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Fukushima 10 anni dopo: il Giappone ricorda la catastrofe nucleare del 2011

 

DA PARTE DI ALFONSO NAVARRA – PORTAVOCE DEI DISARMISTI ESIGENTI

FUKUSHIMA CI SPRONI A FUORIUSCIRE DALLA MINACCIA NUCLEARE EVIDENZIATA DALLA GUERRA

Siamo all’11esimo anniversario del disastro di Fukushima (l’evento catastrofico si verificò in Giappone l’11 marzo del 2011) ed il rischio nucleare oggi con la guerra in Ucraina si sta manifestando nella sua orribile concretezza.

Non è fantascientifico, con tutta evidenza, lo scenario di incidenti collocabili sulla scala INES 7, come quello che accadde nella località giapponese, in caso di bombardamento accidentale o di un attacco deliberato alle quattro centrali nucleari del Paese, non solo l’ormai famosa Zaporizhzhia.

Ma anche la chiusa e “insarcofagata” Chernobyl, dove nel 1986 si verificò il più grave disastro civile di sempre, è attiva nel suo nocciolo, ed è quindi da attenzionare in quanto luogo possibile di altri gravi incidenti.

Si tratterebbe, se qualche missile, da chiunque sparato, finisse sui reattori, di conseguenze disastrose a livello continentale: i morti e le malattie sarebbero molto superiori alle stime ufficiali, dell’ordine delle centinaia di migliaia di persone nel corso degli anni (dovrebbero essere potenziati gli inadeguati studi sulle base dosi di radioattività per potere fare calcoli più precisi).

Una premessa possiamo farla subito: fermare la guerra in corso è l’unico modo ragionevole per ridurre i rischi in modo sostanziale, se si considerano la fragilità ingegneristica delle centrali nucleari, la loro dipendenza da un complesso sistema di supporto infrastrutturale ed il tempo necessario per portare gli impianti a un livello di sicurezza passivo.

Ma nell’immediato abbiamo un altro suggerimento da proporre ai tavoli dei negoziati in corso tra i belligeranti russi (aggressori) e ucraini (aggrediti, ma non bisogna dimenticare le antecedenti responsabilità NATO): accompagnare ai corridoi umanitari l’istituzione di aree di salvaguardia intorno agli impiantì nucleari (anche ai depositi di scorie radioattive), per un raggio di 25 km. Aree da interdire ad ogni forma di presenza militare per evitare combattimenti.

La minaccia costituita dalla guerra agli impianti nucleari dovrebbe rafforzare la tendenza ad uscire da questa fonte energetica rischiosissima: lo ricordiamo ai decisori che si incontreranno a Bruxelles il 24 e il 25 marzo per varare una tassonomia delle fonti sostenibili che include il nucleare tra esse.

Sottolineiamo altresì l’urgenza di procedere ad una denuclearizzazione anche militare, nella consapevolezza del legame indissolubile tra “atomo civile” e “atomo di guerra”. Anche qui si parla di cose molto concrete, dato che l’autocrate Putin in questa crisi bellica ha esplicitamente brandito la minaccia delle armi nucleari e ha allertato le sue forze strategiche.

Per sollevare questi problemi e sensibilizzare l’opinione pubblica a Milano saremo, Disarmisti esigenti e partners, LOC, WILPF Italia eccetera, in piazza il 12 marzo (Stazione di Porta Genova, dalle 13:00 alle 15:00, collegati con manifestazioni previste in Germania, ad esempio a Treviri) e stiamo organizzando una iniziativa a livello europeo con obiettivo il Consiglio che a Bruxelles voterà sia la Bussola strategica che l’atto delegato sulla tassonomia UE.

Anche a livello nazionale ci diamo da fare per smentire il governo Draghi: il nuovo piano energetico dell’Italia non deve guardare a un possibile “nuovo nucleare” (e ritorno al carbone!) ma ridurre subito la domanda di combustibili fossili e potenziare l’efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, base per una pace con la Natura e quindi per una società di pace.

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Il volantino distribuito alla manifestazione di Treviri dell'11 marzo 2022 (alcuni passi)

2 settimane circa di guerra in Ucraina - 11 anni dal disastro nucleare di Fukushima (Giappone)

Profondamente rattristati dalla sofferenza del popolo ucraino dopo l'invasione militare russa, nell'anniversario del disastro nucleare, rivolgiamo un pensiero alle persone di Fukushima: sembra una località lontana, ma la guerra in Ucraina l'ha portata molto vicina!

Le truppe russe hanno attaccato i sei reattori della centrale nucleare di Zaporizhzhia in Ucraina orientale la notte del 4 marzo, con 6.000 MW il più grande complesso nucleare in Europa. Nelle operazioni di occupazione del sito si è sviluppato un incendio negli uffici amministrativi. I lavoratori continuano a prestare servizio nell' impianto sotto il controllo dei militari russi. Tuttavia pare che non ci sia più un cambio di turno , e i dipendenti troppo stanchi, non concentrati e sotto stress ne sono la pericolosa conseguenza. E anche quando è spenta una centrale nucleare è una bomba a orologeria , perché se qualcosa va storto non sono più possibili l'alimentazione elettrica dell'impianto: quindi il suo raffreddamento, quindi la sua sicurezza. In tutta Europa abbiamo visto le conseguenze del disastro del reattore di Chernobyl 36 anni fa. Un disastro oggi in una delle attuali quattro centrali ucraine (vecchie di almeno 30 anni) supererebbe di molte volte questa catastrofe!

Una guerra nucleare distruggerebbe tutta l'Europa. Ma per ottenere lo stesso risultato con una bomba convenzionale su una centrale nucleare!

Non è una ipotesi fantastica: ciò che non credevamo possibile si è avverato. Un Putin destinato a fare qualsiasi cosa , la cui spietatezza è già stata mostrata nella guerra siriana e nell'azione contro i dissidenti nel suo stesso Paese sta distruggendo le città e le infrastrutture ucraine.  Che sofferenza umana!

Putin costruisce uno scenario di difesa della popolazione russa contro una presunta minaccia di un regime nazista ucraino - assurdo!  Se dovesse inscenare incidenti contro altri Stati vicini e attaccare altri membri della NATO, ci sarebbe una escalation incalcolabile.

Gli attuali 56 reattori nucleari rendono la Francia particolarmente vulnerabile e noi con lei. Tre reattori nucleari ancora in funzione in Germania e 17 impianti di stoccaggio provvisorio con scorie nucleari altamente radioattive rappresentano un pericolo particolare.

Non c'è alternativa alla transizione più rapida possibile verso le energie rinnovabili decentralizzate. Solo allora saremo veramente indipendenti dalle materie prime russe (compreso l'uranio!) e non suscettibili di ricatti. E' terribile che la Repubblica Federale continui a finanziare la guerra di Putin con l'acquisto di gas naturale.

Anche il percorso della Commissione UE nell'attuale regolamento sulla tassonomia è deprecabile: si suppone assurdamente che il nucleare e il gas siano sostenibili e degni di promozione.

FERMATE LA GUERRA IN UCRAINA!

CHIUDETE TUTTE LE CENTRALI NUCLEARI E GLI IMPIANTI NUCLEARI!

NEGOZIATI PER IL DISARMO, SPECIALMENTE PER QUANTO RIGUARDA LE ARMI NUCLEARI!

ENERGIA NUCLEARE E GAS FUORI DAL REGOLAMENTO DI TASSONOMIA DELLA UE!

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Il Manifesto del 10 marzo 2022 ci informa che secondo l'AIEA per Chernobyl non vi sarebbero pericoli di rilasci radioattivi. Sale invece la tensione nell’attesa dell’attacco russo all’impianto di Yuzhnoukrainsk, il più grande d'Europa.

L'articolo è a firma di Piergiorgio Pescali.

L’Aiea smentisce l’allarme del governo ucraino per Chernobyl | il manifesto

Nonostante il tanto temuto attacco russo non sia ancora stato sferrato e le notizie di movimenti diplomatici lascino aperti spiragli di speranza, ieri è arrivato l’ordine di mobilitazione generale per i coscritti e i riservisti dai 18 ai 60 anni nella zona di Yuzhnoukrainsk.

Per molti è il segnale atteso da giorni: nelle prossime ore i russi potrebbero sferrare l’attacco per il controllo della centrale nucleare di South Ukraine che, dopo la presa di Zaporizhzhie, è la principale fonte di energia da nucleare ancora sotto controllo ucraino.

La mobilitazione è giunta nelle stesse ore in cui l’Ispettorato ucraino per il controllo delle norme di sicurezza negli impianti nucleari denunciava, con eccessivo allarmismo, un blackout nella linea ad alto voltaggio di Kyivska, la sola rimasta ad alimentare la centrale di Chernobyl dopo che la seconda rete era stata scollegata circa una settimana fa. I generatori diesel di emergenza hanno immediatamente ripristinato tutte le funzioni all’interno del sito, ma, a differenza di quanto denunciato dalle autorità ucraine, non vi è nessun pericolo di rilasci radioattivi, come ha confermato anche l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea).

L’ENERGIA ELETTRICA SERVE solo ad alimentare i sistemi di sorveglianza, computer, luci degli uffici e sistemi ausiliari, ma non è più necessaria per azionare le pompe di raffreddamento dei reattori, visto che questi sono ormai sufficientemente freddi. Anche il corium del reattore numero 4 non viene più raffreddato da anni e non presenta nessun pericolo di ulteriore fusione.

Infine, le barre di combustibile esausto del reattore numero 3, le ultime ad essere ancora nelle piscine di raffreddamento, hanno perso la quasi totalità del loro potere radioattivo e il calore rilasciato è talmente esiguo che l’acqua viene riciclata solo sporadicamente.

LA STESSA AIEA HA AFFERMATO che «il volume delle acque nelle piscine di raffreddamento è già di per sé sufficiente per rimuovere il calore emesso dalle barre di combustibile senza l’ausilio di impianti elettrici». Non vi è nessun pericolo che si sprigioni iodio-131, l’elemento più pericoloso per l’uomo, il cui tempo di dimezzamento di soli otto giorni ha ormai fatto decadere completamente l’isotopo.

I dosimetri che rilevano automaticamente i livelli di radioattività sono stati disattivati immediatamente dopo l’occupazione russa, ma militari, dipendenti ucraini e Guarda nazionale ucraina ancora presente nella centrale continuano a monitorare manualmente la quantità di radioisotopi presenti nel sito e sin qui nessun pericolo è stato segnalato.

Quello che invece preoccupa maggiormente è l’aumento di radioattività dovuto ai continui movimenti delle truppe russe all’interno della Zona di esclusione di Chernobyl. I livelli di radiazioni sono più elevati del solito e si stanno diffondendo anche all’esterno dell’area contaminata, trasportati dal vento e dai mezzi che si spostano senza sosta entro e fuori le aree precluse.

ALTRA FONTE di apprensione sono le condizioni di lavoro stressanti a cui sono sottoposti i 210 lavoratori nella centrale di Cherbobyl: ormai da due settimane operano senza possibilità di uscire dal sito e senza ricevere cambi di turno e questo getta un velo di inquietudine per via delle ripercussioni fisiche e psicologiche che potrebbero compromettere la sicurezza dell’impianto.

Migliore invece la situazione a Zaporizhzhia, in cui due dei sei reattori funzionano a pieno regime e dove i lavoratori hanno potuto essere sostituiti al termine dei loro turni di lavoro. Nei giorni scorsi i militari russi hanno anche permesso alle autorità ucraine di mantenere collegamenti telefonici con gli operatori.

Nessuna preoccupazione anche per il reattore NSI al Centro nazionale di ricerche dell’Istituto di fisica e tecnologica di Kharkiv, il cui sito era stato colpito dai bombardamenti del 6 marzo. Le 37 barre di uranio sono attualmente in stato di shut-down e i livelli di radiazioni sono stabili e sotto i limiti di sicurezza.

LA TENSIONE È ALTA invece nella centrale nucleare di South Ukraine. Qui, dei tre reattori, due sono in funzione alla massima potenza di 980 MW. Ciascuno di essi contiene 317 barre di combustibile riempite con 455 kg di combustibile con uranio arricchito al 3,5%, ma in caso di pericolo vengono portati immediatamente in condizioni di sicurezza. Il rischio, seppur diminuito, però non viene completamente estinto: un reattore, anche quando è in stato di shut-off, continua a rilasciare calore di decadimento e deve essere continuamente raffreddato.

Nei primi due giorni la temperatura crolla a livelli ambientali, ma per essere sicuri che le reazioni di fissione non ricomincino, innalzando il calore di decadimento, si continua a raffreddare il reattore per un’altra settimana.

Questo significa che la centrale deve sempre essere collegata alla rete elettrica per far sì che le pompe insufflino acqua nel reattore. Nel caso di un blackout completo intervengono i generatori di emergenza alimentati a diesel. In più, i reattori ucraini VVER, di fabbricazione russa, hanno sistemi di raffreddamento alternativi che possono intervenire anche in caso i generatori di emergenza siano fuori uso.

Infine, anche se il reattore fondesse, il rilascio di radiazioni verso l’esterno potrebbe essere evitato, o almeno ritardato perché l’intero sistema è inserito in un vessel di acciaio di 19 centimetri di spessore e da un contenitore primario in calcestruzzo in grado di contenere la maggior parte delle radiazioni.

 

 

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