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Non avrai altro Trattato globale sul disarmo nucleare all’infuori del TNP

Bilancio della Decima conferenza di Riesame (per una maturazione strategica del movimento antinucleare internazionale)

Riflessioni di Alfonso Navarra dopo l’incontro online, organizzato dai Disarmisti esigenti, di Martedì, 30 agosto⋅

Ore 18:00 – 20:15 - Su piattaforma Google Meet al seguente link:

meet.google.com/rry-ykxv-bgt

 

Premessa: in sintesi, questi sono i punti dell'introduzione di Alfonso Navarra all'incontro on line del 30 agosto, in parte confluiti nell'articolo sotto riportato. Si comincia anche a tratteggiare un abbozzo di resoconto per il cui completamento si chiede l'aiuto di chi ha partecipato e ha parlato.

Si può parlare di fallimento della Conferenza ONU perché il Decimo Riesame del TNP, in un momento geopolitico drammatico, con la "Guerra Grande" avente epicentro militare in Ucraina a rischio escalation, si è concluso senza documento finale (allo stesso modo del 2015). La bozza del presidente argentino, respinta dalla delegazione russa sul nodo Zaporizjia (avrebbero dovuto restituire la centrale nucleare alla "competente autorità ucraina"), se approvata, avrebbe contenuto sì dei punti innovativi, ma molto deboli, ed in ogni caso subordinati ad una inaccettabile glorificazione del Trattato, visto come perno immodificabile dell'"ordine" (?) nucleare internazionale, via privilegiata e praticamente esclusiva per raggiungere "un mondo senza armi nucleari".

Non c'era, insomma, in quel progetto di documento finale, alcuna apertura alla complementarità del TPAN al TNP, richiesta confermata con forza al primo Riesame del TPAN a Vienna, svoltosi in giugno. Ed il NO First Use - NFU che aveva fatto capolino nel lavoro delle Commissioni, era stato praticamente cassato. Quindi la domanda è: sarebbe valsa la pena approvare una bozza con generici auspici disarmisti, del tutto retorici nel momento in cui si rilancia la corsa agli armamenti nucleari in un contesto di guerra e di minacce sull'impiego dell'arma "atomica", con la con la semplice presa d'atto dell'esistenza del TPAN, ma glorificante oltre ogni misura il ruolo salvifico e progressivo del nucleare civile?

Quello che lo svolgimento della conferenza ha rammentato, e che in un certo senso può essere considerato la scoperta dell'acqua calda da parte ecopacifista, a dimostrazione dell’importanza essenziale di un approccio complesso (la realtà è formata da una pluralità di dimensioni che si intersecano e interagiscono), è che la spinta alla ribellione degli Stati non dotati di armi nucleari - NNWS trova un limite culturale ed un freno operativo nella stessa credibilità accordata, maggioritaria in tale gruppo di Stati, alla promessa originaria del TNP.

Promessa che è riassumibile in questi termini: “Noi potenze nucleari del consiglio di sicurezza siamo legittimate (temporaneamente) a possedere le armi nucleari perché in cambio ci impegniamo al disarmo da perseguire (senza però una scadenza precisa); e appoggiamo gli Stati non nuclearmente armati a sviluppare il nucleare civile, riconosciuto come loro diritto”.

Buona parte degli Stati non nuclearmente armati, governati da élites egemonizzate da culture tecnocratiche, accordano a questa promessa l’attrattiva di un sogno proibito, e farebbero carte false pur di entrare nel club dei 44 Stati con capacità nucleari, proprio con l’aiuto di USA, Russia, Francia, UK e Cina!

Non sembra abbia invece basi realistiche l’idea, caldeggiata dall'attuale dirigenza di ICAN, che il percorso umanitario confluito nel TPAN possa essere proposto e interpretato come il “vero cammino disarmista”, da portare avanti separatamente in modo parallelo e alternativo al TNP.

Il TNP, fallito o meno, secondo ICAN, sarebbe uno zombi, l’unica struttura vitale, a maggior ragione dopo che il TNP non prende decisioni, sarebbe invece il TPAN, che "a Vienna, in tre giorni, avrebbe fatto ciò che il TNP non è riuscito a fare in un mese: dottare un piano credibile per far progredire il disarmo nucleare".

Bisognerebbe imboccare la strada di una "maturazione strategica" da parte del movimento antinucleare mondiale, anche sviluppando qualche germoglio che, sorprendentemente, si è osservato a New York da parte di ICAN: l'appello di Beatrice Fihn a difendere una bozza di documento finale pro NFU. Raccolto prontamente dai Disarmisti esigenti quando hanno indirizzato in questo senso una lettera, firmata da Antonia Sani e Alex Zanotelli (oltre che da Alfonso Navarra), indirizzata alla delegazione italiana presso le Nazioni Unite (e pc al Ministro Luigi Di Maio, già firmatario dell'ICAN Pledge).

Con 86 Stati firmatari e 66 Stati parti ratificanti, il TPNW ha tutto sommato un notevole supporto numerico ma sconta la ovvia non adesione delle potenze nucleari, nonché di tutti gli alleati della NATO e degli alleati degli Stati Uniti in Asia. Alla conferenza di Vienna, sottolinea Luigi Mosca, il nostro scienziato habitué degli incontri internazionali, si è avviato un interessante dialogo tra gli Stati non nucleari e gli Stati della condivisione nucleare NATO (Germania, Olanda, Belgio, non l’Italia), presenti in qualità di “osservatori”.
Possiamo però affermare, alla luce del non risultato di New York, che non c’è stata risposta da parte di tutte le potenze nucleari alle preoccupazioni, ribadite dall’incontro di Vienna di riesame del TPNW, per le conseguenze umanitarie dell'uso di armi nucleari e la mancanza di progressi sul disarmo nucleare, che avrebbero dovuto portare al riconoscimento di un ruolo del TPNW nel senso della sua complementarità con il TNP.
Le potenze nucleari hanno tutte, seppure con declinazioni e accenti diversi, in particolare da parte della Cina, più aperturista e mediatoria, criticato il TPNW per aver ignorato le realtà dell'ambiente di sicurezza internazionale ed evitato, dal loro punto di vista, le sfide pratiche associate al disarmo troppo rapido, comprendenti le annose questioni di verifica sullo smantellamento delle testate. Il dibattito su se e come fare riferimento all'entrata in vigore del TPNW in un documento finale al RevCon ha risentito dell’ostruzionismo manifestato dalle potenze nucleari e – dobbiamo anche dirlo – forse dell’incapacità dei NNWS di lavorare, appunto, con intelligenza strategica sulle loro divisioni.
Luigi Mosca, partendo dalla necessità che alla "cultura del nemico" si sostituisca, a livello internazionale, la "cultura della cooperazione", insiste su due realtà sulle quali si dovrebbe fare leva.
La Cina andrebbe seguita con particolare attenzione perché - a differenza di USA, Regno Unito, Francia e Russia - ha ribadito il suo impegno a non utilizzare le sue armi nucleari per prima, il «No First Use» .
Altro elemento di rottura del blocco nuclearista su cui poter lavorare è la Germania, uno dei dei maggiori membri della NATO: per voce del suo Ministro degli Affari Esteri, Annalena Baerbock, ha lanciato un appello agli Stati dotati di armi nucleari perché adottino misure di disarmo "credibili".
Francesco Lo Cascio concorda, con Navarra e Mosca, sulla necessità di collegare la campagna di ICAN con la campagna NFU, ricordando che oltre alla rete coordinata da Beatrice Fihn esistono i Parlamentari per il disarmo nucleare e i Mayors for Peace con i quali Disarmisti esigenti & partners possono cercare collaborazione.
Che cosa è, allora, questa "maturazione strategica" che sollecitiamo per ICAN? Potremmo individuarla nel coniugare, nello spirito di non demordere e continuare a lavorare dal basso contro il rischio nucleare (che va presentato e contrastato nel suo intreccio con il rischio climatico ed ecologico), il proibizionismo antinucleare con una “riduzione del danno” che guadagni del tempo prezioso per evitare letteralmente la “fine del mondo” della guerra nucleare per errore.
Aumentare gli Stati ratificanti il TPNW va bene, non bisogna smettere di darsi da fare perché da 66 diventino 67, e da 67 68, eccetera; ma la proibizione giuridica, valida per alcuni, onde possa diventare eliminazione degli ordigni per tutti, ha bisogno, da parte di ICAN, di una strategia più complessiva e complessa, che rompa il fronte nuclearista non su questioni di potenza (siamo schierati dalla parte della Terra, e per questo non è la nostra priorità la condanna pubblica in ogni occasione, ad esempio a New York, della Russia in Ucraina), ad esempio facendo leva sulla diversità cinese, e faccia emergere un minimo comune denominatore che porti a risultati concreti nel senso di indebolire e possibilmente togliere i presupposti tecnico-fattuali di una guerra nucleare per incidente o per errore. L’articolo VI va implementato attraverso il passo del No First Use - NFU che deve condurre ad accordi sulla “deallertizzazione dei missili" con la separazione fisica delle testate dai vettori. E da parte degli Stati non nucleari, visto che si è manifestata questa volontà di ribellione ad un ordine giuridico ormai non più condiviso, va finalmente preso in considerazione, nella cassetta degli attrezzi diplomatici cui fare ricorso, l’analogo dello sciopero quando si aprono le vertenze sindacali: la sospensione dell’adesione al TNP.

Alfonso Navarra ricorda la scedenza del 26 settembre, giornata ONU contro le armi nucleari; e Antonia Sani

Nell'incontro, da parte di molti interventi, si è ovviamente ricordato che in Italia si sta svolgendo una campagna elettorale che per molto tempo ha messo la guerra in sordina. Ora pare che si stia riesumando, in modo distorto, il problema attraverso la crisi energetica prodotta dalle sanzioni alla Russia che sta tracimando in inflazione e recessione.

Si lamenta l'indifferenza popolare, per non dire peggio, alle iniziative "pacifiste" (Ugo Giannangeli, Teresa Lapis, una sindacalista della CGIL). E' possibile, risponde Navarra, che la sinistra radicale italiana sia "bruciata", rispetto al popolo, per errori che i suoi dirigenti hanno commesso e che hanno creato un clima di insofferenza e di rigetto pregiudiziali. Anche la rivoluzione delegata al M5S avrebbe deluso, quindi, in un contesto di grande crescita dell'astensione, il pendolo oscillerebbe oggi verso il centro destra trainato da Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni.

I sondaggi dei "media con l'elmetto" ci danno questo quadro. Subito dopo l'invasione russa dell'Ucraina il popolo italiano nella sua grande maggioranza ha avuto paura di essere trascinato in guerra, e la sua preoccupazione la esprimeva con le opinioni contro l'invio di aiuti militari a Kerensky, contro le sanzioni energetiche e contro il rischio nucleare (i due referendum del 1987 e del 2011 pesano ancora, anche se i filonucleari stanno crescendo, non contrastati dalle ambiguità sull'atomo di Greta Thunberg  e del suo movimento dei Fridays for Future). Poi si è convinto che la guerra in Ucraina si era impantanata e quindi ha cambiato oggetto delle sue ansie in modo più fisiologico.

Adesso si sta capendo che la guerra economica contro Putin non si tradurrà solo in qualche grado in meno nei caloriferi e qualche piazza meno illuminata: si ha paura che arrivino vere e proprie mazzate al portafogli e ai posti di lavoro. Non si vuole che la guerra continui, si spera che qualcuno aiuti il Papa a darsi da pare per un compromesso di pace, si è comunque stanchi di "tutte le bombe minuto per minuto" da Kiev.

I Disarmisti esigenti rilevano come nessuno stia raccogliendo e rappresentando con chiarezza e forza il desiderio popolare maggioritario inclinato al pacifismo: chiamamolo pure di quieto vivere, che non va comunque disprezzato. Quello che proponiamo è che ci si cominci a muovere in questo senso dentro e oltre la campagna elettorale in corso.

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TESTO COMPLETO DELL'ARTICOLO

Ad avviso del sottoscritto, Alfonso Navarra, portavoce dei Disarmisti esigenti, la Decima Revisione del TNP è stata un fallimento quasi annunciato.

Dopo 4 settimane di discussione, dal 1° agosto 2022, il 26 agosto del 2022, alle ore 23:30 del fuso orario di New York, l’incontro al Palazzo di Vetro si è concluso senza documento finale, come nella REvCon del 2015. Il Riesame del Trattato di Non Proliferazione-TNP (NPT in sigla inglese) si tiene ogni cinque anni dal 1970, data in cui il Trattato è entrato in vigore. Stavolta l’esito negativo dell’incontro è stato caratterizzato non dalla questione mediorientale (rifiuto di Israele di aderire alla zona denuclearizzata), al centro delle RevCon del 2015 e della Conferenza preparatoria del 2019, ma da due fattori nuovi.

Il primo è quello all’origine del blocco ufficiale da parte della Russia del progetto di 35 pagine preparato dalla presidenza argentina dell’ambasciatore  Gustavo Zlauvinen, cioè la guerra in Ucraina e la tendenza degli Stati occidentali a mettere Putin sul banco degli imputati per l’aggressione a uno Stato sovrano; ma più precisamente il consenso russo è mancato sulla centrale nucleare di Zaporizja, occupata militarmente dalle truppe di Mosca e contesa ora a suon di bombe dall’esercito russo e dall’esercito ucraino.

Il secondo, su cui ci soffermeremo maggiormente, è lo scontro tra potenze nucleari (NWS) e Stati non nucleari (NNWS), questi ultimi per lo più aggregati nel “percorso umanitario”, sorretto dalla società civile internazionale organizzata nella rete ICAN (Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari).

Si parla a ragion veduta di “fallimento” a fronte della corsa agli armamenti nucleari che sta ripartendo (oltre 80 miliardi investiti nel solo 2021!) e delle minacce di uso dei missili “atomici” che si stanno di nuovo aggravando anche grazie alla "Guerra Grande" che è scoppiata tra Russia e NATO sul territorio ucraino. La "modernizzazione" degli ordigni nucleari in corso da due decenni ha sempre più affidato il controllo di queste armi a sistemi automatici con la erronea convinzione che la tecnologia possa evitare gli errori umani. Il rischio di guerra nucleare per errore va quindi ben al di là degli eventuali impegni formali a non usarle e per questo motivo occorre creare condizioni materiali concrete onde scongiurarlo.

L'impegno al No First Use - NFU dovrebbe, a questo scopo, tradursi nella "deallertizzazione delle testate" separandole dai vettori sotto controllo AIEA.  Da 52 anni le Conferenze di Revisione sono, in un certo senso, fallite per il rifiuto delle potenze nucleari di ottemperare agli obblighi dell'articolo VI del TNP a indire "trattative in buona fede" per il disarmo completo: l'unica prospettiva che può risolvere il problema della sicurezza umana e del Pianeta. Un passo minimo in questo senso potrebbe essere proprio il No First Use, ma le potenze nucleari, con la sola eccezione della Cina, da questo orecchio sembrano non volerci proprio sentire. Ecco da dove nasce la ribellione del "percorso umanitario", il Trattato che proibisce anche il solo possesso delle armi nucleari, che - adottato nel 2017 e valido per i 66 attuali Stati ratificanti - a Vienna in giugno ha tenuto a battesimo il suo primo Riesame, e che a New York si è fatto sentire con forza: 145 Stati hanno firmato e presentato una Dichiarazione promossa dal Costarica volendo sottolineare che TNP e TPNW sono "complementari". Anche gli aderenti al TPNW hanno rilasciato una loro dichiarazione nella sessione conclusiva.

Tuttavia, a dimostrazione dell’importanza essenziale di un approccio complesso (la realtà è formata da una pluralità di dimensioni che si intersecano e interagiscono), la spinta alla ribellione dei NNWS trova un limite culturale ed un freno operativo nella stessa credibilità accordata, maggioritaria in tale gruppo di Stati, alla promessa originaria del TNP: “Noi potenze nucleari del consiglio di sicurezza siamo legittimate (temporaneamente) a possedere le armi nucleari perché in cambio ci impegniamo al disarmo da perseguire (senza però una scadenza precisa); e appoggiamo gli Stati non nuclearmente armati a sviluppare il nucleare civile, riconosciuto come loro diritto”.

Buona parte degli Stati non nuclearmente armati, governati da élites egemonizzate da culture tecnocratiche, accordano a questa promessa l’attrattiva di un sogno proibito, e farebbero carte false pur di entrare nel club dei 44 Stati con capacità nucleari, proprio con l’aiuto di USA, Russia, Francia, UK e Cina!

Se si guarda alla bozza predisposta dal presidente argentino (anche sulla base dei documenti delle commissioni), appare lampante la predominanza accordata al tema del nucleare civile che occupa i tre quarti dello spazio del testo, sia nel preambolo che come intitolazione di capitoli e numero di paragrafi.

(Si vada al link:

https://reachingcriticalwill.org/images/documents/Disarmament-fora/npt/revcon2022/documents/CRP1_Rev2.pdf)

La Conferenza di New York, se avesse adottato la bozza del presidente argentino, avrebbe sottoscritto proposizioni del tutto indigeste per ecopacifisti minimamente coerenti.

Intanto avrebbe ribadito la imprescindibilità necessaria dell’ordine giuridico incentrato sul TNP, mentre del TPAN (sigla in italiano del TPNW) ci si limita a prendere atto che esiste. Il preambolo è una professione di fede sul TNP come “pietra angolare del regime di non proliferazione nucleare mondiale, fondamento per il perseguimento del disarmo nucleare e un elemento importante per favorire i benefici degli usi pacifici dell'energia nucleare “(paragrafo 1).

Il TPAN è invece citato, in questi termini, solo nel paragrafo 130:

La Conferenza riconosce che il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari è stato adottato il 7 luglio 2017. È stato aperto alla firma del Segretario -Generale delle Nazioni Unite il 20 settembre 2017. La Conferenza inoltre riconosce che il trattato è entrato in vigore il 22 gennaio 2021 e ha tenuto la sua prima Riunione degli Stati Parte il 21-23 giugno 2022, che si è conclusa con l'adozione deluna dichiarazione e un piano d'azione. “Basta (e avanza) così.

Invece la professione di fede nel TNP è una tiritera declinata in tutte le formulazioni possibili.

Si vedano i seguenti paragrafi iniziali:

  1. (già in sostanza riportato)
  2. La Conferenza ribadisce che la piena ed effettiva attuazione del trattato e del regime di non proliferazione nucleare in tutti i suoi aspetti svolgono un ruolo fondamentale nel promuovere la pace e la sicurezza internazionale prevenendo la diffusione delle armi nucleari e di altri ordigni nucleari esplosivi senza ostacolarne gli usi pacifici dell’energia nucleare da parte degli Stati parti del Trattato
  3. La Conferenza resta convinta che l'adesione universale al Trattato e il pieno rispetto da parte di tutte le parti di tutte le sue disposizioni siano il modo migliore per raggiungere gli obiettivi condivisi dell'eliminazione totale delle armi nucleari e della prevenzione, e comunque della ulteriore proliferazione delle armi nucleari. La Conferenza invita tutti gli Stati parti a compiere tutti gli sforzi per promuovere l'adesione universale al Trattato, a rispettare pienamente il Trattato e a non intraprendere alcuna azione che possa incidere negativamente sulle prospettive della sua universalità ed effettiva attuazione.
  4. La Conferenza ribadisce che è essenziale che il Trattato sia attuato in tutti i suoi aspetti al fine di prevenire la proliferazione di armi nucleari e di altri ordigni esplosivi nucleari senza ostacolare gli usi pacifici dell'energia nucleare da parte degli Stati parti. La Conferenza riconosce che la piena ed effettiva attuazione del Trattato è una responsabilità comune di tutti gli Stati parti del Trattato e rimane convinta che l'adesione universale al Trattato e il pieno rispetto di tutte le parti con tutte le sue disposizioni sono il modo migliore per prevenire la diffusione di armi nucleari e di altri ordigni esplosivi nucleari e per realizzare un mondo senza armi nucleari.

Si va avanti su questo tono che potremmo riassumere in: “Io sono il TNP Dio tuo, non esiste alcun Trattato disarmista in materia nucleare al di sopra e (di fatto) al di fuori di me”.

Dopo che si sono firmati questi passi (e gli altri analoghi che seguono) è difficile che la “complementarità TNP-TPAN” caldeggiata a Vienna possa avere molto spazio. Figuriamoci poi l’idea che il percorso umanitario confluito nel TPAN possa essere proposto e interpretato come il “vero cammino disarmista”, da portare avanti separatamente in modo parallelo e alternativo.

Questa è l’idea che sta nella testa della dirigenza della Rete ICAN. Il TNP, fallito o meno, è uno zombi, l’unica struttura vitale, a maggior ragione dopo che il TNP non prende decisioni, è il TPAN.

Il comunicato della Rete Italiana Pace e Disarmo, datato 27 agosto 2022, ma pubblicato più tardi sul sito, riflette questo tipo di atteggiamento, ricalcato sulle prese di posizione internazionali:

Sebbene la Conferenza di revisione del TNP sia fallita, quest’anno a giugno c’è stato un vero successo sulla strada del disarmo nucleare. Durante la prima riunione dei propri Stati parti, i membri del Trattato di proibizione delle armi nucleari TPNW si sono impegnati a rispettare il Piano d’azione di Vienna, a compiere 50 passi concreti per far progredire il disarmo, ad aiutare le vittime dell’uso e dei test nucleari, a impegnarsi per l’inclusione e a compiere passi progressivi in materia di genere e disarmo.

Di fronte a una situazione globale pericolosa e inaccettabile, gli Stati firmatari del Trattato TPNW hanno fatto in tre giorni ciò che la Conferenza del Trattato di non proliferazione nucleare non è riuscita a fare in un mese: adottare un piano credibile per far progredire il disarmo nucleare, aiutare le vittime dell’uso e dei test nucleari e condannare qualsiasi minaccia di usare armi nucleari.

Il Trattato NPT è in crisi, ma il TPNW sta già iniziando a svolgere il suo ruolo di attuazione degli obblighi di disarmo nucleare che sono presenti nell’articolo VI del Trattato di non proliferazione nucleare. Anche tutti gli altri Stati parti del TNP che non sono riusciti a fare progressi durante la Conferenza di riesame dovrebbero unirsi a questo percorso".

(Si vada su: https://retepacedisarmo.org/2022/il-fallimento-della-conferenza-di-revisione-del-trattato-npt)

In questa Conferenza si è persa l’occasione per affermare dei punti importanti con la bozza argentina, se fosse passata? Crediamo non sia utile sopravvalutare l’inserimento compromissorio in un testo di pezzi dissonanti con la sua ispirazione principale. L’attività lobbistica di un certo tipo di ONG specialistiche può avere il suo senso e il suo peso, ma bisogna sempre essere consapevoli che i problemi li risolvono le moltitudini in lotta, non i balletti diplomatici con le loro ricadute mediatiche (del resto scarsissime in materia di disarmo nucleare).

Ad un certo punto dei lavori le commissioni hanno aperto al No First Use e anche qui dall’Italia abbiamo colto la palla al balzo di un appello di Beatrice Fihn, la direttrice esecutiva di ICAN, e abbiamo scritto a Di Maio già firmatario dell’ICAN Pledge, e alla rappresentanza italiana all’ONU, con a capo Maurizio Massari.

La lettera è stata firmata da Antonia Sani, Alex  Zanotelli e il sottoscritto; ed  è stata pubblicata su il Manifesto, rinvenibile al seguente link:

https://ilmanifesto.it/lettere/al-tnp-un-passo-per-escludere-il-primo-uso-nucleare-dalla-deterrenza

Quindi la bozza finale argentina è stata una bozza annacquata; quello che bisogna chiedersi è se, ammesso fosse rimasta nella sua versione più forte, sarebbe in questo caso valsa la pena sottoscrivere l’atto di fede verso il TNP e le sviolinate sul ruolo progressivo e inclusivo del nucleare civile, che costituivano la sua cifra politica, in cambio di affermazioni come le seguenti:

  1. La Conferenza ribadisce la sua profonda preoccupazione per le catastrofiche conseguenze umanitarie delle armi nucleari, comprese quelle derivanti da qualsiasi esplosione nucleare non intenzionale o accidentale. La Conferenza ribadisce la necessità che tutti gli Stati si conformino in ogni momento al diritto internazionale applicabile, compreso il diritto internazionale umanitario.
  1. La Conferenza accoglie favorevolmente la presentazione, durante gli ultimi due cicli di revisione, di risultati e prove sull'impatto umanitario delle armi nucleari in base ai fatti discussi, anche in occasione di conferenze internazionali.
  2. La Conferenza richiama il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia su la legalità della minaccia o dell'uso di armi nucleari emessa all'Aia l'8 luglio 1996. La Conferenza prende atto della sua conclusione: esiste un obbligo di perseguire buona fede e portare a conclusione i negoziati che portano al disarmo nucleare in tutti i suoi aspetti sotto stretto ed efficace controllo internazionale.,
  3. La Conferenza prende atto dell'adozione da parte dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite della risoluzione A/RES/75/45 sul seguito dato alla riunione di alto livello del 2013 dell'Assemblea generale sul disarmo nucleare, che tra l'altro ha dichiarato il 26 settembre come la Giornata internazionale per l'eliminazione totale delle armi nucleari. La conferenza accoglie con favore la convocazione delle riunioni annuali dell'Assemblea Generale a commemorare la Giornata Internazionale.

Il problema della maturazione strategica di fronte al movimento è un altro e prende le mosse da quanto è successo al primo riesame del TPNW, a Vienna, in giugno.

Con 86 Stati firmatari e 66 Stati parti ratificanti, il TPNW ha tutto sommato un notevole supporto numerico ma sconta la ovvia non adesione delle potenze nucleari, nonché di tutti gli alleati della NATO e degli alleati degli Stati Uniti in Asia. Alla conferenza di Vienna si è avviato un interessante dialogo tra gli Stati non nucleari e gli Stati della condivisione nucleare NATO (Germania, Olanda, Belgio, non l’Italia), presenti in qualità di “osservatori”.

Possiamo però affermare, alla luce del non risultato di New York, che non c’è stata risposta da parte di tutte le potenze nucleari alle preoccupazioni, ribadite dall’incontro di Vienna di riesame del TPNW, per le conseguenze umanitarie dell'uso di armi nucleari e la mancanza di progressi sul disarmo nucleare, che avrebbero dovuto portare al riconoscimento di un ruolo del TPNW nel senso della sua complementarità con il TNP.

Ma lo scontro tra Stati nucleari e Stati non nucleari stavolta è stato più duro del solito. Si è arrivati su questo punto, durante i lavori al Palazzo di Vetro, a un atto politico di importanza non trascurabile: la dichiarazione di 145 Stati (Italia come sempre assente), promossa dal Costarica, che partendo dall’impatto umanitario della deterrenza, considerato appunto inaccettabile, è arrivata a sollevare la questione del Non Primo Uso – NFU: "È nell'interesse della sopravvivenza stessa dell'umanità che le armi nucleari non vengano mai più utilizzate, in nessuna circostanza". (Il documento è reperibile al link: https://reachingcriticalwill.org/images/documents/Disarmament-fora/npt/revcon2022/statements/22Aug_HINW.pdf).

Anche gli Stati parti e i firmatari del TPNW hanno rilasciato una dichiarazione congiunta durante il dibattito finale venerdì 26 agosto. Hanno ribadito il loro sostegno al TNP e alla sua piena attuazione, ma hanno anche espresso sgomento per il fatto che i rischi dell'uso di armi nucleari sono stati usati in questa Conferenza come motivo per lavorare "contro i progressi urgentemente necessari sul disarmo nucleare e per sostenere un approccio alla sicurezza basato sulla fallacia della deterrenza nucleare".

(Si vada al link: https://reachingcriticalwill.org/images/documents/Disarmament-fora/npt/revcon2022/statements/26Aug_TPNW.pdf)

Le potenze nucleari hanno tutte, seppure con declinazioni e accenti diversi, in particolare da parte della Cina, più aperturista e mediatoria, criticato il TPNW per aver ignorato le realtà dell'ambiente di sicurezza internazionale ed evitato, dal loro punto di vista, le sfide pratiche associate al disarmo troppo rapido, comprendenti le annose questioni di verifica sullo smantellamento delle testate. Il dibattito su se e come fare riferimento all'entrata in vigore del TPNW in un documento finale al RevCon ha risentito dell’ostruzionismo manifestato dalle potenze nucleari e – dobbiamo anche dirlo – forse dell’incapacità dei NNWS di lavorare con intelligenza sulle loro divisioni.

La Cina va seguita con particolare attenzione perché - a differenza di USA, Regno Unito, Francia e Russia - ha ribadito il suo impegno a non utilizzare le sue armi nucleari per prima, il «No First Use» .

Altro elemento di rottura del blocco nuclearista su cui poter lavorare è la Germania, uno dei dei maggiori membri della NATO: per voce del suo Ministro degli Affari Esteri, Annalena Baerbock, ha lanciato un appello agli Stati dotati di armi nucleari perché adottino misure di disarmo "credibili".

ICAN, la rete globale della società civile di circa 600 organizzazioni, insignita nel 2017 del premio Nobel per la pace, che annovera come membri in Italia, tra gli altri, i Disarmisti esigenti (e la WILPF; e Mondo senza guerre e senza violenza, eccetera), non ha affatto incoraggiato e spronato gli Stati nucleari in questa direzione. Nella visione del gruppo dirigente attuale, sembra si coltivi una sorta di autosufficienza del percorso umanitario, cui basterebbe un incremento lineare per ottenere il suo scopo disarmista finale. Attualmente siamo a 66 Stati ratificanti, non resterebbe che lavorare perché diventino 67, poi 68, poi 69, e così via, fino a raggiungere, in questa visione, la totalità degli attori statali, i 193 membri dell’ONU.

Vi è stato però un momento nella conferenza in cui Beatrice Fihn, la direttrice esecutiva di ICAN, ha lanciato una sollecitazione ai membri ICAN perché premessero sui rispettivi governi: si trattava di sostenere le affermazioni di due commissioni preparatorie a favore del No First Use.

Cosa fare adesso adesso di fronte al fallimento sostanziale della Conferenza? Noi, tra i membri italiani di ICAN, riteniamo che in ICAN internazionale sia necessaria una maturazione strategica della quale, nonostante tutto, degli elementi sono stati comunque anticipati a New York. Si impongono all’organizzazione delle domande di fronte ai bivi che si sono aperti per l’iniziativa politica.

Dobbiamo imboccare questa strada del percorso umanitario come autosufficiente e parallelo in nome di una ribellione oltretutto portata avanti solo a metà nella misura in cui in partenza si rinuncia agli strumenti di pressione più efficaci?

Oppure, nello spirito di non demordere e continuare a lavorare dal basso contro il rischio nucleare (che va presentato e contrastato nel suo intreccio con il rischio climatico ed ecologico), il proibizionismo antinucleare va coniugato con una “riduzione del danno” che guadagni del tempo prezioso per evitare letteralmente la “fine del mondo”?

Aumentare gli Stati ratificanti il TPNW va bene, ma la proibizione giuridica valida per alcuni onde possa diventare eliminazione degli ordigni per tutti ha bisogno, da parte di ICAN, di una strategia più complessiva e complessa, che rompa il fronte nuclearista non su questioni di potenza, ad esempio facendo leva sulla diversità cinese, e faccia emergere un minimo comune denominatore che porti a risultati concreti nel senso di indebolire e possibilmente togliere i presupposti tecnico-fattuali di una guerra nucleare per incidente o per errore. L’articolo VI va implementato attraverso il passo del No First Use - NFU che deve condurre ad accordi sulla “deallertizzazione dei missili" con la separazione fisica delle testate dai vettori.

E da parte degli Stati non nucleari, visto che si è manifestata questa volontà di ribellione ad un ordine giuridico ormai non più condiviso, va finalmente preso in considerazione, nella cassetta degli attrezzi diplomatici cui fare ricorso, l’analogo dello sciopero quando si aprono le vertenze sindacali: la sospensione dell’adesione al TNP.

Ecco l’idea che circola tra gli Stati non nucleari più combattivi e la questione che, come antinucleari italiani, poniamo sul tappeto della riflessione collettiva del movimento. In virtù dei solenni impegni presi a New York possiamo chiederci e chiedere cosa aspettano i 145 Stati che hanno sottoscritto la dichiarazione del Costarica (o almeno i 66 della Dichiarazione di Vienna) a fare un discorso chiaro alle potenze nucleari?

“Cari P5,mettetevi d’accordo subito sul No first use. E questo deve significare la deallertizzazione immediata delle testate. Creare in questo e in qualche modo le condizioni tecniche per evitare almeno la guerra nucleare per errore significa anche che tutti i vostri piani di ammodernamento vanno bloccati. Non si deve spendere un solo centesimo per nuove armi nucleari e per l’inserimento della deterrenza in ambienti di intelligenza artificiale. O adottate subito queste decisioni e siete ad esse conseguenti oppure prendiamo atto che il monopolio legale delle armi nucleari che vi siete garantiti con il TNP è solo un grosso imbroglio. E noi non continueremo a tenere il sacco a questa violazione del diritto internazionale. O cominciate a porre rimedio o facciamo saltare il banco che si disvela gestito da bari. Per l’intanto vi annunciamo che sospendiamo la nostra adesione al TNP, nell’attesa che vi diate una smossa. Nel vostro stesso interesse, perché le prime vittime di una guerra nucleare sareste proprio voi”.

 

 

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