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7luglio2021

Fare leva sul proibire le armi nucleari per fare la pace con la Terra: verso un Coordinamento europeo

04.07.2021 - Comunicato dei disarmisti esigenti per invitare all'incontro on line del 7 luglio 2021 - dalle ore 16 alle ore 20 su piattaforma Google Meet 

Link per partecipare: meet.google.com/xay-nguh-baw

Seguono: lettera ai parlamentari per la presentazione del DDL di ratifica del TPAN; e riflessioni di Alfonso Navarra sulla possibilità che il disarmo sia già implicito negli accordi di Parigi sul clima globale

Abolire tutte le bombe atomiche: entra in vigore il trattato

L'occasione è il quarto anniversario dell'adozione, da parte di una Conferenza ONU, del Trattato di proibizione delle armi nucleari, avvenuta a New York il 7 luglio2017, per la quale ICAN è stata insignita del premio Nobel per la pace.
Proseguiamo il cammino, già iniziato il 13 giugno 2021, promosso da Disarmisti esigenti e WILPF Italia, membri ICAN, con la collaborazione di Sardegna Pulita e Rete per l'educazione alla terrestrità, verso un coordinamento europeo contro il nucleare militare e civile.
I nostri obiettivi: insistere nella pressione per la ratifica del TPAN da parte di ancora più Paesi, contro il riarmo nucleare in Europa e nel mondo, no agli euromissili, no al first use, no al nucleare tra le energie classificate come pulite, si alla conversione civile delle spese militari, si al disarmo da inserire negli accordi di Parigi sul clima.
Poniamo, nell’incontro, in esame e in dibattito una strategia in cui il rischio di guerra per errore, è centrale soprattutto per il Nord del mondo; mentre deve essere organizzata la rivendicazione di giustizia ed uguale dignità per il Sud del mondo, che ha la funzione generativa più decisa per la spinta dalla proibizione giuridica all'eliminazione effettiva degli ordigni nucleari.

Questo dal punto di vista di movimenti che cercano l'intreccio tra problematiche che hanno effetti combinati e convergenti su popolazioni e territori (oggi si deve parlare di "intersezionalità" contro le impostazioni monotematiche specializzate). Ma con un approccio che sappia unire visioni e obiettivi globali con i piedi ben piantati sui territori; e che sia consapevole che "pensare alla fine del mese" lo si deve fare per evitare la possibile "fine del mondo", per garantirsi un futuro di pace tra gli esseri umani e tra gli esseri umani e la Natura.

Abbiamo come meta di mobilitazione le seguenti scadenze:
- la revisione del TNP nell'agosto 2021;
- il 5 settembre a Buchel in Germania ("la nuova Comiso") e la mobilitazione italiana ad essa collegata, con particolare riferimento ai porti da denuclearizzare a partire dal porto nucleare di Trieste;
- l'eventuale festival antinucleare di Metz in Francia del 24- 25- 26 settembre;
- la preCOP di Milano (30 settembre- 2 ottobre 2021) e la COP di Glasgow (2-12novembre 2021);
- la revisione del TPAN nel gennaio 2022.

Noi prevediamo innanzitutto una introduzione degli organizzatori: Alfonso Navarra per i Disarmisti esigenti, Antonia Sani per WILPF Italia, Ennio Cabiddu per Sardegna Pulita, Laura Tussi e Fabrizio Cracolici per Memoria e Futuro, Alessandro Capuzzo per la Marcia Mondiale.

Seguono gli interventi dalle situazioni internazionali, quelle già presenti il 19giugno (ed altre che si aggiungeranno perché le stiamo contattando e invitando):Daniele Barbi, del comitato antinucleare di Treviri; dalla Francia, LuigiMosca; dalla Slovenia, Aurelio Juri; dal Giappone, Minetaka Shimada.

Vi saranno testimonianze dalle situazioni di lotta antinucleari, contributi di esponenti politici (Loredana De Petris, Giorgio Cremaschi, Gregorio Piccin, altri…) e anche interventi di taglio scientifico: citiamo Luca Gamberale e in particolare Mario Salomone, segretario internazionale di WEEC, e Mario Agostinelli, presidente della Laudato Si’.

Alfonso Navarra, portavoce dei Disarmisti esigenti, presenta una prima proposta perché alla COP26 di Glasgow sia incluso il disarmo (quindi la denuclearizzazione),tra le soluzioni per l’emergenza climatica ed ecologica.

L’attività militare e le guerre distruggono esseri umani e ambiente mettendo a rischio con la deterrenza nucleare la sopravvivenza di tutti; ma sono anche causa di gravissimo inquinamento permanente: quello che producono di CO2 – quantità ingentissime! (in varie stime, oltre il 15%, circa il 20%) - va computato ufficialmente all’interno del percorso delle COP sul clima affinché si persegua, con monitoraggio adeguato, la sua riduzione ed eliminazione.

Una interpretazione plausibile dell'accordo di Parigi, nello spirito (ufficialmente) pacifista dell'ONU e in collegamento con l'architettura del diritto internazionale, implicitamente potrebbe già disporre di perseguire la decarbonizzazione: 1) in modo che il rischio climatico ed ecologico sia eliminato in modo effettivo e completo; 2) accogliendo gli obiettivi dell'Agenda 2030; 3) con modalità che rispettino i diritti umani e il diritto alla pace; 4) valorizzando il ruolo protagonista delle donne nei processi di pace e di sviluppo umano (si vedano considerazioni sotto esposte).

La mobilitazione convergente di disarmiste/i, ecologiste/i, attiviste/i è assolutamente necessaria per la radicale inversione di rotta che può garantire la continuazione della civiltà umana e forse della stessa esistenza fisica della specie.

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ALLA C.A. DI DEPUTATE E DEPUTATI FIRMATARIE/I DELL'ICAN PLEDGE

02.07.2021 - oggetto: IL 7 LUGLIO, DATA SIMBOLICA, AL CENTRO DI UNA MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE, POSSIAMO PRESENTARE UNA PROPOSTA DI LEGGE PER LA RATIFICA DEL TPAN?

Care e cari amici, che rappresentate il popolo alla Camera dei deputati in consapevole obbedienza ad una Costituzione che ripudia la guerra

Dal nostro punto di vista di attiviste e attivisti ecopacifisti che guardano ad un mondo multipolare fondato sulla forza del diritto internazionale, nel potenziamento dell'ordinamento ONU, ci sembra molto importante che ci rivolgiamo a voi, firmatari dell'ICAN Pledge: speriamo di trovare presso di voi orecchie particolarmente attente e sensibili per quanto ora vi veniamo esponendo e proponendo di concreto, nell'ottica ideale di chi, come Papa Francesco, ritiene "immorale", oltre che illegale, lo stesso possesso delle armi nucleari.

Consideriamo una data simbolico-politica importante l’anniversario della adozione, con il voto di 122 Stati, del Trattato di proibizione delle armi nucleari (TPAN – TPNW in lingua inglese), da parte di una conferenza ONU, avvenuta appunto il 7 luglio 2017 al Palazzo di Vetro di New York.

La società civile internazionale, lo ribadiamo ancora, ha partecipato attivamente a quei lavori (anche chi vi scrive era presente di persona): un ruolo riconosciuto che ha consentito alla International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN) di cui, come Disarmisti Esigenti e WILPF Italia, facciamo parte, di ricevere il Premio Nobel per la Pace 2017.

Anche Sardegna Pulita è della partita in quanto soggetto aderente alla coalizione dei Disarmisti esigenti.

Il 22 gennaio del 2021, dopo la 50esima ratifica da parte di uno Stato, il bando delle armi nucleari proclamato a New York è entrato in vigore: la nostra valutazione è che in questo modo può ricevere impulso un percorso che, riferendosi all’articolo VI del Trattato di non proliferazione, conduca dalla proibizione giuridica all’eliminazione effettiva degli ordigni nucleari.

In tutto il mondo la Rete ICAN sotto questa scadenza del 7 luglio si mobilita: anche dall’Italia possiamo dare il nostro contributo perché il nostro Paese riveda le sue posizioni ed entri nella schiera degli aderenti, nonostante i diktat provenienti dai vertici NATO, l'ultimo del 14 giugno scorso; ed in ogni caso cerchi di giocare un ruolo attivo per fare leva sul TPNW con lo scopo anche di aprire nuovi negoziati di disarmo, a partire dall’esigenza prioritaria di evitare la guerra nucleare per errore.

Vi proponiamo di avanzare un passo piccolo ma effettivo per rilanciare l'attenzione di tutto il Parlamento sulla problematica del disarmo nucleare, dimenticata proprio nel momento in cui, ben oltre l'ammodernamento delle B-61, rischiamo di vedere installati nuovi euromissili in Europa (il Trattato INF è stato disdetto!).

Questo avverrebbe se riusciste a presentare formalmente,  magari proprio in questa data simbolica del 7 luglio, una proposta di legge per la ratifica del TPAN*, ( vedi testo redatto dalla IALANA sotto riportato).

Questo vostro gesto istituzionale -la presentazione di una proposta di legge sulla base del testo redatto dalla IALANA, potrebbe essere accompagnato da una conferenza stampa da tenere, norme antiCOVID permettendo, nei locali della Camera dei deputati, invitandoci a presenziare come pacifisti che promuovono la campagna.

Vi informiamo che la presidente al Senato del Gruppo Misto, Loredana De Petris, si è impegnata al Senato a presentare un DDL in questo senso, anche se non si è pronunciata ancora per una scadenza precisa.

La ripresa di interesse nel dibattito pubblico sul disarmo nucleare  potrebbe sì, per vari motivi, realisticamente non sortire immediatamente la ratifica del Trattato che chiediamo. Ma, come risultato subordinato da non scartare, potrebbe comunque convincere il governo italiano ad assumere quella che chiamiamo la “posizione belga” (più avanti da noi spiegata): una delegazione diplomatica italiana, guidata dal Ministro degli Esteri, come “Paese osservatore” potrebbe  andare alla prima conferenza degli Stati, attualmente 54, che hanno già ratificato questa norma internazionale contro le armi nucleari e che si terrà a Vienna nel gennaio del 2022.

L’Italia allora non aderirebbe formalmente subito al bando; ma nemmeno si collocherebbe tra i Paesi che sparano a palle incatenate contro!

(Detto tra noi, forse la denuclearizzazione è la strada più concreta ed efficace per provocare dinamiche oggettive che portino a una crisi dell'anacronistico schieramento per blocchi militari).

Attrezziamoci, allora, e diamoci da fare insieme per dare fiato allo schieramento sempre più ampio che, in Europa, presta orecchio all’opinione pubblica che non intende vivere sotto la spada di Damocle nucleare e sprecare risorse economiche per la follia suicida della “deterrenza”!

Saluti con stima augurandoci di intraprendere un proficuo lavoro comune

Alfonso Navarra - Disarmisti esigenti cell. 349-073.6871

Antonia Sani e Patrizia Sterpetti  - WILPF Italia cell. 349-786.5685

Ennio Cabiddu - Sardegna pulita - cell. 366-6535384

Fabrizio Cracolici e Laura Tussi - canale video Siamo tutti premi Nobel per la pace con ICAN

Link : https://www.youtube.com/channel/UCFWikKgRr7k21bXHX3GzE9A

* DISEGNO DI LEGGE

Art. 1. (Ratifica del Trattato). 1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il “trattato delle Nazioni Unite relativa al divieto delle armi nucleari”, (treaty on the prohibition of nuclear weapons) approvato dalla Conferenza ONU svoltasi a new York il 7 luglio 2017.

Art. 2. (Ordine di esecuzione). 2. Piena ed intera esecuzione è data al trattato a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto previsto dall'articolo 15 del trattato stesso.

Art. 3. (Entrata in vigore). 3. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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Post scripum

Quelli che seguono sono suggerimenti per lavorare su una relazione di accompagnamento...

Onorevoli colleghi e colleghe,

Il 22 gennaio è entrato in vigore il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPAN). Tale trattato è stato adottato da una conferenza delle Nazioni Unite il 7 luglio 2017, aperto alla firma a New York il 20 settembre 2017; l’entrata in vigore è avvenuta 90 giorni dopo il 24 ottobre 2020, data della ratifica del cinquantesimo Stato, l’Honduras.

Il nuovo accordo proibisce agli Stati membri di sviluppare, produrre, testare e immagazzinare armi nucleari. Allo stesso modo limita l'uso e la minaccia di utilizzo di queste armi. Il trattato ha, al momento, 54 stati membri con ratifica; altri 32 hanno firmato il trattato. Si prevede che molto presto altri stati ancora aderiscano. Il trattato dà sostanza di legge al divieto di una minaccia esistenziale per la vita sul pianeta: l'uso di armi nucleari in guerra che ha conseguenze umanitarie e ambientali catastrofiche.

Il bando di questa categoria di armi che ripugnano alla coscienza umana viene a seguire i bandi di altre armi di distruzione di massa: quelle batteriologiche e quelle chimiche. La Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione e immagazzinamento delle armi batteriologiche (biologiche) e sulle armi tossiche e sulla loro distruzione (di solito denominata Convenzione per le armi biologiche, abbreviazione: BWC da Biological Weapons Convention in inglese) è stato il primo trattato multilaterale sul disarmo che vieta la produzione di una intera categoria di armi. È stato il risultato degli sforzi prolungati da parte della comunità internazionale per creare un nuovo strumento che andava a completare il Protocollo di Ginevra del 1925. La "Convenzione sulla Proibizione delle Armi Chimiche" di Parigi del 1993  è entrata in vigore il 29 aprile 1997. L'Italia ha ratificato la convenzione con la legge 18 novembre 1995, n. 496, modificata ed integrata con legge 4 aprile 1997, n. 93.

La “deterrenza nucleare”, vale a dire il distogliere da attacchi nemici incutendo il terrore della rappresaglia, quella che il TPAN va esplicitamente a proibire (al contrario di altri strumenti giuridici correnti relativi alla materia), oggi va messa in rapporto, secondo il parere di esperti eminenti, con un più alto livello di probabilità che scoppi un conflitto nucleare (vedi Doomsday Clock curato dal Bulletin of the Atomic Scientists dell'Università di Chicago). Un conflitto regionale e/o globale di natura nucleare, anche solo per errore, per incidenti, o per sabotaggio (perpetrabile con attacchi cibernetici), è un rischio già spaventoso in passato, ma oramai del tutto inaccettabile, in virtù della sistematica modernizzazione di questi armamenti, e dell’utilizzazione in rapido sviluppo dei mezzi informatici (l’automatizzazione dei sistemi d’arma e l’impiego dell’Intelligenza Artificiale prospettato persino nei sistemi di controllo e comando). Questo rischio riguarda in modo prevalente (anche se non esclusivo) proprio i Paesi che posseggono od ospitano le armi nucleari, in quanto bersagli privilegiati in caso di conflitto. (Da notare che questi Paesi si situano tutti nell’emisfero Nord del nostro pianeta). Un disarmo nucleare totale, a ben vedere, sarebbe quindi soprattutto nell’interesse degli Stati … nucleari!

Ma la “deterrenza” non è solo una “follia” alla lunga suicida, se valutata con gli occhi di un ragionamento spassionato ed oggettivo dal punto di vista dell’intelligenza utilitaristica: oggi, con l’approvazione del TPAN, possiamo dire che sta per completarsi il percorso che ha portato dalla sua condanna filosofica, etica e morale alla condizione di una illegalità giuridicamente fondata.

Ai sensi di un parere della Corte di Giustizia dell’Aja, reso l’8 luglio del 1996, pur connotato da ambiguità e contraddittorietà, sicuramente potremmo inserire la stessa minaccia dell’uso delle armi nucleari, implicita nella “deterrenza”, come “contraria ai principi del diritto internazionale umanitario e costituente una violazione dei diritti umani – in particolare del diritto alla vita”.

Potremmo, in modo più radicalmente conseguente, come fanno i Disarmisti esigenti e WILPF Italia, membri ICAN (la campagna internazionale insignita nel 2017 del Premio Nobel per la pace) considerare la “deterrenza” in sé un “genocidio programmato”: lo Stato “deterrente”, lo si è già detto, pretende di assicurarsi da eventuali atti ostili da parte di altri stati, individuati come “minacciosi”, prendendone in ostaggio l’intera popolazione con il sottoporla al ricatto di una situazione di sterminio potenziale (parziale o completo).

Quando si parla di “deterrenza”, per capire la portata di cosa si sta esaminando, sarebbe bene tenere presente che ci si riferisce ad arsenali che oggi accumulano circa 13.000 testate nucleari, di numero sicuramente inferiore alle 70.000 dei tempi della Guerra Fredda, ma nel frattempo diventate più precise, più potenti e tecnologicamente avanzate: la potenzialità di sterminare più di dieci volte l’intera umanità c’è tutta.

Il “club nucleare” oggi comprende nove Stati tutti impegnati ad accrescere e “modernizzare” le loro armi: tutti che, in modi diversi, programmano l’impiego dell’atomica nelle loro dottrine strategiche; e, a volte, abbiamo visto minacciarlo durante crisi internazionali. Né è da sottovalutare l’emergere, con l’ipotesi dell’”Inverno nucleare”, delle conseguenze climatiche catastrofiche di uno scambio anche limitato di missili tra Paesi confinanti: si è studiato il caso del conflitto tra India e Pakistan che potrebbe provocare due miliardi di morti nell’arco di una ventina di anni.

I governi italiani succedutisi dal 2017 non hanno firmato né ratificato il TPAN che bandisce questi ordigni, da considerare “mostruosi”, perché, anche in uso limitatissimo, hanno un impatto devastante sulla vita e sulla salute di enormi moltitudini di persone. Tra le condanne più nette possiamo annoverare quella di Papa Francesco, ribadita proprio in riferimento all’entrata in vigore del TPAN (cui il Vaticano ha contribuito, essendo tra i primi Stati a ratificare): "Dopodomani, venerdì 22 gennaio, entrerà in vigore il Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che vieta esplicitamente questi ordigni, il cui utilizzo ha un impatto indiscriminato, colpisce in breve tempo una grande quantità di persone e provoca danni all’ambiente di lunghissima durata. Incoraggio vivamente tutti gli Stati e tutte le persone a lavorare con determinazione per promuovere le condizioni necessarie per un mondo senza armi nucleari, contribuendo all’avanzamento della pace e della cooperazione multilaterale, di cui oggi l’umanità ha tanto bisogno".

L’Italia in sede ONU, con tutti i suoi governi, ha sempre dichiarato pubblicamente di essere a favore di un mondo libero dalle armi nucleari, come stabilito dal Trattato di non proliferazione nucleare (TNP).

Chiaramente, arrivare a ciò non è un compito facile, ma il rifarsi verbalmente a un obiettivo, per quanto in modo sistematicamente ripetuto, non ci avvicina affatto ad esso. Questo può essere fatto solo attraverso un'azione pubblica e governativa sostanziale, che conformi consequenzialmente le scelte operative alle parole.

Limitarsi a seguire pedissequamente il percorso del TNP non significa aver svolto tutti i compiti per il disarmo nucleare.  Il Trattato di non-proliferazione rappresenta, senza dubbio, uno strumento di portata globale in materia di disarmo e non-proliferazione nucleari. Entrato in vigore nel 1970 per una durata iniziale di 25 anni, è stato esteso a tempo indefinito nel 1995, e conta tra i suoi Stati Parte 191 Paesi, tra cui i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, dotati dell’arma nucleare (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito).

Le norme di questo fondamentale strumento ruotano attorno all’art. VI, che costituisce il cardine della norma sul disarmo, impegnando ogni Stato parte al perseguimento di negoziati “in buona fede” su misure efficaci per la cessazione della corsa agli armamenti e per l’eliminazione degli arsenali nucleari, nonché su un trattato di disarmo generale e completo sottoposto a controllo internazionale efficace.

Le fondamenta però non fanno da sole la casa. Bisogna allora chiedersi: cosa ha di differente, quale aggiunta porta il TPAN rispetto al TNP? Il nuovo trattato di proibizione esige non solo un impegno immediato nella distruzione degli arsenali, ma anche, come si diceva, a non ospitarle, a non minacciarne l’uso, a non richiederne la protezione.

Insomma, non rinvia ad un tempo indeterminato il disarmo nucleare (l’art. VI del TNP non ha scadenza), ma lo vuole subito, visto che il TNP non è riuscito dopo oltre mezzo secolo ad eliminare la minaccia dell’autodistruzione della nostra civiltà.

Vorremmo che l’Italia aderisse formalmente al TPAN; e comunque, in via subordinata, alla maniera del governo belga, riterremmo utile che lo appoggiasse anche il nostro governo con l'obiettivo di aderirvi in un momento valutato opportuno, su motivato indirizzo parlamentare. Citiamo il nuovo governo belga, membro della NATO, si badi bene, perché nelle sue dichiarazioni programmatiche è arrivato a riconoscere i potenziali effetti positivi del TPAN: "Il Belgio giocherà un ruolo proattivo nella Conferenza di revisione del TNP del 2021 e, insieme agli alleati europei della NATO, esplorerà come rafforzare il quadro di non proliferazione e come il Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari può dare nuovo impulso al disarmo nucleare multilaterale".

Ci sono buone ragioni per una tale mossa che giochi senza riserve il TPAN come carta positiva. In primo luogo, l’azione del nostro Paese sarebbe messa sul binario del programma politico proclamato di raggiungere un mondo senza armi nucleari. In secondo luogo, ci consentirebbe di influenzare lo sviluppo futuro del trattato e del suo percorso per favorire un disarmo nucleare effettivo. Inoltre, andrebbe incontro alla volontà generale dell’opinione pubblica, poiché i sondaggi – rari e quasi clandestini, per la verità - in ogni paese, incluso il nostro, hanno ripetutamente mostrato forti maggioranze a sostegno di tale passo. Infine, contribuirebbe a rafforzare il TNP, potendo considerare il bando, alla fin fine, come già accennato, una attuazione del suo articolo VI.

L’Italia, va sottolineato, si trova in una situazione speciale all’interno della stessa NATO. Attualmente ospita armi nucleari americane sul suo suolo come parte di accordi di condivisione nucleare. Le armi dovrebbero essere impiegate dai piloti italiani che utilizzano aerei nazionali. Questa pratica è stata spesso criticata e risoluzioni parlamentari nel corso degli anni hanno chiesto il ritiro di queste armi. Il bando proibisce esplicitamente lo stazionamento di armi nucleari su suolo straniero. Crediamo che le armi nucleari stazionate oggi sui nostri territori siano un residuo della Guerra Fredda: nella realtà geopolitica di oggi francamente bisognerebbe guardare avanti adottando l’approccio, caldeggiato dall’ONU, della “sicurezza comune”. Il nostro governo dovrebbe richiedere la rimozione delle armi nucleari da parte degli Stati Uniti il prima possibile e porre fine al potenziale coinvolgimento dei suoi cittadini nella guerra nucleare, che – non si finirà mai di ammonire abbastanza su questo punto - può essere scatenata persino per caso o per errore. Lo testimonia la vicenda di Stanislav Petrov, il colonnello sovietico che nel 1983 riuscì a capire che un attacco missilistico contro Mosca era in realtà un falso allarme dei computer: a lui dobbiamo il 26 settembre come giornata ONU contro le armi nucleari.

Basandosi sulla minaccia dell'uso di armi nucleari attraverso la NATO, il nostro governo di ripartenza e di speranza, in discontinuità con le politiche passate, non dovrebbe più pretendere di garantire la sicurezza con armi disumane di effetto devastante. Una tale posizione non può fornire una sicurezza sostenibile per molto tempo sfidando le leggi della fortuna, sperando che ogni volta si possa trovare un Petrov, “l’uomo giusto al posto giusto nel momento giusto”. La NATO farebbe meglio a iniziare a discutere strategie di difesa non nucleari efficaci. La nostra decisione di aderire al TPAN incoraggerebbe tale discussione. Spingeremmo inoltre gli Stati Uniti e la Russia ad avviare negoziati bilaterali per nuovi trattati che da subito diminuiscano il pericolo guerra nucleare per errore e includano le armi nucleari tattiche, concepite per assurdi scontri limitati di teatro.

Il nuovo governo appena insediatosi dovrebbe cessare di esprimere critiche al Trattato che mette al bando le armi atomiche. L’attuale ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha aderito all’ICAN Pledge: si ricordi di questo solenne impegno! Il trattato è spesso descritto dalla nostra diplomazia come una mera misura simbolica, e a volte è anche considerato un pericolo per la sicurezza internazionale. Questi argomenti sono contestabili e Di Maio dovrebbe essere propenso ad accogliere una prospettiva diversa, approfondendo i suoi ragionamenti di realismo diplomatico. Solo simbolico? Il trattato è un vero e proprio strumento giuridico, al quale sono vincolati tutti gli Stati membri. Ad esempio, è il primo strumento per vietare efficacemente i test nucleari mentre il Trattato sul divieto totale di test nucleari attende l'entrata in vigore perché gli Stati Uniti e la Cina non lo hanno ratificato. Non vi è inoltre alcuna incompatibilità giuridica tra il Trattato sul bando e il Trattato di non proliferazione, che possono essere considerati entrambi parte di un'architettura comune per il disarmo.

Ci sono anche effetti sostanziali al di fuori degli Stati membri. Gli attori finanziari come i fondi pensione e di investimento (come nei Paesi Bassi) e le banche (come KBC in Belgio e Deutsche Bank in Germania) già considerano e attuano il ritiro del denaro investito nelle società coinvolte nella produzione di armi nucleari, direttamente come risultato del Trattato per la messa al bando delle armi nucleari.

Il primo evento del trattato sarà la Riunione degli Stati Parte nel primo anno dopo l'entrata in vigore, cioè nel 2022, probabilmente in gennaio.  Auspichiamo che l’Italia partecipi a pieno titolo in qualità di Stato membro; ma potrebbe comunque cogliere l'opportunità di impegnarsi con i membri effettivi del Trattato sul bando partecipando in qualità di Stato osservatore. Una tale posizione non porterebbe ancora il nostro Paese ad entrare in conflitto aperto con l’approccio ufficiale dell’Alleanza atlantica. Tuttavia, sarebbe già un significativo allontanamento dall'attuale atteggiamento sprezzante nei confronti del nuovo accordo e dei suoi membri. La diplomazia internazionale trarrà vantaggio da un tono più costruttivo. Questo può anche aiutare a ottenere un risultato positivo all'imminente revisione del TNP nell’agosto 2021.

Nel Paese centrale della UE, la Germania, sta prendendo piede un dibattito critico sul mantenimento dell’ombrello nucleare americano nella NATO, come dimostra il programma elettorale della SPD, un partito importantissimo facente parte della coalizione di governo guidata da Angela Merkel. Il partito invita Russia e Stati Uniti ad avviare colloqui sulle questioni del "disarmo verificato e completo" con l'obiettivo di "ritirare ed eliminare definitivamente le armi nucleari dispiegate in Europa e Germania".

Per concludere, il Trattato per la proibizione delle armi nucleari dovrebbe essere visto nell'Europa occidentale come un segnale da parte del resto del mondo a prendere molto più seriamente la promessa dell'eliminazione del nucleare, che pende come una spada di Damocle sulla sopravvivenza dell’Umanità. L’Italia dovrebbe lavorare insieme agli altri Paesi europei per sbarazzarsi delle armi nucleari americane sul nostro suolo (lo ha fatto la Grecia nel 2001 senza per questo uscire automaticamente dalla NATO) e firmare e ratificare il Trattato sul bando il prima possibile.

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La soluzione del disarmo non sarebbe estranea a quanto già prescrivono gli accordi di Parigi sul clima 

04.07.2021 - di Alfonso Navarra - portavoce dei Disarmisti esigenti

La conferenza COP21 nella decisione (1/CP.21) che, il 12 dicembre 2015, sancisce l'adozione dell'accordo di Parigi sul clima globale, al preambolo "accoglie" l'Agenda 2030.

L'Agenda 2030 è la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite A/RES/70/1 che si propone di "trasformare il mondo per lo sviluppo sostenibile".
La decisione citata "riconosce che il cambiamento climatico rappresenta una minaccia urgente e potenzialmente irreversibile per le società umane e il pianeta"; essa quindi "richiede la massima cooperazione possibile da parte di tutti i paesi , e la loro partecipazione ad una risposta internazionale efficace e appropriata, al fine di accelerare la la riduzione delle emissioni globali di gas serra".
La decisione riconosce anche che "il cambiamento climatico è una preoccupazione comune dell'umanità"; quindi le parti "devono rispettare i rispettivi obblighi in materia di diritti umani, diritto alla salute (...), diritto allo sviluppo, eccetera, così come la parità di genere, l'emancipazione delle donne e l'equità intergenerazionale".
Le parti (= gli Stati parte) devono, in sostanza, rispettare i diritti globali che hanno sottoscritto: e tra questi, logicamente, dovrebbe rientrare anche il "diritto alla pace", proclamato dall'ONU!
Ed in questo contesto possiamo inserire anche la risoluzione dell'ONU che prevede di rafforzare il ruolo delle donne nei processi di pace e in tutti i processi decisionali.
In modo più profondo e sostanziale dobbiamo tener conto del fatto che l'intera costruzione dell'ONU è, a parole, indirizzata al disarmo proprio perché è nata, nella retorica ufficiale, "per rimuovere il flagello della guerra" , come proclama la Carta costitutiva adottata il 25 giugno 1945.
L'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile prevede 17 obiettivi (goals) ed il goal 16 è relativo al "promuovere società pacifiche e più inclusive per uno sviluppo sostenibile; offrire l'accesso alla giustizia per tutti e creare organismi efficaci, responsabili e inclusivi a tutti i livelli".
Possiamo concludere che l'accordo di Parigi, nello spirito pacifista dell'ONU e in collegamento con l'architettura del diritto internazionale, implicitamente già dispone di perseguire la decarbonizzazione: 1) in modo che il rischio climatico ed ecologico sia eliminato in modo effettivo e completo; 2) accogliendo gli obiettivi dell'Agenda 2030; 3) con modalità che rispettino i diritti umani e il diritto alla pace; 4) valorizzando il ruolo protagonista delle donne nei processi di pace e di sviluppo umano.
A Parigi con la COP21 il mondo è giunto a decidere di volere eliminare le emissioni di gas a effetto serra in quanto minaccia all'esistenza dell'umanità. Questa minaccia comprende il 20 per cento circa delle emissioni attribuibili alle attività militari. E' un contributo di inquinamento che andrebbe studiato seriamente, oltre le conoscenze parziali e impressionistiche, superando i vincoli di segretezza imposti dalle dispute geopolitiche.
Se si vuole allora seriamente perseguire la decarbonizzazione (l'obiettivo ufficiale è mantenere l'aumento della temperatura al di sotto dei 2° C - preferibilmente 1,5° C - rispetto ai livelli preindustriali) occorre un sistema di contabilità affidabile e autenticamente globale: deve includere tutte le dimensioni dell'attività umana responsabili del problema. Non si possono ignorare il ruolo e il peso dell'inquinamento militare!
L'attività militare è intrinsecamente distruttiva anche se giustificata da fini difensivi: essa va comunque ridotta ai livelli minimi e auspicabilmente eliminata grazie alla cooperazione dei popoli e degli Stati in grado di garantire una "sicurezza comune" fondata sulla "sicurezza umana".
Esistono già appelli internazionali cui possiamo fare riferimento per una convergenza di movimenti a Glasgow.
Ad esempio, segnalata da Patrizia Sterpetti che ha seguito le riunioni internazionali della WILPF sull'ambiente: "No all'esclusione dell'inquinamento militare dagli accordi climatici", promossa da Extinction Rebellion Peace e da altre realtà.
Si vada al link:
La proposta di Disarmisti esigenti, WILPF Italia  e partners, se condivisa, si potrebbe infine riassumere così: quello che dovremmo riuscire ad ottenere in vista delle giornate di Glasgow è un accordo su un testo emendativo comune agli accordi di Parigi, recepito da negoziatori accreditati, che ponga effettivamente il problema sul tavolo diplomatico con una sua plausibilità tecnica e possibilmente sia in grado di giocarsela per condurre ad una sua soluzione pienamente riconosciuta nel corpo degli accordi.
L'inquinamento militare è parte essenziale del problema climatico, è un problema, ed il disarmo è la sua soluzione!
Un settore delle mobilitazioni alla preCOP di Milano e alla COP di Glasgow dovrebbe supportare questo obiettivo di integrazione degli accordi di Parigi con modalità organizzative e comunicative pianificate, in modo che riceva la giusta attenzione da parte di istituzioni e opinione pubblica.

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