeditamente denunciata nel caso che partisse dalla città di Trieste.
PRESA DI POSIZIONE DEL CENTRO SOCIALE 28 MAGGIO - BRESCIA
INVITO A PARTECIPARE
Martedì 10 gennaio alle 16.30 nell’aula del Senato inizierà la discussione generale per la conversione in legge del decreto 185 del 2 dicembre 2022 che autorizza la cessione di armi all’Ucraina per tutto il 2023.
Per protestare contro la fornitura di armamenti italiani all’Ucraina e chiedere un impegno dell’ONU per una soluzione pacifica del conflitto armato interimperialistico che vede opporsi la Russia e la Nato e che causa migliaia di vittime innocenti alle popolazioni coinvolte , invitiamo tutte le realtà di movimento e tutti i soggetti che non vogliono essere complici di questo sistema guerrafondaio sotto la Prefettura di Brescia martedì 10 gennaio dalle ore 16 alle ore 19.
Donne e Uomini contro la guerra / CentroSociale28maggio
Aderiscono:
RC, Unione Popolare, SA, PCI, USB, Tavolo della Pace Franciacorta, Risorgimento Socialista, Comitato Spontaneo contro le Nocività, Carc, Associazione interculturale il Cerchio delle Donne Rovato, Restiamo Umani, Associazione di Amicizia Italia Palestina, Collettivo Gardesano Autonomo,
Senato: Dossier n. 19 Camera: Progetti di legge n. 10 5 dicembre 2022
Senato Servizio Studi del Senato Ufficio ricerche nel settore politica estera e difesa Studi1@senato.it - 066706-2451 SR_Studi Camera Servizio Studi Dipartimento Difesa st_difesa@camera.it - 066760-4172 CD_difesa
Disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorità governative dell'Ucraina D.L. 185/2022 / A.S. 389
A.S. 389 D.L. 185/2022 Titolo: Conversione in legge del decreto-legge 2 dicembre 2022, n. 185, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorità governative dell'Ucraina
Iter al Senato: Sì Numero di articoli: 2 Date: pubblicazione in G.U.: 2 dicembre 2022
L'articolo 1 del decreto proroga fino al 31 dicembre 2023, l'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina, già prevista, fino al 31 dicembre 2022, dall'articolo 2-bis del decreto 25 febbraio 2022, n. 14, convertito con modificazioni dalla legge 5 aprile 2022, n. 28. L'autorizzazione è concessa "nei termini e con le modalità" stabilite nella normativa richiamata, e "previo atto di indirizzo delle Camere". A tal proposito si ricorda che l'articolo 2-bis, del decreto legge n. 14 del 2022 ha autorizzato, previo atto di indirizzo delle Camere, la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative ucraine, in deroga alla legge 9 luglio 1990, n. 185, e agli articoli 310 e 311 del Codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo, n. 66 del 2010 e alle connesse disposizioni attuative, che disciplinano la cessione di materiali di armamento e di materiali non di armamento.
L'elenco dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari oggetto della cessione, nonché le modalità di realizzazione della stessa (anche ai fini dello scarico contabile), sono definiti con uno o più decreti del Ministro della difesa, adottati di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'economia e delle finanze (art. 2 bis, comma 2 del decreto legge n. 14/2022). Ai sensi dello stesso art. 2-bis (al comma 3) del decreto legge n. 14 del 2022, il Ministro della difesa e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con cadenza almeno trimestrale, riferiscono alle Camere sull'evoluzione della situazione in atto, "anche alla luce di quanto disposto dai precedenti commi 1 e 2" (che disciplinano, appunto, la cessione di armi). Si ricorda che il 1° marzo 2022 i due rami del Parlamento, a conclusione delle comunicazioni sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina rese dal Presidente del Consiglio, hanno approvato risoluzioni (al Senato 6-00208, alla Camera 6-00207), che impegnano, tra l'altro, il Governo ad attivare "con le modalità più rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie per assicurare assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura, nonché- tenendo costantemente informato il Parlamento e in modo coordinato con gli altri Paesi europei e alleati - la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione".
Tale orientamento è confermato e precisato nelle risoluzioni approvate dal Senato e dalla Camera, rispettivamente il 21 e il 22 giugno (con le risoluzioni 6-00226 e 6-00224) in occasione delle comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 24 e 25 giugno 2022. Le risoluzioni impegnano il Governo, tra l'altro, a "continuare a garantire, secondo quanto precisato dal decreto legge n. 14 del 2022, il necessario e ampio coinvolgimento delle Camere con le modalità ivi previste, in occasione dei più rilevanti summit internazionali riguardanti la guerra in Ucraina e le misure di sostegno alle istituzioni ucraine, ivi comprese le cessioni di forniture militari". In relazione alle cessioni in oggetto, sono stati finora emanati i seguenti decreti ministeriali - d.m. 2 marzo 2022 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 marzo); - d.m 22 aprile 2022 (Gazzetta Ufficiale del 28 aprile); - d.m. 10 maggio 2022 ( Gazzetta Ufficiale del 28 aprile); - d.m. 26 luglio 2022 (Gazzetta Ufficiale del 29 luglio); - d.m. 7 ottobre 2022 (Gazzetta Ufficiale del 12 ottobre). In relazione a ciascuno di questi decreti ministeriali, il Ministro della difesa pro-tempore, Lorenzo Guerini, è stato audito presso il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (sedute del 2 marzo, 28 aprile, 16 maggio, 27 luglio e 4 ottobre). I decreti ministeriali appena citati hanno un medesimo contenuto. I mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari di cui si autorizza la cessione sono elencati in un allegato, "elaborato dallo Stato maggiore della difesa", che è però classificato. Lo Stato maggiore della difesa viene anche autorizzato ad adottare "le procedure più rapide per assicurare la tempestiva consegna dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti". Si segnala che lo scorso 30 novembre la Camera dei deputati ha approvato la mozione 1/00031, che impegna tra l'altro il Governo a sostenere le iniziative normative necessarie a prorogare fino al 31 dicembre 2023 l'autorizzazione, previo atto di indirizzo delle Camere, alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative dell'Ucraina nei termini e con le modalità stabilite dall'articolo 2-bis del decreto legge 25 febbraio 2022, numero 14» e «ad assumere tutte le iniziative necessarie per conseguire l'obiettivo di una spesa per la difesa pari al 2% del Pil entro il 2028, anche promuovendo, nel quadro della riforma del Patto di stabilità e crescita, l'esclusione delle spese per gli investimenti nel settore della difesa dal computo dei vincoli di bilancio e a incrementare le risorse umane e finanziarie destinate alla politica estera, quale strumento fondamentale per tutelare l'interesse nazionale».
Nel dettaglio lo scorso 30 novembre la Camera ha esaminato le mozioni concernenti iniziative in relazione al conflitto tra Russia e Ucraina ed ha respinto le mozioni Conte ed altri n. 1-00010 e Zanella ed altri n. 1-00020; ha approvato la mozione Richetti ed altri n. 1-00022, limitatamente al dispositivo, ad eccezione del 1° capoverso, che ha respinto con distinta votazione, approvandone con successiva votazione la premessa; ha approvato la mozione Serracchiani ed altri n. 1-00025, limitatamente al dispositivo ad eccezione dei capoversi 2°. 4° e 9°, che ha approvato con distinte votazioni, approvandone con successiva votazione la premessa; ha infine approvato la mozione Tremonti, Formentini, Mulè, Bicchielli ed altri n. 1-00031, limitatamente al dispositivo ad eccezione dei capoversi 3°, 5°, 6° 7° e 8°, che ha approvato con successive distinte votazioni, approvandone con successiva votazione la premessa. Pe un approfondimento si veda qui Come si legge nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del decreto legge in esame, dall'attuazione della disposizione (art.1) non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, tenuto conto che i materiali e mezzi oggetto di cessione sono già nelle disponibilità del Ministero della difesa, mentre eventuali oneri ad essi connessi saranno sostenuti nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigentI. Si precisa che le cessioni di mezzi, materiali e armamenti avvengono a titolo non oneroso per la parte ricevente (cioè il governo ucraino) ma, al pari di quelle realizzate dagli altri Stati membri, sono parzialmente rimborsate dall'Unione europea attraverso i fondi dello Strumento europeo per la pace (European Peace Facility). Su tale strumento vedi il nota di documentazione. Per tali cessioni Il Consiglio dell'Unione ha finora disposto lo stanziamento di 3 miliardi di euro (di cui 180 milioni per forniture "non letali"). Si segnala anche che l'articolo 29 bis, del decreto legge n. 21 del 2022 ha novellato l'articolo 2-bis del citato decreto legge n. 14 del 2022, al fine di specificare che le somme in entrata derivanti dai decreti ministeriali che definiscono l'elenco dei mezzi, dei materiali e degli equipaggiamenti militari oggetto di cessione alle autorità governative dell'Ucraina, devono essere riassegnate integralmente sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero della difesa.
Da ultimo, il comma 13 dell'articolo 166 del ddl di bilancio per l'anno 203, attualmente all'esame della Camera (A.C. 643-bis) autorizza il Ragioniere generale dello Stato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione, allo stato di previsione del Ministero della difesa, per l'anno finanziario 2023, delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato dalle istituzioni dell'Unione europea, concernenti le misure di assistenza supplementari connesse allo strumento europeo per la pace(EPF) tese a sostenere ulteriormente le capacità e la resilienza delle forze armate ucraine. L'articolo 2 dispone l'entrata in vigore del provvedimento il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ovvero il 2 dicembre 2022. Relazioni allegate o richieste Il testo è corredato dalla relazione illustrativa e dalla relazione tecnica. Precedenti decreti-legge sulla stessa materia In relazione aal provvedimento in esame si ricorda che successivamente all'aggressione militare della Russia nei confronti dell'Ucraina del 24 febbraio scorso, il Governo ha adottato il decreto legge legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, che ha previsto, tre le diverse misure urgenti, anche la cessione previo atto di indirizzo delle Camere, di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative ucraine, in deroga alla legge 9 luglio 1990, n. 185, e agli articoli 310 e 311 del Codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo, n. 66 del 2010 e alle connesse disposizioni attuative, che disciplinano la cessione di materiali di armamento e di materiali non di armamento. Motivazioni della necessità ed urgenza Come precisato dal Governo nel preambolo del decreto legge, la necessità e l'urgenza della proroga in esame è dovuta al protrarsi della grave crisi internazionale in atto in Ucraina. Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite Le disposizione del decreto legge riono riconducibili sia alla materia politica estera e rapporti internazionali dello Stato, di competenza esclusiva statale (art. 117, secondo comma, lettera a) della Costituzione), sia alla materia "difesa e Forze armate" di competenza esclusiva statale (art. 117, secondo comma, lettera d) della Costituzione).
Gli aiuti militari a Kiev già prolungati con il metodo Draghi a tutto il 2023? occhio alla disinformazione!
Non molliamo e continuiamo la protesta del digiuno di coerenza ecopacifista!
Corriere della sera di oggi 14 dicembre. Fronte trasversale per l'invio di armi a Kiev. Articolo di Marco Galluzzo.
"Giorgia Meloni parla alla camera, Guido Crosetto in Senato. Sul dossier relativo agli aiuti militari verso l'Ucraina per la seconda volta in pochi giorni passano anche le risoluzioni di PD e Italia Viva. Si manifesta una maggioranza trasversale che dimostra a livello internazionale che la posizione di Roma sugli aiuti a Kiev continua ad avere, nonostante il cambio di governo, un sostegno molto ampio. Le dichiarazioni del ministro Crosetto passano con 143 voti a favore e 29 contrari, ma il dato politico è che passano anche le risoluzioni presentate dal PD e da Italia Viva che poco si differenziano da quelle del governo e sulle quali convergono decine di esponenti della maggioranza di Meloni. Mentre vengono bocciate le risoluzioni di 5 Stelle e AVS. Alla Camera nel passaggio sull'Ucraina la premier Meloni rimarca che "il governo garantisce il suo pieno appoggio a Kiev in tutte le sue dimensioni interconnesse", e dunque sul piano umanitario, finanziario e militare. Su questo ultimo punto si stanno completando le consegne di armamenti previsti dall'ultimo decreto, mentre il sesto è in fase di preparazione".
Commento di Alfonso Navarra all'articolo del Corsera e agli altri analoghi che troviamo nelle edicole.
La stampa comunque fa disinformazione. Ieri ci sono stati solo atti di indirizzo, non il via libera formale, il decreto CDM del 2 dicembre deve essere ancora approvato con voto parlamentare. Quale è lo scopo di questo inganno? Comunque deve passare l'idea che la prosecuzione del "metodo Draghi" è cosa fatta e che l'opposizione è solo partitica e strumentale. L'inazione del pacifismo avalla di fatto.
A opporsi in piazza solo i cinque digiunatori per la coerenza pacifista (Alfonso Navarra, Ennio Cabiddu, Cosimo Forleo, Giampiero Monaca, Marco Palombo) con il supporto a distanza della iniziativa promossa dai Disarmisti esigenti di Moni Ovadia, Turi Vaccaro, Francesco lo Cascio e Adriana Saja. E di Maria Carla Biavati e di tutta la Rete IPRI-CCP. Per il popolo della pace, quello che ha manifestato il 5 novembre, in tutto ciò non c'è problema. Ma è probabile che si tratti della sindrome del cavaliere dimezzato di Italo Calvino...
L'iniziativa del digiuno la abbiamo dedicata a Antonia Sani, ex presidente WILPF, scomparsa il 12 novembre scorso. C'è un articolo per il Manifesto quotidiano in questo senso che aveva preparato con il sottoscritto prima di passare nel mondo dei più. Aveva sentito la redazione che le consigliava di riproporlo dopo l'ondata de "la pace è bella la guerra è brutta " che avrebbe travolto il giornale a ridosso del 5 novembre
Con due eccezioni di concretezza significative in questo mare magnum di retorica autorassicurativa: il lavoro sugli obiettori russi e ucraini e l'iniziativa di opzione fiscale lanciata dal palco del 5 novembre da don Luigi Ciotti. Ma anch'esse hanno bisogno di essere inquadrate nella costruzione del dialogo tra "popolo della pace" e popolo tout court, le cui istanze nessuno sta rappresentando in modo coerente e completo.
Qui di seguito riproponiamo il comunicato stampa diramato ieri. Nota bene: siamo andati in diretta su Radio Nuova Resistenza e siamo collocati nell'archivio di Radio Radicale ...
GUERRA IN UCRAINA, I DISARMISTI ESIGENTI ORGANIZZANO IL "DIGIUNO DI COERENZA" CONTRO IL DECRETO CROSETTO PER L'INVIO DELLE ARMI ALL'ESERCITO UCRAINO
13 DICEMBRE
LARGO ARGENTINA ROMA, angolo via San Nicola de Cesarini (ore 10:30-13:30)
VIALE TRASTEVERE 76/a ROMA (ore 17:00 - 18:30)
dedicato alla memoria di Antonia Sani, ex presidente WILPF Italia
Il 13 dicembre, su comunicazioni del Ministro Crosetto, viene sottoposto a esame, non ancora a voto parlamentare, il decreto del Consiglio dei Ministri del 2 dicembre 2022 per prorogare «fino al 31 dicembre 2023» l’invio di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari all'esercito ucraino al fine di combattere l’invasione russa. Si tratta di una proroga del provvedimento introdotto dopo l’inizio della guerra dal governo Draghi, che era in scadenza a fine 2022. In seguito ad esso, che fa da cornice giuridica, tra fine 2022 e inizio 2023 il governo Meloni varerà il sesto decreto di aiuti militari (e gli eventuali decreti successivi) all’Ucraina: per quanto ci è dato sapere, si verrà incontro, da parte italiana, alla necessità manifestata da Kiev di di avvalersi di sistemi missilistici di difesa aerea per proteggere le infrastrutture energetiche dagli attacchi russi. Ma il nuovo pacchetto, ha ribadito il ministro della Difesa Guido Crosetto, passerà in ogni caso dal Parlamento. Si profila nel voto del 13 dicembre, come già avvenuto il 30 novembre, una ampia "unità nazionale", trasversale rispetto agli schieramenti destra-sinistra (più precisamente: centro-destra, centro-sinistra), perché le modalità del decreto (segretezza della lista di armi riferita solo al COPASIR) sono le stesse del governo Draghi votate a suo tempo anche da Fratelli d'Italia. Il decreto dovrà essere convertito entro sessanta giorni, in cui il Parlamento sarà occupato anche ad affrontare il nodo legge di bilancio. Quindi è importante capire questo punto: il 13 dicembre ancora non si approva il decreto del CDM del 2 dicembre, si ascolta una relazione di Crosetto e si propongono le solite mozioni parlamentari di sostanziale appoggio alla linea atlantica. Una parte dell’opposizione annuncia battaglia ma su di essa pesano le accuse di incoerenza e di strumentalità. A prescindere dal grado di fondatezza delle critiche, interfacciarsi con una presenza pacifista in piazza sarebbe per essa un modo per limitare l'isolamento e la cattiva stampa.
(Su questo punto riportiamo sotto una nota con più informazioni preparata da Marco Palombo).
I Disarmisti esigenti, tenendo conto di questi dati politici, promuovono un "digiuno di coerenza pacifista", facendo seguito a un appello portato alla manifestazione del 5 novembre, con l'invito ai manifestanti, tramite striscione e volantino, a riconvocarsi quando si sarebbe discusso in Parlamento l'invio delle armi all'Ucraina.
Si parla di "coerenza pacifista" perché, se ci battiamo affinché "tacciano le armi", ci sembra logico e doveroso darsi da fare per impedire che l'Italia le passi a chi le usa per sparare. Siamo contro la guerra e quindi siamo contro a che degli esseri umani si sparino l’uno contro l’altro, a prescindere dalle ragioni e dai torti reciproci. Anche se le ragioni fossero tutte da una parte e i torti tutti dall’altra. Il che nella vita reale quasi mai accade.
Un presidio si svolgerà, appunto il 13 dicembre, in Largo Argentina (più precisamente, angolo con via San Nicola di Cesarini), dalle ore 10:30 alle ore 13:30; successivamente dalle ore 17:00 alle ore 18:30 davanti al Ministero dell'istruzione - viale Trastevere 76/A - anche in appoggio all'iniziativa "BIMBI SVEGLI".
Verrà esposto lo striscione "OGGI NON ESISTONO GUERRE GIUSTE (PAPA FRANCESCO)", portato in quel corteo del 5 novembre (dalle 100mila presenze, non una però fattasi viva il 30 novembre*) promosso da Europe for Peace e dalla CGIL (più altri). Oggi non ci sono più guerre giuste per due motivi: 1) perché qualsiasi impiego di armi oggi danneggia più gli innocenti estranei che gli implicati direttamente nel conflitto e danneggia la Terra, cioè il corpo vivente di tutti; 2) perché esiste l’alternativa efficace dei metodi di resistenza nonviolenta.
Vi sono, al momento, cinque digiunatori promotori, Alfonso Navarra, Ennio Cabiddu, Mino Forleo, Gianpiero Monaca e Marco Palombo.
Si aggiunge un supporto a distanza con Moni Ovadia, Turi Vaccaro, Francesco Lo Cascio.
Il digiuno è dedicato alla memoria di Antonia Sani, già presidente WILPF Italia, scomparsa il 12 novembre 2022.
Alfonso Navarra è il portavoce dei Disarmisti esigenti, Ennio Cabiddu segue per l'organizzazione l'obiezione di coscienza alle spese militari e l'opzione fiscale, Mino Forleo è il responsabile di Per la scuola della Repubblica, Marco Palombo è della Rete No War di Roma. Giampiero Monaca, maestro elementare, è impegnato dal 7 novembre in un presidio permanente a Roma presso la sede del Ministero della pubblica istruzione per tutelare l'esperienza di scuola attiva, all'aperto, cooperativa e partecipata di Bimbisvegli
Dalle 17:00 alle 19:00 del 13 dicembre, diretta online su RADIO NUOVA RESISTENZA al seguente link: https://streamyard.com/3vyvqhp2rg
Lo concepiamo, questo digiuno, come un giorno di riflessione e di rinnovato impegno per trovare la strada di un rapporto di servizio con il popolo italiano inascoltato per come andremo spiegando. Nella consapevolezza che il concetto di "popolo" non coincide con quello di "popolo della pace", questo ultimo in buona parte identificabile con i manifestanti del 5 novembre. Quindi si tratta di costruire un ponte di dialogo e di servizio tra "popolo della pace" e "popolo italiano". I digiunatori fanno rilevare che un movimento pacifista indipendente che volesse fare il suo mestiere ed influire politicamente dovrebbe in primo luogo farsi carico dei 4 punti su cui i media all'unanimità riferiscono di un consenso popolare maggioritario. I punti sono i seguenti: 1- Non rifornire di armi e di aiuti militari l’esercito di Kiev (pur solidarizzando con il popolo martoriato dall’aggressione russa. Ma martirizzato anche da una guerra che cresce in intensità e durezza, senza sapere dove si potrà finire all’interno della logica che persegue la “vittoria militare”) 2- Darsi da fare diplomaticamente per “fare tacere le armi” (appunto) ed avviare subito, senza precondizioni, trattative di tregua e poi di pace con l’intervento dell’ONU 3- Non alimentare la corsa al riarmo né convenzionale né tantomeno nucleare. Quindi riduzione delle spese militari e rifiuto di ospitare vecchie e nuove bombe atomiche. Ancor meglio: aderire al Trattato di proibizione delle armi nucleari e comportarsi di conseguenza 4- Non alimentare una guerra economica parallela con quella militare: le sanzioni energetiche alla Russia, in particolare, risulta chiaro che vanno a danneggiare più i popoli che le élites che profittano dalle guerre. È questo ultimo punto il contenuto più focalizzato dell’appello che ancora sottoponiamo per le adesioni dal titolo: SALVIAMO LA TERRA – BLOCCHIAMO LA GUERRA Revochiamo le sanzioni energetiche contro la Russia che ci separano dalla pace. Indirizziamoci invece verso la soluzione negoziata e cooperativa del conflitto! PACE SIGNIFICA ANCHE PANE! I primi firmatari sono: Alfonso Navarra – Antonia Sani - Luigi Mosca - Moni Ovadia - Alex Zanotelli - Angelica Romano - Luciano Benini - Antonino Drago - Antonella Nappi ... e altre/i Si vada, per leggere il testo al completo, e per sottoscrivere, al link: https://www.petizioni.com/nonsiamoinguerra-nosanzioni/
I digiunatori auspicano che, dal 13 dicembre, una pluralità di iniziative fiorisca declinando, con i valori e le posizioni delle varie componenti dell'arcipelago, diverse impostazioni della esigenza sopra indicata, ciascuna libera di esprimersi con le modalità che ritiene opportune. Occorre intraprendere una discussione su come rendere l'iniziativa di carattere continuativo, tenendo conto del fatto bisogna far sentire, da parte del movimento, il fiato sul collo delle istituzioni tutte le volte che si andrà a concretizzare con pacchetti di aiuti militari la "cornice giuridica" del "metodo Draghi" per tutto il 2023. Cornice giuridica, varata nel CDM del 2 dicembre 2022, che non viene approvata oggi ma sarà presto convertita in legge. La discussione dovrà inoltre affrontare come possono essere attivate convergenze con altre campagne, ad esempio il sostegno agli obiettori sia russi che ucraini (il fronte va prosciugato da ambedue i lati) e l'obiezione di coscienza alle spese militari anche come protesta nei confronti della corsa agli armamenti scatenata dallo scenario bellico in cui ci muoviamo.
Per adesioni e info: coordinamentodisarmisti@gmail.com - cell. 340-0736871
*Nota bene: il 30 maggio 2022 la Camera ha discusso e approvato (e respinto) mozioni sulla guerra in Ucraina...
Nota di Marco Palombo
Senato e Camera vedranno il 13 dicembre comunicazioni di Crosetto sulle armi all' Ucraina per tutto il 2023 con voto finale su mozioni che sancirà l' invio di armi dall' Italia all' Ucraina per tutto il 2023, qualsiasi cosa succeda.
Le comunicazioni alla Camera erano previste da alcuni giorni e calendarizzate dai capogruppo la settimana passata.
Le comunicazioni di Crosetto al Senato alle 9,30 di domani, e la decisione dei senatori, sono state fissate questa mattina dai capogruppo del Senato.
Quindi contemporaneamente (alle 9,30 del 13 dicembre)
Alle ore 9:30 del 13 dicembre il Senato deciderà sulle armi all'Ucraina e la Meloni in diretta televisiva parlerà alla Camera sul Consiglio europeo del 15 dicembre.
Le decisioni annunciate a sorpresa da Crosetto sono ormai una abitudine:
-la nomina a ministro della Difesa,
-l' emendamento per il rinnovo dell' invio delle armi, poi ritirato forse per intervento di Mattarella,
- ora "le comunicazioni", ma è da leggere "il voto decisivo" per le armi all' Ucraina per tutto il 2023 annunciate meno di 24 ore prima dall' inizio.
Aggiunta alla nota
Da indiscrezioni della stampa apprendiamo che Crosetto farà il punto sugli aiuti militari all’Ucraina e spiegherà il motivo della proroga: senza le armi dei Paesi occidentali, sarà il senso del suo ragionamento, Kiev avrebbe già perso la guerra contro Mosca. Il ministro della Difesa inoltre spiegherà che il sesto decreto interministeriale non arriverà prima del nuovo anno e potrebbe concedere qualche sorpresa sulla fornitura di armi: non diffondere la lista ma far sapere al Parlamento che gli equipaggiamenti italiani “sono tutti di carattere difensivo”.
"Non è ancora chiaro invece se cambierà qualcosa nel metodo di invio delle armi: fino ad oggi i decreti interministeriali sono stati secretati e presentati solo al Copasir. Il ministro Crosetto è tentato da renderli pubblici, ma la scelta avverrà più avanti se condivisa con la premier Meloni. Poi sfiderà le opposizioni facendo un appello a tutto il Parlamento per chiedere unità sull’invio di armi: “Avete votato invii fino a oggi, non c’è motivo per smettere”. Una sfida soprattutto nei confronti del M5S che chiederà, insieme a Verdi e Sinistra, di interrompere gli invii militari. È molto probabile, invece, che Pd e Iv/Azione decidano di votare a favore sulla risoluzione di maggioranza che ricalcherà la mozione in Aula del 30 novembre scorso. La risoluzione di maggioranza invece prevede di continuare a supportare in ogni forma Kiev tra cui la cessione di armi concordandola “in ambito Nato e Ue” per tutto il 2023. Poi si chiederà di “favorire ogni utile sforzo per una progressiva risoluzione del conflitto che possa giungere ad una pace rispettosa della sovranità ed indipendenza dell’Ucraina”. La relazione di Crosetto avverrà in contemporanea alle comunicazioni di Meloni alla vigilia del Consiglio europeo in cui ribadirà che “sugli aiuti a Kiev e le sanzioni alla Russia non si torna indietro” (come ha ribadito ieri al G7) e nello stesso giorno della Conferenza di pace a Parigi convocata dal presidente Macron: una riunione per sostenere Kiev a cui parteciperà il ministro degli Esteri Antonio Tajani".
Un problema: come mai l'attivista pacifista tipo non si rende conto che è disastroso politicamente non manifestare sotto le Camere quando si prendono decisioni vitali sulla pace e sulla guerra?
Qualcuno è fuori dal mondo e non ha il senso della misura e delle proporzioni sugli eventi.
"È una cretinata totale". Così Calenda asfalta Conte sull'Ucraina
La linea del governo Meloni, ribadita ieri in Aula dal ministro della Difesa Guido Crosetto, è limpida: gli aiuti militari da destinare alla resistenza ucraina continueranno anche nel 2023 e “finiranno solo quando ci sarà un tavolo di pace”. Con queste premesse, la posizione del governo testimonia la continuità in politica estera con il governo Draghi e si allontana, sempre di più, dal pacifismo grillino dell'ultima ora, ormai isolato all’interno dell’arco parlamentare.
Carlo Calenda appoggia la linea della maggioranza sull’invio di armi a Kiev e si scaglia contro Giuseppe Conte. Ieri, per la prima volta, il M5S ha votato esplicitamente contro l’invio delle armi in Ucraina. E il leader di Azione, intervenendo da Kiev a Mattino 5 non perde l’occasione di pungolare il leader grillino. “La linea di Conte sull’invio di armi – esordisce il leader del Terzo Polo – è una cretinata totale”.“Levare le armi agli ucraini non vuol dire cercare la pace ma la resa”. E arriva il rimprovero al leader del M5S: “Conte non faccia propaganda sulla pelle degli ucraini”. A ben vedere, la visita di Calenda a Kiev può nascondere due obiettivi politici: per un verso mostrare la volontà della resistenza ucraina ai cittadini italiani e, per altro verso, rivelare l’opportunismo politico di Conte che, pur di recuperare qualche voto, alimenta un diffuso sentimento di rabbia nel Paese. Il leader del Movimento 5stelle “sa che una larga parte degli italiani associano alla guerra i rincari delle bollette e non ne possono più”. Portando avanti questa narrazione, Conte vuole esasperare le difficoltà dei cittadini italiani nel superare il caro bollette e dare loro un capro espiatorio con cui prendersela. Questo, secondo Carlo Calenda è puro “qualunquismo”.
E il monito di Calenda si estende a tutti i partiti dell’opposizione: “Anche in ospedale la prima cosa che ti dicono è che servono armi perché vogliono continuare a combattere. Lo dico agli amici che cantano Bella Ciao, questa si chiama resistenza”. Un attacco più o meno velato, a quell'ala del Partito democratico, più vicina alle istanze pacifiste di Giuseppe Conte.
Ieri intanto il Parlamento ha dato il via libera alla proroga, anche per il 2023, all’invio di armi in Ucraina. E lo ha fatto con uno schieramento molto ampio: sia alla Camera che al Senato il Pd e il Terzo Polo hanno appoggiato la risoluzione della maggioranza. Gli unici a votare contro sono i grillini, che confermano, una volta per tutte, la loro posizione scettica su nuovi invii di armi a Kiev. La posizione presa dal governo di Giorgia Meloni in politica estera sembra convincere il leader di Azione: “Condivido la linea del governo che ha ribadito il sostegno incondizionato, anche militare a Kiev” e conlude: "Su questo la linea di Giorgia Meloni coincide con la nostra”.
Anche nel 2023 più investimenti per armi nel bilancio della difesa italiana mentre nel mondo aumenta la vendita degli strumenti di morte
a cura di redazione sulla base di dati ed elaborazioni forniti dall'Osservatorio MILEX e con riferimenti al rapporto annuale del SIPRI
La tendenza di decisa crescita per la spesa militare italiana continua anche per il 2023. Lo si evince dalle Tabelle dei bilanci previsionali allegate alla Legge di bilancio 2023. Si tratta delle Tabelle del Ministero della Difesa, del MISE e del MEF che vengono analizzate secondo la metodologia elaborata dall'Osservatorio MILEX. Il nuovo incremento complessivo sarebbe di oltre 800 milioni di euro.
Secondo le elaborazioni dell'Osservatorio, si passa dai 25,7 miliardi previsionali del 2022 ai 26,5 miliardi stimati per il 2023. Questo tenendo conto anche della spesa pensionistica militare netta a carico dell'INPS, in aggiunta alle dotazioni dei fondi dei tre Ministeri (MdD, ex MISE e MEF).
Tenendo conto anche della spesa pensionistica militare netta a carico dell’Inps, in aggiunta alle dotazioni di fondi dei Ministeri secondo la metodologia adottata da Mil€x, si passa infatti dai 25,7 miliardi previsionali del 2022 ai 26,5 miliardi stimati per il prossimo anno.
A trainare l’aumento è il bilancio ordinario della Difesa (comprendente anche le spese non militari per i Carabinieri in funzione di ordine pubblico) che passa da 25,9 a 27,7 miliardi in virtù dei maggiori costi del personale di Esercito, Marina e Aeronautica (oltre 600 milioni in più) e delle maggiori risorse dirette destinate all’acquisto di nuovi armamenti (quasi 700 milioni in più). Circa cento milioni di euro in più sono previsti per le amministrazione e i comandi centrali, nonché per indennità varie come l’ausiliaria. Va sottolineato come l’aumento complessivo registrato nel bilancio della Difesa sia derivante per circa un miliardo da fondi previsti “a legislazione vigente” (e cioè derivanti dalle scelte degli anni precedenti, in particolare quelle del Governo Draghi) e per i restanti 700 milioni circa da decisioni direttamente ascrivibili alla manovra di bilancio del Governo Meloni.
Altra voce ormai fondamentale della spesa militare (e da anni molto rilevante sia dal punto di vista delle cifre che della valenza operativa e strutturale) è quella dei costi per le missioni militari all’estero, che vengono finanziate da un fondo assegnato al bilancio del Mef e poi trasferito alla Difesa dopo passaggio parlamentare. Nel 2023 la dotazione sarà di oltre 1,5 miliardi di euro (in crescita di 150 milioni rispetto all’anno precedente) di cui il 90% (cioè quasi 1,4 miliardi) possono essere ascritti a funzioni militari dirette. Rimangono sugli alti livelli già registrati nel 2022 gli investimenti per nuovi armamenti: l’aumento già evidenziato nell’ambito del bilancio del Ministero della Difesa viene infatto compensato da una quasi equivalente diminuzione delle risorse indirette provenienti dall’ex Mise (oggi Ministero delle Imprese e del Made in Italy) con una conseguente conferma del budget annuale complessivo destinato al riarmo nazionale a oltre 8 miliardi di euro.
A Legge di Bilancio approvata l’Osservatorio Mil€x pubblicherà un report più approfondito sulle spese militari italiane 2023 comprendente la stima del cosiddetto “bilancio integrato in chiave Nato” e quindi del suo percentuale sul PIL nazionale.
NOTA METODOLOGICA DI MILEX
Ricordiamo che, a partire da una definizione di spesa militare ormai condivisa (e allineata con quella dei maggiori istituti di ricerca internazinoali), l' Osservatorio Mil€x considera l’importo totale del Bilancio della Difesa come mero punto di partenza per valutare la spesa militare italiana complessiva. Tale cifra deve infatti registrare fondi in aggiunta iscritti presso altri ministeri (principalmente il fondo per le Missioni militari all’estero che viene istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e i fondi che l’ex Ministero per lo Sviluppo Economico mette a disposizione per acquisizione e sviluppo di sistemi d’arma) e deve invece vedere sottratta per coerenza di destinazione e tipologia di utilizzo la grande maggioranza del bilancio dell’Arma dei Carabinieri (per lo specifico ruolo che gioca tale struttura, in particolare la parte forestale) che viene considerata solo per la componente legata alle missioni all’estero.
La nuova metodologia dell’Osservatorio Mil€x sulla spesa militare, aggiornata e migliorata nel 2021, comprende nel conteggio anche cifre derivanti da altre considerazioni (quota parte costo basi USA, ammortamenti mutui su spesa armamenti MISE, impatto delle pensioni militari) come verrà esplicitato nel report approfondito di inizio 2023.
Le vendite di armi e servizi militari nel 2021 da parte delle 100 maggiori società di difesa del mondo sono aumentate dell'1,9% a 592 miliardi di dollari.
La crescita è, però inferiore, alle aspettative, a causa dei
I problemi della catena di approvvigionamento, provocati in buona parte della pandemia avrebbero però moderato la tendenza alla crescita. I problemi dovrebbero aggravarsi quando verranno presi in considerazione i dati del 2022, legati inevitabilmente alla guerra in Ucraina.
40 delle 100 aziende leader del settore-armi (nonché le prime cinque in assolute) hanno sede negli Usa: totale vendite per 299 miliardi di dollari, in calo dello 0,8% a causa, dell'alta inflazione nell'economia americana nel corso del 2021.
Come scritto, le cinque aziende "militari" più grandi del mondo sono tutte americane: Lockheed Martin (produttrice dei lanciarazzi Himars), Raytheon Technologies, Boeing, Northrop Grumman e General Dynamics.
L'azienda dell'Unione europea meglio classificata è l'italiana Leonardo, al 12° posto: il gruppo, di cui il maggior azionista è il Ministero italiano dell'Economa, ha realizzato vendite per 13.9 miliardi di dollari nel 2021, con un incremento del 18% rispetto all'anno precedente.
È scomparsa Antonia Sani, non più corpo vivente tra noi, ma ancora viva nella "fede" disarmista
E' stata la più stretta partner che i Disarmisti esigenti abbiano mai avuto nella "battaglia" per il disarmo atomico.
Crediamo che chiunque l'abbia frequentata, in questo triste momento, possa richiamarla con dei bellissimi ricordi e rimpiangere la sua saggezza, la sua determinazione, il suo bel carattere.
Condividiamo il dolore di tutte le amiche della WILPF
La Camera ardente di Antonia Sani Baraldi sarà aperta in Via Misurina 69, Roma (piano 4°, citofono Sani-Baraldi) dalle ore 15.00 di sabato 12 novembre 2022 a tutta la giornata di domenica 13 novembre.
I funerali si svolgeranno martedì 15 novembre, ore 15 30, presso la Certosa di Ferrara.
È mancata a chi l’amava, a tutte noi, in questa triste notte, Antonia Sani, donna generosa e intelligente, democratica e femminista, che ha investito la sua vita nel rispetto e nella difesa dell’umanità: diritti, scuola , pace, Costituzione.
Non ci sono parole e ringraziamenti bastevoli per quanto ha dato alla Wilpf-Italia, di cui a lungo è stata Presidente, alla Casa internazionale delle donne, alla nostra stessa associazione.
I nostri abbracci e le più sincere condoglianze a chi, vicino o lontano da lei in questo momento, la piange.
Da parte di Alfonso Navarra – portavoce dei Disarmisti esigenti
(sotto riportato il volantino che distribuiremo alla manifestazione per la pace del 5 novembre)
PER IL 5 NOVEMBRE OLTRE IL 5 NOVEMBRE
IL CESSATE IL FUOCO ESIGE, PER COERENZA, IL NO ARMI AI BELLIGERANTI, NO RIARMO, NO SANZIONI
Cara/o presidente cristiano
In vista della mobilitazione del 5 novembre ti avanziamo una proposta che riteniamo vada nel senso della tua ricerca di soluzioni pratiche e nonviolente al problema di come fermare l’escalation bellica con epicentro Ucraina.
Un tuo bell’intervento, firmato con altri 43 presidenti, termina con l’invito a “percorrere l’utopia della Pace”, citando Papa Franceso all’Angelus del 24 marzo 2022:
“La vera risposta non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari ma un'altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo e di impostare le relazioni internazionali”.
La manifestazione del 5 novembre, nel suo senso POLITICO, è un tentativo di messa in pratica di un altro invito del Papa, ad un Angelus più recente (3 ottobre 2022):
“In nome di Dio e in nome del senso di umanità che alberga in ogni cuore, rinnovo il mio appello affinché si giunga subito al cessate il fuoco. Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili”.
E’ un tentativo, quello di Europe for Peace, a nostro giudizio parziale, perché il “tacciano le armi” per “consentire all’ONU di avviare negoziati positivi”, risulterebbe più forte e credibile alle seguenti condizioni, che esprimono coerenza tra il mezzo e il fine (“sii il cambiamento che vuoi vedere realizzato”).
Prima condizione: Se invito il governo italiano ad agire per fare tacere le armi, è bene che l’Italia non faccia parte di quei Paesi che forniscono bombe e missili ai belligeranti. La legge 185 vieta di rifornire i Paesi in guerra e qui non c’è una risoluzione dell’ONU che autorizza l’uso della forza (che è cosa diversa da una presa posizione assembleare di condanna di una invasione militare). Né risulta che qualcuno abbia delegato alla NATO di ergersi giudice e poliziotto del mondo. Quindi noi dall'Italia chiediamo di non sparare e lo possiamo fare senza imbarazzo perché siamo i primi a non passare le armi a chi le usa e le userà sul campo di battaglia, quale che sia il giudizio che formuliamo sulla fondatezza delle sue ragioni.
Seconda condizione. Chiediamo, come Italia, che l’ONU intervenga a mediare perché noi stessi siamo autorevoli e affidabili come promotori di dialogo e di mediazione. Non è certamente questa la situazione di chi è cobelligerante di fatto perché supporta un esercito con soldi, cannoni, tecnologia, addestramento al combattimento. Ed accompagna il supporto alla guerra militare con una guerra economica attraverso sanzioni energetiche mal concepite (pare che oltretutto danneggiano più il sanzionatore che il sanzionato).
L’appello che avete proposto giustamente propone che l’Italia ratifichi il Trattato di proibizione delle armi nucleari: questo rientra perfettamente nel nostro ragionamento perché, da parte di chi la denuncia, è logico gettare acqua sul fuoco di una escalation atomica che viene esplicitamente e sciaguratamente brandita.
Stante le argomentazioni finora esposte, ecco che si può capire il significato dello striscione (sopra riportato) con cui saremo presenti il 5 novembre alla manifestazione di Roma e dell’invito che vi rivolgiamo ad essere pronti a scendere di nuovo in piazza quando, all’inizio del 2023, il governo italiano metterà ai voti parlamentari la decisione di supportare ancora l’esercito ucraino. (Il sesto pacchetto di aiuti militari nei prossimi giorni probabilmente seguirà il “metodo Draghi”, provvedimento secretato comunicato solo al COPASIR, senza dibattito in aula).
Il miglior modo di fare tacere le armi è smetterla di apparecchiarle nella illusione che servano a risolvere le controversie internazionali! Se solo uno su 100 di quelli che scendono in piazza il 5 novembre lo ribadissero sotto Montecitorio, Palazzo Madama e Palazzo Chigi, ecco che forse potremmo inaugurare un’altra storia più incisiva del pacifismo: meglio agire prima piuttosto che lamentarsi dopo dei fallimenti e dell’incomprensione da parte delle moltitudini popolari!
La dinamica purtroppo la conosciamo: a) emergenza bellica; b) risposta emotiva di massa canalizzata in un contenitore generico (spesso strumentalizzato da soggetti della dimensione politico-istituzionale); c) delusione della base e isolamento degli animatori pacifisti, che tornano minoranza inascoltata. È ora, se possibile, di uscire da questo circolo vizioso mostrando il senno del prima.
Facci sapere se sei disponibile, per questa mobilitazione in presenza contro l’invio di armi a Kiev:
1) A contattarci direttamente il 5 novembre. Ci trovi dietro lo striscione che apriamo alle 11:30 all’ex Planetarium davanti Santa Maria degli Angeli (Piazza Repubblica - angolo via Romita)
2) Ad un incontro on line a due voci da concordare (quando e come vuoi);
3) Ad un incontro collettivo che indiciamo domenica 13 novembre con inizio alle ore 17:00 su piattaforma Google Meet
Potete trovarci da subito in presenza dietro questo striscione (Pza Repubblica, angolo via Romita, vicino ex Planetario, ore 11:30):
Si ricorda anche che è ancora possibile aderire all'appello:
SALVIAMO LA TERRA - BLOCCHIAMO LA GUERRA
Revochiamo le sanzioni energetiche contro la Russia che ci separano dalla pace. Indirizziamoci invece verso la soluzione negoziata e cooperativa del conflitto!
PACE SIGNIFICA ANCHE PANE!
Con primi firmatari: Alfonso Navarra – Antonia Sani - Luigi Mosca - Moni Ovadia - Alex Zanotelli - Angelica Romano - Patrizia Sterpetti - Luciano Benini - Antonino Drago - Federica Fratini - Antonella Nappi ... e altre/i
DIAMOCI APPUNTAMENTO, NOI DEL 5 NOVEMBRE, PER CONTESTARE IL VOTO SULL’INVIO DELLE ARMI A KIEV!
Stiamo, oggi 5 novembre, manifestando perché tacciano le armi e l’ONU intervenga per arrivare a una tregua tra i combattenti, propedeutica a negoziati di pace.
Molto bene. È positivo il tentativo di riportare il tema della pace al centro del dibattito pubblico. Non può, infatti, essere ignorato il contesto politico-culturale per il quale, in Italia (ma anche per lo più nel resto d’Europa) il solo parlare di pace è tacciato di filoputinismo!
Per essere coerenti e conseguenti adesso è giusto che ci riconvochiamo, con la stessa logica e la stessa forza, per evitare che, dall’Italia, si getti benzina sul fuoco della guerra. Se ci battiamo perché le armi non sparino è doveroso battersi perché non siano passate a chi le usa per sparare. Siamo contro la guerra e quindi siamo contro a che degli esseri umani si sparino l’uno contro l’altro, a prescindere dalle ragioni e dai torti reciproci. Anche se le ragioni fossero tutte da una parte e i torti tutti dall’altra. Oggi non ci sono più guerre giuste, ci ricorda lo stesso Papa Francesco. Per due motivi: 1) perché qualsiasi impiego di armi oggi danneggia più gli innocenti estranei che gli implicati direttamente nel conflitto e danneggia la Terra, cioè il corpo vivente di tutti; 2) perché esiste l’alternativa efficace dei metodi di resistenza nonviolenta.
Quindi è la guerra in sé l’aggressore che ci aggredisce tutti. E dobbiamo boicottarla in tutti i modi (nonviolenti) possibili. Per altruismo ed anche per egoismo: abbiamo capito che è in gioco la nostra stessa pelle se scattano escalation mal guidate…
Le armi tacciano, perciò non siano apparecchiate per chi dà loro la parola. Non le si fornisca ai russi e nemmeno le si fornisca all’esercito ucraino, che non siamo affatto obbligati a sostenere se vogliamo sostenere il popolo ucraino. La differenza, ci segnalano i sondaggi, il popolo italiano l’ha colta, quando per il 75% manifesta contrarietà al coinvolgimento armato anche indiretto dell’Italia nella guerra in corso.
Quando allora dovremmo rivederci in piazza per contestare un voto parlamentare per nuovi aiuti militari all’Ucraina? È possibile più presto di quanto non ci immaginiamo. Forse prima del 1° gennaio 2023, data in cui dovrebbe scadere la prassi instaurata dal governo Draghi: provvedimenti segretati a conoscenza solo del COPASIR. Stando alle parole del nuovo ministro della difesa Crosetto i nuovi eletti potrebbero essere presto chiamati a dimostrare con un voto l’”unità nazionale” sulle armi a Kiev.
All’”unità nazionale” dei partiti noi possiamo rispondere con l’”unità popolare” che va a fare sentire la sua voce sotto Montecitorio e Palazzo Madama. La ragione ci sembra chiara. Non vogliamo alimentare il mostro orrendo della guerra! Non un cannone, non un soldo, non un soldato per essa! L’umanità deve porre fine alle guerre o saranno le guerre, sarà questa guerra, a porre fine all’umanità!
Dobbiamo essere pronti per questa mobilitazione, che attiveremo quando l’agenda del nuovo governo Meloni sarà esplicitata. Ogni soggetto, individuale e collettivo, ci arrivi con le proprie posizioni nonviolente. Convergiamo rispettando le nostre differenze!
Per quanto ci riguarda, Disarmisti esigenti & partners, andremo in quell’occasione in piazza con la stessa piattaforma riconoscibile con la quale partecipiamo a questo 5 novembre: stop, appunto, all'invio di armi, fine delle sanzioni, disarmo atomico a partire dalla ratifica del Trattato di proibizione delle armi nucleari con il conseguente ritiro dalla condivisione nucleare NATO, apertura di spazi percorribili per la soluzione politica, lotta per lo scioglimento dei blocchi militari, e immediata connessione tra “fine del mese” e “fine del mondo”. La lotta alla guerra, in parole povere, va agganciata alle conseguenze in termini di crisi economica e deterioramento delle condizioni di esistenza, carovita e carobollette, crisi energetica e crisi alimentare.
Ma, ripetiamo, ognuno si faccia vivo e presente con le sue parole d’ordine, sotto i Palazzi del Potere! Quanti saremo? Basterebbe un decimo di questa manifestazione del 5 novembre per cominciare a costruire una storia diversa (dalle solite manipolazioni politiche di cui il movimento spesso finisce vittima)!