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Il materiale qui proposto è

  1. appello "Salviamo la terra, blocchiamo la guerra", sia nella versione più sintetica, sia nella versione di documento più analitico ed esteso
  2. dal sito istituzionale del Consiglio della Unione Europea: "Spiegazione delle sanzioni UE contro la Russia"
  3. i partiti in campagna elettorale: le posizioni sulle sanzioni (articolo su "Pagella politica"
  4. De Magistris di Unione Popolare per la "revisione delle sanzioni"
  5. Melenchon a Roma contro le sanzioni (ed in appoggio a UNIONE POPOLARE)
  6. Ferrero di Rifondazione Comunista contro le sanzioni alla Russia in adesione a "NON PAGHIAMO!"
  7. Analisi difesa riflette sul sabotaggio di Nord Stream 1 e Nord Stream 2: gli USA i maggiori indiziati secondo il criterio del cui prodest. Il bersaglio comunque è l'Europa

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https://www.petizioni.com/nonsiamoinguerra-nosanzioni (link per aderire on line)

INIZIATIVA 

SALVIAMO LA TERRA – BLOCCHIAMO LA GUERRA

Revochiamo le sanzioni energetiche contro la Russia che ci separano dalla pace. Indirizziamoci invece verso la soluzione negoziata e cooperativa del conflitto!

DA PARTE DI ALFONSO NAVARRA - PORTAVOCE DEI DISARMISTI ESIGENTI

MILANO 11 SETTEMBRE 2022

Si propone di inviare il seguente appello, redatto in bozza dal sottoscritto, con una versione più lunga e una versione sintetica, su cui raccogliere adesioni online, ai capi di partito delle liste impegnate nella campagna per il voto del 25 settembre, diciamo una settimana prima, max il 20 settembre.

Se convochiamo, in altre città come a Milano, manifestazioni il 26 settembre, giornata ONU contro le armi nucleari, con l’invito alla partecipazione di politici sensibilizzati, potrà essere letto in esse nel contesto della reiterazione della richiesta della ratifica del TPAN da parte dell’Italia.

Il tema delle sanzioni non va trascurato perché la stessa stampa mainstream avverte che si sta preparando una esplosione sociale, come a Praga (70mila persone sono scese in piazza il 3 settembre), nel momento in cui arriveranno le prossime bollette e comunque saranno chiari gli effetti di rovina economica (inflazione e recessione) delle sanzioni, cioè della guerra globale economica che si è deciso di affiancare al conflitto militare in Ucraina.

C’è bisogno di un riferimento ecopacifista (per così dire rosso-verde e di sostanza, non puramente retorico) per la gente impoverita e spaventata, perché nel contesto politico che viviamo è facile che le mobilitazioni tipo forconi/gilet gialli che si prospettano siano alla fine strumentalizzate dalla destra estrema, in un clima politico che la favorisce.

Il problema è: grazie al nostro disinteresse dobbiamo permettere che l’opposizione popolare alla guerra, non rappresentata coerentemente da alcuno (proprio il mancato riferimento alle sanzioni ce lo dimostra), che dovrebbe naturalmente avere connotazioni e sbocchi democratici e progressivi, finisca invece nelle mani delle destre e vada ad alimentare nuove guerre di civiltà (contro l’Islam e contro la Cina), secondo lo spirito non domo ma crescente del trumpismo mondiale?

E' logico e facile prevedere che si cercherà un capro espiatorio per il collasso sociale che le élites ci stanno predisponendo. La bilancia dell’opinione pubblica può pendere individuando Putin e i nemici dell’Occidente oppure, al contrario, come è giusto, la guerra e la logica della potenza, da superare. Quell’oppure dipende anche da come, noi "avanguardie sociali", sapremo organizzarci, lavorare, mobilitarci, a partire da subito…

Un interlocutore importante possono essere le organizzazioni sindacali che hanno dato vita, l'8 maggio 2022, allo sciopero generale contro la guerra e contro l'economia di guerra. Sono scese in piazza in varie città italiane (Roma, Milano...) contro l’invio di armi e l’escalation militare, contro i tagli alla spesa pubblica e alle condizioni salariali, per la garanzia di un reddito dignitoso per tutte e tutti. Mancava però un obiettivo esplicito per la revoca delle sanzioni energetiche. Il prossimo sciopero generale potrà rimediare!

Ma bisogna proporre un approccio radicale e risolutivo, non solo richiami a forme di lotta (sciopero generale, autoriduzione delle bollette), che oltretutto presi a sé possono suonare demagogici. La soluzione vera rispetto al caro bollette non sta, come già propongono i vertici UE, nel tassare gli extraprofitti - oltre ad altre misure derivate e secondarie - ma nel revocare le sanzioni, determinanti nel panorama odierno. Non dimenticando di promuovere nella pratica, nelle iniziative territoriali di autodifesa collettiva, la diffusione dell’ALTERNATIVA RINNOVABILE!

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VERSIONE SINTETICA DELL’APPELLO

SALVIAMO LA TERRA  - BLOCCHIAMO LA GUERRA

Revochiamo le sanzioni energetiche contro la Russia che ci separano dalla pace.

Indirizziamoci verso la soluzione negoziata e cooperativa del conflitto!

Abbiamo elaborato il presente appello a favore della abrogazione unilaterale delle sanzioni alla Russia, interpretando la precisa volontà in questo senso della maggioranza del popolo italiano: 53%, secondo gli ultimi sondaggi. Si tratta di una opinione pacifista inascoltata e disattesa nelle decisioni politiche, governative e parlamentari, seppure, per l'appunto, maggioritaria. Allo stesso modo non sono esauditi a livello di politiche istituzionali, che si pretendono democratiche, i temi collegati, sui quali gli italiani hanno una opinione maggioritaria riconosciuta o addirittura indiscutibile, del non inviare armi all'Ucraina, della riduzione delle spese militari, del disarmo "atomico" e della denuclearizzazione attraverso la ratifica del Trattato di proibizione delle armi nucleari, il rifiuto di nuovi euromissili, il rispetto dei referendum dei 2011 sui beni comuni (acqua pubblica e no all'energia nucleare).

Lo lanciamo – l’appello – per l’intanto a livello nazionale rivolgendoci a associazioni, movimenti e singoli cittadini al fine di esercitare pressioni sulle forze politiche, dentro e oltre la campagna elettorale in corso in Italia, affinché desistano dal proseguire sulla strada pericolosa di affiancare una guerra economica ad una guerra militare per procura. Una strada che le nostre élites hanno imboccato con riflessi automatici di fedeltà atlantista distruttivi ed autodistruttivi. Cercando di illudere che la "pace attraverso la vittoria (militare)" sia qualcosa di diverso da un impegno bellico di lunga durata, al di là delle avanzate e ritirate momentanee di questo o quel contendente sul teatro dei combattimenti. Non ci soffermiamo sulla strumentalità e sull'ipocrisia di fondo di un atteggiamento che, se si rispettasse un minimo di coerenza, avrebbe dovuto indirizzarsi contro comportamenti del tutto analoghi da parte di autocrati come Erdogan per le sue ingerenze militari in Siria e le sue provocazioni nel Mediterraneo Orientale. O addirittura, da parte della NATO, contro sé stessa, per i bombardamenti nell'ex Jugoslavia e le vicende che hanno portato alla separazione del Kosovo dalla Serbia.

La distruzione bellica in Ucraina, ben al di là delle macerie e delle vittime prodotte localmente, è soprattutto attacco all'ecosistema terrestre globale: una bomba che cade può colpire dei bimbi che vanno a scuola, ma oramai, in senso tecnico proprio, con la CO2 emessa, soprattutto quando fa saltare in aria - e succede quotidianamente! - raffinerie, depositi di carburante, impianti chimici (per non parlare di centrali nucleari!), senza ombra di dubbio ferisce direttamente tutti noi, che dobbiamo considerarci e siamo parte della Madre Terra come unico sistema vivente.

La guerra, che oggi è sempre guerra contro la Natura, il corpo vivente di tutti noi, è il nostro principale e impellente "nemico"; ed è per toglierle l'ossigeno che la alimenta e la fa sviluppare che, con i nostri mezzi di società civile internazionale organizzata, ci stiamo impegnando per sostenere obiezioni e diserzioni, soprattutto dalla parte dell'esercito russo "aggressore", ma anche di quello ucraino "aggredito". (Mettiamo le virgolette perchè in senso profondo chi aggredisce è la GUERRA e i veri aggrediti siamo tutti noi: l'umanità intera e la Terra cui apparteniamo). Perchè dopo Gandhi non possiamo più permetterci di ignorare che la resistenza nonviolenta funziona ed è necessariamente preferibile: al di là dei meriti etici, non danneggia materialmente innocenti ed estranei al conflitto particolare e localizzato in corso.

La necessità, in questo scenario, di una mobilitazione ampia per opporsi alle sanzioni e alla rovina cui, con ogni evidenza, conducono va riconosciuta in nome innanzitutto della pace, che esige la cessazione di ogni aiuto militare all’Ucraina, al di là di ogni considerazione sulla sua efficacia contingente sul campo, e pur nella condanna della aggressione militare decisa da Mosca e nella solidarietà da non fare mancare, come ci ricorda Papa Francesco, alle sofferenze del popolo ucraino.

L’Europa, sollecitata dall’Italia, potrebbe essere indotta ad una inversione a U rispetto alla direzione della lunga guerra per procura che ha intrapreso, per indirizzarsi invece a un lavoro di ricostruzione diplomatica delle condizioni della pace e della stabilità. Andrebbero rimessi al centro i negoziati diplomatici (da dove erano stati interrotti: i protocolli di Minsk) insieme a una nuova riflessione sulla sicurezza dell’area da compiersi di concerto con Mosca, mai dimenticando i diritti di Kiev (nella complessità delle questioni in campo, considerando ad esempio i problemi delle popolazioni russofone fuori dalla Russia).

In nome della pace, quindi; ma anche, per quanto riguarda italiani ed europei:

- Della difesa del potere d’acquisto e dei livelli occupazionali, rifiutando di pagare e subire i costi delle politiche “atlantiche”, consentendo l’azzeramento degli aumenti, anche speculativi, nelle bollette di luce e gas

- della salvavaguardia degli equilibri ecologici globali, pregiudicati dalle distruzioni sul campo foriere di inquinamenti che possono investirci direttamente (gli accordi di Parigi sul clima saltano fisicamente per le vicende ucraine, ma c'è anche il rischio di una possibile contaminazione radioattiva da ZaporizhJa)

- del ripristino di un minimo di correttezza informativa e di pluralismo democratici, estromessi dai media mainstream asserviti alle élites dominanti. Siamo o non siamo in guerra? Se lo siamo lo dicano almeno apertamente e ci parlino con chiarezza della mobilitazione e dei sacrifici che ci vengono eventualmente richiesti!

Poiché, fino a prova contraria, la guerra contro la Russia non è stata dichiarata, e – a parole - si starebbe praticando da parte italiana solo un sostegno alla resistenza ucraina, ecco che pensiamo si debba fare a Vladimir Putin – sempre chiamando in causa con rispetto Zelensky - un discorso molto semplice, chiaro e dialogante. Possibilmente costruendo il presupposto che questo discorso lo renda credibile: un piano italiano, e anche un piano europeo, –condiviso e costruito con tutti gli interlocutori economici, commerciali e industriali dei Paesi dell’Unione – che indichi chiaramente qual è il beneficiario della transizione energetica: non, come adesso, le grandi multinazionali, ma i cittadini, gli utenti e i lavoratori. E, infine, che metta in discussione il modello economico generale: basta affidare in buona misura ai mercati finanziari, e alla loro vocazione speculativa, le politiche energetiche, inclusa la determinazione dei prezzi.

Con questi impegni perseguiti nelle politiche concrete, ecco cosa proponiamo di offrire a Putin:

Noi italiani con il nostro Stato non siamo in guerra con te e soprattutto con il tuo popolo, ma vogliamo proporci come mediatori di pace in questo conflitto insensato con l’Ucraina, per far sì che smetta di minacciare il mondo intero. Siccome consideriamo l’energia “terreno di cooperazione tra i popoli", contro la cultura del nemico, ti proponiamo di continuare a venderci la medesima quantità di petrolio e gas allo stesso prezzo che facevi prima. Poiché siamo intenzionati a rispettare gli accordi di Parigi sul clima che tutto il mondo, compresa la tua Russia, ha firmato, è ovvio che, perseguendo l’obiettivo della decarbonizzazione, usciremo dai combustibili fossili e quindi ne consumeremo sempre di meno. I soldi che dovremmo risparmiare per questo minor consumo tendente allo zero li mettiamo in un fondo per aiutare voi ed insieme gli ucraini a decarbonizzare, come avete deciso nelle varie COP che discutono come attuare Parigi. Quello che ti proponiamo è, per l’intanto su questo aspetto, di lavorare insieme (insieme anche agli ucraini) per fare la pace con la Natura, il compito principale della intera Umanità oggi, per salvare l’ecosistema terrestre che sta bruciando. Il lavoro comune per la decarbonizzazione contribuirà allo sviluppo della pace tra gli uomini, di una comunità mondiale che pratichi la fratellanza/sorellanza: impariamo a percorrere il cammino della nonviolenza laddove le attività militari devono diventare tabù”.

Hanno firmato al momento (in attesa di risposte da vari contatti che abbiamo avviato):

Alfonso Navarra – Antonia Sani - Luigi Mosca - Moni Ovadia - Angelica Romano - Patrizia Sterpetti

Massimo Aliprandini - Antonio Amoruso - Daniele Barbi – Luciano Benini - Ennio Cabiddu - Sandra Cangemi - Sandro Ciani - Mario Di Padova – Giuseppe Farinella - Cosimo Forleo - Abramo Francescato – Angelo Gaccione - Teresa Lapis – Roberto Maggetto - Antonella Nappi – Giuseppe Natale- Franca Niccolini - Elio Pagani - Renato Ramello - Fabio Strazzeri - Marco Zinno

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DOCUMENTO ESTESO

SALVIAMO LA TERRA - BLOCCHIAMO LA GUERRA

Revochiamo le sanzioni energetiche contro la Russia che ci separano dalla pace.

Indirizziamoci verso la soluzione negoziata e cooperativa del conflitto!

Facciamo la solita premessa ormai di prammatica: nessuno tra gli ecopacifisti nonviolenti pensa che Putin non porti responsabilità ingiustificabili nell’aggressione di febbraio all’Ucraina e dunque nessuno pensa che l’Ue non abbia tutto il diritto di agire e reagire. Il problema vero è con che scopi lo fa (serve gettare benzina sul fuoco del conflitto?) e come lo fa (serve aggiungere alla guerra militare quella economica?).

Non può sfuggire al nostro riflettere una situazione che appare paradossale: le sanzioni comminate contro la Russia, ancora in una fase embrionale del loro sviluppo, nei loro effetti visibili, colpiscono al momento più i sanzionatori “occidentali” che i sanzionati “orientali”, in barba alla loro pretesa di “mettere rapidamente in ginocchio il regime di Putin”.

Qui non ci interessa fare dei calcoli su quanto tempo può resistere economicamente e socialmente la Russia senza vendere petrolio e gas all’Occidente. Ci pare del tutto fuori luogo giocare a “chi fa crollare per primo chi”, nel momento in cui il conflitto militare combattuto sul territorio ucraino rischia di attraversare varie scalate, non escluse l’impiego circoscritto di armi nucleari tattiche (e la guerra nucleare globale per errore è sempre sullo sfondo!).

Diamo pure per scontato che le valutazioni dell’Economist siano giuste: le decisioni di blocco delle esportazioni che si stanno prendendo contro la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina avranno conseguenze devastanti entro qualche anno. “Il futuro del Paese sarà segnato da una produttività in calo, da una scarsa innovazione e da un’inflazione strutturale. (..) Quello che la Russia ha ottenuto è un biglietto di sola andata verso il nulla”. (Si veda l’Internazionale 1476 del 2 settembre 2022).

Non ci sembra utile opporre a questo ragionamento bellicoso, brandente soldi ed energia come armi, che, se pure Putin con queste sanzioni resiste tre-cinque anni, già però stiamo vedendo che il nostro Paese – e la Germania (e l’intera Europa) –sono sul punto di “sbattere il muso”: le loro economie possono franare nei prossimi mesi, a causa di varie dinamiche, cominciando con i meccanismi speculativi (la compravendita dei futures) che formano i prezzi del gas.

Il punto, secondo la nostra opinione decisivo, non è se queste sanzioni funzionano o meno, anche se al nostro popolo, che non le digerisce (i sondaggi indicano un 53% di contrari), appare evidente dal carovita crescente che non funzionano. Il punto è che queste sanzioni esprimono un’ottica di fatto cobelligerante con lo Stato ucraino, cioè una collocazione rifiutata dalla popolazione italiana per stessa ammissione dei “media con l’elmetto”, ed esclusa dal nostro dettato costituzionale: una prospettiva opposta alla ricerca della mediazione e della pace nel tragico conflitto esploso con l’invasione decisa da Putin, ma risalente a cause complesse di lunga durata e di larga portata.

Il popolo italiano – e noi ecopacifisti gli siamo in questo caso a fianco senza riserve – simpatizza con la causa ucraina, è disposto ad alleviare le sofferenze dei bombardati e ad accogliere a centinaia di migliaia chi fugge dalle bombe, ma non vuole che l’Italia sia trascinata direttamente nel conflitto armato contro la Russia. Per questo vede malissimo l’invio di armi all’esercito di Zelensky; e in generale desidera una riduzione drastica delle spese militari. Nel suo pacifismo istintivo e spontaneo resta antinucleare come al tempo dei referendum vinti nel 2011 sul tema dei beni comuni (energia nucleare e acqua pubblica).

Se questo popolo fosse più informato non avremmo dubbi sul fatto che vorrebbe che il nostro Paese aderisse al Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Il popolo italiano non vuole essere spinto a sparare, e a fare sparare, con bazooka, cannoni, missili, e quanto altro; e non vuole nemmeno che, in modo analogo, dalla competizione sui prodotti e sui prezzi si passi alla guerra economica con la Russia e con chicchessia. L’energia e l’economia possono essere terreno di mercanteggiamenti e contenziosi anche aspri, persino terreno di scelta consapevole di boicottaggi consumeristi da parte di attivisti sociali, ma non certamente armi di ricatto bellico, confondendo gli scambi di beni sul mercato con le mazzate distruttive dei conflitti strategico-militari.

Il popolo italiano, con i suoi imprenditori, artigiani e consumatori, vuole potere esportare i beni che produce in Russia e importare da questo Paese il grano e il gas, perché inteso a coltivare la prosperità con le attività economiche nell’interesse reciproco: non è affatto nelle sue intenzioni, per colpire un militarista invasore, punire un intero popolo massacrandolo con la chiusura di officine e campi a creare letteralmente macerie allo stesso modo che si bombardasse.

Il potere consumerista, che pure piega le scelte economiche a esigenze politico-sociali, mira a fare pressione organizzata, da parte dell’associazionismo sociale, per affermare diritti dal basso contro le discriminazioni: sicuramente lascia fuori la logica dell’amico-nemico che pretende di “continuare la guerra con altri mezzi”, lo sterminio e il massacro punitivi mediante la penuria organizzata.

Gli impatti economici e sociali causati dalla rinuncia al mercato russo per l’export sono sempre più avvertiti, specialmente in Europa, ma toccano anche gli USA, e persino il Terzo Mondo; ed oggi diventa palesemente gravoso sino alla insopportabilità l’aumento dei costi dell’energia e la sua carenza stessa, che stanno determinando inflazione a due cifre (da subito) e recessione (inesorabilmente in arrivo).

Le sanzioni promosse dagli Usa e adottate dai Paesi europei, come forma di guerra praticata e non dichiarata, sono inaccettabili sul piano etico e strategico. Fanno parte di uno scontro bellico portato avanti in modo antidemocratico, nel momento in cui sostanziano una scelta di guerra per procura da parte della NATO che non è esplicitata ai popoli come tale.

Il popolo italiano però, meno stupido di quanto le élites governanti non credano, ha “mangiato la foglia”. In fondo Draghi aveva avvisato gli italiani, pure se in modo contorto: “Volete la pace o l’aria condizionata?”. Si capisce che non stiamo avendo la prima, e che la seconda ce la stanno togliendo insieme al riscaldamento!

Per di più, a ben guardare non solo da noi ma ovunque nel mondo (questo aspetto è da sottolineare), nel loro obiettivo ufficiale di non finanziare l’aggressore russo, si stanno rivelando un boomerang che avrà effetti disastrosi di fame, freddo e recessione sui settori sociali più deboli. Per la nostra economia in genere, significano carrelli della spesa mezzi vuoti, difficoltà a pagare affitti e mutui, chiusura di negozi e alberghi, fabbriche fallite, un apparato industriale prossimo al collasso: l’anticipazione a noi stessi dei disastri che si vorrebbero provocare alla Russia.

Per questi motivi abbiamo elaborato il presente appello a favore della abrogazione unilaterale delle sanzioni alla Russia.

Lo lanciamo – l’appello – per l’intanto a livello nazionale rivolgendoci a associazioni, movimenti e singoli cittadini al fine di esercitare pressioni sulle forze politiche, dentro e oltre la campagna elettorale in corso in Italia, affinché desistano dal proseguire su questa strada, che le nostre élites hanno imboccato con riflessi automatici di fedeltà atlantista distruttivi ed autodistruttivi. Cercando di illudere che la "pace attraverso la vittoria (militare)" sia qualcosa di diverso da un impegno bellico di lunga durata, al di là delle avanzate e ritirate momentanee di questo o quel contendente sul teatro dei combattimenti. Non ci soffermiamo sulla strumentalità e sull'ipocrisia di fondo di un atteggiamento che, se si rispettasse un minimo di coerenza, avrebbe dovuto indirizzarsi contro comportamenti del tutto analoghi da parte di autocrati come Erdogan per le sue ingerenze militari in Siria e le sue provocazioni nel Mediterraneo Orientale. O addirittura, da parte della NATO, contro sé stessa, per i bombardamenti nell'ex Jugoslavia e le vicende che hanno portato alla separazione del Kosovo dalla Serbia.

La distruzione bellica in Ucraina, ben al di là delle macerie e delle vittime prodotte localmente, è soprattutto attacco all'ecosistema terrestre globale: una bomba che cade può colpire dei bimbi che vanno a scuola, ma oramai, in senso tecnico proprio, con la CO2 emessa, soprattutto quando fa saltare in aria - e succede quotidianamente! - raffinerie, depositi di carburante, impianti chimici (per non parlare di centrali nucleari!), senza ombra di dubbio ferisce direttamente tutti noi, che dobbiamo considerarci e siamo parte della Madre Terra come unico sistema vivente.

La guerra, che oggi è sempre guerra contro la Natura, il corpo vivente di tutti noi, è il nostro principale e impellente "nemico"; ed è per toglierle l'ossigeno che la alimenta e la fa sviluppare che, con i nostri mezzi di società civile internazionale organizzata, ci stiamo impegnando per sostenere obiezioni e diserzioni, soprattutto dalla parte dell'esercito russo "aggressore", ma anche di quello ucraino "aggredito". (Mettiamo le virgolette perchè in senso profondo chi aggredisce è la GUERRA e i veri aggrediti siamo tutti noi: l'umanità intera e la Terra cui apparteniamo). Perchè dopo Gandhi non possiamo più permetterci di ignorare che la resistenza nonviolenta funziona ed è necessariamente preferibile: al di là dei meriti etici, non danneggia materialmente innocenti ed estranei al conflitto particolare e localizzato in corso.

La necessità, in questo scenario, di una mobilitazione ampia per opporsi alle sanzioni e alla rovina cui, con ogni evidenza, conducono va riconosciuta in nome innanzitutto della pace, che esige la cessazione di ogni aiuto militare all’Ucraina, pur nella solidarietà da non fare mancare, come ci ricorda Papa Francesco, alle sofferenze del popolo di questo Paese.

L’Europa, sollecitata dall’Italia, potrebbe essere indotta ad una inversione ad U rispetto alla direzione della lunga guerra che ha intrapreso, per indirizzarsi invece a un lavoro di ricostruzione diplomatica delle condizioni della pace e della stabilità. Andrebbero rimessi al centro i negoziati diplomatici (da dove erano stati interrotti: i protocolli di Minsk) insieme a una nuova riflessione sulla sicurezza dell’area da compiersi di concerto con Mosca, mai dimenticando i diritti di Kiev (come pure, nella complessità delle questioni in campo, i problemi delle popolazioni russofone fuori dalla Russia).

In nome della pace, quindi; ma anche, per quanto riguarda italiani ed europei:

-     Della difesa del potere d’acquisto e dei livelli occupazionali, rifiutando di pagare e subire i costi delle politiche “atlantiche”, consentendo l’azzeramento degli aumenti, speculativi o meno, nelle bollette di luce e gas

-     della salvavaguardia degli equilibri ecologici globali, pregiudicati dalle distruzioni sul campo foriere di inquinamenti che possono investirci direttamente (gli accordi di Parigi sul clima saltano fisicamente per le vicende ucraine, ma c'è anche il rischio di una possibile contaminazione radioattiva da ZaporizhJa)

-      del ripristino di un minimo di correttezza informativa e di pluralismo democratici, estromessi dai media mainstream asserviti alle élites dominanti. Siamo o non siamo in guerra? Se lo siamo lo dicano almeno apertamente e ci parlino con chiarezza della mobilitazione e dei sacrifici che ci vengono eventualmente richiesti!

Poiché, fino a prova contraria, la guerra contro la Russia non è stata dichiarata, e – a parole - si starebbe praticando da parte italiana solo un sostegno alla resistenza ucraina, ecco che pensiamo si debba fare a Vladimir Putin – sempre chiamando in causa con rispetto Zelensky - un discorso molto semplice, chiaro e dialogante. Possibilmente costruendo il presupposto che questo discorso lo renda credibile: un piano italiano, e anche di un piano europeo, –condiviso e costruito con tutti gli interlocutori economici, commerciali e industriali dei Paesi dell’Unione – che indichi chiaramente qual è il beneficiario della transizione energetica: non, come adesso, le grandi multinazionali, ma i cittadini, gli utenti e i lavoratori. E, infine, che metta in discussione il modello economico generale: basta affidare in buona misura ai mercati finanziari, e alla loro vocazione speculativa, le politiche dell'energia e la determinazione dei prezzi delle materie prime e dei prodotti e servizi energetici. Sarebbe proprio così strano pensare che i prezzi siano oggetto invece di una programmazione e di una pianificazione pubblica su scala europea?

Con questi impegni perseguiti nelle politiche concrete, ecco cosa potremmo proporre a Putin: -

Noi italiani con il nostro Stato non siamo in guerra con te e soprattutto con il tuo popolo, ma vogliamo proporci come mediatori di pace in questo conflitto insensato con l’Ucraina, per far sì che smetta di minacciare il mondo intero. Siccome consideriamo l’energia “terreno di cooperazione tra i popoli, contro la cultura del nemico, ti proponiamo di continuare a venderci la medesima quantità di petrolio e gas allo stesso prezzo che facevi prima. Poiché siamo intenzionati a rispettare gli accordi di Parigi sul clima che tutto il mondo, compresa la tua Russia, ha firmato, è ovvio che, perseguendo l’obiettivo della decarbonizzazione, usciremo dai combustibili fossili e quindi ne consumeremo sempre di meno. I soldi che dovremmo risparmiare per questo minor consumo tendente allo zero li mettiamo in un fondo per aiutare voi ed insieme gli ucraini a decarbonizzare, come avete deciso nelle varie COP che discutono come attuare Parigi. Quello che ti proponiamo è, per l’intanto su questo aspetto, di lavorare insieme per fare la pace con la Natura, il compito principale della intera Umanità oggi, per salvare l’ecosistema terrestre che sta bruciando. Il lavoro comune per la decarbonizzazione contribuirà allo sviluppo della pace tra gli uomini, di una comunità mondiale che pratichi la fratellanza/sorellanza: impariamo a percorrere il cammino della nonviolenza laddove le attività militari devono diventare tabù”.

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In attesa di risposte da vari contatti presi hanno finora firmato:

Alfonso Navarra – Antonia Sani - Luigi Mosca - Moni Ovadia - Angelica Romano - Patrizia Sterpetti

Massimo Aliprandini - Antonio Amoruso - Daniele Barbi – Luciano Benini - Ennio Cabiddu - Sandra Cangemi - Sandro Ciani - Mario Di Padova – Giuseppe Farinella - Cosimo Forleo - Abramo Francescato – Angelo Gaccione - Teresa Lapis – Roberto Maggetto - Antonella Nappi – Giuseppe Natale- Franca Niccolini - Elio Pagani - Renato Ramello - Fabio Strazzeri - Marco Zinno

 

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Dal sito istituzionale del Consiglio della Unione Europea: "Spiegazione delle sanzioni UE contro la Russia

L'UE ha imposto alla Russia una serie di nuove sanzioni in risposta all'aggressione militare nei confronti dell'Ucraina. Scopri cosa significa nella pratica.

Infografica - EU sanctions in response to Russia’s invasion of Ukraine

Overview of sanctions taken by the European Union against Russia in response to the war in Ukraine: individual sanctions, economic sanctions, restrictions on media and diplomatic measures.Infografica completa

Dopo il riconoscimento, da parte della Russia, delle zone non controllate dal governo delle regioni ucraine di Donetsk e Luhansk il 21 febbraio 2022 e l'invasione non provocata e ingiustificata dell'Ucraina il 24 febbraio 2022, l'UE ha imposto alla Russia una serie di nuove sanzioni.

Esse si aggiungono alle misure in vigore imposte alla Russia a partire dal 2014 a seguito dell'annessione della Crimea e della mancata attuazione degli accordi di Minsk.

Questa pagina contiene risposte alle seguenti domande:

  • quali sanzioni ha adottato finora l'UE, chi sono i destinatari delle sanzioni e in cosa consistono in pratica le sanzioni individuali?
  • cosa significano in pratica le misure restrittive contro le banche russe e la Banca centrale nazionale russa?
  • in cosa consistono le sanzioni per il trasporto aereo, stradale e marittimo?
  • che effetto hanno le misure dell'UE sugli scambi commerciali dell'UE con la Russia e che tipo di restrizioni all'importazione e all'esportazione sono in vigore?
  • le sanzioni dell'UE sono conformi al diritto internazionale e sono coordinate con altri partner?

Quali sanzioni ha adottato finora l'UE?

Dopo il riconoscimento, da parte della Russia, delle zone non controllate dal governo delle regioni ucraine di Donetsk e Luhansk il 21 febbraio 2022 e l'invasione non provocata e ingiustificata dell'Ucraina il 24 febbraio 2022, l'UE ha imposto alla Russia una serie di nuove sanzioni.

Esse si aggiungono alle misure in vigore imposte alla Russia a partire dal 2014 a seguito dell'annessione della Crimea e della mancata attuazione degli accordi di Minsk.

Le sanzioni comprendono misure restrittive mirate (sanzioni individuali), sanzioni economiche e misure diplomatiche.

Le sanzioni economiche mirano a provocare gravi conseguenze per la Russia a causa delle sue azioni e a ostacolare efficacemente le capacità russe di proseguire l'aggressione.

Le sanzioni individuali riguardano le persone responsabili del sostegno, del finanziamento o dell'attuazione di azioni che compromettono l'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza dell'Ucraina o le persone che traggono beneficio da tali azioni.

L'UE ha inoltre adottato sanzioni nei confronti della Bielorussia in risposta al suo coinvolgimento nell'invasione dell'Ucraina.

Che cosa NON prevedono le sanzioni dell'UE nei confronti della Russia?

Le sanzioni non bloccano le esportazioni e le transazioni relative ai prodotti alimentari e agricoli.

Nella riunione del Consiglio europeo del 23 e 24 giugno 2022 i leader dell'UE hanno sottolineato che la Russia è l'unica responsabile della crisi alimentare mondiale e che le sanzioni dell'UE non colpiscono i prodotti alimentari e agricoli. La sicurezza alimentare e l'accessibilità economica dei prodotti alimentari sono una priorità fondamentale per l'UE e i suoi Stati membri.

Le sanzioni dell'UE non incidono sulla sicurezza alimentare e riguardano solo gli scambi bilaterali tra l'UE e la Russia, non il commercio internazionale.

Le sanzioni dell'UE escludono esplicitamente le forniture alimentari e i fertilizzanti: le esportazioni russe di prodotti alimentari verso i mercati mondiali non sono soggette a sanzioni. Chiunque può utilizzare, acquistare, trasportare e procurare prodotti alimentari e fertilizzanti provenienti dalla Russia.

Le restrizioni all'importazione di alcuni concimi potassici nell'ambito delle sanzioni dell'UE si applicano solo ai prodotti importati nell'UE e non riguardano le esportazioni di tali prodotti verso l'Ucraina dall'UE o dalla Russia.

L'UE ha inoltre introdotto eccezioni nell'ambito delle sue sanzioni: sebbene lo spazio aereo europeo non sia aperto agli aeromobili russi, gli Stati membri dell'UE possono autorizzare il sorvolo del loro spazio aereo da parte di aeromobili russi se ciò è necessario per scopi umanitari. Gli Stati membri dell'UE sono inoltre autorizzati a consentire alle navi battenti bandiera russa di accedere ai porti dell'UE e ad accordare ai vettori stradali russi l'ingresso nell'UE ai fini dell'importazione o del trasporto di prodotti agricoli, compresi fertilizzanti e frumento, che non sono soggetti a restrizioni.

Chi sono i destinatari delle sanzioni?

In totale, tenendo conto anche delle precedenti sanzioni individuali imposte dopo l'annessione della Crimea nel 2014, l'UE ha sanzionato 108 entità e 1 206 persone. L'elenco comprende:

Vladimir Putin e Sergey Lavrov.
Vladimir Putin e Sergey Lavrov figurano nell'elenco delle persone sanzionate dall'UE - © AFP
  • il presidente della Russia, Vladimir Putin
  • il ministro degli Affari esteri della Russia, Sergey Lavrov
  • l'ex presidente filorusso dell'Ucraina, Viktor Yanukovych
  • oligarchi legati al Cremlino, come Roman Abramovich
  • 351 membri della Duma di Stato russa (la camera bassa del parlamento) che il 15 febbraio 2022 hanno votato a favore del riconoscimento di Donetsk e Luhansk
  • membri del Consiglio di sicurezza nazionale
  • personalità politiche locali come il sindaco di Mosca
  • alti funzionari e militari
  • imprenditori di spicco (ossia persone attive nell'industria russa dell'acciaio e altre persone che forniscono allo Stato russo servizi finanziari, prodotti militari e tecnologie)
  • propagandisti e attori della disinformazione
  • persone responsabili delle atrocità commesse a Bucha e a Mariupol
  • persone coinvolte nel reclutamento di mercenari siriani per combattere in Ucraina
  • familiari selezionati di alcune delle suddette persone

In cosa consistono in pratica le sanzioni individuali?

Le sanzioni nei confronti delle persone consistono in divieti di viaggio e congelamento dei beni. I divieti di viaggio impediscono alle persone inserite in elenco di entrare o transitare nel territorio dell'UE per via terrestre, aerea o marittima.

Il congelamento dei beni significa che tutti i conti appartenenti alle persone ed entità inserite in elenco nelle banche dell'UE sono congelati. È altresì vietato mettere a loro disposizione, direttamente o indirettamente, fondi o attività.

In questo modo si garantisce che il loro denaro non possa più essere utilizzato per sostenere il regime russo e che non possano cercare di trovare un rifugio sicuro nell'UE.

Infografica - Impatto delle sanzioni sull'economia russa

Questa infografica descrive l'impatto delle sanzioni sull'economia russa, concentrandosi in particolare sul calo del PIL russo, sugli scambi della Russia, sul tasso di inflazione russo e sull'indice MOEX Russia.Infografica completa

Come vengono sanzionati gli scambi commerciali dell'UE con la Russia?

Nel quadro delle sanzioni economiche, l'UE ha imposto alla Russia una serie di restrizioni all'importazione e all'esportazione. Ciò significa che le entità europee non possono vendere determinati prodotti alla Russia (restrizioni all'esportazione) e che le entità russe non sono autorizzate a vendere determinati prodotti all'UE (restrizioni all'importazione).

L'elenco dei prodotti vietati è concepito per massimizzare l'impatto negativo delle sanzioni sull'economia russa, limitando nel contempo le conseguenze per le imprese e i cittadini dell'UE. Le restrizioni all'esportazione e all'importazione escludono i prodotti destinati principalmente al consumo e i prodotti dei settori sanitario, farmaceutico, alimentare e agricolo, al fine di non danneggiare la popolazione russa.

I divieti sono attuati dalle autorità doganali dell'UE.

In collaborazione con altri partner che condividono gli stessi principi, l'UE ha inoltre adottato una dichiarazione in cui si riserva il diritto di smettere di considerare la Russia una nazione più favorita nel quadro dell'OMC. L'UE ha deciso di agire in tal senso non mediante un aumento dei dazi doganali sulle importazioni, ma attraverso una serie di misure restrittive che comprendono il divieto di importare o esportare determinate merci. L'UE e i suoi partner hanno inoltre sospeso tutti i lavori relativi all'adesione della Bielorussia all'OMC.

Quali merci non possono essere esportate dall'UE verso la Russia?

L'elenco dei prodotti sottoposti a sanzioni comprende, tra l'altro:

  • tecnologie d'avanguardia (ad esempio computer quantistici e semiconduttori avanzati, elettronica e software di alta gamma)
  • alcuni tipi di macchinari e attrezzature per il trasporto
  • beni e tecnologie specifici necessari per la raffinazione del petrolio
  • attrezzature, tecnologie e servizi per l'industria dell'energia
  • beni e tecnologie per i settori aeronautico e spaziale (ad esempio aeromobili, pezzi di ricambio o qualsiasi tipo di equipaggiamento per aerei ed elicotteri, carboturbo)
  • prodotti per la navigazione marittima e tecnologie di radiocomunicazione
  • una serie di beni a duplice uso (beni che potrebbero essere utilizzati per scopi sia civili che militari), quali droni e software per droni o dispositivi di cifratura
  • beni di lusso (ad esempio automobili, orologi e gioielli di lusso)

Quali merci non possono essere importate dalla Russia verso l'UE?

L'elenco dei prodotti sottoposti a sanzioni comprende, tra l'altro:

  • petrolio greggio e prodotti petroliferi raffinati, con limitate eccezioni (con eliminazione graduale nel corso di 6-8 mesi)
  • carbone e altri combustibili fossili solidi (dato che i contratti esistenti prevedono un periodo di liquidazione, questa sanzione si applicherà a partire dall'agosto 2022)
  • oro, compresi i gioielli
  • prodotti siderurgici
  • legno, cemento e alcuni fertilizzanti
  • prodotti ittici e liquori (ad esempio caviale, vodka)

In cosa consiste in pratica il divieto sulle importazioni di petrolio?

Una raffineria di petrolio con fuoco che fuoriesce da una tubazione. Sullo sfondo, un cielo blu con qualche nuvola.
Le restrizioni dell'UE riguarderanno quasi il 90% delle importazioni di petrolio russo in Europa - © AFP

Nel giugno 2022 il Consiglio ha adottato un sesto pacchetto di sanzioni che, tra l'altro, vieta l'acquisto, l'importazione o il trasferimento di petrolio greggio e di alcuni prodotti petroliferi dalla Russia all'UE. Le restrizioni si applicheranno gradualmente: entro sei mesi per il petrolio greggio ed entro otto mesi per altri prodotti petroliferi raffinati.

È prevista un'eccezione temporanea per le importazioni di petrolio greggio fornito mediante oleodotto negli Stati membri dell'UE che, data la loro situazione geografica, soffrono di una dipendenza specifica dagli approvvigionamenti russi e non dispongono di opzioni alternative praticabili.

Inoltre, la Bulgaria e la Croazia nello specifico beneficeranno di deroghe temporanee riguardanti, rispettivamente, l'importazione di petrolio greggio russo trasportato per via marittima e di gasolio sotto vuoto.

Poiché la maggior parte del petrolio russo fornito all'UE è trasportato per via marittima, entro la fine dell'anno tali restrizioni copriranno quasi il 90% delle importazioni di petrolio russo in Europa, riducendo notevolmente i profitti commerciali della Russia.

Quali sono le sanzioni per i trasporti?

Trasporto su strada

L'UE ha vietato agli operatori del trasporto su strada russi e bielorussi di entrare nell'UE, anche per le merci in transito.

Tale sanzione mira a limitare la capacità dell'industria russa di acquisire beni chiave e a perturbare il commercio stradale da e verso la Russia. Tuttavia, i paesi dell'UE possono concedere deroghe per:

  • il trasporto di energia
  • il trasporto di prodotti farmaceutici, medici, agricoli e alimentari
  • finalità di aiuto umanitario
  • trasporti connessi al funzionamento delle rappresentanze diplomatiche e consolari dell'UE e dei suoi paesi in Russia, o delle organizzazioni internazionali in Russia che godono di immunità in virtù del diritto internazionale
  • il trasferimento o l'esportazione in Russia di beni culturali in prestito nel contesto della cooperazione culturale ufficiale con la Russia

Il divieto non riguarda i servizi postali e le merci in transito tra la regione di Kaliningrad e la Russia.

Aviazione

Un aereo Aeroflot atterra in un aeroporto.
A tutti gli aeromobili russi è fatto divieto di sorvolare lo spazio aereo dell'UE - © AFP

Nel febbraio 2022 l'UE ha vietato ai vettori russi di ogni tipo di accedere ai suoi aeroporti e di sorvolare il suo spazio aereo. Di conseguenza gli aerei immatricolati in Russia o altrove e presi a noleggio o in leasing da un cittadino o un'entità russa non possono atterrare in nessun aeroporto dell'UE e non possono sorvolare i paesi dell'UE. Sono inclusi nel divieto gli aerei privati, ad esempio i jet d'affari privati.

Inoltre, l'UE ha vietato l'esportazione verso la Russia di beni e tecnologie nei settori aeronautico e spaziale.

Sono vietati anche i servizi assicurativi, i servizi di manutenzione e l'assistenza tecnica connessi a tali beni e tecnologie. Gli Stati Uniti, il Canada e il Regno Unito hanno imposto restrizioni analoghe.

Di conseguenza le compagnie aeree russe non possono acquistare aeromobili, pezzi di ricambio o equipaggiamenti per la loro flotta e non possono effettuare le necessarie riparazioni o ispezioni tecniche. Poiché l'attuale flotta aerea commerciale russa è stata costruita per tre quarti nell'UE, negli USA o in Canada, con il tempo il divieto comporterà probabilmente il fermo operativo di una parte significativa della flotta russa dell'aviazione civile, anche per i voli nazionali.

Trasporti marittimi

L'UE ha chiuso i suoi porti all'intera flotta mercantile russa di oltre 2 800 navi. Questa misura non riguarda tuttavia le navi che trasportano:

  • energia
  • prodotti farmaceutici, medici, agricoli e alimentari
  • aiuti umanitari
  • combustibile nucleare e altri beni necessari al funzionamento delle capacità nucleari a uso civile
  • carbone (fino al 10 agosto 2022, dopo di che le importazioni di carbone nell'UE saranno vietate)

La misura non riguarda neppure le navi che necessitano di assistenza alla ricerca di riparo o le navi che fanno uno scalo di emergenza in un porto per motivi di sicurezza marittima o per salvare vite in mare.

Il divieto si applicherà invece alle navi che cercano di eludere le sanzioni cambiando la bandiera o l'immatricolazione russa con quella di un altro Stato. Le autorità portuali possono individuare un tentativo di cambiare bandiera o modificare l'immatricolazione controllando il numero IMO di una nave (il numero di identificazione unico assegnato per conto dell'Organizzazione marittima internazionale).

In che modo le sanzioni colpiscono il sistema bancario russo?

Blocco dell'accesso a SWIFT per banche russe e bielorusse

Il blocco impedisce a dieci banche russe e a quattro banche bielorusse di effettuare o ricevere pagamenti internazionali utilizzando SWIFT.

Simbolo di divieto con la bandiera russa davanti a una banca. Il testo "SWIFT" è visibile sulla facciata della banca.
Dieci banche russe e quattro banche bielorusse sono escluse dall'utilizzo di SWIFT

SWIFT è un servizio di messaggistica che facilita sostanzialmente lo scambio di informazioni tra banche e altri istituti finanziari e che collega più di 11 000 entità in tutto il mondo.

Di conseguenza, queste banche non possono né ottenere valuta estera (poiché un trasferimento di valuta estera tra due banche è generalmente trattato come un trasferimento all'estero che coinvolge una banca intermediaria estera) né trasferire attività all'estero, il che si traduce in conseguenze negative per le economie russa e bielorussa.

Dal punto di vista tecnico, le banche potrebbero effettuare operazioni internazionali senza SWIFT, ma si tratta di un processo costoso e complesso che richiede fiducia reciproca tra gli istituti finanziari. Un processo di questo tipo riporta i pagamenti all'epoca in cui venivano utilizzati telefono e fax per confermare ogni operazione.

Sanzioni nei confronti della Banca centrale nazionale russa

L'Unione europea ha vietato tutte le operazioni con la Banca centrale nazionale russa relative alla gestione delle riserve e delle attività della Banca centrale russa. A seguito del congelamento dei beni della Banca centrale, quest'ultima non può più accedere alle attività detenute presso banche centrali e istituzioni private nell'UE.

Nel febbraio 2022 le riserve internazionali della Russia ammontavano a 643 miliardi di USD (579 miliardi di EUR). Disporre di riserve in valuta estera contribuisce, tra le altre cose, a mantenere stabile il tasso di cambio della valuta di un paese.

A causa del divieto di effettuare transazioni dall'UE e da altri paesi, si stima che più della metà delle riserve russe siano congelate. Il divieto è stato imposto anche da altri paesi (come gli Stati Uniti, il Canada e il Regno Unito) che detengono altresì una quota delle riserve estere della Russia.

Di conseguenza, la Russia non può utilizzare questa riserva di attività estere per fornire fondi alle sue banche e limitare così gli effetti di altre sanzioni. Anche le riserve auree detenute in Russia sembrano ora più difficili da vendere a causa delle sanzioni internazionali che colpiscono entità russe.

L'UE ha inoltre vietato la vendita, la fornitura, il trasferimento e l'esportazione in Russia di banconote denominate in euro. L'obiettivo è limitare l'accesso al contante in euro da parte del governo russo, della sua Banca centrale e delle persone fisiche o giuridiche in Russia al fine di evitare l'elusione delle sanzioni.

Sanzioni analoghe si applicano alla Bielorussia.

Perché l'UE ha sospeso le trasmissioni di cinque emittenti russe?

Da tempo la Federazione russa attua una sistematica campagna internazionale di disinformazione, manipolazione delle informazioni e distorsione dei fatti, nell'intento di rafforzare la sua strategia di destabilizzazione sia dei paesi limitrofi, che dell'UE e dei suoi Stati membri.

Un giornalista televisivo presenta le notizie. Il logo di Russia Today è proiettato sullo schermo dietro di lui.
La trasmissione nell'UE di cinque organi di informazione statali russi è sospesa - © AFP

Per contrastare tale azione, l'UE ha sospeso le trasmissioni nell'Unione di cinque emittenti statali russe:

  • Sputnik
  • Russia Today
  • Rossiya RTR / RTR Planeta
  • Rossiya 24 / Russia 24
  • TV Centre International

La Russia utilizza tutti questi organi di informazione pubblici per diffondere intenzionalmente propaganda e condurre campagne di disinformazione, anche in merito alla sua aggressione militare nei confronti dell'Ucraina.

Le restrizioni nei confronti di Sputnik e Russia Today (insieme alle loro controllate, quali RT English, RT Germany, RT France e RT Spanish) sono in vigore dal 2 marzo 2022, quelle imposte alle altre tre entità dal 4 giugno 2022.

Tali restrizioni riguardano tutti i mezzi di trasmissione e distribuzione negli Stati membri dell'UE o ad essi rivolti, compresi il cavo, il satellite, la televisione via Internet (IPTV), le piattaforme, i siti web e le app.

In linea con la Carta dei diritti fondamentali, queste misure non impediranno a tali organi di informazione e al loro personale di svolgere nell'UE altre attività oltre alla radiodiffusione, come la ricerca e le interviste.

L'UE coordina le sanzioni con altri partner?

Le sanzioni sono più efficaci se è coinvolta un'ampia gamma di partner internazionali. Nelle ultime settimane l'UE ha lavorato a stretto contatto con partner che condividono gli stessi principi, come gli Stati Uniti, al fine di coordinare le sanzioni.

L'UE collabora con il Gruppo della Banca mondiale, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) e altri partner internazionali per impedire alla Russia di ottenere finanziamenti da tali istituzioni.

Per coordinare questo sforzo internazionale, la nuova task force REPO (Russian Elites, Proxies, and Oligarchs) consente all'UE di cooperare con i paesi del G7 — Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti — nonché con l'Australia, al fine di garantire l'applicazione delle sanzioni.

Sebbene l'UE collabori strettamente con molti partner, ciascuno di questi paesi terzi decide unilateralmente quali sanzioni imporre.

Le sanzioni dell'UE rientrano nel diritto internazionale?

Sì. Tutte le sanzioni dell'UE sono pienamente conformi agli obblighi derivanti dal diritto internazionale e rispettano i diritti umani e le libertà fondamentali.

Una volta raggiunto un accordo politico tra gli Stati membri dell'UE, il servizio europeo per l'azione esterna e/o la Commissione europea preparano i necessari atti giuridici, che sono presentati al Consiglio per adozione.

I regolamenti e le decisioni del Consiglio, in quanto atti giuridici di portata generale, sono vincolanti per qualsiasi persona o entità soggetta alla giurisdizione dell'UE, vale a dire qualsiasi persona o entità all'interno dell'UE, qualsiasi cittadino dell'UE in qualsiasi luogo e tutte le società e organizzazioni costituite a norma del diritto di uno Stato membro dell'UE.

Le posizioni dei partiti sulle sanzioni contro la Russia | Pagella Politica

In questa campagna elettorale c’è chi le difende, chi le mette in discussione e chi chiede di eliminarle

di Davide Leo - 08 SETTEMBRE 2022

Negli ultimi giorni, con il continuo aumento dei prezzi energetici, i leader dei principali partiti politici in Italia sono tornati a parlare delle sanzioni che l’Unione europea ha imposto alla Russia a partire dall’inizio della guerra in Ucraina.

Non tutti i partiti la pensano allo stesso modo sul tema: c’è chi sostiene con forza la necessità di continuare con le sanzioni, chi le mette in dubbio e chi vuole cancellarle. Ecco quali sono le posizioni nel dibattito politico italiano.

I favorevoli alle sanzioni

Il Partito democratico è uno dei partiti più favorevoli alle sanzioni contro la Russia, una posizione ribadita più volte dal suo segretario Enrico Letta. «Le sanzioni a Putin devono essere durissime, e tutti i Paesi europei devono imporle», aveva detto Letta a febbraio, subito dopo l’inizio della guerra. Negli ultimi giorni, il segretario del Pd ha definito «senza senso» il dibattito critico intorno alle sanzioni, «che devono essere decise e portate avanti da tutti gli europei».

Della stessa opinione anche gli altri partiti della coalizione di centrosinistra, come Più Europa, la cui leader Emma Bonino il 6 settembre ha affermato che «le sanzioni per funzionare hanno bisogno di tempo e da sempre hanno anche un impatto molto minore sui sanzionatori, ma è indubbio che la Russia, economicamente parlando, è in ginocchio». Il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni ha in passato sottolineato l’importanza dei pacchetti di sanzioni europei, sostenendo che andrebbero inaspriti e aumentati, sostituendoli del tutto all’invio di armi all’Ucraina.

Fuori dal centrosinistra, il 5 settembre il presidente del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte ha espresso la posizione del suo partito, affermando che «le sanzioni stanno facendo molto male a noi, ma dobbiamo tenerle».

Le sanzioni alla Russia sono uno dei temi sui quali convergono schieramenti politici molto diversi tra loro: anche il leader di Azione Carlo Calenda è infatti un sostenitore di lunga data di questi provvedimenti, a cui vorrebbe aggiungere anche l’embargo del petrolio (un accordo di questo tipo, sebbene parziale, è già stato sottoscritto dall’Ue a maggio).

Nel centrodestra, anche Fratelli d’Italia e Forza Italia si sono detti favorevoli alle sanzioni. Il 4 settembre, ospite al Forum di Cernobbio organizzato dal think tank The European House-Ambrosetti, la leader Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha rassicurato gli osservatori internazionali affermando che se il suo partito dovesse vincere le elezioni «non ci sfileremo dalle sanzioni, è una questione di credibilità internazionale». Dello stesso avviso anche il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani, che il 5 settembre in un’intervista con La Stampa ha dichiarato: «Per noi le sanzioni devono rimanere. Punto». Il presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi si è detto invece «molto dispiaciuto e deluso che la Russia, invece di entrare nell’Unione europea e renderla più forte, abbia addirittura rafforzato il totalitarismo cinese». Sulle sanzioni però neanche l’ex presidente del Consiglio ha dubbi: «Sono in perfetta linea con il governo, con l’Unione europea e con l’intero Occidente».

I contrari alle sanzioni

Tra i grandi partiti, l’unico a mettere in discussione la validità e l’efficacia delle sanzioni alla Russia è la Lega. Nel suo intervento al Forum di Cernobbio, il leader Matteo Salvini ha infatti criticato la strategia europea, sostenendo che le sanzioni non stanno funzionando, ma al contrario stanno danneggiando i Paesi che le hanno imposte piuttosto che la Russia. Nei giorni precedenti, Salvini aveva già espresso il suo parere negativo, affermando come «ripensare la strategia è fondamentale per salvare posti di lavoro e imprese in Italia» e proponendo quindi di introdurre uno «scudo europeo» che protegga i cittadini italiani dalle eventuali ricadute economiche delle sanzioni.

In ogni caso, Salvini ha ragione quando afferma che la Lega, nonostante le perplessità sulle sanzioni, ha «sempre» votato «tutti i provvedimenti a favore dell’Ucraina», comprese le sanzioni contro la Russia, sia a livello italiano che europeo. «La collocazione dell’Italia a livello internazionale non cambia a prescindere dal voto» del 25 settembre, ha assicurato Salvini a Cernobbio. «Vogliamo andare avanti con le sanzioni? Andiamo avanti ma non vorrei che invece di fare del male agli altri facessimo del male a noi stessi». I co-portavoce di Europa verde Angelo Bonelli ed Eleonora Evi, alleati con il centrosinistra, hanno criticato Salvini, puntando il dito sul tempismo, definito in una nota «sospetto», tra l’annuncio della Russia dello stop alle forniture in caso di proseguimento delle sanzioni e le dichiarazioni del leader della Lega a Cernobbio.

Chi è invece nettamente contrario alle sanzioni sono alcuni dei partiti “antisistema” presenti alle elezioni. Come mostra indecis.it, un portale per confrontare i programmi elettorali sviluppato in collaborazione con Pagella Politica, i programmi di Italexit, Italia sovrana e popolare e Alternativa per l’Italia propongono esplicitamente di togliere le sanzioni alla Russia.

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“Reddito di cittadinanza a mille euro, zero Iva sui beni alimentari e revisione delle sanzioni alla Russia”: l’intervista a Luigi De Magistris (Unione popolare)

Giacomo Andreoli 14/09/2022 (estratto dell'articolo)

(...)

Secondo De Magistris chi ha governato finora è stato “inadeguato” nell’affrontare le emergenze economiche del Paese. Quindi lancia la “ricetta alternativa” di Unione popolare, a partire da un nuovo rapporto con Mosca, spingendo al “dialogo” con Vladimir Putin, con l’obiettivo di costruire una “proposta di pace italiana” e “scongiurare un peggioramento” della crisi energetica. Quanto alle coperture l’ex sindaco di Napoli cita: una più efficace lotta all’evasione, la riduzione delle spese militari, la tassazione al 90% delle società energetiche, la rinazionalizzazione di chi produce e vende gas e luce e un tetto massimo a 5mila euro per gli assegni pensionistici.

Qual è il primo intervento, quello che ritiene prioritario, che inserirebbe nella prossima legge di Bilancio?

Prima di tutto bisogna intervenire sul costo della vita in generale, che è il caro-bollette, ma anche l’inflazione e l’aumento dei tassi di interesse. Il quadro complessivo è preoccupante ed è addebitabile anche all’inadeguatezza di chi ha governato finora. Il primo intervento per scongiurare un peggioramento è mutare del tutto la politica estera del nostro Paese e spingere per aprire un canale di trattativa, compromesso e mediazione rispetto al conflitto in Ucraina. Poi bisogna tassare al 90% gli extraprofitti di chi ha guadagnato sulle speculazioni legate all’energia e non sulla libera concorrenza.

Come aiutare quindi famiglie e imprese ad affrontare i prossimi aumenti in bolletta? E come conciliare la necessità immediata di gas con la transizione ecologica?

Dobbiamo calmierare i costi a famiglie e imprese in modo urgente e per farlo recuperare risorse, vista l’emergenza, anche dalle rendite patrimoniali, immobiliari e finanziarie più elevate. Poi si può recuperare anche molto dalla lotta all’evasione, che oggi nel nostro Paese vale 90 miliardi di euro, che va collegata a un piano straordinario di assunzioni nella Pubblica amministrazione perché l’Agenzia delle Entrate ha un personale ridotto. Dobbiamo quindi ridurre le spese militari e rendere di nuovo pubblici tutti i beni comuni, a partire dall’energia elettrica e il gas, che devono tornare allo Stato. Questo sicuramente porterà benefici sui prezzi anche nel lungo periodo. Lo scostamento di bilancio di cui parla Salvini, invece, è un tema solo elettorale: il governo Draghi non credo lo farà. Chi verrà dopo il 25 settembre deve essere in grado di trovare le risorse a partire dalle aree che ho indicato, poi se non ci c’è altro modo e vanno tutelati i diritti, allora il nuovo debito diventa necessario, seppur sintomo di una sofferenza generale. Quanto alla transizione ecologica al momento siamo ai minimi termini: va usato il Pnrr per una svolta ambientalista seria e non usare l’emergenza di oggi per riproporre le solite ricette velenose per gli ecosistemi naturali che hanno portato al cambiamento climatico. Per fare i rigassificatori non ci vogliono pochi mesi, per il nucleare anche di quarta generazione serve almeno un decennio, mentre si può da subito investire maggiormente sulle rinnovabili. Poi certo, nel breve periodo non possiamo fare a meno del gas russo e per questo serve una nuova stagione di dialogo assieme a una ancor maggiore diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Il metano liquido (Gnl), però, oggi lo paghiamo cinque volte in più rispetto a quanto paghiamo quello russo.

A proposito di politica estera: volete smettere di inviare armi in Ucraina e superare la Nato, non aumentando e anzi riducendo le spese militari. Quanto alle sanzioni alla Russia pensate stiano funzionando o danneggiano troppo la nostra economia? Insomma: bisogna continuare a infliggerle o smettere?

Bisogna riprendere la via diplomatica con la Russia, per impedire un peggioramento della situazione bellica e di conflitto economico con l’Occidente. Se dovesse arrivare la totale interruzione del gas russo non so come potremmo reggere dal punto di vista imprenditoriale e familiare: non siamo attrezzati e non abbiamo nemmeno un piano di razionamento paragonabile a quelli europei. L’Ue deve essere più autorevole e forte, amica degli Stati Uniti, ma non subalterna com’è in questo momento. Le sanzioni sulla carta sono uno strumento efficace sulla carta, ma oramai è sotto gli occhi di tutti che non hanno fatto finire la guerra o far cadere il governo di Putin. Le sanzioni stanno fiaccando più i popoli, ma oltre a quello russo anche quelli europei, tra cui noi italiani: stiamo pagando un prezzo molto alto. Per questo siamo per rivedere tutta la strategia, comprese le sanzioni, con una proposta di pace italiana di alto livello.

(...)

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Melenchon a Roma: "Sono qui per sostenere UNIONE POPOLARE"

dal settimanale LEFT - articolo di Stefano Galieni

A Bruxelles ci sono state interlocuzioni con alcuni deputati del M5s, ma non hanno portato a nulla. Anche loro sono nel sistema». Il leader dei progressisti francesi arrivato in Italia per la campagna elettorale ha espresso il suo endorsement per la lista di de Magistris e ha parlato delle prospettive della sinistra italiana ed europea

Mercoledì 7 settembre in una piazza della periferia sud di Roma a poche centinaia di metri dal Comando operativo interforze, la struttura militare più importante delle forze armate del nostro Paese, e poi il giorno successivo in conferenza stampa in un hotel del quartiere Prati, Jean-Luc Mélenchon, leader de La France insoumise e dell’aggregazione Nupes (Nuova unione popolare ecologica e sociale, ndr) che si è avvicinata alle ultime elezioni legislative a trionfare in Francia, è intervenuto in maniera per alcuni sorprendenti nella campagna elettorale italiana.

Della sua visita si parlava da giorni, alcuni media mainstream avevano lasciato intendere che l’arrivo fosse dovuto alla volontà di fare un endorsment al M5s di Conte, ma questo non è accaduto. Mélenchon ci ha tenuto a dire, sia dalla piazza, da cui ha parlato salendo su una sedia, sia poi davanti ai giornalisti e nelle trasmissioni televisive a cui ha partecipato, che la sua venuta era dovuta al fatto che in Italia è presente una lista elettorale il cui programma politico è identico al suo, ossia Unione popolare, guidata da Luigi de Magistris.

Confermando le proprie capacità di conquistare le folle, pur dovendo rivolgersi ai cittadini con l’aiuto di un interprete, quello che viene definito l’astro nascente della sinistra in Europa, nonostante la non giovane età, ha lanciato messaggi inequivocabili partendo da una parola in italiano: “Resistenza”. «Potevo restarmene nel mio letto in Francia mentre i compagni italiani stanno combattendo contro i fascisti?» ha domandato in maniera retorica.

E da lì, in una piazza attenta, a descrivere con cognizione di causa tanto le ragioni della sua amicizia con il portavoce di Unione popolare, la condivisione della battaglia per i beni inalienabili, primo fra tutti l’acqua, la centralità del pubblico e dello Stato, un’idea di Europa in cui non c’è spazio per le discriminazioni, per le “piccole patrie”, per la xenofobia e il razzismo. Un invito a non farsi ingannare né dalle sirene della destra di Meloni, «ve lo so dire perché noi conosciamo bene Marine Le Pen», né tantomeno dalle forze di sistema che non vogliono far altro che conservare i propri privilegi.

Mélenchon ha poi citato il grande patrimonio storico e culturale italiano da cui dichiara di aver appreso tanto: dall’umanesimo, dal movimento operaio e comunista, da Gramsci e da Pasolini. Ha incantato la folla che aveva già dimostrato di apprezzare de Magistris, raccontando di come la sua forza politica, partita dal nulla, sia riuscita, con un lavoro capillare, e certo lungo nel tempo, a conquistare non solo il voto ma anche il desiderio di partecipare alla vita politica dei giovani, delle classi popolari e delle persone più povere, affrontando temi e bisogni reali con parole chiare e senza accettare compromessi.

Il suo appoggio ad Unione popolare è stato da lui presentato come quasi scontato, naturale, considerando questa forza appena nata come fondata sugli stessi principi della Nouvelle union populaire francese. Ma se l’incontro in piazza è stato un momento dedicato a militanti e simpatizzanti – anche se, chi scrive, di persone venute con opinioni diverse per comprendere e ascoltare ne ha incontrate – è stata nell’atmosfera più pacata e puntuale della conferenza stampa di questa mattina che il leader transalpino ha potuto esplicare meglio il proprio pensiero. Reiterando la scelta di sostegno ad Unione popolare operata e grazie anche alle domande che gli sono state rivolte, ha parlato più approfonditamente sia delle aspirazioni della sinistra francese che delle prospettive della sinistra europea.

«Partiamo dai fondamentali – ha detto nel suo intervento introduttivo – la democrazia è dialogo, confronto, scontro a volte, ma spazio in cui si incontrano le opinioni divergenti. Io ricordo l’Italia in cui c’era un grande Partito comunista e una Democrazia cristiana che dibattevano e che rappresentavano due opzioni diverse per il Paese. Oggi, al di là di alcuni accenti, nessuno discute, tutti la pensano alla stessa maniera che è quella del sistema che sta distruggendo il pianeta intero. De Magistris pensa cose diverse, le vuole discutere. Non dico che debbano essere condivise ma per quale motivo nessuno si confronta con lui sui contenuti? Sulle sue proposte? Perché il Pd o il M5S che si dichiarano di sinistra non discutono con Unione popolare? Questa è la fine della democrazia».

E poi parlando del conflitto in Ucraina e condannando senza appello l’invasione russa ha esclamato, uscendo dagli ambiti italiani: «Intanto a me sembra serva maggiore chiarezza. Si abbia il coraggio di dichiarare di volere la pace oppure la guerra totale. Noi siamo sia contro la guerra totale che contro le guerre piccole, per noi la pace si deve ottenere in Ucraina come nei tanti conflitti che l’Occidente ha provocato. Serve coraggio e serve una scelta intelligente. Ma vi pare possibile continuare ad essere governati da incompetenti che prima applicano le sanzioni alla Russia e sei mesi dopo si preoccupano del fatto che queste mettono in ginocchio le economie dei Paesi europei? Non se lo aspettavano? Pensavano che la minaccia delle sanzioni avrebbe interrotto immediatamente l’invasione? Ora siamo nei guai, per colpa di questi incompetenti che non devono essere votati perché non sanno governare».

Una cartina di tornasole che bene illustra il pensiero di Mélenchon, condivisa dal portavoce di Unione popolare, riguarda il tema delle migrazioni: «Affrontare questa questione non è semplice ma servono dei presupposti condivisi. Il primo è che le persone non possono essere semplicemente respinte, il secondo è che il Mediterraneo non è un mare italiano o greco ma riguarda tutto il continente e non può rimanere un’immensa fossa comune nell’indifferenza di tutti i Paesi a partire da quello in cui vivo io fino a quelli nordici o all’Est Europa fascistizzata. Si possono cambiare le cose acquistando consapevolezza».

«Le persone fuggono dal proprio Paese per le guerre che finanziamo – ha aggiunto Mélenchon – a causa dei cambiamenti climatici di cui l’Occidente è principale responsabile e a causa dell’atteggiamento predatorio delle nostre economie nei Paesi nord africani e dell’Africa Sub Sahariana. Ma vi pare possibile che l’Europa decida quanto debbano essere larghe le maglie delle reti per la pesca per i Paesi del Nord Africa, in maniera tale che peschino solo alcuni pesci mentre altri li possono pescare solo le navi dei Paesi ricchi? Inevitabile che anche scelte del genere costringano le persone a migrare. Creiamo le condizioni per cui si possa scegliere di restare nel proprio Paese».

Il leader di Nupes ha poi ricordato come la Francia sia responsabile per la propria storia coloniale di tanti danni nel passato e nel presente. Ha parlato dei diversi Paesi interessati dal colonialismo francese, dal Mali al Chad, al Camerun, al Burkina Faso denunciando le interferenze nella loro vita democratica, le missioni militari a cui si succedevano bruschi ritorni a casa dei soldati senza nessun passaggio parlamentare o dibattito, i colpi di Stato che avvenivano senza che gli stessi servizi francesi impegnati in quei territori sembrassero accorgersene.

«Da francese mi vergogno enormemente della politica dei nostri governi in Africa – ha dichiarato – da francese vorrei che agli abitanti di quei Paesi venisse garantita la libertà di scegliere i propri governi senza interferenze economiche o politiche».

Tanti, insomma, i temi toccati e tante le proposte su cui Mélenchon ha chiesto di discutere partendo dal presupposto che la sinistra in cui lui era nato e cresciuto ha bisogno di rinnovarsi e di comprendere il XXI secolo con tutte le sue contraddizioni. Su una questione ha voluto essere netto: «Non so chi e perché abbia messo in giro la voce che sarei venuto ad appoggiare il signor Conte. Chi lo ha fatto non mi ha interpellato perché sarebbe stato smentito sin dall’inizio. Al Parlamento europeo ci sono state interlocuzioni con alcuni deputati del M5s ma non hanno portato a nulla. Anche loro sono nel sistema, non hanno una bussola e stanno con i potenti con cui hanno governato e con cui continuano a votare leggi anche in campagna elettorale. Non conosco Conte e sono venuto qui perché Luigi de Magistris e le persone che lottano con lui nell’Unione popolare sono credibili e rappresentano la parte migliore del Paese. Siete nati da poco ma avete un grande futuro davanti».

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‘Noi non paghiamo’, perché Unione popolare sostiene la campagna anti bollette milionarie

Da alcuni giorni è partita anche in Italia la campagna di disobbedienza civile “NOI NON PAGHIAMO”, relativa alle bollette del gas e dell’energia elettrica. L’obiettivo della campagna è quello di raccogliere la disponibilità dei cittadini all’autoriduzione delle bollette a partire dal mese di novembre. L’obiettivo è quello di raccogliere un milione di adesioni in modo da determinare una pressione politica sul governo e sulle aziende che forniscono gas ed energia elettrica e – in assenza di risposte concrete all’aumento indiscriminato delle bollette, di arrivare ad una autoriduzione collettiva delle stesse.

L’obiettivo della campagna è quello di raccogliere la disponibilità dei cittadini all’autoriduzione delle bollette a partire dal mese di novembre. L’obiettivo è quello di raccogliere un milione di adesioni in modo da determinare una pressione politica sul governo e sulle aziende che forniscono gas ed energia elettrica e – in assenza di risposte concrete all’aumento indiscriminato delle bollette, di arrivare ad una autoriduzione collettiva delle stesse.

Ho aderito personalmente alla campagna e Unione Popolare, nelle cui liste sono candidato, la sostiene con convinzione. La campagna italiana prende le mosse da una analoga campagna inglese, che ha già raccolto oltre circa 400.000 adesioni e che entrerà nel vivo a partire dal mese di ottobre. L’anno zero del Regno Unito: il Paese tra caro energia, instabilità politica e crisi economica. Senza la ‘certezza’ Elisabetta II

È infatti evidente che ci troviamo di fronte ad un problema drammatico: da un lato milioni di famiglie non riescono a far fronte al costo delle bollette, dall’altra il governo non fornisce alcuna risposta concreta. Addirittura quello stesso governo che ha deciso a chi cedere quello che resta di Alitalia, si trincera dietro ai vincoli della normale amministrazione per sostenere che non può intervenire efficacemente e così, senza alcun pudore, dopo averci spiegato che dovevamo spegnere i condizionatori in estate, adesso ci spiega che dobbiamo spegnere anche i caloriferi. Ci troviamo quindi in una situazione in cui la gravità del problema sociale – ed economico per una fascia non irrilevante di imprese – non è praticamente preso in considerazione dal governo.

L’unica misura su cui si è concentrata l’attenzione del governo e del suo protettore Mattarella, è quella di proporre all’Unione Europea di fissare un tetto al prezzo d’acquisto del petrolio Russo. Il Price Cap è una misura inutile e dannosa: inutile perché inefficace per ridurre sul serio i prezzi; dannosa perché essendo una misura di guerra economica contro la Russia, rischia di avere come effetto una ulteriore ritorsione Russa in termini di embargo della vendita del gas e del petrolio Russo all’Europa. Questo effetto boomerang è talmente evidente che vari paesi dell’Unione europea hanno già manifestato la loro contrarietà e la decisione su questa ulteriore misura di guerra proposta dal governo Draghi è stata rinviata a data da destinarsi.

In questa situazione di assenza di risposte da parte del governo e di indisponibilità – sua come dell’opposizione – a fare una seria manovra di scostamento di bilancio per affrontare il problema, il rischio più grande è che tutto ricada sulle spalle delle famiglie che, nella solitudine e nell’isolamento, sarebbero impossibilitate ad affrontare la situazione. Occorre al contrario trasformare quello che rischia di essere un problema vissuto individualmente in una risposta collettiva che innanzitutto ponga il problema politico e poi dia una risposta concreta: attraverso l’autoriduzione sarà possibile per le famiglie che non hanno materialmente i soldi per pagare le bollette, versare anche solo 5 euro in modo da non essere considerati morosi e aprire un contenzioso collettivo con le società fornitrici. Mai come in questo caso la lotta deve coincidere con il risultato perché le famiglie non possono pagare il salasso che ci hanno preparato.

Come più volte abbiamo chiarito, le bollette milionarie sono infatti il frutto di scelte politiche scellerate fatte in questi anni: dalla liberalizzazione del mercato del gas, alla speculazione in borsa, alle sanzioni contro la Russia che in realtà sono sanzioni contro i popoli europei, fino alla non volontà di far pagare i sovrapprofitti alle grandi imprese. Le bollette milionarie non sono quindi frutto di un destino cinico e baro ma di scelte politiche sbagliate dei governi liberisti di centro destra e centro sinistra e non possono essere scaricate sul popolo italiano.

Per questo vi invitiamo a sostenere la campagna “Noi non paghiamo” che si pone l’obiettivo non solo di contestare la politica governativa ma di organizzare la disobbedienza civile di milioni di uomini e donne. Invito quindi tutte le persone che condividono questa esigenza a sottoscrivere l’appello che si trova sul sito www.nonpaghiamo.it

Raccogliere un milione di adesioni per dar vita ad una pressione che trasformi in pressione politica e in protesta sociale quello che ad oggi è solo un dramma individuale.

Noi di Unione Popolare siamo contro la guerra e contro il carovita che dalla guerra deriva. Per questo siamo contro l’invio di armi, siamo contro le sanzioni e siamo favorevoli alla trattativa! #nonpaghiamo

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https://www.analisidifesa.it/2022/10/lattacco-ai-gasdotti-nord-stream-lobiettivo-e-leuropa/

L’attacco ai gasdotti Nord Stream: il bersaglio è l’Europa

 

L’annessione delle quattro regioni dell’Ucraina sud orientale alla Federazione Russa con le relative celebrazioni a Mosca e l’improbabile accelerazione dell’ingresso dell’Ucraina nella NATO accentuano l’escalation del conflitto e il rischio che possa allargarsi coinvolgendo un’Europa che appare sempre di più in ginocchio.

A compromettere, forse definitivamente, le sue precarie condizioni contribuisce anche l’atto dinamitardo (gli svedesi stimano che la potenza dell’esplosione fosse di 100 chilogrammi di TNT equivalente) che il 27 settembre ha visto esplodere i “tubi” sottomarini dei gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2, che trasportano il gas russo in Germania attraversando i fondali del Mar Baltico: il primo è fermo da alcune settimane e il secondo è stato ultimato poco prima dello scoppio della guerra in Ucraina e non è mai entrato in funzione.

Non ci sono dubbi circa il fatto che non si sia trattato di un incidente mentre più arduo è stabilire chi abbia effettuato un attacco multiplo che ha provocato la fuoriuscita di 500 milioni di metri cubi di gas per un valore di 800 milioni di euro e che determinerà con ogni probabilità la compromissione dell’efficienza dei due gasdotti a causa dell’acqua salata che penetrerà in profondità allagando e corrodendo le grandi infrastrutture metalliche.

Gazprom sembra valutare che occorreranno sei mesi per ripararli, altre fonti parlano di anni o ritengono che le infrastrutture siano irrimediabilmente compromesse.

Gas e gasdotto Nord Stream 2 sono di proprietà della stessa Nord Stream 2 AG, società di cui Gazprom è azionista al 100%. Anche il gas nel gasdotto Nord Stream 1 è proprietà di Gazprom: quindi i danni patrimoniali e in materia prima costituiscono interamente perdite finanziarie russe.

 

Sabotaggio  

Un’azione terroristica o per meglio dire un sabotaggio ben orchestrato attuato contro i gasdotti posati a 60/80 metri di profondità sul fondo del Mar Baltico, ben accessibile per posizionare cariche esplosive a palombari o veicoli subacquei senza pilota.

Senza dimenticare che anche i veicoli di rilevazione e manutenzione impiegabili all’interno dei tubi potrebbero in teoria venire utilizzati per azioni di sabotaggio che richiederebbero però il controllo delle stazioni di accesso in Russia o in Germania. L’esame dei tubi nei punti interessati dalle esplosioni potrà confermare se la deflagrazione è avvenuta all’interno o all’esterno dei gasdotti.

Mosca e Washington si sono scambiati accuse reciproche ma va osservato che l’attacco è stato effettuato in un’area che fin dalla Guerra Fredda viene strettamente controllata dalle Marine occidentali, un punto il cui Mar Baltico si restringe lambendo a poca distanza tra loro le coste tedesche, polacche, danesi e svedesi.

Un’area marittima frequentata dalla Flotta russa del Mar Baltico ma dove neppure un canotto russo sfuggirebbe ai controlli subacquei e di superficie, specie in un momento di tensioni come questo e con il gruppo navale d’assalto anfibio statunitense guidato dalla portaelicotteri USS Kearsage assegnato al Mar Baltico e quello britannico con la nave da assalto anfibio HMS Albion.

Ammesso che i russi avessero interesse a sabotare gasdotti inattivi, avrebbero avuto a disposizione ampi tratti da minare indisturbati più a nord, distanti dai capillari controlli che le forze della NATO attuano nell’imbocco del Mar Baltico, senza scordare che Mosca schiera nelle basi dell’énclave di Kaliningrad incursori subacquei con mezzi idonei a sabotaggi sottomarini.

 

Cui prodest?

In assenza di prove o rivendicazioni, per cercare di farsi un’idea di chi potrebbe aver compiuto un simile attacco occorre forse chiedersi chi se ne avvantaggi. I russi? Gli Stati Uniti o i loro alleati di ferro britannici, ucraini o polacchi?

I due gasdotti erano stati realizzati con un costo complessivo di circa 20 miliardi di euro per assicurare alla Germania e all’Europa il gas russo senza utilizzare i gasdotti che attraversano Ucraina e Polonia, soggetti al rischio di tensioni o ricatti e al pagamento di diritti di transito a Varsavia e Kiev che non a caso, non hanno mai nascosto la totale ostilità al progetto Nord Stream 2.

Un gasdotto duramente osteggiato anche dagli Stati Uniti che fin dai fatti del Maidan a Kiev del 2014 cercano di interrompere la saldatura tra la potenza energetica russa e la potenza economica europea. Impossibile non ricordare che Washington è stata ferocemente ostile al progetto Nord Stream 2 fino a minacciare più volte Berlino e a nominare un “inviato speciale” che si occupasse di premere sulla Germania.

Nelle settimane precedenti l’inizio del conflitto in Ucraina sia il presidente Joe Biden sia il sottosegretario agli esteri Victoria Nuland (quella che nel 2014, durante i fatti del Maidan disse in una conversazione telefonica che l’Europa doveva “fottersi”) hanno detto chiaramente che in caso di attacco russo all’Ucraina il Nord Stream sarebbe stato fermato.

“Se la Russia invaderà l’Ucraina non ci sarà più un Nord Stream 2. Vi porremo fine – aveva detto il presidente – Vi assicuro, saremo in grado di farlo”.

Una decina di giorni prima il sottosegretario Nuland aveva detto che se la Russia invade l’Ucraina, in un modo o nell’altro Nord Stream 2 non andrà avanti”.

Se fosse un’inchiesta di polizia, nessun investigatore ignorerebbe movente e indizi simili e non sembra casuale neppure che le esplosioni nei due gasdotti sottomarini russi si siano registrate il giorno stesso in cui veniva inaugurato il gasdotto che porta il gas norvegese in Danimarca e Polonia.

Il “Baltic Pipe” è quantitativamente insufficiente a sopperire alla riduzione del gas russo ma ha un valore geopolitico e strategico rilevante, ingigantito dalle deflagrazioni che hanno compromesso i due Nord Stream.

Da oggi la Polonia, alleato di ferro degli USA, “protettore” dell’Ucraina e nemico giurato della Russia, si candida ad assumere il ruolo di vero hub europeo del gas (non più russo) togliendo questo ruolo alla Germania mentre l’Europa viene approvvigionata oggi di gas russo solo dai gasdotti che attraversano l’Ucraina.

Infrastrutture finora accuratamente risparmiate dai belligeranti ma che restano vulnerabili al rischio bellico e di rappresaglie oltre che ai ricatti di Kiev all’Europa. L’Ucraina che preme su Berlino per avere maggiori aiuti militari, disporrà oggi di un maggiore potere contrattuale e ricattatorio potendo bloccare a suo piacimento i flussi di gas russo verso la Ue.

In Europa molti sembrano non volersi sbilanciare in valutazioni circa le responsabilità dell’attacco mentre sul piano politico tutti sembrano accusare i russi che così avrebbero ottenuto un nuovo repentino rialzo dei prezzi del gas a danno dell’Europa e a vantaggio delle loro casse.

Una valutazione non del tutto convincente: i due gasdotti erano di fatto inutilizzati l’aumento del prezzo del gas Mosca lo avrebbe ottenuto anche riducendo ulteriormente le forniture alla Ue via gasdotti ucraini.

Quanto alle penali contrattuali attribuibili a Gazprom c’è chi sostiene che la distruzione del gasdotto Nord Stream costituirebbe sena dubbio una “causa di forza maggiore” per giustificare lo stop alle forniture. In realtà però i due gasdotti erano inattivi e la scelta di non aprire il NS 2 è stata presa da Berlino su pressioni di Washington, non certo da Mosca.

D’altra parte, con gli attacchi ai Nord Stream i russi ottengono solo un grave danno economico e la certezza di non poter riprendere su vasta scala le forniture all’Europa neppure in un futuro in cui la guerra fosse terminata e gli indirizzi politici russi ed europei fossero mutati in senso più conciliante.

Anche l’ipotesi che i russi abbiano fatto esplodere i gasdotti per incolparne polacchi o americani creando fratture tra gli alleati occidentali non può essere esclusa anche se porterebbe dubbi vantaggi mediatrici a Mosca a fronte di sicuri e prolungati danni economici e finanziari.

 

Valutazioni

Benché politica e media occidentali da sette mesi cerchino di convincerci che i russi “si bombardano da soli”, colpendo prima un loro campo di prigionia, poi una centrale nucleare sotto il loro controllo e ora i costosissimi gasdotti Nord Stream, è difficile comprendere che interesse avrebbero avuto a compiere questo raid subacqueo.

Certo mettere fuori uso i Nord Stream in modo così eclatante può contribuire a seminare il terrore per la crisi energetica in Europa e soprattutto a Berlino, dove sarebbe interessante conoscere le valutazioni dei servizi d’intelligence e della Marina circa quanto avvenuto sotto la superficie del Mar Baltico.

Tra le conseguenze di questo attacco ai gasdotti vi sarà con ogni probabilità un ulteriore indebolimento e frammentazione interna dell’Unione Europea, dove ogni solidarietà (se mai c’è stata) verrà meno e ogni nazione cercherà di sopravvivere all’inverno come meglio potrà, anche tagliando forniture di energia contrattualizzate ai vicini (come sta accadendo all’Italia).

Un’Europa impoverita e frantumata, totalmente prona agli Stati Uniti e alla mercé di Varsavia e Kiev che potranno ricattarci bloccando il residuo gas russo che transita nei gasdotti ucraini, non è negli interessi nostri e neppure di Mosca.

Uno scenario non improbabile poiché la distruzione dei gasdotti del Baltico, nelle attuali condizioni, condanna oggi la Germania e l’Europa alla recessione e al baratro (industriale, economico e sociale) togliendo di mezzo ogni ipotesi di tornare in tempi ragionevoli a rifornirci di gas russo a buon mercato.

Anche se nessuno, neppure la Germania che per le sue scelte economiche ha dovuto fare i conti con l’ostilità di tre amministrazioni statunitensi (Obama, Trump e Biden), sembra avere il coraggio di esternare dubbi o chiedere chiarimenti agli americani per le esplosioni nei gasdotti, è inevitabile che Washington con i suoi alleati britannici, ucraini e polacchi sia in cima alla lista dei sospettati.

Non solo perché le sue massime autorità avevano minacciato di neutralizzare quei gasdotti o perché navi ed elicotteri statunitensi incrociavano nei giorni scorsi proprio in quell’area del Mar Baltico, ma soprattutto perché impedire la saldatura tra la potenza industriale tedesca/europea e la potenza energetica russa è un obiettivo strategico delineato e perseguito da Washington da almeno dieci anni.

Il fatto che l’Europa sia con tutta evidenza il “bersaglio grosso” di questa guerra ma al tempo stesso nessuno osi inserire gli USA e alcuni alleati nella lista dei sospettati, la dice lunga circa la sovranità e l’autorevolezza che è in grado di esprimere anche di fronte a un disastro di questa portata.

Lo stesso immobilismo che l’Europa mostrò nel 2014 di fronte alle evidenti ingerenze statunitensi e di altri alleati nei fatti del Maidan da cui presero il via le vicende che hanno portato all’attuale conflitto.

All’epoca come abbiamo ricordato, la signora Nuland esortò a mandare l’Europa a “farsi fottere” e ora che siamo a un passo dall’essere davvero “fottuti” continuiamo a mostrarci proni e servili nei confronti di una potenza di cui dovremmo essere in teoria alleati.

Circa i gasdotti esplosi sarebbe forse il caso di chiedere qualche chiarimento anche a Varsavia dopo che Radek Sikorski, eurodeputato presidente della delegazione parlamentare Europa-USA ed ex ministro degli Esteri, ha scritto su Twitter “Grazie Stati Uniti” sull’immagine della fuga di gas sulla superficie del Mar Baltico.

“Ora 20 miliardi di dollari di ferraglia giacciono in fondo al mare, un altro costo per la Russia della sua decisione criminale di invadere l’Ucraina. Qualcuno ha fatto un’operazione di manutenzione speciale”.

Anche se poi ha cancellato il tweet, neppure il filo-americano Sikorski sembra quindi essere convinto che i russi abbiano fatto esplodere 21 miliardi di gas e gasdotti di loro proprietà.

 

 

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